Al piano terra di Palazzo Arnolfini si trova il ristorante Giglio. Lampoon in conversazione con i tre chef Benedetto Rullo, Lorenzo Stefanini, Stefano Terigi prima della rinuncia alla Stella Michelin
Benedetto Rullo, Lorenzo Stefanini e Stefano Terigi sono i tre chef del Ristorante Giglio a Lucca, che oggi rinunciano alla setta Michelin ottenuta nel 2019
Gli chef del Ristorante Giglio a Lucca, che oggi rinunciano alla setta Michelin ottenuta nel 2019, sono Benedetto Rullo, Lorenzo Stefanini e Stefano Terigi. Non vogliono più appartenere a quella categoria che percepiscono come limitante e ingessata. Preferiscono mantenere una cucina di alta qualità, ma più accessibile e ruvida.
Le origini e la storia del Ristorante Giglio, da Lucca negli anni Settanta a oggi – un’intervista prima della rinuncia alla stella Michelin
«Negli anni Settanta, si dice che nella sala ci fosse una sorta di bisca con tavoli da biliardo. Sopra il camino, pare ci fosse un pappagallo parlante dentro un’aviaria che salutava i presenti e ai suoi piedi dormiva un vecchio cane. Il Giglio nasce nel 1979 come propaggine della Buca di Sant’Antonio – storico ristorante di Lucca ed ex stella Michelin – per dare spazio alle abilità di Loredano Orsi, all’epoca un ragazzo di bottega. Era pensato come ristorante di pesce, ci sono ancora delle foto d’epoca in cui si vede un buffet con un salmone al coltello in mezzo alla sala, un’atmosfera un po’ barocca insomma. Tuttavia, quest’idea non funzionò molto bene e il Giglio divenne invece un ristorante tradizionale, riscuotendo grande successo. Paola Barbieri, con cui oggi noi tre chef siamo in società, ne prese poi le redini».
I Giglio Boys. Come si è formata la triade di chef
Percorsi di formazione diversi hanno portato i tre chef ad abbracciare un progetto comune dieci anni fa, «Stefano e Lorenzo si conoscono dalle scuole medie. Lorenzo ha poi studiato all’Alma dove ha incontrato Benedetto. I due sono poi tornati a Lucca e hanno lavorato al Giglio per un mese. All’epoca Stefano studiava allo IUAV di Venezia, dove si è poi laureato con una tesi su Ferran Adrià e venne al Giglio per provare un menu degustazione. Ha poi scelto di dedicarsi completamente alla ristorazione e andò a lavorare a Berlino da Les Solistes di Pierre Gagnaire, dove c’era anche Benedetto. Dopo quel periodo di formazione, abbiamo deciso tutti di tornare a Lucca e iniziare un matrimonio professionale che ora ha raggiunto i dieci anni».
Una stella Michelin per il Ristorante Giglio
«La stella Michelin ci è stata assegnata a novembre 2018. Nel tempo il nostro approccio culinario è cambiato. È una metamorfosi continua, forse si è stabilizzata un po’ negli ultimi due anni, ma il bisogno di evolversi rimane. La nostra è una cucina che presta molta attenzione ai dettagli ma non è sperimentale. Si basa sulla tecnica. È confortevole e concreta. Progrediamo trasformandoci, e la nostra identità si proietta nel luogo. La cucina per noi è prima di tutto una passione, non una missione che contempla solo il successo».
Pane e ribellione: Gigliola, l’anima spensierata del Ristorante Giglio
«Abbiamo aperto Gigliola nel 2020. Eravamo consapevoli di un buon prodotto che usciva da questa cucina: il pane, e inizialmente cercavamo un luogo dove poter installare un forno e dedicarci anche alla panificazione. Poi, quando abbiamo trovato il posto giusto, le idee hanno iniziato ad accumularsi. La cucina di Gigliola è più etnica, giovane, informale e musicale».
Creare un menu: una ricerca stagionale al Ristorante Giglio
La cucina del Giglio si caratterizza per un processo ideativo volto a creare una proposta gastronomica in armonia con i cicli stagionali.
«Cambiamo il menu quattro volte l’anno in base ai prodotti di stagione. C’è una struttura fissa rispetto al tipo di piatti da inserire attorno a cui ci muoviamo, e che varia nel tempo. Non utilizziamo ingredienti esotici. La nostra è una cucina mediterranea con un tocco di alta cucina, che appartiene molto a Benedetto».
«Abbiamo reintrodotto piatti tradizionali che si legano anche al territorio. Negli ultimi anni ci sono piatti che ‘rimpiangiamo’ di aver proposto, mentre siamo molto legati a tre primi. Due sono spaghetti, sono cugini in un certo senso perché hanno un carattere forte. Il primo è cotto nella vinaccia, lo scarto della vendemmia, una pasta che resta tannica su cui viene grattato un pâté di fegato di piccione. L’altro è una cacio e pepe mantecata con Vin Jaune su cui si grattugia Comté. Il terzo è un risotto cotto in acqua di pomodoro. Dopo essere stato mantecato, acquisisce una nota umami e viene servito coperto con noce moscata».


Esperienze internazionali e partecipazione al GELINAZ!
«Siamo stati invitati dall’Ambasciata Italiana a Tel Aviv in occasione della Settimana della Cucina Italiana nel Mondo. La cucina locale è stata una grande fonte di ispirazione, in particolare l’uso del coriandolo. Abbiamo poi partecipato al GELINAZ! due volte. La seconda volta abbiamo organizzato una reunion di chef alla Tenuta di Valgiano, tra cui Riccardo Camanini, Carlo Cracco, Mauro Colagreco e Chiara Pavan, e cucinato per un centinaio di persone. L’esperienza gustativa è stata accompagnata da una performance del gruppo musicale C’mon Tigre insieme a un live painting di Danijel Žeželj. Nei pressi della limonaia era stato collocato un unico tavolo lungo con l’installazione al neon Enjoy Your Fucking Dinner dell’artista Pepemaniak accanto».
La ricerca sui vini al Ristorante Giglio
Il Giglio offre una carta dei vini con scelte di nicchia. «Ci piace conoscere nuove cantine, cerchiamo quelle che lavorano con un approccio etico alla viticoltura. Ricercare vini meno manipolati e più fedeli al loro processo naturale».
Food blogger o degustatori? La composizione dei piatti al Ristorante Giglio
«C’è ancora chi viene solo per mangiare. Non siamo molto bravi a creare piatti iconici a livello estetico, meno di altri sicuramente. La nostra estetica è molto funzionale per il lato gustativo. Mettere una coscia di piccione in un secondo non è nulla di così trasgressivo. Chi mangia animali dovrebbe avere la coerenza di non sentirsi a disagio vedendo l’animale nel piatto, a meno che non siano rielaborati in soluzioni informi. È una questione di consapevolezza. Si va in un ristorante di alta cucina per la qualità che offre, per l’esperienza di qualcuno che sa presentarti un percorso di gusto alternativo al quotidiano».
La dimensione socio-culturale di un ristorante
La cucina può essere politica? «Tutto può essere politico. Facciamo delle scelte che cercano di nutrire la sostenibilità ambientale e sociale. Oltre al rispetto della stagionalità delle materie prime, da anni abbiamo deciso di garantire più tempo libero ai nostri collaboratori, e nonostante sia un’attività stagionale, tutti hanno le ferie estive».
Associazioni identitarie al Ristorante Giglio
«Se il Ristorante Giglio potesse essere una canzone, sarebbe l’album London Calling dei Clash. A parte il fatto che sono una band, un po’ come noi, per la capacità di fondere diversi generi in un unico progetto. Ci piace anche prendere ispirazione dall’alter ego di Marcel Duchamp, Rrose Sélavy. Una figura ormai iconica, storicizzata, nata dalla collaborazione con Man Ray, ma ancora attuale e capace di assumere varie forme nel tempo».