Andrei Ujică
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Un occhio da esteta sulle rivoluzioni: intervista al regista Andrei Ujică

Dalla caduta dell’Unione Sovietica all’arrivo dei Beatles, la filmografia del maestro cineasta rumeno si basa sul raccontare attraverso filmati d’archivio gli stravolgimenti del Novecento

Andrei Ujică – il regista romeno dall’etica all’estetica

Dopo aver documentato i tumulti che hanno portato alla caduta dell’Unione Sovietica e della dittatura di Ceaușescu nella sua amata Romania, Andrei Ujică ha appeso l’etica al chiodo per darsi all’estetica. Tutt’altro che una scelta frivola: dopo aver firmato per oltre 30 anni opere che sono poi diventate standard come Videograms of a Revolution (1992) o The Autobiography of Nicolae Ceaușescu (2010), Ujică ha scelto di esplorare anche l’altro lato della – ormai caduta? – cortina di ferro e le sue rivoluzioni, che hanno interessato più la sfera culturale che politica. 

TWST / Things We Said Today – il lungometraggio di Andrei Ujică con il supporto di Fondation Cartier pour l’art contemporain, presentato in Italia in occasione della mostra Il Nostro Tempo, CinéFoundationCartier

Era chiaro che tutte le strade prima o poi avrebbero portato ai Beatles e al radicale capovolgimento sociale che ha portato nella metà degli anni Sessanta la cultura pop. TWST / Things We Said Today è un lungometraggio uscito quest’anno e prodotto da Fondation Cartier pour l’art contemporain – presentato in Italia in occasione della mostra Il Nostro Tempo, CinéFoundationCartier – che attraversa con materiale dell’epoca, girato in un solo weekend del 1965, diversi eventi rivoluzionari per l’America del Noveecento: il concerto dei Fab Four allo Shea Stadium di New York, ma anche le rivolte di Watts nei quartieri neri di Los Angeles – la parte politico-sociale, alla fine c’è sempre. 

Il Nostro Tempo – Fondation Cartier x Triennale Milano
Il Nostro Tempo – Fondation Cartier x Triennale Milano

Intervista ad Andrei Ujică – come ha scoperto i Beatles nella Romania Sovietica

Andrei Ujică è un fan dei Beatles. Essendo nato nel 1951, quando l’ondata della British Invasion si riversò su tutto il mondo, la sua natura di teenager non ha potuto che farsi contagiare dal fenomeno beat. Un conto però era essere adolescente in un paese occidentale, un altro in un paese come la Romania sovietica. Viene da chiedersi prima di tutto come la musica dei Fab Four sia riuscita a penetrare sin da subito la cortina di ferro tra l’Occidente e l’Est rosso. 

«Scoprire i Beatles per me è stato più facile di quello che si pensi» racconta Ujică, fumando sigarelli toscani uno dopo l’altro e sorseggiando un doppio espresso in un caffè del centro di Milano. Dopo qualche ora avrebbe tenuto un talk in Triennale in occasione della mostra Il Nostro Tempo. CinéFondationCartier che, tra i tanti film in programma, include anche l’ultimo del Maestro. «Sono originario di Timisoara, una delle città più a ovest in Romania, che all’epoca confinava con la Jugoslavia e l’Ungheria. Mia madre era un’ingegnere agronomo e, quando avevo dieci o undici anni, quindi nel ‘62, fu ricollocata nella produzione. Questo per via della fine dell’epoca della Collettivizzazione staliniana. Così, ci mandarono ancora più a ovest, in un paesino a ottanta chilometri da Timișoara».

Se già prima era molto vicino all’occidente, ora, Andrei si era ritrovato a vivere a meno di due chilometri dal confine con la Jugoslavia, oltretutto in un paesino la cui totale maggioranza etnica era tedesca. «Mia madre era per metà austriaca, quindi la mandarono lì perché poteva parlare in tedesco ai contadini e agli operai del villaggio. Ogni estate, tutte le persone che dopo la guerra erano emigrate nella Germania Ovest, tornavano per le vacanze a trovare i propri parenti. Molti di loro avevano figli della mia età o comunque adolescenti, che si portavano dietro i dischi e le ultime uscite. Dove vivevo, la rivoluzione culturale della cultura pop è arrivata in contemporanea con il resto dell’Occidente. Nella vera Romania, a Bucarest, per percorrere seicento chilometri, la Beatle Mania ci ha messo almeno due anni in più».

TWST/Things We Said Today, 2024 by Andrei Ujică
TWST/Things We Said Today, 2024 by Andrei Ujică

Radio Luxembourg e la cover di Rock ‘n’ Roll Music di Chuck Barry

Da quella posizione geograficamente privilegiata dell’Unione Sovietica, Andrei Ujică e i suoi amici riuscivano a captare anche le onde a media lunghezza delle radio fondamentali per la diffusione della cultura pop. Una su tutte: Radio Luxembourg. Qualcuno, in quel 1964, mise sul giradischi la cover di Rock ‘n’ Roll Music di Chuck Barry tratta dal quarto disco della band, Beatles For Sale

«Da quel giorno ci siamo messi a organizzare feste tutte le sere con quella canzone in loop. Ascoltavamo solo quella, tutta la notte, fino alle sei di mattina a ballare. Non che avessimo altri pezzi dei Beatles da mettere: eravamo semplicemente ossessionati da quella canzone. Ricordo che una mattina stavo tornando a casa dalla festa, era già pieno giorno. Dopo aver chiuso le persiane mi sono messo a letto, ma non riuscivo a prendere sonno. Ero troppo eccitato perché sentivo chiaramente che quella notte ci eravamo tuffati nel mare della nostra generazione. Quella notte ho pensato: “Una nuova epoca è iniziata”».

The Autobiography Of Nicolae Ceausescu, 2010 by Andrei Ujică
The Autobiography Of Nicolae Ceausescu, 2010 by Andrei Ujică

In TWST / Things We Said Today Andrei Ujică scatta un’istantanea di un weekend del 1965 in America. Un film su due rivoluzioni parallele

L’ultima opera del Maestro, TWST / Things We Said Today, usa i Beatles come escamotage per scattare un’istantanea di un weekend del 1965 in America – una manciata di giorni dove successero così tante cose da riuscire quasi nell’impossibile impresa di spiegare la turbolenza caotica che gli anni Sessanta hanno generato. «Non m’interessava fare l’ennesimo film sui Beatles. C’è una filmografia sconfinata su di loro. Volevo fare un film su quello che J. Hoberman, critico cinematografico americano, ha definito il ‘Beatles effect’. Su come i Beatles hanno plasmato i nostri profili emozionali, la nostra cultura, la nostra generazione pop e quelle successive».

Individuato il momento dello zenith della Beatle Mania, Ujică è arrivato anche al luogo: lo Shea Stadium del Queens, a New York, dove il 15 agosto del 1965 i quattro di Liverpool si esibiscono di fronte alla più grande folla mai vista a un concerto fino ad allora, 55mila persone. «Quando ho scoperto però che nello stesso momento a Los Angeles la popolazione nera era insorta contro le ingiustizie del sistema – le rivolte di Watts –, e che a New York si stava consumando la Fiera mondiale, allora ho capito che c’era un allineamento unico. Era chiaro che se avessi ricostruito con documenti d’archivio quel preciso weekend, avrei dato una visione precisa dell’intero decennio. La stessa società americana è cambiata in quei giorni: da una parte, la rivoluzione delle persone di colore per avere una vita dignitosa, dall’altra, quella culturale dei bianchi che si è scrollata di dosso preconcetti vecchi e ha accolto emozioni nuove. È un film su due rivoluzioni parallele».

Seppur carichi di una inclusività che si è sempre schierata con le lotte del popolo nero, i Beatles sono arrivati come un fulmine a ciel sereno facendo leva su un piano estetico, e solo dopo politico. «La politicizzazione del loro movimento arriverà solo tre anni dopo, con la Summer Of Love del ‘68. Volevo rendere chiara questa cosa: la loro rivoluzione è iniziata come estetica: dalle acconciature a caschetto agli abiti prima in giacca e cravatta poi eccentrici e colorati. Forse è anche per questo che è stata così seducente e di successo. Le rivoluzioni politiche non esplodono così velocemente».

TWST/Things We Said Today, 2024 by Andrei Ujică
TWST/Things We Said Today, 2024 by Andrei Ujică

Realizzare un film con materiale d’archivio: Andrei Ujică a metà tra storico e romanziere

Esiste una responsabilità assoluta per chi come il Maestro Ujică lavora quasi esclusivamente con il materiale d’archivio. Da una parte, centinaia di migliaia di documenti video e audio dimenticati a prendere polvere sugli scaffali al buio, dall’altra, il peso storico di selezionarli, scremarli e restituire all’umanità probabilmente l’unica versione di cui potrà mai fruire un grande pubblico su quel determinato argomento. «Il primo film che ho fatto, Videograms of a Revolution, coincide con la graduale caduta del regime in Romania ma anche con l’esplosione del mercato delle videocamere amatoriali. Da quel momento sono rimasto affascinato da questa nuova forma di documento storico, il video. Un mezzo che ti permette di estendere nel tempo momenti che con i documenti o le fotografie altrimenti sarebbero sospesi nel tempo, inchiodati con gli aghi come una farfalla da collezione».

Anche la psicologia del momento, come la definisce Andrei, è un elemento cardine del documento filmato. Come quando in Videograms of a Revolution si vede chiaramente l’emozione, il panico che ti fa sudare e ti secca la bocca, nel volto del gruppo di rivoluzionari che prende il controllo della TV nazionale rumena e annuncia davanti a milioni di persone la caduta del regime di Ceaușescu. «Non posso immaginare di fare un film storico su un avvenimento contemporaneo senza usare materiale originale. Voglio documentare la realtà e poi interpretarla come gli storici hanno fatto prima di me. La mia responsabilità, per tornare al discorso di prima, non è diversa da quella di uno storico che lavorava sugli scritti del passato. La mia figura però è a metà tra quella di uno storico e quella di un romanziere».

The Autobiography Of Nicolae Ceausescu, 2010 by Andrei Ujică
The Autobiography Of Nicolae Ceausescu, 2010 by Andrei Ujică

«I veri storici sono tutti stati scrittori alle prese con temi storici»

Su questo punto però faccio notare al Maestro che ogni storico dà la propria visione personale nei suoi scritti, e che il lavoro degli storici moderni, per arrivare a una versione il più possibile oggettiva della storia, è di filtrare diverse voci su uno stesso argomento e prendere per veri i punti in comune, quelli su cui concordano tutte le voci. Questo per dire che anche Tacito, per quanto oggettivo, aveva una propria visione e nei suoi famosi annali ci ha messo un po’ quello che pareva rilevante a lui. «Concordo, ma i veri storici – a parte qualche eccezione – sono tutti stati scrittori alle prese con temi storici. Da Shakespeare a Tolstoj, niente supera l’accuratezza storica di questi individui nelle loro opere».

2 Pasolini, realizzato nel 2000 con il sostegno di Fondation Cartier – un cortometraggio a partire dal documentario di Pasolini Sopralluoghi in Palestina

Nessuno Shakespeare però ha avuto il vantaggio, come Andrei, di ritornare anche vent’anni dopo la pubblicazione di una propria opera, per apportare alcune modifiche. Con 2 Pasolini, realizzato nel 2000 per conto di Fondation Cartier, il regista realizza un cortometraggio a partire dal documentario di Pasolini Sopralluoghi in Palestina, a sua volta realizzato all’epoca per il proprio film Il Vangelo secondo Matteo. Viene quindi da chiedersi perché, nel 2021, Ujică sia tornato sui propri passi per modificare il montato. 

«All’epoca mi chiesero di non mettere i sottotitoli. Per cui c’era Pasolini che parlava italiano ma Gesù in francese. Quindi volevo che Gesù parlasse nella lingua che Pasolini aveva scelto, cioè l’italiano. Dato che c’ero, ho editato qualcosa nel montato ma non molto. La cosa curiosa è che Pasolini nel documentario si dice deluso dalla modernità del paesaggio biblico. La verità è che molte scene le ha girate della Terra Santa le ha girate in Sicilia perché sapeva già che la Palestina non era più quella di duemila anni prima. Diciamo che il viaggio a Gerusalemme è stato più per scopi promozionali del film».

Ujica accosta Tupac Shakur, leggenda del rap uccisa nel 1996, e Pasolini. Il corto si chiude con un remix intitolato 2 Pac 2 Pasolini e gioca sull’affiancare due figure profetiche, entrambe finite tragicamente ma osannate in eterno per la propria arte. «È un parallelismo su cui volevo insistere. Tupac è un ribelle della propria generazione, proprio come Pasolini, un messia della sua arte. Pasolini metteva canzoni rivoluzionarie russe sulle immagini di Gesù che attraversava a piedi la Galilea. Ho pensato, se lui ha fatto questo nel film, allora io metto Tupac alla fine del mio film. Mi piace la sua musica, l’ho scoperto all’epoca perché lo ascoltava mio figlio. Un giorno sono entrato in camera sua e gli ho chiesto: “Cos’è questa musica? Mi piace!” Era Tupac».

TWST/Things We Said Today, 2024 by Andrei Ujică
TWST/Things We Said Today, 2024 by Andrei Ujică

Out of the Present la vita di un astronauta sovietico a bordo della base spaziale MIR

Anche la musica è sempre stata al passo coi tempi nei film di Andrei. Nel lungometraggio Out of the Present, del 1995, che racconta la vita di un astronauta sovietico a bordo della base spaziale MIR che assiste e documenta con una videocamera gli sconvolgimenti che sul pianeta Terra stanno portando alla caduta dell’URSS, la colonna sonora è anfetaminica. Eurodance, techno, trance si susseguono sulle immagini, come unico collante che tiene insieme un presente, quello degli anni Novanta, a un’alienazione in orbita che grava sul protagonista. 

«In quel caso stavo cercando una musica che fosse rappresentativa del momento. Confesso che non è una musica che mi piace, però era la mia idea, dovuta principalmente a un aneddoto. Nel primo capodanno dopo la caduta dell’Unione Sovietica, nel 1991, fu organizzato un rave nel padiglione cosmologico della fiera di Mosca. Io non sono arrivato a Mosca due anni dopo, per fare il film, ma questo leggendario rave, di cui poi mi hanno raccontato gli impiegati della società governativa sull’energia che c’erano stati, è stato anch’esso l’inizio di una nuova era per Mosca e la Russia. Era la prima volta che sentivano techno tedesca».

Quanto costa produrre un film non fiction con filmati d’archivio? Il vantaggio di lavorare con gli archivi: non si deve chiedere nulla ai produttori

Tra le ragioni principali per cui Ujică preferisce da sempre lavorare sugli archivi, ce n’è una che sospettavo e che poi lui stesso mi ha confermato essere vera: non si deve chiedere nulla ai produttori. Non c’è l’annoso problema di procacciarsi titaniche quantità di denaro per realizzare la propria idea su pellicola. «Conta che negli anni Novanta un film che non fosse fiction era qualcosa di poco considerato, di nicchia. Oggi la situazione è migliorata. All’epoca era quasi impossibile trovare dei veri finanziatori che capissero. Anche solo l’ultimo film, sui Beatles, è costato circa due milioni di dollari. I filmati d’archivio che abbiamo dovuto acquistare dalle TV americane, quindi ABC, NBC e CBS, sono arrivati a costare anche 17mila dollari al minuto. Di immagini in bianco e nero alla fine c’è una cinquantina di minuti totali nel film».

Andrei Ujică
Andrei Ujică

«Negli ultimi decenni c’è stato un distaccamento graduale ma inesorabile, ora totale, tra il discorso accademico/artistico e i bisogni delle persone»

Prima il conflitto Israelo-Palestinese, poi l’attentato al CEO di una Healthcare Insurance Company d’America, poi il tentato colpo di stato in Corea del Sud, infine la liberazione della Siria dal regime di Assad: il mondo stia vivendo un momento di turbolenza politica. Uno come Ujica, che di rivoluzioni ne ha viste e documentate, dovrebbe riconoscerne una, quando la vede.

«L’ovest si sta sgretolando. Stiamo assistendo a una rivoluzione popolare che viene dal basso, dai ceti più oppressi del sistema capitalistico. Negli ultimi decenni c’è stato un distaccamento graduale ma inesorabile, ora totale, tra il discorso accademico/artistico e i bisogni delle persone. Le élite non hanno realizzato o accettato questa rottura. Tutti i media controllati da pochi non si sono resi conto di avere intere folle oceaniche voltate di spalle. L’errore che ha fatto l’intellighenzia nella sua agiatezza è lo stesso del Ventesimo secolo: non distinguere che il socialismo è un movimento intellettuale, mentre il fascismo è una risposta di pancia a malumori popolari. Oggi succede lo stesso: è un sentimento che viene dal basso e che chiede gli stessi agi e privilegi della classe dominante, che ormai è totalmente alienata».

Quanto tempo occorre per produrre un film utilizzando materiale di archivio – Andrei Ujica

Il processo creativo per un film di Andrei Ujica richiede circa cinque anni. Dall’ultimo The Autobiography of Nicolae Ceaușescu al TWST / Things We Said Today uscito quest’anno però è trascorso un periodo lungo per la carriera del regista: 14 anni. «Dall’idea allo sviluppo della struttura, poi la ricerca e i finanziamenti passa del tempo. Ci metti almeno tre anni per fare tutto il lavoro di archivio e poi un anno per editare e un altro anno per la post-produzione. Normalmente ci vogliono circa cinque anni. Questo progetto è stato rallentato da una serie di inconvenienti capitati nello scorso stranissimo decennio. Uno di questi è stato una tragedia familiare che ha interrotto il progetto per due anni. Verso il 2015 poi ho avuto dei problemi di diritti con l’etichetta dei Beatles, la Apple Records. Così ho cambiato lo script, ma è stata una benedizione artistica per il film. È lì che ho capito che potevo estendere al contesto storico del Beatles effect senza fossilizzarmi sulla loro storia di band. Poi altri due anni di pandemia. Quindi, alla fine, tra tutto, abbiamo sempre lavorato cinque anni, ma ce ne abbiamo messi tre volte tanto».

Il prossimo film non solo è già stato pensato, ma è anche già stato montato un piccolo trailer con la voce cavernosa di Andrei che narra le vicende. «Voglio fare un film sul calcio. Mi è sempre piaciuto e per molto tempo sono stato fan del Barcellona. Da piccolo tifavo anche Inter perché ho visto una partita dal vivo in Romania, quando Herrera era l’allenatore. Ma non è un film in generale sul calcio, semmai un memoir sulle coppe del mondo 1970 fino al 1994, con tutte le vicende annesse e connesse. Anche qui, quando il calcio era un progetto estetico».

Possiamo pertanto dire che Andrei Ujică è un esteta? «Sì. Dopo aver passato tanti anni immerso nell’introspezione politica e sociale, ora penso che sia abbastanza. Voglio tornare alle radici, e le radici sono l’estetica».

Claudio Biazzetti

Il Nostro Tempo – Fondation Cartier x Triennale Milano
Il Nostro Tempo – Fondation Cartier x Triennale Milano
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