Plastic Classic
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Erotica e ironica a Milano: lo stereotipo e il sesso al Plastic 

Figure umane, varietà di stereotipo – il sesso, l’imbarazzo degli attivi finto passivi, il flirting o sexting con uomini oggetto: digressioni ogni sabato notte, letteratura erotica al Plastic di Milano 

Milano, le pubbliche relazioni, gli uomini – per i nostri genitori, i tradimenti erano più facili

A Milano le donne sono in crisi, più degli uomini. È un luogo comune basato sugli stereotipi. La città è infestata dalle imprenditrici per pubbliche relazioni che di sesso ne fanno poco. È infestata da giornalisti che credono il gossip sia notizia. Milano è dominio degli uomini gay. Trovalo un uomo eterosessuale, libero, con pochi figli, senza psicopatie, senza forfora né male odore. A sfidarti sono le trentenni che hanno appena lasciato il marito e che si ritrovano a farne una questione algebrica. Avrebbero dovuto restarsene sotto il tetto di casa con i tappi nelle orecchie per non sentirlo russare, lamentarsi o blaterare; posarsi maschere sugli occhi contro la luce, etti di crema contro le rughe; iscrivere i figli in attività estive e pomeridiane; procedere a scopare con chi meglio si volesse ritenere nella sola attesa di camere separate. La questione erotica diventa ironica.

I nostri genitori scopavano in giro e per caso, più di quanto facciamo noi. I tradimenti non erano scoperti per messaggi rimasti nel folder, o per geolocalizzazioni sprovvedute. La sera, i nostri genitori andavano a una festa in casa di qualche amico, non sempre al ristorante; finivano nella cameretta della cameriera che tutti avevano assunto perché non c’era Deliveroo e che di grazia si trovava in cucina al lavabo; in questa cameretta i due fedifraghi fornicavano al semibuio imboscati. Gli altri erano in salotto tra chiacchiere da yuppie, poca musica e quanti amari – i nostri due si godevano un pompino. Oggi, con i messaggi che è così facile inviare, ci si dà appuntamenti per situazioni sicure, lasciando però tracce. Trasformando quella che poteva essere una semplice sveltina, sesso tra whiskey e coca, in un tradimento per strategia – ovvero più offensivo e permeabile. Le donne cadono in crisi perché si prendono sul serio – tranne quelle che poi se ne vanno al Plastic con i loro amici simpatici.

Tutti a ballare al Plastic: la crush per Shiro, campione della pallavolo

Cominciava tutto con un cartone animato, Mila e Shiro. Il campione, Shiro, compariva nella sigla e ogni tanto nelle prime puntate – rimanendo una presenza marginale nello svolgere degli episodi. Era sufficiente: Shiro fu la crush erotico, sessuale, attivo sia per Mila sia per Naomi, sia per le bambine davanti allo schermo che capirono lì per cosa avrebbero dovuto lottare per tutto il resto della loro vita – sia per i maschi ragazzini, una buona parte dei quali fu proprio per sognare di farsi allenare da Shiro che compresero in quale parte del campo avrebbero giocato. 

Shiro era lo stereotipo della prima crush gay per migliaia di maschi che avrebbero poi speso anni a non dirselo, a farsi domande a cui non volevano dare la risposta che già conoscevano. Shiro nella sigla e poi solo un miraggio nell’episodio – se il titolo è Mila e Shiro, due cuori nella pallavolo, perché Shiro non c’è mai? Così quei bambini incerti potevano rimandare sia la domanda sia la risposta, e rimandare e rimandare… fino a quando, per caso o per fortuna, non sarebbero arrivati tutti a ballare al Plastic. Solo al Plastic avrebbero compreso quanto Shiro fosse materia di sesso.

Plastic, poster, 2012
Plastic, poster, 2012

Il voyerismo secondo Picasso, il voyerismo per il corpo maschile

What is a voyeur other than someone who sees just so much through the keyhole or hidden among the bushes in a public garden at night? (…) Ultimately, a somewhat gifted voyeur is a painter, a writer, an artist – scrisse Pablo Picasso nel 1970.

La mercificazione erotica del corpo. Tutto cambiò con Brad Pitt in Vi presento Joe Black – de 1998. Prima di quel film, il senso del sesso girava intorno alla bellezza della donna, dalla saga dei 007 a Basic Instinct del 1992. In Meet Joe Black è la donna, Claire Forlani, che dà attenzione al corpo dell’uomo e ne fa un oggetto di carne pulsante e morbida. Prima la camera non usava indugiare sulle spalle, sul collo, sull’attaccatura dei capelli dove si comprende quel poco di peluria; sulle orecchie e sulle ascelle pelose al punto giusto. Per il corpo della donna c’era attenzione sognante, mentre con il corpo maschile si arriva a un voyeurismo che non aveva un precedente nel costume sociologico. I dati indicano che sui siti porno la gente oggi cerca le scene esplicite dei film mainstreaming. La pornografia ci piace di più quando è fuori dai luoghi a essa dedicati.

Flirting / sexting al telefono, un invito a casa per l’emblema dello stereotipo

Alice mi raccontava cosa le era successo. Due settimane di flirting al telefono. Messaggini durante l’orario d’ufficio – frasi carine e a doppio senso – inviti poi rimandati, altri messaggini, condivisioni di problemi in famiglia che davano l’idea di creare confidenza. Ancora altri messaggini, i tendini delle falangi fanno male. A un certo punto, consapevole come tutte le donne di quanto sia inutile utilizzare le dita se poi non si arriva ad almeno un poco di piacere, Alice si decide, fa la mossa audace e lo invita a casa sua. Il tizio, l’emblema del nostro stereotipo, accetta. Dice che arriva per il caffè e che poi se ne va perché non vuole disturbare. Alice è già eccitata quanto disinibita, e decide che sia giusto fare intendere meglio il concetto di sesso occasionale – gli scrive: «No no… poi resti…» – il tizio capisce, lascia passare qualche decina di secondi per pensarci e poi le scrive senza ironia «Guarda che io non sono un oggetto»

Le tre bugie primordiali del maschio sono state rivelate e aggiornate da Pietrino: «Bugia Uno: ti amerò tutta la vita.  Bugia Due: ti sarò fedele tutta la vita. Bugia Tre: succhia succhia che ti avverto». Pietrino chiude confermando: «Man are like spaghetti. They are straight till you cook them».

L'insegna del Plastic, Milano
L’insegna del Plastic, Milano

Cosa significa avercela fatta? La lotta e la guerra di stelle prende vita al Plastic

La città è divisa in due – una linea la divide e la demarca – da una parte chi ce la deve fare, dall’altra chi ce l’ha fatta. Per i primi, non significa avere fatto chissà che cosa: avercela fatta può anche solo essere una qualsivoglia solidità economica: una casa di proprietà, un conto in banca per poter gestire una vita borghese, dormire tranquilli, soddisfatti di quello che si ha intorno – materiale o immateriale, qualsiasi cosa purché ci sia la sensazione di quiete per tre settimane d’agosto. 

Dall’altra parte, i secondi, quelli che devono farcela: pur di farcela sono disposti alla prostituzione del corpo. Niente di nuovo, si chiama storia. Sono disposti anche alla prostituzione dell’anima, in evoluzione raggiungendo nuovi traguardi dell’inventiva umana. Il centro di ogni azzardo, esperimento, il campo gioco e il campo battaglia, la guerra di stelle e le notti a fuochi d’artificio, tutto a Milano prende spettacolo al Plastic.

La prosa si dilunga in capitoli dedicati all’imbarazzo del maschio attivo che fino a poco prima si definiva etero – mentre la poesia, al Plastic, nasce dalle persone che incontri lì, ogni sera e che arrivano da ogni parte, italiani e stranieri, e che bevono, si eccitano e si lasciano andare. Gente che se dici A ti rispondono X invece che B. Poi si tratta di andare a fare pipì. Lo devi tirare fuori in quel contesto quando tutto il tema si basa appunto sul tirarlo fuori. Il bagno è piccolo – l’orinatoio è uno solo, dove tutti si possono affacciare e la distanza è discrezionale. Non ci sono divisori – ci sono solo pochi volumi cubi. Si dovrebbe iniziare pisciando e finire limonando. Non ci sono mai riuscito, io, a fare pipì nel bagno del Plastic. L’erotico sì, diventa ironico. «Solo i mediocri si scopano le donne. Se hai i coglioni, vediamo come te lo scopi un uomo più grosso di te» è Marco a parlare, che al Plastic ci andava tutti i sabato di precetto. Siamo al Plastic, ubriachi come mai prima e meno che poi. «Absolutely living for this chaos» ribatte ancora Alice, madrelingua inglese.

I porno del papà, nascosti sopra l’armadio

Al Plastic, si snocciolano i ricordi: dove li nascondevi, i porno di tuo papà, quando eri un ragazzino? Sotto il letto no, meglio evitare – in alto, sopra l’armadio che lasciava una fessura prima del soffitto, dove tua madre non ci avrebbe messo mano. La mamma sapeva che le riviste erano lì, ovviamente – e ne aveva discusso con il papà. Che bisogno avesse di comprarsi le riviste porno all’alba dei cinquanta anni? Il papà furbo ribatteva che li aveva comprati per te, pargolo in fase ormonale, per farteli trovare credendo che quello sfoglio fosse un microcrimine. Il papà spiegava alla mamma che se il pargolo si formava per bene, sfogliando quei porno, si sarebbe imbastito in autonomia un’educazione sessuale e anatomica stereotipata che entrambi non smaniavano conferirti. Mamma acconsentiva e gli diceva bravo bravo. 

Era pornografia eterosessuale – chissà altrimenti. Fotografie, fumetti, a te piaceva tutto – e intanto poi ancora e sempre al Plastic, una volta adulto e consenziente, qualcuno ti avrebbe raccontato – chissà se fosse mai vero – che Johnny, è quasi magia, Johnny era un cartone porno a cui erano state tagliate le scene di sesso.

Plastic Classic, Al Varietà, Milano
Plastic Classic, Al Varietà, Milano

La doccia e la preparazione per il rapporto anale: pagine di letteratura

Mahmood condanna la maleducazione di chi ci chiede con chi preferiamo andare a letto. Una volta che usi il preservativo, puoi fare quello che vuoi. I dati indicano che tra gay si usa di più il preservativo, rispetto alle coppie etero – le statistiche del Plastic confermano facile. Tra gay il sesso protetto non è solo una questione di virus ma anche di depositi fecali. Tutti noi prima di uscire la sera per andare a divertirci, usiamo farci una doccia e indossare qualche abito che tramite un poco di vanità possa migliorare la sicurezza in noi stessi. Prima di andare al Plastic, una semplice doccia non è sufficiente: sotto lo scroscio, gli abitudinari svitano il manico, ottenendo il tubo metallico un poco elastico e abile a flettersi. Con questo moderno strumento di ablazione, entrando per l’orifizio rilassato, si procurano una doccia rettale – o meglio, una purga che avrà conclusione sul gabinetto. I pavoni sono pronti a ogni gara erotica. 

Sulla preparazione anale potremmo attingere da pagine di letteratura che si autoalimenta durante ogni notte al Plastic. Il nostro amico Plume – nome d’arte di stereotipo, Plume – ci raccontava di come dopo mesi di relazione clandestina con un uomo sposato senza mai penetrazione, durante la sessione in corso percepiva una lascivia in più, una foga sessuale meno tenibile, si rendeva conto fosse arrivato il momento giusto ma era colto da timore. Non si era preparato. Decideva comunque di non perdere l’occasione: si siedeva sopra a lui steso supino, si lasciava inforcare opinatamente e si godeva il primo intercorso completo. Lungo il procedere al compimento, Plume glielo diceva, glielo dava, l’avvertimento – non guardare in basso – l’ex etero se ne viene e non obbedisce, guarda di sotto mentre il nostro Plume si sta sfilando dal suo pene: non più duro ma ben coperto di materia organica digestiva. L’amplesso è ormai un lontano ricordo quando in bagno, tra carta igienica, panni immondi e acqua sparsa, si procede a pulizie di escremento e vomito.

Fidanzarsi solo con un uomo meraviglioso – al Plastic

«Bottomed at all recently?»«No, I only top. (nuvola seguente) Omg, I thought you were someone else. (nuvola seguente) Yeah, I bottomed last month». In sintesi, lo stereotipo attivo vuole assicurarsi che il finto attivo ce l’abbia ancora abbastanza stretto. Lo scambio di queste tre linee è diventato fin troppo famoso. Pare che ci si possa fidanzare con un maschio solo se è meraviglioso – una diceria che al Plastic diventa legge. L’uomo meraviglioso non è mai quello in canotta bianca e con i bicipiti a vista – queste sono repliche. L’uomo meraviglioso è vagamente famoso – non troppo, ma quel tanto affinché quasi tutti possano sapere chi sia. Discretamente ricco senza dare nell’occhio, un poco antipatico così da non essere accessibile a tutti. Quest’uomo siede sul trono del Plastic – un trono immaginario davanti al quale sono tutti in ginocchio. Vive in una gradazione tra eterosessualità e omosessualità. Quest’uomo riesce a far giurare a lei con cui è andato a letto la settimana scorsa che nessuno mai l’abbia scopata bene così – mentre le confidava sospirando di essere innamorato del cantante con la zainetto in spalla. Lo stereotipo maschile, l’uomo meraviglioso, sul suo trono del Plastic ci resiste per poco – poi si fidanza e se ne sta a casa felice.

Carlo Mazzoni

Mass Prod, Plastic, poster
Mass Prod, Plastic, poster
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