Hiram keller, foto Elisabetta Catalano
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I Marmi di Roma e il delirio di un imperatore ruvido, padrone del mondo

I Romani torneranno mai a essere i padroni del mondo? I Marmi Torlonia, Bulgari in piazza Augusto Imperatore e la collezione al Louvre, il libro di Aldo Cazzullo e un video su Amazon Prime

Augusto, il delirio e i Romani, padroni del mondo

Da una terrazza romana si vedono i lampioni accesi, i fari delle auto – come se tutto il mondo, o anche soltanto il Mediterraneo, fosse ancora sotto l’egida dell’Impero antico. Roma, padrona, meraviglia e sovrana – un delirio. Coerenza che svilisce l’incertezza. Gli occhi di Augusto erano occhi maniaci, oppure magnifici. Siamo mobili e cangianti come l’oceano inchinato ai nostri piedi. La voglia d’Italia – la capacità di infischiarsene. Di fare tutto quello che un desiderio muove. Le immagini gli esplosero in testa – il sogno di Augusto imperatore divenne realtà. I serpenti colorati negli smalti, le linee dei triangoli, le teste delle vipere. Cambiare involucro e muoversi nella terra, fango e argilla. 

Augusto fece arrivare a Roma tutti i marmi dalle province conquistate: una città costruita in mattoni e in terracotta fu ricoperta di pietra che rifrangeva la luce. Forse fu proprio grazie a questi marmi, che i romani si compresero come i padroni del mondo.

Alabastro, porfido, occhio di Pavone: dalla Fondazione Santarelli al Marmora Romana di Raniero Gnoli che tradusse il Tantraloka

Una fetta di colonna di alabastro; una lastra frammentaria in Porfido Vitelli, un marmo verde di grado intenso quanto un bosco al sole – o ancora, in alabastro fiorito. Un angolo di capitello del terzo secolo dopo Cristo, con un rilievo di cavallo in un marmo bianco striato di grigio e colore dell’avorio che si chiama Pavonazzetto. La grafica ritorna in un altro taglio di colonna in pietra rossa, denominata Occhio di Pavone. Questi sono solo alcuni frammenti marmorei conservati e custoditi dalla Fondazione Santarelli a Roma.

Marmora Romana è un libro di Raniero Gnoli apparso nel 1971. La prima edizione per la casa editrice L’Elefante. Nel volume si analizzano i minerali: consistenza, colore, cava di provenienza, simboli. Raniero Gnoli è un orientalista, oggi ha 94 anni. Studioso di sanscrito, storico delle religioni e professore ordinario di Indologia. Per scrivere il suo libro, Gnoli ha visitato i principali luoghi del bacino del Mediterraneo dove si possono trovare marmi antichi. Le sue storie ti portano sul Mons Porphyrites in Egitto, sulle rotte mediorientali di Efeso ed Emesa, nel regno di Trebisonda, a Baalbek o a Ostia, dove per primo seppe riconoscere la figura del Cristo nella domus di Porta Marina. Viaggiatore di una specie che ricorda più Robert Byron che Bruce Chatwin – scriveva qui su Lampoon Cesare Cunaccia. A Raniero Gnoli si deve l’unica traduzione integrale dell’opera completa dell’esteta Abhinavagupta, vissuto a cavallo dell’anno Mille in Kashmir – il libro è il Tantraloka

Vittorio Ballio Morpurgo in piazza Augusto Imperatore, le terrazze di Roma e l’albergo di Bulgari

La collezione Santarelli e il volume di Marmora Romana formano insieme un compendio in materia di marmo su questo nostro mondo terrestre. Da queste fonti hanno proceduto lo studio, la ricerca, la selezione dei pezzi per il restauro del palazzo in Piazza Augusto Imperatore. Un edificio che fu progettato e costruito tra il 1936 e il 1938 da Vittorio Ballio Morpurgo e che servì quale prima sede dell’agenzia di Previdenza Sociale. Oggi questo edificio è stato spalancato nelle sue viscere, per poi riaprire le sue porte come l’albergo di Bulgari a Roma.

Non c’è niente di più internazionale dell’Italia. I giardini pensili ricostruiti al penultimo e all’ultimo piano si collegano ai terrazzi della città, da cui strabordano gelsomini, edere e rami, vagando da Villa Aurelia al Priorato di Malta. I lapislazzuli azzurri, blu cobalto di Persia. L’abilità italiana produce intrecci e intarsi, segmenti, colori e mosaici. Le miniere e i fiumi di argento hanno formato l’arte orafa, la cultura della gioielleria, metalli, pietre e gemme. Da Jaipur arrivano le pietre grezze. 

Quei giorni di inaugurazione, una statua dell’imperatore Augusto imperatore seduto sul trono apparve nell’atrio del nuovo albergo. Augusto ha il braccio sinistro alzato, tenendo uno scettro che oggi non è rimasto – fu posizionato di fronte al suo antico Mausoleo che presto sarà anche esso restituito ai cittadini, sempre per merito delle finanze allocate da Bulgari.

Augusto, uomo ruvido, da Alessandro Magno a Alicarnasso, da Agrippa a Mecenate: Fugit hora, iocemur

Roma Quanta Fuit. Augusto imperatore comprese il culto della sua eternità̀, così come seppe anticipare il gioco di Roma Amor. Fece costruire il suo luogo: in Egitto aveva visitato la tomba di Alessandro Magno, o quella che leggenda volesse – ispirato da altre leggende e dalle sette meraviglie del mondo, tra queste il Mausoleo di Alicarnasso.

Augusto fu un uomo ruvido – se per carattere ruvido noi su Lampoon vogliamo intendere un atteggiamento crudo, senza strati di difesa e nascondere la base sincera. Un carattere che non teme di mostrare i propri difetti, le proprie contraddizioni umane – convinto che la forza provenga anche dalla fragilità. Augusto scrisse un epigramma: Fugit hora, iocemur – il tempo fugge, ridiamoci su. Augusto non ebbe figli maschi ma ebbe due amici: Agrippa che gestì il suo esercito, e Mecenate che gestì la sua propaganda, che definì la cultura per la politica e la bellezza come argomento effimero ed effeminato: si disse che Azia, madre di Augusto, fosse stata posseduta da Apollo.

Roma fatta di Marmo e l’impero infinito dei padroni del mondo

Di pochi mesi fa è il libro di Aldo Cazzullo: Quando eravamo i padroni del mondo – Roma: l’impero infinito. Apollodoro di Pergamo fu il maestro di Agusto: insegnò al suo pupillo che prima di reagire, doveva ripetere tutte le lettere dell’alfabeto – e fu così che Augusto attese all’ingresso di Roma, quando era lì pronto a rientrare come vincitore e sovrano: attese che un raggio di sole lo colpisse alla fronte, e fece in modo che tutti i romani vedessero la sua faccia benedetta dalla luce. Nel suo diario, Augusto tenne registro delle buone cose che fece in città: costruì biblioteche e acquedotti. A sue spese fece realizzare la Via Flaminia da Roma a Rimini. Restaurò ottantadue templi rivestendoli dei marmi dalla provincia – come dicevamo sopra. Fu appunto in questo diario che Augusto annotò: «Ho trovato Roma fatta di mattoni, la lascio di marmo».  

Augusto Seduto e i Marmi Torlonia

Si dice che il restauratore debba annullare la propria sensibilità artistica e restare muto – e che il restauratore per restare in tale silenzio, deve comprendere l’arte che silenzio pretende. La statua di Augusto seduto proviene da Villa Albani, la sede principale della Collezione Torlonia. Il prestito rientra nel contesto della collaborazione con Bulgari, che supporta le attività di restauro della Fondazione. Dopo questa di Augusto, ogni anno una statua diversa arriva da Villa Albani in mostra nell’atrio dell’albergo di Bulgari. In questi giorni e nei prossimi mesi, ancora grazie al sostegno e al lavoro di Bulgari, parte della Collezione Torlonia è esposta al Louvre di Parigi.

La Collezione Torlonia fu inaugurata nel 1875, pochi anni dopo che i Savoia entrarono a Roma e ne fecero capitale d’Italia, togliendo definitivamente il trono secolare al Papa. In quegli anni la nobiltà nera tenne chiusi i portoni dei suoi palazzi come diniego ai sovrani italiani, arrivisti, usurpatori e blasfemi. A quei tempi piazza Augusto Imperatore era un giardino, un parco urbano, e il mausoleo un luogo di intrattenimento e per concerti.

Il mausoleo, i marchesi Correa, Bernardo Matas

A metà del Settecento, i marchesi Correa entrano in possesso del terreno: il loro palazzo a Nord del mausoleo, il Tevere a Ovest. La proprietà fu data in affitto a uno spagnolo, Bernardo Matas: trasformò l’area archeologica in un giardino per la caccia, dove gli aristocratici potevano dare un facile scacco a bestie placide, ovvero a vacche pigre e a tori sazi, in mezzo ad altre giostre. Qui nel 1819 fu dato onore alla visita di Francesco I d’Austria, l’uomo che decise concluso il Sacro Romano Impero, ancora troppo spaventato dal dramma di Napoleone in Europa.

Il giardino fu coperto con vele, con architetture in legno e vetro che crollavano di continuo – mentre intorno, edifici minori si addossavano uno all’altro. Nel 1907, il Comune di Roma ne prese possesso: per anni, il mausoleo fu una sala concerti – e solo nel 1937 cominciarono i lavori per restituire rispetto all’archeologia del sepolcro imperiale.

The Emperor’s Jewel – il cantiere di Bulgari. Bambini geniali e viziati che diventano imperatori

Su Prime si può vedere il film che racconta il lavoro di maestranze industriali e artigianali che si sono adoperate per portare a termine la rigenerazione edile – The Emperor’s Jewel, la cronistoria del cantiere del Bulgari Hotel. Il documentario lascia parlare gli architetti, i maestri, i direttori generali e il presidente.

Che sia lo scultore antico davanti al blocco di marmo grezzo da cui per sottrazione egli libera la membra umana; che sia un orafo che fonde e cesella fino a dare la grazia di un petalo. Abbiamo voglia di tornare a leggere romanzi. I wanna die on Mars, possibly not landing. L’umiltà è volgare, la decenza è noiosa. La presunzione è un vantaggio, l’ambizione una virtù. I bambini che ci piacciono sono quelli che chiedono, sempre di più – viziati, i migliori tra questi diventeranno geniali – solo alcuni, saranno imperatori, padroni del mondo.

Hiram keller, fotografia Elisabetta Catalano
Hiram keller, fotografia Elisabetta Catalano

Carlo Mazzoni

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