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La tristezza di Piazza San Babila: niente alberi, molta plastica

In Piazza San Babila, l’albero di Natale è un plastico commerciale: nessun intervento positivo, nessun gesto di dono alla città: il caso di Via Spiga e il degrado di Montenapoleone

Piazza San Babila: l’albero di Sephora, Natale o Carnevale? I lampioni di Gardella

Sulla distesa di pietra e cemento che copre metà dello spazio pubblico è apparsa una sorta di albero di Natale. Non una pianta in vaso che dopo l’Epifania sarà messa a dimora in un parco urbano – ma è un cono alto tra i cinque e sei metri, composto da sfere e cubi di plastica che negli scorsi giorni emanavano un odore di vernice acrilica. Colorato di nero, fucsia, e bianco: la catena di profumeria Sephora il cui logo appare ovunque, con gli stessi colori ha decorato con una striscia aerea tutto il Corso Vittorio Emanuele. Volumi di plastica dipinti hanno trasformato la piazza centrale di Milano nell’androne di un centro commerciale che ai temi del Natale preferisce un anticipo di Carnevale. All’angolo su Corso Europa, quei pochi alberi piantumati restano scuri: nessuna luce tra io rami. Sono i pochi segni di verde urbano concessi al centro – non si poteva chiedere all’azienda che ha invaso di plastica la piazza, una minima dignità a questi nuovi fuscelli di Corso Europa?

Chi scrive cerca di tenere a freno la voglia di polemica e resiste alla tristezza di fronte a tanto degrado morale e civile – la domanda vuole essere posta: perché il bando comunale non impone un messaggio positivo ai decori natalizi? Perché il progetto di un albero in plastica, di centinaia di elementi di plastica sospesi, non può prevedere la sostituzione di quei lampioni da autostrada sul marciapiede di Palazzo Donini con una legittima copia dei lampioni del Gardella che segnano il centro dello spazio? Sarebbe un dono alla città e a tutti noi, da parte di chi, per Natale, trasforma la piazza di tutti in una vetrina per gli acquisti.

Da San Babila a Corso Vittorio Emanuele: il bando comunale e gli scopi commerciali

Perché lungo il Corso Vittorio Emanuele, per ogni Natale comandato, non viene chiesto allo sponsor che riesce a dominarlo, di disporre arbusti in vaso lungo il percorso? Arbusti illuminati con semplici e dignitose luci d’orate che poi possano essere piantati nei giardini delle scuole di periferia.

Il bando comunale prevede che, per ogni intervento nelle zone centrali, focali per gli scopi commerciali, lo sponsor si debba far carico dell’illuminazione di una via periferica – d’accordo, ma quando si rimane astanti di fronte a un tale dispiego di materiale plastico in San Babila, a un tale intervento di potere di marketing, a questo tripudio di nero, fucsia e bianco, sorge la perplessità: è questo che una città laboriosa, operosa, onesta e borghese come Milano, vuole raccontare ai suoi abitanti per Natale? Non ci potrebbe essere un messaggio in più, un segno in più, che la potenza economica di Sephora, potrebbe firmare? 

Soprattutto, la domanda è: il Comune ha chiesto a Sephora di farlo, questo qualche cosa in più? Se il Comune avesse chiesto a Sephora di lasciare un segno positivo, che restasse in città dopo la dipartita della Befana, con tutta la risorsa economica investita da Sephora per queste sue gigantografie nere e fucsia, è probabile che Sephora avrebbe acconsentito. 

Potere commerciale, marketing, brand reputation, brand equity: il linguaggio e la caricatura di Milano

Le aziende dispongono risorse economiche per operazioni di marketing: operazioni che possano sublimare il suggerimento a scegliere come regalo per amici e famigliari un prodotto in vendita nei propri negozi; operazioni che possano produrre una qualsivoglia ipnosi nella massa cittadina affinché il brand diventi catalizzatore di un desiderio di acquisto. 

Siamo nel 2024 – per quei pochi che non se ne sono accorti, la pubblicità che funzionava negli anni Novanta non è la stessa che funziona oggi. Ogni attività di marketing oggi lavora per migliorare la Brand Reputation che a sua volta lavora sulla Brand Equity – ovvero il motivo per cui un posacenere in ceramica che trovi alle bancarelle di Bressanone, vale uno zero in più se firmato da Hermès. Marketing, Brand, Reputation, Equity sono parole tecniche in inglese che a volte entrano nei vocabolari comuni – che se pronunciate con quella cadenza cantilenante, tra una E un poco aperta e l’intercalare di figa, compongono la caricatura del perfetto Milanese un poco bauscia. 

Chi scrive non vuole approfittare della simpatia di un luogo comune, e non vuole indulgere nella trappola di una Milano in cui la morale etica scompare davanti a un bilancio scaricato dal sito della Camera di Commercio per controllare il fatturato di una possibile preda. Chi scrive si illude che oggi, alla fine del 2024, l’imprenditoria etica sia più solida – anche se magari più lenta e meno dinamica – più consistente, più efficiente e più remunerativa di un’imprenditoria rapace, scaltra e sottomessa alle sole strategie di incremento immediato delle vendite. Chi scrive, incontra ai semafori di Piazza San Babila, uscendo da una delle otto rampe per la metropolitana, ragazzi giovani che sono immuni ai Social Media, e che non smaniano per postare l’albero fucsia e nero di Sephora nonostante sia stato precisamente progettato per essere instagrammabile (altra parola da evitare).

L'albero di Natale di Piazza San Babila
L’albero di Natale di Piazza San Babila

Le camelie di Via della Spiga al posto dei Ficus Beniamino: Ralph Lauren e i decori natalizi

Tre anni fa, per il Natale del 2021, Lampoon aveva collaborato con Ralph Lauren per gli addobbi natalizi di Via della Spiga. Ralph Lauren apriva allora le porte di quello che oggi è il suo negozio sulla via. Fino al 2021, lungo la Via della Spiga, erano posizionati vasi in plastica per alberi di Ficus Beniamino – pianta che non sopporta l’inverno lombardo e che deve essere riparata in serra da novembre a marzo. Succedeva che per ogni Natale, un vivaio ritirasse i Ficus e li sostituisse con gli abeti nel mezzo dell’autunno, lasciasse la via spoglia alla Befana, e riposizionasse i Ficus a primavera.

In occasione dell’apertura del negozio sulla Via Spiga, avevo proposto a Ralph Lauren di farsi carico del decoro natalizio di tutta la Via e in tale contesto, di sostituire i ficus con camelie in fiore, e di dotarle di vasi soldi in metallo, al posto di quelli in plastica. 

La gestione dei Ficus restava un argomento – dove sarebbero state poste piante di tale difficile gestione? Lo sbaglio era di chi le aveva scelte. Il presidente dell’associazione dei commercianti della Via? Intanto il vivaista, non si sa come sia stato possibile, le fece morire. 

Dal 2021, Via della Spiga è adornata con camelie in vaso che sono stabili e che per Natale sono illuminate così come per tradizione si illuminano gli abeti. Ralph Lauren ne donò altre ancora, l’anno successivo – e per ogni Natale, Via Spiga si illumina a costo inferiore e con più facilità, senza dover più ogni volta portare abeti alpini a rischio di sopravvivenza che poi devono essere rimossi. Peccato solo che queste camelie siano state potate in maniera impropria – forse sempre sotto indicazione poco idonea del presidente dell’associazione? – e molte di queste non appaiono in buona forma vegetativa. La via è ombrosa, presto bisognerà chiedere ad altri sponsor – se non più ancora al buon Ralph Lauren – di sostituirle, queste camelie, regalandole ai parchi e ai giardini delle scuole pubbliche, dove dimorate a terra e con un poco di sole, torneranno in forza, e disponendo per la Via nuove piante. Il costo sarà ridotto, gran parte della spesa era data dal vaso in metallo. Una pianta di camelia, di media o ampia dimensione per un vaso su strada pedonale, potrà costare poche centinaia di euro – non un costo spropositato per i brand che possono allocare risorse per il marketing territoriale. 

Via Montenapoleone: la rendita immobiliare più alta al mondo, il degrado della strada, il progetto di rigenerazione urbana

Titoli di giornale sono stati dedicati a Via Montenapoleone, per la rendita immobiliare di metri commerciali più alta al mondo, superando Fifth Avenue di New York. In suo commento su Corriere Economia, Dario Di Vico suggeriva come questo record possa essere osservato anche da punti di vista diversi e non solo con esaltazione collettiva: se il metro quadro commerciale è così alto, significa che solo le grandi multinazionali potranno permettersi di affittarlo, ovvero aziende per lo più straniere, non italiane. Significa che Montenapoleone è una via che produce rendita, ma non produce imprenditoria.

Sì, è una semplificazione, ma vorrei porre la relatività su ogni analisi economica – laddove, diversamente, la qualità urbana di Via Montenapoleone è solo obiettiva. Ogni pomeriggio, i cestini pubblici sono colmi di pattume – il servizio aggiuntivo previsto dall’associazione dei commercianti non riesce a risolvere il problema (intanto l’associazione ha previsto due guardie per la sicurezza della strada durante il mese di dicembre, prima del Natale). Il degrado rimane sui marciapiedi: oltre ai cestini colmi, costanti segnaletiche sono ostacolo al passaggio. Il posteggio è selvaggio nonostante sia vietato. Il carico scarico non è rispettato. Non si arriva a parlare di verde urbano, appare irrisorio in questo frangente. Si attende la chiusura al traffico ma la presidenza dell’associazione dei commercianti è contraria a questa chiusura del traffico. Le telecamere per gli accessi non sono ancora state installate.

Da tempo, si parla di un progetto di rigenerazione urbana di Via Montenapoleone: l’associazione dei commercianti avrebbe trovato uno sponsor, ovvero una concessionaria di spazi pubblicitari urbani. Come ritorno, lo sponsor otterrebbe la gestione delle affissioni sulla via – il Comune contesta, sia per disallineamento sulle percentuali di ripartizione, sia per l’incoerenza di un monopolio. Questo progetto di rigenerazione non prevede alberi, solo qualche aiuola. La ragione? Gli alberi coprirebbero la visuale delle vetrine commerciali. Intanto, i negozianti sono felici del decoro natalizio di Via Montenapoleone? Sfere e candelabri di arbusti verdi in plastica. Plauso va ai privati: la facciata di Palazzo Reina in via Bagutta, che da Montenapoleone si scopre attraversando il Baguttino; l’orologeria Pisa, che segna l’accesso da San Pietro all’Orto. Sono elementi decorativi che da soli fanno molto più di quanto progettato per l’insieme. Non c’è coordinamento, non c’è un ente che riesce a fare sistema neanche per il Natale: le tonalità di luci sono troppe e diverse, e a tratti l’area di così tanto lusso internazionale sembra un mercatino di provincia.

Il Natale non è solo un momento di festa, ma anche un momento di riflessione sul messaggio che il Natale porta nel tempo che stiamo attraversando (anche se sembro il prete nell’omelia, non si tratta di una banalità). Camminando da San Babila e risalendo Montenapoleone, si percepisce solo un poco di tristezza per un degrado urbano, civile e morale. Si percepisce la mancanza di quella generosità e di quella onestà intellettuale che appartiene a Milano – e che Milano, presto, tornerà a insegnarci.

Carlo Mazzoni

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