Dalla fusione di tre edifici storici, Lissoni Casa Riberio ha dato vita al Dorothea Hotel Budapest. Il fulcro è un giardino d’inverno: omaggio a Giuseppe Palatino e al suo impegno per plasmare il patrimonio verde di Budapest
In via Dorottya, Budapest, sorge Dorothea Hotel
Nel centro di Budapest, via Dorottya perpetua il ricordo di una donna che è rimasta nella memoria e nel cuore degli ungheresi. Al civico 2, una targa in marmo nero con lo stemma ducale dei Württemberg scolpito in rilievo, celebra Mária Dorottya. In caratteri oro, in ungherese e tedesco, la scritta recita: “Il nome della strada è Mária Dorottya (1797–1855), moglie del palatino József, ultima Palatina d’Ungheria, indimenticabile benefattrice degli ungheresi”. All’inaugurazione della targa, parteciparono alcuni tra i discendenti dell’arciduchessa e membri della chiesa evangelica ungherese, che lei stessa si impegnò a fondare.
Un omaggio impresso nella pietra, che sottolinea l’impatto duraturo dell’arciduchessa sulla cultura e sulla comunità. La sua vita è d’ispirazione ancora oggi: nello stesso edificio che accoglie la targa, nel novembre 2023, è stato inaugurato Dorothea Hotel, Budapest, Autograph Collection. Nel nome, nell’architettura e nel design degli interni, l’hotel è un voto a quell’epoca d’oro ungherese che gli ultimi palatini magiari hanno contribuito a creare. Il progetto di hôtellerie si è tradotto in una sublimazione del passato, senza nostalgia, instaurando un dialogo con la contemporaneità.


Dorothea Hotel Budapest, dalla fusione di tre edifici storici: il progetto di Piero Lissoni
Dorothea occupa gli spazi di un intero isolato, nel centro di Pest, e nasce dalla fusione di tre edifici contigui, ognuno con storie, cortili e facciate diverse: il neorinascimentale palazzo Weber (risalente al 1839, ex sede della United Budapest Metropolitan Savings Bank; il palazzo Mahart (1913), in stile Art Nouveau, ex quartier generale della Compagnia di Navigazione Fluviale e Marittima Ungherese; e il palazzo Munnich (1937), edificio modernista con elementi déco e Bauhaus. Ne è stato realizzato un unico edificio, mantenendo un equilibrio tra restauro e innovazione. L’eclettico progetto di conservazione e rimodulazione architettonica è stato affidato a Lissoni Casa Riberio, divisione dello studio Lissoni & Partners, che ha lavorato a stretto contatto con gli esperti locali di conservazione storica per mantenere e far emergere gli elementi identitari delle realtà preesistenti.
Un’operazione di interpretazione del genius loci che è il segno dell’architetto Piero Lissoni – insignito a giugno 2024 del premio Compasso d’Oro per la sua carriera da protagonista della cultura del progetto italiano. Piero Lissoni, come dichiarato in una recente intervista rilasciata a Lampoon, si definisce un primate digitale. Racconta: «Disegno su carta. Mi piacerebbe tornare a un’idea umanistica di creazione. Gli architetti progettano secondo una scala umana. Quest’ultima ti permette di conoscere, dibattere e studiare a fondo il progetto. Non ho paura dell’intelligenza artificiale. È con noi da tempo. Ad esempio, quando usiamo i software così detti parametrici, il computer rimodella tutto l’elemento in questione per applicare le modifiche che vogliamo attuare. Ma l’intelligenza artificiale resta strumento. Bisogna essere uno scienziato e insieme un umanista».
Dorothea Hotel Budapest – design degli interni
L’ingresso del Dorothea Hotel è marcato da volte decorate a stucco. Quello che era il foyer dell’ex banca è oggi la prima sala che accoglie il visitatore. Di fronte, lo scalone originale in pietra chiara conduce ai piani superiori. A destra si trova Anton’s Bar & Deli – caffè e pasticceria aperto anche alla clientela esterna. A sinistra, la hall principale dell’hotel, con il desk per il check-in su cui pende dall’alto soffitto un complesso sistema di illuminazione. Più avanti, un salotto arredato con pezzi di design contemporaneo italiano. Lo sguardo si sofferma sulla sequenza di piastrelle smaltate blu di Zsolnay – frutto dell’artigianalità ungherese nella lavorazione delle ceramiche – che coprono tutta la lunghezza delle pareti. In alto, si osserva il cielo: il tetto in geometrie di vetro è recuperato dall’edificio più moderno. Un ulteriore elemento di comunicazione con l’esterno – e con la verità della natura – sono le piante diffuse: in vaso e rampicanti, fino ai piani alti.


Pavilon Restaurant & Bar: un giardino d’inverno nel Dorothea Hotel – Giuseppe Palatino e la botanica
Il verde è protagonista anche nel cuore della struttura, il Pavilon Restaurant & Bar (guidato dallo chef Carmine di Luggo, che lavora e propone materie prime locali). Si tratta di un’oasi urbana al coperto: dall’intersecazione delle piccole corti appartenenti ai precedenti edifici, ne è stata ricavata una unica e di ampie dimensioni. Un giardino d’inverno per tutte le stagioni, aperto sul resto della città, e che offre una prospettiva alle camere che vi si affacciano. Per mantenere la luminosità degli spazi interni, le facciate che si affacciano sulla corte sono interamente in vetro, mentre i balconi perimetrali e gli elementi verticali in legno offrono protezione e permettono di bilanciare l’afflusso di luce con la necessità di privacy.
Ogni Autograph Collection offre “The Mark”, un’esperienza legata alla tradizione dell’hotel. Qui, all’interno del Pavilon gli ospiti possono ammirare una parete di erbe che rende omaggio a Giuseppe Palatino, che aveva una passione per la botanica. La parete di spezie e le piante forniscono l’ispirazione e gli ingredienti per i cocktail e i piatti delle sale da ristorazione dell’hotel. All’ingresso del Pavillon, un’insegna racconta nel dettaglio il legame di questo luogo con la storia della città e la sua tradizione botanica. Il Palatino József aveva una passione per i giardini e un interesse per la botanica. Il Padiglione è stato dunque immaginato come un’oasi che riflette la sua dedizione e commemora la sua eredità nel plasmare il patrimonio urbano e di giardini di Budapest.
L’impronta del Palatino è conservata nell’Isola Margherita, con i suoi platani di 200 anni, nel Parco della Città (Varosliget) e nell’Arboreto di Alesút, che ospita oltre trecento specie di piante rare che il Palatino stesso aveva piantato. Il suo albero preferito era il platano, che coltivò non solo ad Alcút ma anche nel Parco cittadino. Durante il suo mandato, furono piantati alberi sul viale Ullối e la prima piantumazione di tigli e acacie lungo la passeggiata del Danubio. L’isola Margherita fu oggetto di un’attenzione ancora maggiore rispetto al City Park, con il risultato di un grande parco progettato in stile inglese e di una passeggiata arricchita da piante esotiche. Gli spazi verdi, i parchi e i sentieri creati offrivano opportunità di svago ai pedoni e offrivano anche una soluzione al problema della sabbia urbana – una sfida dell’epoca. Il Palatino considerava lo sviluppo degli spazi verdi della città la sua missione più sentita, e il concetto delle pareti verdi e del giardino interno dell’hotel rende omaggio a questa passione per la natura.





Dorothea Hotel, Budapest, Autograph collection – le camere, le fotografie di Zoltán Tombor, la spa
L’anima di Budapest pervade anche le camere – duecentosedici, divise in due categorie stilistiche, contemporanee e tradizionali. Le camere contemporanee sono caratterizzate da arredi in una palette di colori beige tenui con punte di arancione, in contrasto con il pavimento in legno scuro e le tende blu pavone. Situate nel più antico edificio Weber, le camere sono identificate dalle porte con ritratti di donne del 1800, provenienti dalla Galleria Nazionale Ungherese. All’interno delle camere, le cornici decorative avvolgono le finestre in stile neorinascimentale e incorniciano gli arredi con ricami floreali ispirati ai motivi popolari locali. In una tonalità di grigio chiaro, le camere heritage dispongono di letti a baldacchino, divano in velluto verde e moquette bianca e nera accostata a pavimenti a spina di pesce in legno scuro. La progressiva evoluzione di Budapest nella storia è raccontata agli ospiti attraverso foto che rappresentano gli sviluppi urbani della città iniziati da Giuseppe Palatino nel 1800. Inoltre, nelle camere e nelle zone comuni, sono state posizionate le opere del fotografo d’arte e di moda Zoltán Tombor, che raffigurano donne in abiti tradizionali, ma calate nella modernità.
La spa, completa di piscina, sauna, bagno turco e centro fitness, si estende su una superficie di 650 metri quadrati. La geometria d’acqua della piscina risalta nel blu scuro del fondale. In ogni dettaglio della spa, è immediatamente riconoscibile il disegno di Piero Lissoni.

Chi era Mária Dorottya di Württemberg? Le origini e il matrimonio dell’ultima palatina d’Ungheria
Mária Dorottya di Württemberg nacque il 1º novembre 1797 a Carlsruhe, in Slesia, figlia del principe Luigi di Württemberg e di Enrichetta di Nassau-Weilburg. Proveniente da una famiglia nobile, crebbe in un ambiente influenzato dal pietismo luterano, che avrebbe profondamente segnato la sua vita e le sue future scelte. Il 24 agosto 1819, a 22 anni, Mária Dorottya di Württemberg sposò János Antal József, arciduca d’Austria e Palatino d’Ungheria, di 21 anni più anziano. Il matrimonio si svolse nel castello di Kirchheim unter Teck, vicino a Stoccarda, con una cerimonia ecumenica, riflettendo la sua fede evangelica. József, già due volte vedovo, aveva perso entrambe le sue precedenti mogli, la granduchessa russa Alexandra Pavlovna e la principessa Hermina, a causa di complicazioni post-parto. Mária Dorottya divenne così la terza e ultima moglie del Palatino, assumendo il ruolo di arciduchessa d’Austria e Palatina d’Ungheria.
Nonostante le differenze religiose in un contesto fortemente cattolico, Mária Dorottya si distinse per il suo impegno verso l’Ungheria e la comunità luterana. Subito dopo il matrimonio, si stabilì a Buda, dove rimase fino alla morte del marito nel 1847. Si fece subito notare per il suo atteggiamento innovativo e inclusivo: per la prima volta nella storia della Casa d’Asburgo, una donna della famiglia reale rispose alla delegazione parlamentare ungherese in lingua ungherese, un gesto simbolico di grande importanza politica e sociale.
Come Palatina, Mária Dorottya fu molto attiva nella vita pubblica e religiosa. Nonostante fosse una fervente evangelica, accettò di allevare i suoi figli nel cattolicesimo, come richiesto dal papa, ma continuò a sostenere la comunità luterana. Partecipò regolarmente alle funzioni religiose e promosse la costruzione di una chiesa luterana a Buda, un’impresa non da poco in un regno dominato dal cattolicesimo. Nel 1844 fondò la parrocchia luterana di Buda e supportò la costruzione della chiesa in Dísz tér, grazie anche a una donazione significativa da parte del Palatino József.

Mária Dorottya di Württemberg Benefattrice e Filantropa
Mária Dorottya fu anche una benefattrice. Divenne la patrona dell’Associazione delle Donne Benevole di Buda, fondata dalla sua predecessora Hermina, e si dedicò alla creazione di strutture di supporto per i più deboli. Acquistò una casa per impiegare donne povere in lavori di maglia e filatura, e organizzò scuole di lavoro per ragazze in diverse parti di Buda. Inoltre, nel 1818 partecipò alla fondazione di un ospedale per ciechi e, nel 1832, prese in gestione il primo asilo infantile fondato da Teréz Brunszvik.
Durante l’epidemia di colera del 1830-31, l’associazione, sotto la sua guida, distribuì aiuti alle famiglie colpite, fornendo cibo e legna. Questo impegno intenso contribuì a migliorare le condizioni di vita di migliaia di persone.
Nel 1839, con il sostegno di Mária Dorottya, fu fondata un’istituzione per bambini poveri, che successivamente divenne la Clinica Universitaria per Bambini. Continuò a sostenere questa causa anche negli anni successivi, visitando l’ospedale e fornendo aiuti finanziari significativi. Il sostegno di Mária Dorottya alla comunità luterana andò oltre la semplice beneficenza. Durante la rivoluzione del 1848-49, cercò di mitigare le rappresaglie contro i rivoluzionari e usò la sua influenza per supportare la Chiesa luterana ungherese. Dopo la sconfitta della rivoluzione, riuscì a far revocare il decreto governativo contro la costituzione della Chiesa luterana e a ridurre le pene per alcuni leader religiosi incarcerati.
La vita di Mária Dorottya dopo la morte del marito
Dopo la morte del marito nel 1847, Mária Dorottya fu costretta a lasciare Buda e si stabilì a Vienna per volere della corte imperiale. Nonostante l’esilio, continuò a sostenere la causa della comunità luterana e a mantenere i legami con l’Ungheria. Rimase strettamente legata alla lotta per la libertà e cercò di utilizzare la sua posizione per ridurre le pene inflitte ai rivoluzionari. Durante l’esilio, la sua vita fu segnata da altre tragedie familiari, tra cui la morte improvvisa del genero, il principe Ferdinando di Modena, e l’obbligo di crescere la nipote rimasta orfana. Mária Dorottya riuscì infine a recuperare i suoi figli, ma fu costretta ad allevarli secondo la fede cattolica. Mária Dorottya morì il 20 marzo 1855 a Buda. La sua morte fu seguita da un grande lutto pubblico, e fu sepolta nella cripta del Palazzo Reale di Buda accanto al marito. La sua eredità come figura di spicco della comunità luterana e come benefattrice è ricordata ancora oggi, e una via nel centro di Budapest porta il suo nome in suo onore.
Dorothea Hotel, Budapest – Autograph Collection
Autograph Collection Hotels, fa parte del portfolio di oltre 30 brand alberghieri globali di Marriott Bonvoy
Matteo Mammoli



