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Tina Modotti: la fotografia, la visione e una militanza che resta attuale

Chissà cosa penserebbe Tina Modotti del dibattito attuale sul ruolo e lo spazio della donna nell’arte e nella fotografia. Si definirebbe donna-fotografa?

CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino presenta, dal 16 ottobre 2024 al 2 febbraio 2025, due mostre dedicate a importanti maestri della fotografia: Tina Modotti e Mimmo Jodice.

La mostra su Tina Modotti, curata da Riccardo Costantini, espone 300 immagini provenienti da 32 archivi internazionali, ripercorrendo la carriera della fotografa friulana. La sua produzione si concentra sulla documentazione sociale e antropologica del Messico degli anni ’20, con una forte impronta politica. L’allestimento include materiali inediti, ricostruzioni storiche e opere visivo-tattili per favorire l’accessibilità.

Il ruolo della donna nell’arte e nella fotografia 

Chissà cosa penserebbe Tina Modotti del dibattito attuale sul ruolo e lo spazio della donna nell’arte e nella fotografia. Si definirebbe donna-fotografa? Sappiamo che si arrabbiò, come riporta Pino Cacucci nella biografia-romanzo Tina, edita da Feltrinelli: nel 1926, in compagnia di Edward Weston, visitò una mostra a loro dedicata a Guadalajara, capitale dello stato di Jalisco. ‘L’imperatore della fotografia e la bellissima Tina Modotti: una combinazione irresistibile’. Tina non ha avuto il tempo di curarne i dettagli e questa frase che trova stampata sui manifesti la fa infuriare. Ancora una volta si esalta la sua immagine esteriore, relegando in secondo piano qualsiasi risultato ottenuto sul lavoro.

Sembra la cronaca dei nostri giorni. In una lettera a Weston del 1925, si percepisce la lacerazione tra la sua percezione – e proiezione – di donna e il lavoro di fotografa, l’aspetto creativo: Non sono stata granché ‘creativa’, Edward. In media, ho eseguito meno di una stampa al mese…e questo per me è terribile. L’assenza di interesse non c’entra. A volte arrivo a pensare che le donne, per ciò che riguarda il lavoro creativo siano inefficienti, dispersive. Ecco ricado nell’abitudine di generalizzare un’opinione a cui sono arrivata solo analizzando me stessa

Tina Modotti, dall’Italia al Messico 

Julio Antonio Mella, il suo più grande amore, la chiamava ‘Tinissima’. Tina Modotti la superlativa: proletaria, attrice e fotografa cresciuta all’ombra di Edward Weston, come la sua collega Gerta Taro, che ha testimoniato la guerra civile in Catalogna con il compagno Robert Capa, ma non ottenne il suo stesso successo. La vita di Modotti è insieme narrativa e Storia, che non ha bisogno di essere romanzata. La popolano capi di partito, rivoluzionari sudamericani, artisti. C’è la miseria di una famiglia qualunque del Novecento, originaria di Udine. È il 1913 quando Tina, 17enne, si imbarca per gli Stati Uniti per raggiungere il padre emigrato a San Francisco. C’è il fervore del comunismo rivoluzionario, che percorre la vita della fotografa come linfa vitale, antidoto al suo sguardo spesso triste e malinconico. A inizio Novecento, Tina Modotti lascia l’Italia per non tornare più. Troverà nel Messico rivoluzionario la sua nuova casa politica e artistica. 

Enrique Diaz (incerto), Tina Modotti davanti a una sezione della sua mostra, Città del Messico, dicembre 1929, Archivi Cinemazero - Pordenone
Enrique Diaz (incerto), Tina Modotti davanti a una sezione della sua mostra, Città del Messico, dicembre 1929, Archivi Cinemazero – Pordenone

Diego Rivera su Tina Modotti

La prima mostra sul lavoro fotografico di Tina Modotti fu organizzata nel 1924, al Palacio de Mineìra insieme ad altri fotografi. Per la prima volta il suo lavoro assume, agli occhi della critica, una dignità distinta dal suo mentore e compagno Edward Weston. Scrive Pino Cacucci, autore della biografia-romanzo Tina, edita da Feltrinelli: «Eppure, più ottiene riconoscimenti nell’ambiente della fotografia d’autore, e più avverte il bisogno di fondere la sua arte con quanto le accade intorno. L’interesse per i temi sociali diventa passione politica e in lei crescono i dubbi fra arte e impegno militante». Prima dell’evoluzione militante, la fotografa si dedicava a soggetti meno tangibili, più vicini alla fotografia artistica. Tra questi ricordiamo gli scatti Calle (1924) e Prospettive di fili elettrici (1925).

In quegli anni Diego Rivera, muralista e storico compagno e amore contraddittorio di Frida Kahlo, scriveva: «Tina Modotti esprime una sensibilità su un piano che, pur tendendo all’astrazione, senza dubbio più etereo, e in un certo senso più intellettuale, trae linfa dalle radici del suo temperamento italiano. La sua opera artistica è fiorita però in Messico, raggiungendo una rara armonia con le nostre stesse passioni». La dedizione alla causa comunista cambia anche la visione dell’arte, Tina Modotti decise di anteporre la lotta del proletariato – in Messico condotta dai contadini – all’arte, che sarà da quel momento sempre subordinata alla lotta di partito. I ritratti delle campagne, delle donne – madri e lavoratrici – saranno sempre intrisi di dignità e mai di pietismo.

Tina Modotti, la vita, le fotografie, gli amori

Tina Modotti attirò l’attenzione di molti uomini: prima il pittore Robo, poi Edward Weston, che realizzò i ritratti di Tina più belli, come quello esposto nella mostra a lei dedicata dove la fotografa si concede all’obiettivo di Weston in un primo piano nostalgico – può sembrare disperazione ma non lo è – con il viso racchiuso tra le mani, gli occhi chiusi, la bocca tesa. In Messico, la compagnia di Xavier Guerrero, artista e poi dirigente comunista espatriato a Mosca, convincerà la fotografa a realizzare il cambiamento: la lotta di partito prima dell’arte. Infine, ma non ultimo, Julio Antonio Mella, uno dei fondatori del partito comunista cubano. Il suo assassinio costringerà Tina a un esilio forzato, anche se non saranno mai chiariti i dubbi sulla sua presunta collusione nella morte del compagno, che assunse i contorni dell’omicidio politico mascherato da moventi passionali.

Un uomo che ha saputo guardarla e rispettarla – da lontano – fu Diego Rivera, che difese l’arte e l’integrità dell’artista italiana anche quando le illazioni della stampa scandalistica,  sulla base del suo presunto coinvolgimento nell’omicidio di Mella, la travolsero: Alcuni nudi fotografici rinvenuti nella casa della signora Modotti sono stati usati da un vostro editorialista come spunto per qualificare la suddetta signora e Julio Antonio Mella con epiteti che sono per me un insulto alla memoria di un morto, e rivolti a una donna che non è attualmente in condizione di difendersi (…) È assurdo qualificare come immorale il nudo, poiché si dovrebbe così condannare almeno il cinquanta per cento delle più belle opere artistiche del mondo intero.

Emanuela Colaci

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