Quando il lusso merita rispetto: 250 nuovi posti lavoro nella provincia francese, l’istruzione e la cultura di un distretto produttivo, il punto selleria fatto a mano
Dislocazione della produzione – Hermès e il territorio francese, la famiglia e l’azionariato
Una dislocazione della produzione industriale sul territorio francese: sono oggi ventitré, le manifatture artigianali di Hermès in ogni angolo di Francia. Un unico polo industriale risponderebbe alle logiche dell’efficienza – ovvero alle richieste analitiche imposte dalle speculazioni finanziarie di borsa. Diversamente: la strategia di dislocazione voluta da Hermès, è possibile perché Hermès è di proprietà di una famiglia (per due terzi dell’azionariato) e la famiglia può prendere decisioni sul valore umano invece che sul valore matematico. Può dare consistenza alla cultura civile e alla responsabilità sociale, non soltanto al profitto e ai margini.
Hermès si quotò in borsa nel 1993 e la famiglia si strinse in patti di solidarietà per mantenere il controllo. Oggi la ramificazione dell’albero genealogico può contare oltre cento estremità: tre posizioni prominenti sono coperte dai cugini, Axel Dumas nelle mansioni di CEO, Pierre-Alexis Dumas, direttore creativo, Guillaume de Seynes, vicepresidente esecutivo. Sono nipoti di Jaqueline Hermès, a sua volta pronipote del fondatore, Thierry Hermès che scomparve nel 1878.
L’alleanza della famiglia allargata si rinforzò ancora più quando, a ottobre del 2010, ci fu un tentativo di scalata e colpo di mano: una rete di acquirenti apparentemente indipendenti che faceva in realtà capo a uno soltanto, portò un attacco all’azionariato. Fu una mossa aggressiva. Il riflesso alla violenza produsse difesa: il patto di controllo della famiglia si fece ancora più blindato. Perché ricordare questo adesso? Per sottolineare come una scelta industriale come la dislocazione della produzione è possibile solo se la decisione è presa da una mente abile al cuore e al senso del rispetto.
Hermès e La Manifattura di Riom: la produzione dei modelli Birkin e Constance
Il 13 settembre a Riom, cittadina a Sud di Parigi, nel centro della Francia, quasi all’altezza di Lione, Hermès ha tagliato il nastro per la ventitreesima Manifattura dedicata alla pelletteria. Qui si produrranno solo due modelli di borse, la Birkin e la Constance – la Birkin è sempre quella per la quale le signore, sia quelle eleganti sia quelle arriviste, devono iscriversi alla lista d’attesa esattamente come dovette fare Samantha Jones. Da Hermès non la chiamano più lista d’attesa, il concetto non piace – meglio dire lista dei desideri, perché un atteggiamento francese, quella noncuranza tra frivolezza leggera e puntigliosità effimera, deve sussistere ovunque. Il prezzo base parte da settemila euro circa – l’intenzione di questo testo è spiegare quale responsabilità e quale valore possa formare tale prezzo.

250 nuovi posti di lavoro e 30 sedie di tirocinio: il tessuto sociale in provincia
Con la nuova manifattura a Riom, Hermès ha generato 250 posti di lavoro. Non solo posti di lavoro, ma anche 30 sedie di tirocinio per l’apprendimento. Si discute e si ragiona, sia in Francia sia in Italia, di come proteggere le tecniche artigiane tradizionali, tecniche che furono acquisite in famiglia, da padre in figlio, per emulazione e per mancanza di una vita alternativa. Tornando indietro alla generazione che vide il boom economico a metà del Novecento, i nonni di persone della mia età – io che scrivo ho 45 anni – succedeva che in molti restavano a vivere e a lavorare lì dove nascevano. La provincia non andava ancora svuotandosi come sta succedendo oggi, verso Parigi o verso Milano come se la città fosse l’unica opzione per una vita apprezzabile.
Una casa di moda, stile o lusso ha potere immaginifico per i desideri di chi cresce in provincia ma che comunque è connesso sugli stessi riferimenti di chi si siede ogni sera al Cafè de Flore. Se una casa come Hermès apre un polo di lavorazioni artigianale, se non addirittura artistica, in un una valle circondata da boschi e torrenti e colline, questo stimola una partecipazione locale. È un’energia che serve a ricostruire tessuto sociale in questi posti in provincia che potrebbero offrire – lo abbiamo imparato con la pandemia – una qualità di vita migliore rispetto ai grandi centri urbani, per la vicinanza alla natura, per un ritmo meno frenetico delle ore, per rapporti intrapersonali meno viziati da esagerazioni paranoiche con cui le metropoli si alimentano.
Lavoro, professione e carriera – dall’apprendistato alla cultura
Ci sono scuole tecniche e accademie, per prepararsi a una carriera di maestro artigiano – ma il fascino per tale scelta professionale sembra non trovare presa. I ragazzini non sembra siano di frequente a ripetere io voglio fare l’artigiano – mentre con facilità sbiascicano voglio fare l’architetto, il fotografo, lo scienziato, voglio guadagnare tanto quanto il dentista e il notaio. Per chi nasce in provincia i sogni possono anche essere meno divertenti: c’è bisogno di lavorare e un lavoro vale l’altro.
L’apertura di una manifattura di Hermès offre un lavoro che richiede anni di apprendistato e allenamento, perché l’abilità manuale che qui si impara e la precisione per la quale bisogna applicarsi, costringono il corpo umano a un rigore fisico e intellettuale che diventa una forma culturale.
Manifatture come atelier – la differenza tra un operaio e un artigiano
Le manifatture da Hermès si chiamano anche atelier, per indicare una dimensione ridotta del corpo lavoro – duecento, trecento persone. Un direttore di sede può conoscere nomi, volti e caratteri, avere un dialogo, nel tempo, con tutti loro, far partecipi anche loro della dimensione familiare che persiste ai piani di comando e a difesa degli attacchi in borsa. Questo non sarebbe possibile in uno stabilimento con tremila operai.
Quale è la differenza tra un operaio, un operaio specializzato, e un artigiano? Sono domande che possono sembrare ovvie, ma che non sempre pungono la mente. La differenza può essere labile come drastica, se per operaio si intende l’addetto a un lavoro semplice, ripetitivo, che implica forza fisica con poca tecnica, che richiede attenzione sufficiente ad evitare uno sbaglio piuttosto che concentrazione perché ogni passaggio è una sfida. Per artigiano si intende l’operatore che all’abilità richiesta, deve aggiungere una sua personale cultura ed esperienza – in poesia, si può definire come pezzo di cuore.

La manifattura di Riom nell’edificio di un antica tabaccheria: il processo artigianale, dalla lettura della pelle al taglio
L’edificio che ospita la manifattura a Riom è un’antica tabaccheria costruita in cemento e mattoni, protetta dalla sopraintendenza quale edificio storico già dal 2004. Restaurare piuttosto che costruire da nuovo richiede un impegno economico maggiore: oltre a prevedere gli spazi per le nuove soluzioni tecnologiche, bisogna intervenire su un’architettura prevista quando le regole per la sicurezza e la salute degli impiegati erano quasi inesistenti (questa tabaccheria era un edificio all’avanguardia, offriva servizi igienici separati per uomini e donne, all’esterno dell’edificio principale).
Stephan lavorava come falegname e oggi è impiegato qui per Hermès nella fase di lettura dei pellami e di preparazione al taglio, dopo l’intervento in conceria su colorazioni diverse. Sul tavolo sono posizionate parti di pelle di agnello, capra e vitello. I difetti e le cicatrici sono più frequenti verso le congiunture delle gambe – mentre al centro della pezza, la morfologia è più costante, e da qui si sagomano gli scudi primari di una borsa (per ogni borsa, sono necessari dai due ai tre corpi di pelle). Questi scudi sono posizionati con un raggio laser, così che il disegno riduca al minimo lo scarto. Dopo il taglio, i perimetri sono sottoposti a una leggera abrasione affinché, successivamente all’accoppiamento dei due fogli, ne risulti uno spessore idoneo alle cuciture. Tutte le parti di una borsa sono fogli di pelle accoppiata: una colla stabilizza i livelli, e la cucitura finalizza i margini.
Hermès e il punto selleria, fatto a mano
Cécile riceve sul suo tavolo le parti così sagomate, cucite, pronte per essere assemblate. A mano: tutte le parti della borsa sono unite tramite il punto selleria, lo stesso punto che si usa per cucire le selle di un cavallo. Un punto cucito la cui resistenza è superiore a quello di un punto semplice o di un punto della macchina da cucire. Il punto selleria si può fare solo a mano, non ci può essere supporto strumentale: un punteruolo fora la pelle, permette a un ago di entrare da una parte e a un altro ago di entrare dall’altra. Il punteruolo segna il foro successivo, e gli aghi fanno lo stesso gioco, ritornando. È una cucitura doppia, in sintesi. Si usano fili di lino per tutto il corpo e fili di seta, più morbidi e più abili al movimento, per le maniche. I bordi al taglio sono poi pressati da un ferro che ne fonda le fibre saldandole, una leggera abrasione per rimuovere pistilli, e una vernice completa il lavoro.
Cecile si prende cura dell’ultima fase, la più delicata: il ribaltamento della borsa. Tutte le cuciture sono state fatte lavorando sull’interno delle borsa. Con il supporto di un tavolo mobile, che tiene fermo e in equilibrio il manufatto, il ribaltamento è svolto a quattro mani incrociate, così che la pressione sia omogenea, robusta ma sensibile alle angolature e alle resistenze morfologiche delle pelle mai identica. Se ci sono difetti, in questa fase di ribaltamento, questi si mostrano. Ci vogliono circa venti ore, due giorni e mezzo, per costruire una Birkin di Hermès – e come spero di aver provato a spiegare, questo ne spiega solo una parte del valore. Questo mio resoconto sull’apertura della Manifattura di Riom vuole dare prova e riferimento di come oggi e in futuro, il lusso si potrà – si dovrà – comprendere attraverso la responsabilità civile e sociale di cui si fa carico.
Carlo Mazzoni

