Matthieu Blazy
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Matthieu Blazy da Chanel: che cosa significa?

Il nuovo direttore creativo di Chanel è Matthieu Blazy che a novembre lasciava Bottega Veneta: elaborazioni su artigianato, sostenibilità, rigore, la crisi del lusso e la Cina

Chanel: Matthieu Blazy – il golf rosa per Jacob Elordi

Matthieu Blazy da Chanel. Un uomo alto quasi 190 centimetri – la faccia da ragazzo, bella. Fino a oggi Blazy ha dato prova di design concettuale, elaborando l’abilità artigianale e le sperimentazioni condotte con le mani e con una macchina da cucire. Un esempio, il golf rosa indossato da Jacob Elordi che mima le orecchie dell’asino: scollato a V, doppiato, dove la continuità tra i due livelli diventa speculazione del disegno. Una sintesi di quello che oggi è disegno di moda, applicazione di creatività all’artigianato – e che si pone distante dallo styling. Un golf che si può propriamente definire un pezzo: non un pezzo d’arte – è solo un capo d’abbigliamento riprodotto industrialmente chissà in quante centinaia di repliche e su misure diverse – ma un pezzo che da solo riusciva a essere simbolo di un intero ragionamento, di un’intera estetica e di una più ampia visione. Era il 15 novembre, le dimissioni di Blazy da Bottega Veneta – di licenziamento non se è mai parlato – si resta innocui in una generica interruzione della collaborazione.

Chanel: Matthieu Blazy – i direttori creativi come celebrities, il caso di Jonathan Anderson

Che Blazy avesse incontrato il management di Chanel non era notizia confermata, ma le fonti erano risorse interne al gruppo Kering. Avevamo preso abitudine nel leggere la lista dei possibili e plausibili candidati a prendere il posto di Karl Lagerfeld – ovvero, tutti i profili creativi di rilievo nel settore.

In questi ultimi anni, la dimensione di fama e di riconoscimento pubblico è stata impoverita, depauperata, da cosiddetti influencer che hanno saputo cavalcare la curiosità per il ridicolo e per l’assenza di ritegno che sempre divertirà la massa. Oggi, la celebrità di massa si riconosce anche a chi riesce a lavorare su complessità intellettuali di nicchia. Un punto di rispetto per la moda, che ne ha bisogno. L’esempio recente di Jonathan Anderson oggi rappresentato dall’agenzia americana UTA – United Talent Agency che di consueto rappresenta attori, cantanti, modelli. Se i direttori creativi sono a loro agio nella dimensione di celebrità, il direttore creativo di Chanel lì si pone al centro.

Chanel: Matthieu Blazy – chi aspettava Hedi Slimane

Il più plausibile sembrava Hedi Slimane, che a inizio ottobre lasciava Celine, e che più volte Lagerfeld aveva indicato come erede, per coerenza e per azzardo. Sembra che la proprietà di Chanel fosse a favore – mentre il management si opponeva. Il timore o il disaccordo forse nascevano dal fare volitivo di Slimane nell’intervenire su ogni asset di Chanel, cosmesi e profumeria inclusa. Così come aveva tolto l’accento da Cèline, mai fosse che Slimane togliesse il 5 da Chanel. Anche se non ufficialmente dichiarato, si indica su circa la metà del fatturato della casa francese proveniente dal settore cosmesi e beauty, se non anche più. Altro desiderio di Slimane, forse, poteva essere quello di aggiungere la moda uomo: la forza commerciale di Chanel è consolidata oggi vendendo soltanto moda donna: quale potenziale potrebbe esserci dall’apertura di una linea uomo, non è dato immaginarlo.

Chanel non ha bisogno di rivoluzione ma di evoluzione, in molti scrivono in rete. Matthieu Blazy si presenta come un ragazzo perbene, dicevamo qui: l’immagine e la supposizione è quella di un uomo affidabile, dotato di buon senso: la serietà della sua comunicazione personale si rispecchia nella strategia di comunicazione approvata per Bottega Veneta, iniziata prima del suo arrivo all’elmo, da lui perseverata (Bottega Veneta non ha un account Instagram ufficiale). La consistenza del suo lavoro che abbiamo visto fino all’ultima sua stagione si basava sullo studio delle abilità di manifattura – e questo può essere il primario punto di contatto con il suo prossimo lavoro da Chanel. Forse anche il motivo per il quale da Chanel, sia la proprietà sia il management, si sono trovati d’accordo nel procedere con una proposta a Blazy, da Blazy accettata.

Matthieu Blazy, dal profilo Instagram
Matthieu Blazy, dal profilo Instagram

Chanel: Matthieu Blazy – i Métiers d’Art

In Francia, esiste il riconoscimento formale e istruzionale dei Métiers d’Art: sul sito del Ministero della Cultura Francese, si trova la citazione di una lista di 281 eminenze, tra maestri e manifatture, che lo Stato vuole proteggere come patrimonio nazionale, per abilità manuale e tradizione. Similmente in Giappone, sono indicati come Tesori Nazionali Viventi, Ningen Kokuhō, anche qui, per legge. Oggi anno, al volgere del mese di dicembre, Chanel presenta la sfilata dei Métiers d’Art – ovvero una collezione realizzata da quelle manifatture di proprietà del gruppo Chanel incluse nella lista dei Métiers d’Art francesi: si tratta di industria tessile: tessiture, ricamatori, pelletterie la cui peculiarità e abilità hanno condotto a queste il riconoscimento.

Chanel: Matthieu Blazy – il tweed, Coco Chanel, la sostenibilità e il rigore

Nella costruzione dell’identità della casa, Chanel presenta un codice manifatturiero più incisivo rispetto ad altri: il tweed, termine che oggi ha evaso la sua definizione tecnica di tessuto a saia e che può includere tutte le tessiture che abbiano una complicazione in trama, sia a livello meccanico, sia a livello creativo. I tweed di Chanel hanno espresso fantasia con filati bouclé, metallici e tecnici – giocando con inserti, bordature e ricami. Il risultato è sempre stato femminile: Chanel è oggi simbolo per una donna – si può ragionare su come una vaga leziosità possa stridere con la mascolinità dell’idea della fondatrice, Coco Chanel, quando mise pantaloni e divise marinare bianche e nere alle dame del Faubourg Saint Germain. Che sia forse questa una fessura per la quale Matthieu Blazy potrà entrare in un immaginario così consolidato? Restituire a Chanel un poco di quell’austerità e di quella spigolosità che Coco Chanel inventò nella prima parte del Novecento e che mai abbandonò – e che noi a volte troviamo forse un poco troppo mescolata a stampe e veli leggeri.

La sfida sarà ulteriore: tante costruzioni tessili per le quali Chanel è così riconoscibile, sono prodotte con l’ausilio di fibre stabili, vernici, e resine – Blazy potrebbe lavorare cercando soluzioni proiettate al futuro, quando la sostenibilità non sarà più una parola superata, abusata, noiosa che non interessa ad alcuno; quando la sostenibilità non sarà più soltanto una forma di comunicazione, ma un tema di consistenza per ogni forma di imprenditoria.

I numeri sono obiettivi quando relativi, dipende da come li si legge – ma per molte analisi finanziarie, Chanel tutt’oggi è il brand del lusso più potente al mondo. Alcune figure economiche sono state divulgate dalla casa negli ultimi anni: Chanel come brand a se stante risulta il primo, seguito da Louis Vuitton (che però fa parte di un gruppo). Il ruolo di comando che Blazy sta per assumere è rilevante: per l’industria del lusso, che sappiamo abbia riscontri geopolitici.

Chanel, Cartier, e il mercato cinese

L’ultima sfilata di Chanel Métiers d’Art ha avuto luogo nei dintorni di Shangai, lo scorso 3 dicembre. Neanche un mese prima, un altro colosso, Cartier, atterrava a Shangai con un progetto sia culturale sia commerciale.

«Io sono cinese e scelgo un vestito cinese». In Cina, i dipendenti statali non possono usare un telefono Apple. In Cina, Google e Meta non funzionano – di risposta, presto un US non sarà possibile usare Tik Tok. Si dice l’inizio della fine della globalizzazione. Luca Scolca, analista economico, scrive «La finanza crede che la presidenza di Trump farà bene all’economia americana: se l’economia americana è forte, anche l’economia globale è forte». Se Trump alza i dazi in entrata e in uscita dall’America, lo farà in anche per le big tech – e se dall’altra parte del mondo, in Cina, si sta consolidando un sentimento e un atteggiamento nazionalista che sceglie l’orgoglio della filiera e della tradizione locale, l’Europa si troverà a guardarsi allo specchio quale potenza culturale, terra di libertà, isolata. In attesa del resto del mondo.

Chanel: Matthieu Blazy – rigore, consistenza, rispetto

La strada non può che essere una: il rigore. Con rigore, ricostruire una filiera corta europea; restituire alla produzione europea la garanzia qualitativa che spesso la identifica; restituire, con rigore, un valore oggettivo alla parola sostenibilità che è stata troppo abusata, da tutti e per primi, dagli europei. In questa polarizzazione tra America e Cina, c’è di buono che l’Europa si sentirà per la prima volta una compagine unica e unita, a fare sistema interno.

Rigore, consistenza, rispetto. Una comunicazione più sostanziale e mano clamorosa. Questo è il tanto che tutti coloro che – come me – rimangono innamorati della moda, sperano con l’arrivo di Matthieu Blazy da Chanel.

Carlo Mazzoni

Matthieu Blazy si laurea nel 2006 all'Ecole nationale supérieure des arts visuels de La Cambre, in Belgio
Matthieu Blazy si laurea nel 2006 all’Ecole nationale supérieure des arts visuels de La Cambre, in Belgio
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