Su uno sperone roccioso che domina le colline toscane, il Castello di Castelfalfi continua a sfidare il tempo – il nuovo corso della tenuta, il programma di restaurazione e la produzione biologica
Il più antico abitante di Castelfalfi – prima ancora che si chiamasse così – fu una balena. Negli anni Settanta, i resti del cetaceo furono scoperti all’interno di una grande fagianaia. Dopo essere stati ripuliti, sono stati trasferiti al Museo Comunale di Montaione. Si stima che la balena abbia circa otto milioni di anni. Nonostante non sia stata rinvenuta la testa, parte della cassa toracica, con numerose costole e vertebre è stata preservata. La mancanza del cranio rende incerta l’identificazione della specie, che potrebbe essere la Balaena montalionis (la Balena di Montaione), simile a quella ritrovata a fine Ottocento alla Casina Ciulli, oggi custodita nel Museo dell’Università di Pisa presso la Certosa di Calci.
Come osserva Rino Salvestrini, tra i maggiori studiosi di questa parte di Toscana, e autore di uno studio dal titolo Storia di Castelfalfi, l’area era sommersa dal mare, e tracce di numerosi animali marini sono state ritrovate sulle colline di Castelfalfi.
Il Castello di Castelfalfi – La Rocca
Castelfalfi si trova nel comune di Montaione, sulle tre valli formate dagli affluenti dell’Arno. A nord-ovest c’è Volterra, a sud-est, seguendo la valle dell’Era, si raggiunge la pianura dell’Arno e la città di Lucca. Posto su uno sperone roccioso che domina la valle, il Castello di Castelfalfi continua a sfidare il tempo con le sue imponenti mura, testimoni di oltre un millennio di storia e di stratificazioni culturali. Immerso nel paesaggio collinare toscano, che sembra quasi disegnato dall’opera di un demiurgo ispirato, piuttosto che dal caos primordiale del Big Bang, questo luogo è stato conteso e coltivato fin dall’epoca etrusca. Da est a ovest, uomini e donne vi hanno trovato il posto ideale per stabilirsi e prosperare.
Nel castello di Castelfalfi si trovava dipinto raffigurante Costanza de’ Medici, moglie di Giovanni Francesco di Francesco Gaetani. Vi rimase fino al secolo scorso, quando fu venduto a un antiquario, restaurato e successivamente trasferito in una collezione privata americana. Il quadro è attribuito alla scuola di Sandro Botticelli, e alcuni sostengono possa essere opera del maestro stesso. All’ingresso del castello è esposta una replica del dipinto. Poco oltre, una lapide riporta la data 1485, anno in cui Giovanni Francesco di Francesco Gaetani trasformò il castello nella villa che conserva tuttora la sua forma attuale. Oggi, l’ingresso conduce a La Rocca, ristorante inaugurato nel 2024, diretto dall’Executive Chef Davide De Simone – ultima proposta gastronomica della tenuta di Castelfalfi.
Lo chef Davide De Simone, siciliano e cosmopolita, rende omaggio alla varietà culturale di Castelfalfi nel ristorante La Rocca, attingendo alle sue radici e combinando geografie gastronomiche, con piatti a base di carne e pesce – il mare è appena dietro l’orizzonte.


Castelfalfi – storie intrecciate con la leggenda: la famiglia Gaetani e la famiglia Biondi
Le storie che hanno animato le sale del castello, i vicoli del borgo e i sentieri della valle si sono spesso intrecciate con la leggenda. Tra queste, una vicenda che riguarda due famiglie che si sono avvicendate nel possesso di Castelfalfi. La nobile famiglia Gaetani di Pisa aveva acquistato parte della fattoria di Castelfalfi, come testimoniato dagli stemmi in pietra e marmo ancora visibili. Tra i membri della famiglia, vi era una fanciulla. Incontrò un giorno un giovane fabbro di nome Biondi di Lano, che lavorava a Castelfalfi. Affascinata dalla sua figura robusta e dal modo in cui forgiava il ferro, se ne innamorò, ricambiata.
Un giorno, la fanciulla si fece preparare un cavallo per recarsi a Montaione, il paese vicino, con l’intenzione di fare compere. Durante il suo tragitto, improvvisamente, un cinghiale emerse dalla macchia, spaventando il cavallo, che si impennò e la fece cadere. Sbatté la testa su una pietra e morì. Per onorare l’amore che legava la giovane al fabbro, la famiglia Gaetani donò a Biondi i propri beni nella fattoria di Castelfalfi. Fu così che la famiglia Biondi acquisì la fattoria, che poi ampliò e mantenne per 500 anni. Sebbene la storia rimanga una leggenda, alcuni pensano che la fanciulla potesse essere una discendente di Costanza de’ Medici, la stessa del dipinto, moglie di Giovanni di Francesco Gaetani.
Castelfalfi: un castello prima bizantino, poi longobardo, poi ricostruito come villa
Castelfalfi ebbe origine come castello bizantino, concepito per coordinare la difesa contro i Longobardi nella regione a nord di Volterra. Tra il 550 e il 600 d.C., il castello era conosciuto con il nome bizantino di Kastron Eurias. Le fortificazioni si rivelarono insufficienti a respingere l’avanzata longobarda: sotto la guida di re Agilulfo e poi re Alboino, i Longobardi conquistarono Volterra e i castelli bizantini della Valdera, trasformandoli in roccaforti del proprio dominio. Castelfalfi fu ristrutturato dai nuovi conquistatori e rinominato Castel Faolfi, in onore del capo longobardo Faolfo. Assunse le tipiche caratteristiche delle fortificazioni longobarde, di cui oggi però rimangono poche tracce: il castello subì trasformazioni durante il Basso Medioevo, successivamente all’anno 1000, quando fu convertito in un cassero (ovvero la parte più fortificata della struttura, che ospitava dapprima i “Signori” e, in seguito, i soldati al servizio del Comune).
Attorno al castello si sviluppò un borgo con abitazioni, botteghe artigiane e una chiesa. Privo di alte mura difensive, il borgo utilizzava l’orografia del terreno come protezione naturale, e gli abitanti cercavano rifugio all’interno del castello in caso di pericolo, come durante incursioni militari. Nel corso del Sedicesimo secolo, il castello subì ulteriori trasformazioni, assumendo l’aspetto di una villa rinascimentale, così come la si osserva oggi. A partire dal 1500, la famiglia Biondi vi risiedette, esercitando il controllo sul Comune di Castelfalfi fino al 1774. In quell’anno, con la riforma del Granduca di Toscana Leopoldo, Castelfalfi fu incorporato nel Comune di Montaione.




La storia recente di Castelfalfi, la svolta di fine Novecento
Le fattorie erano suddivise in poderi, con abitazioni sparse nelle campagne, occupate dai mezzadri. Questa impostazione della società agricola, invariata per secoli, scomparve quasi improvvisamente tra il 1955 e il 1970. I mezzadri si trasferirono nelle valli, attratti dalle nuove opportunità di lavoro nelle industrie calzaturiere, del mobile e nelle fabbriche che fiorirono nel dopoguerra. Le case coloniche, ormai vuote, cominciarono a deteriorarsi: i fienili, dotati di tetti fragili, furono i primi a crollare. Anche le abitazioni principali iniziarono a subire gli effetti dell’abbandono. Le costruzioni più antiche, realizzate in pietra, si rivelarono più durevoli rispetto a quelle ottocentesche, costruite con materiali meno resistenti.
I maggiori cambiamenti a Castelfalfi avvennero tra il 1965 e il 1990. Dopo la gestione della famiglia Biondi, la tenuta passò ai Benelli di Prato, noti per la loro attività nell’industria tessile e dei coloranti. Tuttavia, l’attrattiva della vita urbana e le migliori opportunità lavorative offerte dalle fabbriche del Valdarno contribuirono allo spopolamento del borgo. Intorno al 1980, la proprietà fu acquistata da un gruppo di imprenditori milanesi, guidati dall’amministratore Umberto Sportelli, con un progetto di sviluppo curato dall’architetto Adorno. Il piano prevedeva di combinare agricoltura e turismo in un’iniziativa di ampio respiro. Dopo difficili trattative con la Regione Toscana, il progetto prese avvio nel 1983. Con l’arrivo della crisi economica, l’avanzamento del progetto subì rallentamenti. Nonostante ciò, l’azienda impiegava già 120 operai, impegnati nel restauro degli edifici, nella costruzione di infrastrutture sportive e nell’espansione delle attività agricole.
Il piano, in accordo con il Comune, puntava a uno sviluppo turistico controllato, alla salvaguardia dell’integrità dell’azienda agricola e all’espansione delle coltivazioni e degli allevamenti. Tuttavia, durante l’esecuzione, la gestione dell’azienda fu compromessa dalle difficoltà finanziarie di alcune banche nazionali. Dopo vari passaggi di proprietà, la tenuta finì sotto la supervisione del tribunale, che predispose una vendita concordata. Numerose società, italiane e straniere, mostrarono interesse per l’acquisto, e tra i nomi circolati figuravano personaggi illustri come Berlusconi, Agnelli e Casiraghi.
Nel 1982, l’imprenditore milanese Virginio Battanta acquistò dal tribunale di Firenze le società che detenevano il borgo medievale e i 1320 ettari di terreno agricolo della tenuta di Castelfalfi, incluse le 36 case coloniche e il campo da golf. Da quel momento è iniziata la riqualificazione del territorio e degli edifici, un processo che si è svolto a più riprese dal 2011 fino ai giorni nostri.
La tenuta di Castelfalfi oggi: la nuova proprietà, il programma di ristrutturazione da 650 milioni di euro
A metà 2021 il resort è stato ceduto dal gruppo industriale di turismo tedesco TUI – che lo deteneva dal 2006 – a Sri Prakash Lohia, industriale e mecenate indonesiano di origine indiana, fondatore e presidente di Indorama Corporation, un’azienda petrolchimica e tessile diversificata. Il 1° aprile 2022 ha segnato l’inizio di una nuova fase per Castelfalfi, grazie a un vasto programma di ristrutturazione (e un investimento di 650 milioni di euro) che ha interessato l’intera area. Il complesso offre diverse soluzioni abitative, distribuite tra l’edificio principale, l’antica tabaccaia e i casali circostanti. Il borgo, costellato di negozi, include anche una torre medicea, una piccola chiesa per matrimoni, un campo da golf da 27 buche (18 mountain course e 9 lake course) e una tenuta agricola con vigneti e oliveti su 163 ettari.
La tenuta si estende su 1.100 ettari, di cui circa 350 coperti da boschi e querce, intervallati da piccoli specchi d’acqua, che ricadono quasi completamente nell’Area Naturalistica Protetta del torrente Carfalo. Questo ambiente incontaminato ospita una fauna ricca, tra cui la rara salamandrina dagli occhiali e numerose altre specie animali. Le colline di Castelfalfi sono state abitate sin dall’epoca etrusca, grazie alla loro posizione al di sopra delle valli paludose e malsane formate dai grandi fiumi, come l’Arno e i suoi affluenti. Queste alture, ricche di boschi, si prestavano alla coltivazione di cereali, viti e olivi, prodotti essenziali per l’agricoltura dell’epoca.




L’azienda agricola Castelfalfi: le pratiche agricole e gli interventi per l’efficientamento idrico ed energetico
L’azienda agricola comprende 25 ettari di vigneti e 10.000 piante di olivo, con una produzione interamente biologica. Tra le tecniche impiegate per ripristinare la sostanza organica del suolo, il sovescio: una pratica che consiste nel coltivare piante, spesso leguminose, per poi interrarle mentre sono ancora verdi al fine di migliorare la fertilità del terreno. Queste piante, una volta decomposte, arricchiscono il suolo di sostanze nutritive, in particolare di azoto, e migliorano la struttura del terreno, aumentandone la capacità di trattenere acqua e riducendo il rischio di erosione. La gestione agricola è affidata all’agronomo Diego Mugnaini e all’enologo Emiliano Falsini.
Le varietà di olio prodotte includono Frantoio, Moraiolo, Leccino e Pendolino, da cui si ottiene un olio extravergine IGP, estratto a freddo entro sei ore dalla raccolta. I vigneti includono Sangiovese, Merlot, Cabernet, Vermentino e Syrah, con una produzione che comprende otto etichette di vino e un vin santo. Tra questi, spicca il vino Castelfalfi IGT, un blend di Cabernet Sauvignon, Merlot e Petit Verdot, affinati in barrique di rovere francese e anfore di cocciopesto. La tenuta produce anche birra, vermouth, gin e miele, con un’apicoltura che segue i cicli naturali delle api, comprendendo 40 arnie.
La proprietà ha realizzato interventi strutturali per garantire l’autosufficienza idrica ed energetica. Sono stati creati bacini artificiali per la raccolta delle acque piovane, impianti di riciclo e filtraggio delle acque reflue, un generatore a biomassa legnosa, un biofiltro per il recupero degli scarti alimentari e un impianto fotovoltaico per la produzione di energia solare. Le coltivazioni seguono pratiche biologiche, senza l’uso di pesticidi o prodotti chimici, utilizzando fertilizzanti naturali. Anche il campo da golf utilizza un tipo di erba a basso consumo idrico.
L’illuminazione del borgo è prevalentemente naturale, per preservare il ciclo giorno-notte e promuovere il benessere degli ospiti, della fauna e della flora. L’illuminazione artificiale è garantita da luci LED a basse emissioni. La plastica monouso è stata completamente eliminata e le opere di ristrutturazione sono state realizzate secondo i principi della bioedilizia. L’azienda utilizza un sistema di gestione ambientale (EMS) per monitorare e migliorare le prestazioni ambientali. I ristoranti della tenuta adottano una filiera corta, privilegiando prodotti locali e sostenibili.
La Rocca Fine dining Castelfalfi, la cucina dello chef Davide De Simone
I ristoranti di Castelfalfi sono guidati dall’Executive Chef Davide De Simone. Tra questi, L’Olivina, ristorante interno all’hotel, progettato dall’artista e designer Henry Chebaane, si presenta come un percorso paesaggistico che invita a un’esplorazione sensoriale dei sapori, profumi e colori della Toscana. Il nome omaggia la terra generosa, ricca di vigneti e uliveti, e richiama la pietra verde traslucida, nota agli Etruschi come la “gemma del sole”.
Percorrendo la via principale del borgo, si giunge a La Rocca, ristorante fine dining inaugurato nel giugno 2024, situato nel punto più elevato di Castelfalfi. Qui, con il sole che svanisce dietro le colline, una luce rossa intensa e il rumore bianco del vento, si è trasportati in una dimensione sensoriale sospesa nel tempo. All’interno, materiali come legno, pietra e terracotta, recuperati e armonizzati, riflettono i toni naturali della campagna.
La proposta culinaria di Davide De Simone, “Il Mio Paese”, riflette un concetto senza tempo e confini: le sue radici siciliane si intrecciano con un’esperienza cosmopolita, proponendo menu stagionali che esaltano la freschezza degli ingredienti locali, ispirati alle antiche tradizioni toscane e accompagnati da una selezione accurata di vini.



La nuova Spa RAKxa
Il progetto di restyling della nuova proprietà ha coinvolto anche la Spa, con l’introduzione di nuovi spazi e trattamenti firmati RAKxa, wellness concept thailandese.
RAKxa – è un termine che deriva dal verbo tailandese “รักษา” (rák-sǎa), che significa “curare” o “guarire”. La spa è dotata di due piscine: una interna circondata da colonne rivestite di mosaici e l’altra esterna con vista sulla campagna toscana. Vi sono poi sette stanze per trattamenti, compresa una suite per coppie, due saune, un bagno turco e una zona relax. La nuova palette è ispirata al paesaggio delle colline circostanti: colori naturali e tenui, dall’oro al beige. Un gazebo esterno permette di offrire trattamenti all’aria aperta in primavera ed estate, per un full immersion nella natura.
