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Moda a Parigi – un po’ di creatività, nessuna sostenibilità

Duran Lantink si conferma al centro dell’interesse da parte dell’industria della moda: una sfilata in ufficio, poco budget, che trova l’attenzione per la creatività a Parigi

Moda e sostenibilità – nessuno interesse. Cerchiamo la creatività, quanto meno

Si può dare per assodato: alla moda non interessa la sostenibilità. Proviamo ad andare oltre. Cerchiamo la creatività – sì, con poliuretani, elastici e plastiche – ma cerchiamo una creatività forte, un disegno d’azzardo, un’idea inedita. Qualcosa che stia influenzando tutto il resto così come la moda è chiamata a fare. Non è rassegnazione, ma reazione: è virtù della creatività trovare soluzioni che non sappiamo immaginare, che non sappiamo aspettare. 

La creatività di Duran Lantink – bellezza o bruttezza, diversità o unicità. Solo pubbliche relazioni?

La creatività si trova da Duran Lantink. Se ne è parlato tanto. I vestiti si staccano dal corpo, inventando volumi, trovando ironia e sprezzatura, raccontando un approccio scultoreo. L’asserzione è la più legittima per la moda: non esiste una bellezza data. I canoni estetici non devono – non avrebbero mai dovuto – essere standardizzati. Bruttezza e bellezza non sono concetti che la moda oggi può veicolare – e questo, le generazioni precedenti e i manager aziendali, devono accettarlo. 

Si può disquisire nel rapporto tra diversità e unicità: sei diverso dagli altri, o stai bene nella tua unicità? Diverso e unico sono sinonimi? Ragazze con pettorali maschili e mammelle che ballano su gambe da uomo. Jeans immettibili, ma quanto pittorici. Il valore editoriale è già parte del prodotto – non serve fotografo, non serve il contesto autoriale di un giornale. Con un vestito così addosso, qualsiasi foto, anche quella scattata da tuo figlio di quattro anni, diventa virale. 

Si riduce tutto a questo? Quanto meno se ne parla. Una presentazione con poca finanza – la domanda su come ci siano i fondi, per un progetto simile. Quanto si possa vendere – sia ai buyer, sia ai clienti finali. Una sfilata in ufficio, dettagli ruvidi. Libero, indipendente – almeno per adesso. Le pubbliche relazioni dietro a un brand sono sufficienti a far crescere in imprenditoria il brand oppure si tratta solo di creare una brand awareness sufficiente affinché arrivi in un gruppo finanziario a comprare il pacchetto e a dare uno stipendio al direttore creativo. 

Il dubbio se il lavoro di pubbliche relazioni dietro Duran Lantink sia ben progettato – o se sia soltanto l’ennesima frigidità dell’industria della moda, autocompiaciuta e sterile. Esiste ancora l’imprenditorialità della moda o la moda è solo un gioco a chi trova prima un investitore che si faccia carico del problema?

FW25 Duran Lantink
FW25 Duran Lantink
FW25 Duran Lantink
FW25 Duran Lantink
FW25 Duran Lantink
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Alaia e Pieter Mulier – da Duran Lantink a Schiapparelli

In termini di creatività, la citazione di Alaia per Pieter Mulier. Sembra sussista un dialogo tra Duran Lantink e queste evoluzioni volumetriche su Alaia che per tradizione rimaneva aderente al corpo. Ai tempi, Azzedine Alaia usò fibra sintetica ed elastica prodotta in Italia, che a sapeva di innovazione – oggi, queste strutture elastiche esplodono in macro-passamanerie che diventano vesti, scialli, ornamenti, giubbotti sbracciati. Sono vestiti o disegni applicati al corpo femminile. Per questa digressione sui volumi e sulle espansioni catalizzati da Duran Lantink troviamo anche un accenno da Schiapparelli. 

Iperconsumismo, Anna Wintour e Trump – stesso atteggiamento, stessa età

Tanto di tutto il resto, di quello che si vede a Parigi, è sviluppo di un brand commerciale – ovvero il regno di Anna Wintour. Una donna che un tempo produceva la sensazione di potere, e che oggi è l’icona del consumismo americano. Professionalmente, Anna Wintour è la sintesi simbolica di ogni ragione a cui è dovuta la crisi che la moda sta attraversando. 

Il problema reputazione che la moda sta soffrendo: un sistema che gira intorno a una gara di atteggiamento e frivola coolness; un sistema per il quale le pubbliche relazioni hanno priorità rispetto alla sostanza; un sistema che persiste nel valutare ogni evenienza con il numero di follower su Meta. Un sistema che è la legittima espressione di un’epoca governata da Trump e, appunto, da Anna Wintour. Sempre di più, Trump e Wintour appaiono simili. Diversi nei loro campi – uno parla di guerra e petrolio e canticchia Drill Baby Drill; l’altra parla di plastica e colori e parties; l’atteggiamento è simile, così come è simile la loro età.

FW25 Alaïa
FW25 Alaïa
FW25 Alaïa
FW25 Alaïa
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Alessandro Michele per Valentino, dalla legittimazione dell’archivio con troppi layer di lettura, a un nuovo equilibrio

Mentre da Milano Donatella Versace continua a ballare dicendo che la moda deve essere fun, Alessandro Michele da Valentino sta trovando un equilibrio. Le prime sfilate di Michele da Valentino sembravano ragionare con quelli che dicono un designer ha la sua identità e un brand è il suo broadcaster – ovvero: Michele fa quello che sa fare e che lo identifica in una coerenza: lo faceva da Gucci e lo ripete da Valentino. La revisione dell’archivio sembrava pretestuosa, anche perché nell’identità di Michele, romano, onnisciente ed eclettico, l’immaginario storico di Valentino è sempre stato suo. Con la sfilata del 9 marzo, il racconto entra in un dettaglio ulteriore e la trama cambia passo. 

L’inizio della rassegna si perde in pizzi ricamati con paillette che poco hanno a che vedere con quello che stiamo vivendo. La nebbia esce dal rosso smaltato nella riproduzione di un bagno pubblico in una stazione metropolitana: tutto confuso, tutto troppo: troppi layer di lettura, troppa ricerca dell’effetto wow, troppo vigore creativo che rimbomba. Dall’uscita sedici in avanti, lo styling inizia a semplificarsi. La sfilata trova un ritmo a tempi di quarti, il disegno dei pezzi emerge dall’opulenza di trucco e contesto. La rilettura dell’archivio diventa un reagente e non più una legittimazione. 

Alessandro Michele sa condurre collegamenti tra le discipline – senza dover per forza chiamare quanti fulmini. Emergono le sagome, le linee: il bicolore, le bordature in pelliccia sono elementi propri a Valentino ma con questa freschezza nuova. Le spalle spigolate che si trovano ovunque, hanno una quiete da tradizione. La scollatura all’ombelico, senza cuspide ma a iperbole. Il branding su un golf in maglieria rosso con la stilizzazione in bianco della lettera V. Le trasparenze in lycra o simile e paillettes e i cristalline, chi scrive li trova superate. 

FW25 Valentino
FW25 Valentino
FW25 Valentino
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Demna e Balenciaga: la sua narrazione poetica è superata? Dalla demolizione della moda all’impiegato porno

Demna Gvasalia da Balenciaga. Il suo percorso nella distruzione della moda – vuol dire, annientarla in quanto non sia e rendere moda quello che non dovrebbe esserlo: la sneakers di Adidas, il sacchetto di Ikea. Un concetto di readymade riletto nell’industria del consumismo, il feticcio diventa moda, l’elemento fecale diventava arte. Soltanto che oggi, il consumismo va combattuto, non ragionato. Non basta una posizione intellettuale o estetica, è necessaria la reazione civile.

Con lo scoppio della guerra, andava in scena una sfilata di ragazzi nel fango. La moda resta prima di tutto questo: il racconto del tempo che scorre. Oggi Demna manda in show un ragazzo robusto, muscoloso, la sagoma di un armadio, vestito con un paio di jeans e una camicia bianca. È l’uscita numero sette. Territori al confine con la Russia, associati alla Nato. Est Europa centrale – terre di steppe, sul Mar Nero. Ragazzi, pelle chiara e glabra, se c’è violenza assomiglia alla poesia. Il ragazzo porta una rosa in mano. È un dipendente bancario di una filiale in provincia di Tbilisi. Una pausa caffè a metà mattina. La rosa rossa è un fiore a conclusione del film. Ancora: questo ragazzo, fuori dagli orari d’ufficio, lavora come porno attore gay, sessualmente versatile, che riesce a venire tre volte in consecuzione – oltre a essere parte della produzione esecutiva del video. Gli attori che Demna dirige e che fustiga sono i ragazzi di Rozzano, quelli che fumano e parlano di niente sul muretto dietro al benzinaio, sognando di fare musica trap. Vestiti con capi da magazzino. la canotta strappata e slavata – andranno in negozio al prezzo di centinaia di euro.

Demna è stato annunciato come nuovo direttore creativo di Gucci – ndr

La notizia è di oggi, 13 marzo, diffusa dal gruppo francese Kering subito dopo la chiusura dei mercati: Demna è stato annunciato come nuovo direttore creativo di Gucci. Assumerà la guida dell’intero marchio. Il suo ingresso effettivo avverrà in Italia a partire da luglio, una volta conclusa la sfilata di haute couture di Balenciaga a Parigi. Demna Gvasalia (georgiano e vicino a compiere 44 anni, il prossimo 25 marzo) subentra a Sabato De Sarno, che ha lasciato l’incarico a gennaio dopo un biennio di direzione artistica.

Carlo Mazzoni

FW25 Balenciaga
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