Gli chalet di Glorianda Cipolla ospitano la personale di Paola Pivi – macchine del tempo e orsi in scala ridotta. Fuori c’è Courmayeur: l’ingegneria di Skyway Montebianco, la natura, una comunità partecipe
We are the baby gang – la personale di Paola Pivi negli chalet di Glorianda Cipolla a Pra Sec, nella Val Ferret, Courmayeur
«Courmayeur è il luogo che ci ha accolto, nel momento in cui io e la mia famiglia avevamo bisogno di curare le nostre ferite» – afferma Paola Pivi all’inizio della presentazione della sua personale a Courmayeur, We are the baby gang, curata da Laura Cherubini. L’evento celebra i dieci anni dalla fondazione dell’Associazione culturale Monte Bianco Montagna Sacra, creata nel 2014 da Glorianda Cipolla, lungo il fiume Dora, a Pra Sec, nella Val Ferret.
Come in una poesia pastorale: la natura in estate è rigogliosa e l’intervento umano rispetta il paesaggio. In questo luogo, l’ex sciatrice polivalente, oggi imprenditrice e mecenate, ha recuperato due fienili settecenteschi ereditati dalla madre trasformandoli in chalet, luoghi di dialogo tra la dimensione spirituale dell’arte contemporanea e l’ambiente ascetico del Monte Bianco.
Paola Pivi racconta la genesi della mostra, e gli ultimi anni vissuti tra l’India, l’Alaska e Courmayeur
«Sono nata a Milano, da famiglia non milanese. Vivo in Alaska, dove si trova la casa principale della nostra famiglia» – prosegue Paola Pivi, nel raccontare la genesi della sua personale, in questo luogo incastonato tra le montagne più alte d’Europa. «Ho passato quattro anni difficili in India, al termine dei quali io, mio marito e nostro figlio eravamo provatissimi. Per quattro anni eravamo stati attaccati con molta veemenza da persone potenti vicini al Dalai Lama, in esilio in India. Dopo questi quattro anni di difesa, sapevo che avremmo vinto, ma sapevo anche che avremmo subito la frustata del dolore al rientro. Abbiamo cercato un luogo dove poterci curare e l’abbiamo trovato a Courmayeur. Abbiamo affittato una casa storica, per caso disponibile in quel momento: la Verrandina, affacciata sul Monte Bianco. Ci siamo trasferiti e per un anno e mezzo siamo stati quasi sempre in casa, o a Verrand. Abbiamo messo radici qui: mio figlio andava alla scuola elementare di Pressant-Divier».

We are the baby gang di Paola Pivi: le opera allestite negli chalet – Time machine e orsi in scala ridotta. La curatela di Laura Cherubini
La mostra presenta due nuclei di opere allestiti nelle due baite. Nella prima baita prende vita un racconto ipnotico. Ruote di diversi colori e dimensioni sono appese alle pareti, in constante movimento. In un luogo di profonda connessione con la natura e con il proprio spirito, le ruote diventano dei generatori di pensiero. Le Time machine concepite da Pivi sono ruote di bicicletta recuperate, e ornate da piume animali e di varia natura. L’ispirazione sono i Dreamcatcher, della cultura indigena del Nord America: gli acchiappasogni, composti da un cerchio esterno in legno flessibile, che rappresenta il ciclo della vita e l’universo, e una rete con perline che trattiene i sogni positivi – mentre i sogni negativi passano attraverso il buco centrale e vengono restituiti all’Universo. Le piume, secondo la leggenda Cheyenne, simboleggiano l’aria e il volo degli uccelli.
Attraversando un sentiero disegnato nel prato, si arriva alla seconda baita, dove sono allestite tredici sculture colorate, raffiguranti cuccioli di orsi polari rivestiti di piume. «Il tema degli animali è ricorrente nel lavoro di Paola Pivi» – spiega la curatrice Laura Cherubini. «Si pensi all’asinello in barca sull’isola di Alicudi, o agli animali bianchi dell’installazione a Porta Genova, a Milano». Dopo un incontro traumatico con un grizzly nel 1996, l’immagine dell’orso diventa per Paola Pivi fonte di terrore e angoscia. Negli anni ha voluto affrontare questa paura e sublimarla attraverso l’arte. «Ha fatto più tentativi per avvicinarsi gli orsi. Immaginava di vederli comodamente da una terrazza – in realtà alla fine si è trovata a vivere nel loro habitat». Nel 2006, Paola Pivi si è trasferita in Alaska, la terra dell’orso bianco, dove vive e lavora per molti mesi all’anno con la famiglia. «A quel punto sono nati i grandi orsi polari ricoperti di piume sgargianti, una delle opere più iconiche dell’artista a partire dal 2007, amati ed esposti in tutto il mondo».


Courmayeur, terra fertile per gli artisti: il 3 agosto 2024 torna Michelangelo Pistoletto e il suo Terzo Paradiso
Nello chalet di Glorianda Cipolla gli orsi di Paola Pivi hanno cambiato dimensione, in continuità con quelli proposti per la prima volta nel 2019 alla Galleria Perrotin di New York: «da quando il figlio Tenzin è entrato nella vita di Paola, i suoi lavori hanno cambiato scala, si sono rimpiccioliti. A un’estetica diversa corrispondono titoli giocosi. Come tutti i titoli che dà Karma (marito di Pivi, musicista, ndr), si tratta di una sorta di piccoli haiku che dialogano con il bambino che alberga in ciascuno di noi».
Oltre il gioco, il riferimento è culturale: «Pensiamo a Sottsas, Mendini. C’è un’esplosione di colori, che sono una geografia del percorso di vita e artistico di Paola Pivi. India, Alicudi, Alaska, Courmayeur, e ora le Hawaii. Paola ha portato la sua forza intrinseca in questo luogo, già abitato da altre presenze artistiche – pensiamo a Michelangelo Pistoletto e al suo Terzo paradiso».
Proprio Michelangelo Pistoletto torna il 3 agosto a Courmayeur, in Val Ferret. Insieme all’astronauta Paolo Nespoli – recordman della permanenza in orbita – Fabio Massimo Grimaldi – presidente di Altec, centro per la logistica e l’ingegneria aerospaziale – e Mario Pieroni – di RAM Radioartemobile, piattaforma per l’arte contemporanea, l’artista padre dell’Arte Povera racconta al pubblico l’avventura della missione V.I.T.A (2017), ispirata al Terzo Paradiso di Pistoletto. Un’opera emblema di pace e sostenibilità, che ha accompagnato gli astronauti.

Arte, pace, sostenibilità, ingegneria applicata alla natura, e partecipazione civile: parole chiave per la Valle d’Aosta – il piano del Courmayeur Climate Hub
Arte, pace e sostenibilità. Parole chiave per la Valle d’Aosta, la più piccola regione italiana, scrigno tra le Alpi, circondata dai quattro massicci montuosi più alti d’Italia: il Monte Bianco, che con 4.808,72 metri è il monte più alto d’Europa, il Cervino (4.478 m), il Monte Rosa (4.634 m) e il Gran Paradiso (4.061 m). Piccoli spazi per le città tra territori che si sviluppano in verticale, imponenti e fragili: la conformazione dell’intero territorio regionale è frutto dell’opera delle glaciazioni, che scavarono la valle principale e le altre valli laterali.
Una bellezza da preservare. Tra le città della Valle d’Aosta, Courmayeur si distingue per il suo impegno nella tutela del territorio. Con il programma “Courmayeur Climate Hub”, finanziato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e dall’Unione Europea tramite il Next Generation EU, Courmayeur punta a rimodellare la sua offerta turistica con un approccio integrato e sostenibile. Il progetto si focalizza su quattro principali linee di azione: la salvaguardia ambientale e il miglioramento dell’esperienza turistica in Val Ferret e Val Veny, la mappatura e il recupero dei sentieri escursionistici tramite GPS per renderli accessibili a tutti, la preservazione delle risorse idriche attraverso il censimento e la mappatura delle fontane e dei lavatoi, e la valorizzazione della memoria storica locale, comprese tradizioni ed edifici di rilevanza storica.
Il centro del progetto è la partecipazione della comunità locale. Sviluppato con il contributo di operatori turistici, esercenti, associazioni e residenti selezionati, il piano è stato realizzato utilizzando la metodologia OST (Open Space Technology), facilitata dall’agenzia di consulenza AMAPOLA di Torino: questo processo di Design Thinking ha valorizzato l’esperienza e la creatività di tutti i partecipanti, assicurando che il progetto rispecchiasse le idee e i suggerimenti della comunità.


Skyway Monte Bianco
Courmayeur offre anche un esempio di coesistenza tra natura e ingegneria. Skyway Monte Bianco ne è la prova più spettacolare. Inaugurata nel 2015, la funivia collega Courmayeur a Punta Helbronner a 3.466 metri, in soli 19 minuti, offrendo una vista panoramica sulle vette più alte d’Europa – il design firmato dall’architetto Carlo Cillara Rossi si ispira ai cristalli di ghiaccio e ai riflessi della neve.
La Skyway Monte Bianco comprende tre stazioni: Pontal d’Entrèves, Pavillon du Mont Fréty e Punta Helbronner. Ogni stazione è progettata per integrarsi armoniosamente con l’ambiente circostante e per minimizzare l’impatto ambientale. La stazione di valle, Pontal d’Entrèves, accoglie i visitatori con spazi funzionali, mentre Pavillon du Mont Fréty, a 2.173 metri, offre un giardino botanico, ristoranti e spazi culturali. Punta Helbronner, la stazione di monte, vanta una terrazza panoramica e una mostra di cristalli del Monte Bianco.
Durante la progettazione, grande attenzione è stata data alle difficili condizioni climatiche in altitudine e all’impatto ambientale. La struttura utilizza materiali ad alto isolamento, ampie superfici fotovoltaiche e sistemi di riscaldamento con pompe di calore per ridurre al minimo il consumo energetico. L’impiego di alluminio, acciaio e vetro consente una trasparenza elevata e un isolamento termico efficace, garantendo un contatto costante con il panorama esterno. Le stazioni sono state progettate per resistere a temperature fino a -35 °C e a raffiche di vento fino a 170 km/h.
Matteo Mammoli
