Caterina Ravaglia, nella chiesa
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Caterina Ravaglia: la concia al vegetale è una missione personale

Una macchina a rete su misura, metallo riciclabile, sottoreti in suede, scelte artigianali: Caterina Ravaglia per Kate Cate, nessuna scorciatoia per il fast fashion

La tracciabilità secondo Caterina Ravaglia: pelle animale dalla filiera alimentare, mastice, ottone

Caterina Ravaglia per Kate Cate, definisce i principi produttivi: “Le pelli provengono dall’industria alimentare.  Seleziono le concerie basandomi sui rapporti di audit e uso la concia vegetale invece di quella al cromo. Lotto contro l’inquinamento dovuto all’utilizzo del cromo, va ridotta l’acqua necessaria per il lavaggio del cromo stesso. La scelta della concia vegetale è rischiosa, perché può capitare che il cliente si lamenti delle smagliature presenti naturalmente sulla pelle. Queste imperfezioni sarebbero nascoste con la concia al poliuretano, ma preferisco accettare un reso piuttosto che compromettere la mia coerenza.”

“Per le colle cerco di minimizzare la tossicità utilizzando mastice di prima scelta. Ho realizzato un solo modello di calzatura con la suola in gomma. La plastica riciclata non è una soluzione ideale perché i polimeri riciclati solo legati utilizzando una percentuale di plastica vergine. Questo è un problema su cui sto ancora lavorando. Ho provato tutte le pelli vegane, ma non le trovo etiche, essendo comunque necessaria una parte di poliuretano per legare i materiali vegetali. La pelle di cactus, importata in Italia dal Messico, comporta un consumo di CO2 che non è vantaggioso. Per ora, il riutilizzo della pelle animale è l’opzione valida.”

Le componenti metalliche: “Utilizzo l’ottone, che è riciclabile al 100%. Un’alternativa alla zama, un materiale che è più economico ma è una lega oil based. La maglia metallica che copre il tacco del modello Kate è in ottone. Per realizzarla abbiamo dovuto creare una macchina apposta per lavorare la maglia, sostenuta da una rete scamosciata incastrata sotto la soletta.”

Caterina Ravaglia, nella chiesa
Caterina Ravaglia

Kate Cate, Toscana: Artigianato locale e fabbriche tradizionali: il Formificio Romagnolo – solettificio, suolificio, tacchificio – la filiera della calzatura

Le borse in paglia di Kate Cate nascono durante uno dei viaggi in Toscana. “Mi ero fermata a Signa, vicino a Firenze, dove ho trovato le ultime due aziende locali sopravvissute specializzate nell’intreccio della paglia. Rispetto all’intreccio marocchino, che è meno costoso, la tecnica di questi artigiani consiste prima nel creare una treccia di paglia, poi bagnarla e cucirla attorno a una sagoma in ottone che ha la forma interna della borsa.”

A Forlì c’è un’azienda, il Formificio Romagnolo, che possiede un archivio con tutte le forme di scarpa, un patrimonio costituito insieme dalle macchine e dal know how degli operai. “La produzione di calzature è una scienza: ogni pezzo, a seconda del design, può essere composto da dieci a venti componenti. Prima di arrivare al montaggio finale ciascun elemento è prodotto separatamente da un’azienda specializzata, come il solettificio, il suolificio o il tacchificio. Se queste realtà locali non sono sostenute, la chiusura di un’azienda può mettere in crisi l’intera filiera.”

Nella chiesa, durante essicazione della lavanda
Nella chiesa, durante essicazione della lavanda
Esterno della chiesa
Esterno della chiesa

La produzione di Kate Cate: controllo del surplus di magazzino, carry over, concia vegetale contro il cromo

Non c’è surplus nel magazzino: “La produzione di Kate Cate è piccola e priva di stagionalità. La cintura è un accessorio chiave, un oggetto senza tempo e duraturo. L’80% della mia collezione è carry over. Un’altra mia battaglia è quella contro il fast fashion: il primo passo sarebbe quello di consumare meno e puntare su prodotti più duraturi. Venetia La Manna, un’attivista inglese, smaschera le campagne di greenwashing delle multinazionali e organizza delle proteste fuori dai negozi di fast fashion. Non sponsorizzo questo approccio, è già sottinteso che la produzione di Kate Cate debba avere il minimo impatto negativo sul sistema.”

Pochi anni fa era scoppiato uno scandalo in Toscana dopo il rinvenimento di alcuni depositi di cromo smaltito illegalmente dalle concerie. “Non utilizzo la concia vegetale per motivi di vanto, ma perché possiedo un’azienda agricola in Toscana. Se il mio vicino sotterrasse il cromo nel suo terreno anche i miei verrebbero contaminati. Oltre a essere una scelta etica è anche nel mio interesse.”

La ricerca sui rivestimenti delle pelli e la nascita di Kate Cate come cinturificio

Kate Cate nasce dall’attenzione di Caterina Ravaglia per la pelletteria. “Prima di fondare Kate Cate nel 2018 ho lavorato a Bologna per una società che aveva sviluppato una bioplastica completamente biodegradabile, e mi occupavo di supervisionare l’applicazione del materiale nell’industria della moda. Grazie a questa esperienza ho iniziato uno studio sui coating, ossia le coperture con cui sono trattate le superfici delle pelli. La maggior parte degli accessori in pelle sono trattati in superficie con degli strati di plastica.”

“Quando mi sono trasferita in Emilia-Romagna ho iniziato a sperimentare in un cinturificio di Rimini delle soluzioni alternative ai coating a base di plastica, partendo dagli accessori più semplici come cinture e tracolle, dato che all’inizio non avevo ancora le competenze per lavorare su prodotti complessi come le calzature. Kate Cate non nasce come un progetto di business, ma da una mia personale passione per il cuoio. I primi canali di vendita sono stati le piattaforme digitali. Mi ero laureata alla Pennsylvania State University in comunicazione di massa e pubblicità.”

Con le prime casette di api nel 2023
Con le prime casette di api nel 2023
Caterina Ravaglia con Abdullah, un rifugiato afghano che aiuta nei lavori in campo
Caterina Ravaglia con Abdullah, un rifugiato afghano che aiuta nei lavori in campo

Caterina Ravaglia a Monteromano: la doppia anima di Kate Cate

Quando è esplosa la pandemia nel 2020, Caterina Ravaglia si è ritirata sulle colline di Monteromano, al confine fra la provincia di Ravenna e la Toscana, dove i suoi genitori avevano dei terreni incolti, prevalentemente occupati da castagneti. “Avevo conosciuto alcuni miei coetanei, provenienti da varie parti d’Italia, che si erano trasferiti lì e vivevano coltivando la terra: si tenevano una parte del raccolto mentre il surplus lo vendevano nei mercati locali. Mi sono appassionata anche io di agricoltura e ho iniziato a studiare le piante officinali. Dopo un anno di esperimenti mi sono iscritta alla scuola di agraria a Minoprio, vicino a Como, e sono diventata tecnico agraria.”

Per due anni il progetto di Kate Cate è rimasto in sospeso. “Nel 2023 ho ricominciato a lavorare sul brand e ho iniziato a cercare degli investitori per sviluppare il ramo delle calzature – un asset subito industriale perché sono previsti minimi di produzione. Nonostante il progetto sia iniziato nel 2018, si è ripreso solo da un anno e mezzo. Il nome del brand Kate Cate riflette l’esistenza di queste due personalità: c’è una parte di me che ama la tradizione, il ritmo lento e il lavoro metodico dell’artigiano, e un’altra parte che è ribelle e vuole scappare in città.”

Raccolto di cipolle e lavande
Raccolto di cipolle e lavande

Caterina Ravaglia: un’azienda agricola di 12 ettari a Monteromano: lavanda, castagneti, arnie, vetiver, patate e cinghiali

L’azienda agricola nei pressi di Monteromano conta 12 ettari al confine fra l’Emilia-Romagna e la Toscana. “Tremila piante di lavanda dalle quali viene estratto un olio biologico. Io non utilizzo trattamenti, neanche quelli al rame che sarebbero consentiti per l’agricoltura biologica.” I castagneti sono impiegati per la produzione dei marron glacé. “Sto ristrutturando un casale cercando di utilizzare solo prodotti locali. Le scale sono prodotte utilizzando il legno dei castagni. Ho piantato una carciofaia con quattro differenti varianti.”

“Cerco di consociare elementi naturali che siano insieme vantaggiosi per la produzione dell’azienda ma al tempo stesso rispettosi del suolo.” Le arnie servono per la produzione del miele e per l’impollinazione. Caterina ravaglia entra in ulteriori dettagli e considerazioni: “Dopo le frane di due anni fa che hanno colpito la regione ho iniziato a piantare il vetiver, una pianta originaria di Haiti, le cui radici sono molto forti e crescono velocemente. Dalle radici viene estratta una fragranza, ma oltre al profumo il vetiver è un’alternativa alle reti di plastica o di piombo per il contenimento terroso. Applico lo stesso principio per la coltivazione delle patate. Essendo una zona abitata da cinghiali, invece di recintare i campi ho provato a piantare le patate in mezzo alle lavande. Dato che la lavanda non è una pianta appetibile per i cinghiali anche le patate non vengono mangiate.”

Scrivania sul belvedere di fronte alla casa di Caterina Ravaglia
Scrivania sul belvedere di fronte alla casa di Caterina Ravaglia

Musica per Kate Cate: i riferimenti al gimkane western e al roping – le guitar straps

“Da bambina durante l’estate lavoravo in un maneggio sugli Appennini romagnoli, dove si praticavano gimkane western e roping, cioè la cattura delle mucche con il lazo. L’estetica western è confluita nell’immagine di Kate Cate. Quando sono cresciuta è esplosa la scena indie-rock, mi sono avvicinata a quell’estetica skinny che arrivava da gruppi come i Radiohead, i Rolling Stones. C’è un legame tra Kate Cate e la musica, quella suonata dal vivo sul palco: produciamo guitar straps, collaboriamo sia con artisti affermati (NDR: nel mondo, Lenny Kravitz, Cremonini, Beyoncé e Dua Lipa per Illusion, Cesare Cremonini, Damiano David), sia con band indipendenti. La musica utilizza l’abbigliamento per esprimere il personaggio, a differenza della moda fine a se stessa.”

Formazione professionale, struttura orizzontale del brand e il rapporto con l’industria della moda

Ravaglia ha iniziato presto a lavorare nel settore moda come modella, ha avuto l’occasione di assimilare le dinamiche tra fotografi, stylist e casting director. “Mi sono dedicata alla produzione di foto e video, sono arrivata in laboratorio a studiare i coating dei pellami insieme ai chimici. Ho il vantaggio di aver avuto una formazione dalla produzione alla commercializzazione del prodotto. Uno degli aspetti che differenzia il mio percorso rispetto a quello di altre aziende è il legame con i produttori. Solitamente il rapporto tra l’ufficio stile e la fabbrica passa attraverso degli intermediari, i produttori, e questa si ritrova in approssimazioni varie”.

Kate Cate non è un brand di moda, e non aspira ad esserlo, Caterina Ravaglia sottolinea. “Sono cresciuta in quel contesto di grandi firme, e mi sono resa conto che non è così scontato apprezzarlo e non tutti vogliono emularlo. Preferisco rivolgermi a chi si veste in meno di un minuto e si sente a suo agio con un jeans e una t-shirt.”

Outtake from SS25 Campaign
Outtake from SS25 Campaign. Styling: Damiano Riccio; Photography: Gesualdo Lanza

La fiducia nel settore del lusso e le inchieste: Kate Cate, gli audit del Leather Working Group

La fiducia nei confronti del settore del lusso sta svanendo anche a causa di alcune recenti inchieste che hanno sollevato problemi come lo sfruttamento del lavoro e il caporalato. “Queste indagini stanno colpendo il settore in maniera indiscriminata, coinvolgendo anche quei marchi che si impegnano concretamente nella tutela del lavoro. Io uso come guida gli audit del Leather Working Group, un’organizzazione internazionale che rilascia dei certificati alle aziende dell’intera filiera della pelle, valutate in base al loro impegno nella riduzione dell’impatto ambientale.

Ci sono marchi che non si propongono come brand di lusso e adottano un approccio più empatico con il cliente. Il prezzo finale degli articoli è calibrato sul costo di produzione, giustificato dalla qualità e dalla durabilità del prodotto. È un modo diverso di comunicare il made in Italy. Il prezzo rimane alto ma non rivolto a una piccola percentuale di clientela privilegiata.”

Caterina Ravaglia

Caterina Ravaglia, laureata in comunicazione alla Pennsylvania State University, ha fondato nel 2018 il marchio Kate Cate, mentre dal 2020 si è avvicinata al settore agricolo aprendo una sua azienda sulle colline di Monteromano. Entrambi i progetti coniugano il rispetto della produzione locale con la tutela del suolo. Questo approccio circolare investe meno sulla comunicazione ambientale, prediligendo l’attuazione di iniziative concrete finalizzate a un corretto utilizzo e reimpiego delle risorse.

Gabriele Della Maddalena

Outtakes from SS25 Campaign
Outtake from SS25 Campaign. Styling: Damiano Riccio; Photography: Gesualdo Lanza
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