Nikita Teryoshin, Nothing Personal
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Dentro il ‘back office’ della guerra: niente di personale, solo business

Tra simulatori iperrealistici e finger food a forma di proiettile: Nikita Teryoshin mostra il dietro le quinte del commercio d’armi, dove si spende la maggior parte dell’economia mondiale

Cosa non vediamo della guerra?

Le notizie dei media mantengono quotidianamente aperto il dibattito sulla guerra, trasmettendo scene distruttive da Gaza o dal fronte ucraino. Immagini che in realtà, costituiscono “solo” una parte di un sistema organizzato e commercializzato, a partire dalla produzione e dal traffico di armi.

Nikita Teryoshin (1986), fotografo nato a San Pietroburgo (Russia) e cresciuto a Berlino, ha realizzato un progetto che svela l’ambiente delle fiere d’armi riconosciute a livello internazionale: contesti del tutto opposti all’idea di guerra che immaginiamo di solito. La serie Nothing Personal: the back office of war (2016-2023) è infatti una documentazione visiva, quasi umoristica, dei saloni d’armi e della loro atmosfera surreale e bizzarra.

Nikita Teryoshin, Nothing Personal
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Nikita Teryoshin indaga il fascino bizzarro per le armi

La ricerca di Teryoshin inizia intorno al 2015 come un progetto generale sulle fiere di qualsiasi categoria. Durante una visita a una fiera di caccia, rimane colpito dal fascino che le armi esercitano su tutti: adulti e bambini, famiglie, semplici appassionati, e non solo professionisti del settore.

La guerra e le armi risultano spesso seduttive. Non solo nei notiziari ma anche in cinema e videogiochi, si è costruito un aspetto di intrattenimento e attrazione intorno all’idea dello scontro e della violenza, rendendola parte di una cultura condivisa. Così, Teryoshin inizia a focalizzarsi sulle esposizioni d’armi, o “industria della difesa” (come viene edulcoratamente definita): la prima in cui riesce a entrare è l’International Defence Industry Exhibition in Polonia, uno dei più grandi eventi europei dedicati a mezzi e attrezzature militari.

«La mia idea inizialmente era legata all’immagine della guerra e della distruzione fornita dalla televisione, senza in effetti pensare a cosa ci fosse dietro – ad esempio quando le armi vengono commercializzate. Poi ho iniziato a cercare video di queste fiere, ce ne sono parecchi, e mi aspettavo qualcosa di interessante. Ma quello che ho trovato era ancora più bizzarro».

Nikita Teryoshin, Nothing Personal
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Le fiere d’armi come parchi di divertimento per adulti

All’interno di queste esposizioni si respira un’atmosfera affascinante, un luogo dove si può trascorrere il tempo degustando buon vino e finger food che, nella forma, richiama le armi da fuoco. Lontanissime da un vero campo di battaglia, tali fiere somigliano più a parchi di divertimento in cui ammirare l’“arte della difesa”, talvolta provandola in prima persona attraverso dimostrazioni organizzate.

Una delle fiere russe, Patriot Park, è ormai soprannominata “Military Disneyland” per l’esperienza personalizzata che offre: qui si può salire sui carri armati, testare armi, assaggiare cibo in razioni militari. È una guerra in cui non c’è traccia di sangue: i cadaveri sono manichini o pixel su schermi di simulatori. Viene messa in scena una performance di battaglia all’interno di un ambiente artificiale, di fronte a una tribuna ricolma di ospiti di alto rango: ministri, capi di Stato, generali e commercianti.

Nikita Teryoshin, Nothing Personal
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Nikita Teryoshin racconta le contraddizioni delle esposizioni della difesa

Teryoshin, sfruttando contatti più o meno ufficiali con la stampa, è riuscito ad accedere e documentare questi contesti, senza mai inserire riferimenti che indichino in quale Paese fossero realizzate le foto: le immagini del progetto, infatti, provengono da oltre quattordici mostre della difesa tra Europa, Africa, Asia, Nord e Sud America. «L’uso del flash era un modo per rendere ancora più ‘ufficiale’ la mia presenza all’interno di questi eventi, dove non sempre riuscivo ad avere un contratto editoriale».

Il press team, infatti, viene di solito selezionato con rigore, includendo soltanto riviste e collaboratori legati al settore delle armi, dell’economia o del commercio. L’immaginario umoristico creato dalle foto di Teryoshin lascia però emergere uno sfondo di riflessione sull’importanza (globale e umana) di tali fiere. Nei suoi scatti si vedono strette di mano, spettacoli aerei, manichini esplosi, torte simili a campi bombardati.

A rendere tutto ancora più grottesco sono gli slogan delle aziende (tra cui spicca l’americana Lockheed Martin) che accompagnano le merci: “70 years defending peace” o “Engineering a better tomorrow”, parole che potrebbero promuovere qualsiasi altro tipo di commercio.

«Vendono armi come se vendessero aspirapolvere: è molto divertente e rende tutto banale, ma alla fine non sai se sia meglio ridere o piangere» aggiunge il fotografo. «Nothing Personal (titolo del progetto), niente di personale, sono soltanto affari».

Nikita Teryoshin, Nothing Personal
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Il commercio d’armi muove una delle economie mondiali più rilevanti

In questo ambiente patinato e attraente, infatti, si muove una delle componenti più importanti dell’economia globale (nel 2023 il military spending worldwide è stato calcolato intorno ai 2,44 trilioni di dollari).

Lo stesso titolo del progetto, insieme alla scelta di lasciare oscurati i volti dei partecipanti alle fiere, rappresenta una metafora di come questo business operi nell’ombra. Paesi come Iran, Russia o Corea del Nord, essendo sotto dittatura, devono reperire sistemi alternativi per aggirare il rischio di embargo e proseguire gli scambi illegali: le fiere organizzate in questi luoghi chiudono quasi completamente l’accesso ai media.

L’obiettivo finale di Teryoshin, pur evidenziando le differenze di organizzazione tra democrazie e dittature, è mostrare come questo fenomeno, appartenente alla storia del genere umano, sia diffuso su scala globale.

«Le persone nelle foto (politici, potenti commercianti o semplici dipendenti delle esposizioni) non si sa chi siano e che ruolo abbiano lì, quindi non sarebbe giusto incolpare il singolo individuo. Il punto è capire come mai noi, come umanità, facciamo scelte del genere».

Nikita Teryoshin, Nothing Personal
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Nothing Personal, le scelte editoriali

Nothing Personal: The Back Office of War è stato pubblicato in formato fotolibro nel febbraio 2024, in collaborazione con la casa editrice londinese GOST. Le immagini, accompagnate dal flash che ricorda l’estetica shock di Martin Parr, si alternano agli slogan nati dalla fantasia degli uffici marketing delle aziende, creando intorno al business della guerra una narrazione di ottimismo e alleanza verso un futuro “migliore”.

Il libro riporta in chiusura l’elenco delle aziende più potenti e i relativi report di guadagno annuale: «i dati delle industrie della guerra parlano meglio di qualsiasi immagine, così come il contrasto che si crea tra le foto e i loro messaggi».

In ogni fiera della difesa, si avverte un sentore generale, paradossale se pensiamo a ciò che realmente accade nei conflitti. L’alternanza dei manifesti (nel libro ce ne sono sei) alle fotografie crea un divario ancora più netto tra il buonismo di certi slogan (difficile credere che chi lavora nel sistema vi aderisca davvero) e tutti gli aspetti negativi e corrotti che agiscono nell’anonimato e nell’illegalità del commercio d’armi.

Il volume è concepito su doppie pagine, affiancando immagini non necessariamente collegate tra loro, per creare nuovi contesti e paradossi. Anche in forma di libro, Teryoshin evita di indicare il Paese o la fiera in cui ha scattato, costruendo così un immaginario universale. La foto di copertina, racconta l’autore, mostra una tazza di caffè abbandonata accanto a quattro missili (il cui valore si aggira intorno a 1 milione di dollari): a un primo colpo d’occhio, non si distinguono le bombe, mentre la tazza — simbolo riconoscibile ovunque e dal costo irrisorio — potrebbe trovarsi in una qualunque sala espositiva. La banalità e l’assurdità di questi due elementi insieme diventa la chiave di lettura di Nothing Personal.

Nikita Teryoshin, Nothing Personal
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Nikita Teryoshin

Nikita Teryoshin (Russia, 1986) si trasferisce con la famiglia a Dortmund, in Germania, nel 2000. Descrive il suo approccio fotografico come street, documentario e horror quotidiano, interessato ai backstage allestiti da media, industria o politica, e al rapporto tra esseri umani e animali. Il progetto a lungo termine Nothing Personal – The Back-office of War ha vinto il PhMuseum Grant 2019 e il primo premio al World Press Photo 2020 nella categoria Contemporary Issues; in forma di fotolibro, si è aggiudicato il Photo España Book of the Year 2024 e la Rencontres Arles Book Award Shortlist 2024. Teryoshin lavora come fotografo freelance per riviste tedesche come SZ-Magazin e Der Spiegel. Nel 2020 ha fondato pupupublishing, una casa editrice dedicata a piccole edizioni di libri fotografici e zine.

Claudia Bigongiari

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