Robert Wilson x Michelangelo: La Pietà Rondanini in Mother, mostra inaugurale del Salone del Mobile 2025: ha preso una penna e ha disegnato una cipolla fatta di luce
Robert Wilson per il Salone del Mobile: Mother
Nella hall di un hotel milanese che si affaccia sulla stazione centrale – dove è allestita Mother (2025), opera del regista e artista visivo americano Robert Wilson – l’artista osserva un disegno di una cipolla che ha realizzato con la penna. Spiega il processo con cui ha riletto la Pietà Rondanini di Michelangelo, fulcro di questa esposizione. Scolpita negli ultimi anni di vita dell’artista rinascimentale, la statua riflette il momento in cui Michelangelo si confrontava con la propria mortalità. L’uso della forma e delle linee racconta la convergenza tra morte, dolore e compassione nell’esistenza del grande scultore. L’approccio di Wilson, realizzato in collaborazione con il Salone del Mobile, inaugura gli eventi di quest’anno.

Lunedì 7, al Teatro alla Scala, si è tenuta la serata inaugurale del Salone del Mobile: The Night Before – Chairs, Objects, Opera. A cura di Robert Wilson, l’evento ha unito sedie, oggetti e opera in un’esperienza artistica unica. L’Orchestra del Teatro alla Scala, diretta dal Maestro Michele Spotti, insieme al soprano Marina Rebeka, ha reso omaggio ai compositori italiani.
Ascoltare e vedere: l’universalità nella scultura di Michelangelo e nelle opere di Wilson
«Prima di venire a Milano, ero nel nord dell’Olanda a lavorare su un progetto sull’ascolto della natura. Non si sentono i rumori della strada come accade in città: ci sono uccelli, l’erba che si muove e produce suoni. Senti il tuo cuore e il tuo respiro. Quando ero lì, non riuscivo a concentrarmi su ciò che stavo ascoltando, ero troppo concentrato su quello che vedevo. Dovevo costringermi ad ascoltare, ma è nella mia natura. Ecco perché tutti i miei primi lavori erano senza testo: erano solo visivi. È una delle ragioni per cui ho avuto successo in varie parti del mondo: quasi non c’era bisogno di traduzione, perché il lavoro era costruito visivamente.»
Questa capacità di comunicare senza fare affidamento sulle parole crea un senso di universalità, sia nella scultura di Michelangelo che nel lavoro di Wilson. È un’esperienza umana, un legame che si avverte più che si spiega.
Milano come palcoscenico globale: un punto nella carriera internazionale di Wilson
Milano è solo una tappa nella carriera globale di Wilson, le cui opere sono state presentate in ogni angolo del mondo, dall’Estonia all’Iran, dal Brasile a Parigi. Eppure, la sua identità americana rimane fondamentale in tutto il suo lavoro. Ricorda la sua infanzia a Waco, in Texas, raccontando:
«Molti anni fa, ero a Taiwan per un concerto con una violinista. Sono andato a ringraziarla per la sua esibizione e ho scoperto che era di Brooklyn. Le ho chiesto: “A cosa pensavi mentre suonavi?” Lei mi ha risposto: “Beh, il Ponte di Brooklyn è sempre nella mia mente. E tu, a cosa pensi mentre lavori?”
Io ho risposto: “Il paesaggio del Texas è in tutte le mie opere. Se avessi vissuto a Brooklyn non sarebbe stato lo stesso. In Texas ci sono questi cieli vastissimi, e tutti i miei spettacoli sono in qualche modo un riflesso di quel paesaggio.”»
Osservare il mondo: persone reali, i loro movimenti
Anche se le opere di Wilson possono sembrare fantastiche, si basano su un’osservazione della realtà che l’artista ha sviluppato con uno studio sincero delle persone, dei loro movimenti e del modo in cui fanno esperienza del mondo.
«I miei primi lavori li ho scritti con un ragazzo sordo e muto. Capiva il mondo attraverso segni e segnali visivi. Non potendo sentire, era più consapevole di quei movimenti quasi impercettibili su cui noi non ci concentriamo, o che non notiamo, perché sentiamo.
Cosa succede quando sbatti le palpebre? È un modo di vedere. Forse è un momento in cui sogni o un’immagine negativa, ma fa parte del vedere.»
Questa sensibilità ai dettagli trascurati dal mondo circostante informa gran parte della sua produzione artistica, consentendogli di esplorare gli istanti fugaci e le sottigliezze che plasmano la nostra percezione.

Wilson ha messo alla prova la “resistenza” della realtà
Facendo riferimento all’acutezza sviluppata dal ragazzo non udente, Wilson prosegue:
«Non mi interessava che la gente esibisse competenze particolari. Non devi per forza cantare e raggiungere un do di petto o fare un salto in aria e atterrare sulle punte. Cercavo situazioni in cui le persone non dovessero essere altro da se stesse. È una parte del fascino di qualsiasi grande attore ben addestrato: essere a proprio agio davanti a un pubblico.»
Wilson ha poi testato la durata della realtà, allestendo performance della durata variabile da dodici ore a sette giorni e sperimentando e studiando come il tempo e lo spazio possano diventare fluidi per lo spettatore:
«Se non riuscivi a dormire la notte, potevi andare a vedere lo spettacolo alle tre del mattino. È come andare in un parco: ti puoi sedere e guardare la gente che passa, leggere un libro o ascoltare gli uccelli.»
Ispirandosi al modo in cui le persone interagiscono con il tempo – tra momenti di quiete e di attività – Wilson lavora con la fluidità organica della vita, invitando il pubblico a vivere il teatro come vivrebbe il mondo intorno a sé.
Robert Wilson: la collaborazione con il Salone del Mobile
Il rapporto di Wilson con il Salone del Mobile dura da decenni, con progetti come Stanze e Segreti (2000) alla Rotonda della Besana. Riflettendo sugli anni successivi di collaborazione con l’ente, dice:
«Alcuni giorni apri una finestra o una porta e vedi qualcosa di speciale che non c’è tutti i giorni. Le nostre comunità hanno queste porte o finestre.»
Il Salone del Mobile offre queste opportunità a Milano ogni anno, aprendo nuove prospettive creative per artisti e spettatori.
Le istituzioni culturali italiane sono state a lungo un centro per il lavoro di Wilson
Mentre parla nel salotto dell’hotel, un giovane costumista della Scala arriva per mostrargli alcuni bozzetti di un progetto retrospettivo che vorrebbe realizzare. Wilson, ammirando i disegni, ride e racconta:
«La prima volta che ho lavorato alla Scala ho messo in scena Salomé con Montserrat Caballé. Sono stato fischiato. Non volevo uscire per gli applausi, perché la contestazione era piuttosto violenta. Gli italiani sono passionali: quando non gradiscono qualcosa lo manifestano apertamente. Montserrat Caballé invece trionfò, la folla gridava: “Bravo! Bravo!” E lei disse: “Vieni fuori con me, così non sarà così terribile! Qualche anno fa hanno fischiato anche me.”»
Nonostante quelle prime proteste, Wilson ha continuato a lavorare in Italia. Mother, che inaugurerà il Salone del Mobile 2025, nasce da una prospettiva “come una cipolla”. Wilson, mentre disegna dei cerchi concentrici su un blocco notes davanti a sé, spiega con toni enigmatici:
«Bisogna cercare di vedere la cipolla intera, ma poi la si può smontare, strato dopo strato.»
Una visione strutturale condivisa: Stabat Mater di Arvo Pärt
Assieme al lavoro visivo di Wilson, ci sarà la musica di Stabat Mater, composta da Arvo Pärt. Riferendosi nuovamente alla “struttura a cipolla” sul tavolo, Wilson disegna un’altra forma concentrica e commenta:
«Arvo Pärt ha scritto la sua musica con la stessa struttura. Anche il mio lavoro visivo ha questa forma. Pensiamo allo stesso modo. È una struttura classica. L’hanno usata Beethoven, Wagner, Shakespeare. Re Lear dice qui…»
Wilson indica il centro della forma: «‘Diventerò pazzo!’ È la linea centrale.»
Su Robert Wilson
Robert Wilson è un artista teatrale e visivo, le cui opere combinano movimento, luce, suono e design. Il suo lavoro Mother, parte dell’evento inaugurale del Salone del Mobile 2025, sarà in scena dal 6 aprile al 18 maggio 2025 al Castello Sforzesco di Milano.
Negli anni Sessanta, Bob Wilson ha fondato a New York la Byrd Hoffman School of Byrds, dove ha sviluppato i suoi primi lavori sperimentali. Tra le sue opere più celebri si annoverano Deafman Glance (1970), A Letter for Queen Victoria (1974–1975) ed Einstein on the Beach (1976), realizzata in collaborazione con Philip Glass. Wilson è stato insignito del Leone d’Oro alla Biennale di Venezia e dell’Olivier Award. È membro dell’American Academy of Arts and Letters e della Deutsche Akademie der Künste.
Annalise June Kamegawa
