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883, la nostalgia ruvida a Milano nel 1993: chi eravamo noi, chi siamo, chi saremo?

Nostalgia Energia: le canzoni degli 883, il muretto in San Babila e i cinema di Corso Vittorio Emanuele – i compiti e le compagnie, in due in motorino, la televisione di Berlusconi – chi siamo noi?

Il bio pic sugli 883 e il video della premiazione al Festivalbar – nostalgia, ingenuità e le canzoni in playback

Due discoteche centosei farmacie. La città è Pavia – per tanti che vivono a Milano, una città di provincia – per chi scrive, una catalisi di nostalgia e ingenuità. La sigla è quella sul biopic degli 883 che secondo i dati di rilevamento disponibili, abbiamo visto in tanti. Il primo disco di Pezzali e Repetto uscì nel 1992. Il successo di massa arrivò l’anno dopo, nel 1993 – e poi a cadenza annuale, il duo avrebbe rilasciato punti discografici fino al duemila, per poi proseguire con meno clamore ma sempre con consistenza, e per ritrovare un plauso da stadio oggi.

Cercando su YouTube, si trova il video di quella premiazione del Festivalbar, a settembre del 1993. Sul palco salgono Federica Panicucci e Vittorio Salvetti a premiare Pezzali e Repetto. Li raggiunge Claudio Cecchetto, che prende le redini della situazione e chiama anche Fiorello e Amadeus. Si può notare che, per l’intera premiazione, non viene neanche proposto ai due vincitori, gli 883, il microfono per esprimere un qualsiasi pensiero. Tutti gli altri parlano e straparlano, i nostri due zitti. Cecchetto lancia Come mai a chiusura della trasmissione, e tutti restano lì, a cantarla insieme agli 883, comunque zitti perché la canzone passa in playback.

In quel video si comprende un momento italiano – per sociologia, costume – ma anche per economia e cultura, azzardo – ed è qui che oso dilungarmi. Cecchetto era un produttore discografico – tutti i talenti sopra citati provenivano dalla sua scuderia. Un’azienda, quella di Cecchetto, che aveva avuto la capacità di montare il progetto degli 883 e renderlo un successo nazionale ed economico. Il Festivalbar, il Karaoke, tutto andava in onda sulle reti Fininvest – e quell’estate, nel 1993, si dava per certo che Silvio Berlusconi sarebbe entrato in politica per le elezioni del 1994. 

Sanremo sotto le lenzuola
TV Sorrisi e Canzoni nel marzo 1992 titola Sanremo sotto le lenzuola – Pippo Baudo, Alba Parietti, Brigitte Nielsen e Milly Carlucci

Il 1993: Non è la Rai, Berlusconi pronto alla politica, Sorrisi is Magic

Si canticchiava La Solitudine di Laura Pausini che, pochi mesi prima, a febbraio sempre 1993, aveva vinto il Festival di Sanremo tra i giovani. Noi ragazzini, dopo mangiato, dopo scuola, ci svaccavamo sul divano davanti a Non è la Rai – laddove Ambra avrebbe detto che il Padreterno votava Berlusconi e che il diavolo votava Occhetto. Trasmissione finita, una pippa, e i compiti, paragrafi di storia e geografia, espressioni di matematica, analisi logica. Nella casa di tanti italiani – ben di più di quanti abbiano visto in questi mesi la serie sugli 883 – tutti i mercoledì si sfogliava il nuovo numero di TV Sorrisi e Canzoni. La rivista settimanale era stata fondata in un lontano 1952, quindi proprietà di Berlusconi dal 1990.

La rivista generava trasmissioni televisive come Vota la Voce, i Telegatti. Successe forse in quegli anni: tra le melodie pop degli 883 ricamate su sigle dei cartoni animati di Cristina d’Avena su Italia 1 di pochi anni prima; tra la prima puntata del Festivalbar e la premiazione al Nazionale di Milano con la sigla Sorrisi is Magic che faceva commuovere anche gli scemi – sì, success in quegli anni che il concetto di nazional popolare si trasformò in televisione, e che la televisione divenne una questione politica. 

883
Max Pezzali e Mauro Repetto, 1992

Milano, Piazza San Babila: il muretto della metropolitana – le parole degli 883

A Milano, Piazza San Babila era ancora aperta al traffico delle macchine. Noi ragazzini ci ritrovavamo sul muretto dell’uscita della metropolitana che dava su Corso Vittorio Emanuele. Eravamo lì il mercoledì sera, perché il mercoledì il cinema costava meno. Eravamo lì il sabato pomeriggio verso le due e mezza, sempre a trovarci per andare al cinema, poco dopo l’uscita di scuola per il primo spettacolo – sì, il sabato mattina noi andavamo a scuola e il fine settimana lo passavamo a Milano. Noi – tutti lì – su quel muretto dell’uscita della M1. Mi chiedo che cosa ci dicessimo, noi, ragazzini, quattordici anni, quando ci vedevamo – e la risposta l’ho trovata vedendo la serie degli 883. Usavamo le parole e le frasi che Max Pezzali e Mauro Repetto scrissero nelle loro canzoni. Il cinema il mercoledì sera costava meno di un deca.

Eravamo in San Babila ignari della politica e della violenza che quella piazza aveva registrato nei decenni appena conclusi. Non sapevamo niente degli anni di lotta, dei sanbabilini, dei fascisti. Non eravamo ancora baciati e violati dalla nostra nostalgia. Sapevamo qualche cosa dei paninari – lo associavamo al Drive In, oppure a Happy Days forse sbagliando. I paninari vestivano marchi che oggi sono in declino, come Best Company o Naj-Oleari, ma anche altri che oggi si sono inventati nuova vita: Moncler qualche anno fa ha comprato Stone Island. I paninari sono l’equivalente dei maranza di oggi, che vestono Blauer sopra le magliette di una squadra da calcio, i pantaloni neri attillati. 

Cosa vestivamo noi, in quegli anni? Seduti ad aspettarci in Piazza San Babila e parlando come in un verso di una canzone pop, che uscivamo per andare al cinema il mercoledì sera? Il Barbour o la giacca di Aspesi, le Clarks che ci facevano gelare i piedi. I paninari non erano altro che i nostri genitori – e noi, chi eravamo noi? Chi siamo noi? Sì, giusto, l’ho appena scritto: siamo quelli che parlavano con le parole degli 883. Andavamo al cinema allo spettacolo delle otto. 

Milano, l’Odeon, Piazza Liberty: i ragazzi in Sant’Agnese, Francesco Castellini

Alle dieci di sera eravamo fuori, uscendo dall’Odeon, in piazza Liberty a chiacchierare, prima di tornare a casa entro l’ora concessa. Giulia era interista, sapeva che Nicola Berti abitava in piazzetta Liberty. Andò a citofonargli, e Berti ci fece salire a tutti, almeno una decina di ragazzini. Nicola Berti ci avrebbe invitato una seconda volta, tre giorni dopo, per merenda – ci presentammo eccitati e agitati quel pomeriggio, non afferrammo che si trattasse della presentazione stampa del disco di Elio e le Storie Tese. Il Corriere della Sera riportò che Elio, reduce da Sanremo con La Terra dei Cachi (1994), per restare in tema, aveva voluto introdursi ai giornalisti con una festa di classe dopo la scuola a casa del suo amico giocatore dell’Inter – e noi eravamo le comparse che entravano dopo aver suonato al citofono.

Questi erano i pomeriggi inusuali – i pomeriggi che si ripetevamo erano quelli che usavamo per rovistare nei cassetti di casa, per ridere dei porno di tuo papà. Non li avremmo mai comprati, i porno, noi adulti – per noi sarebbero arrivati i video. Eravamo bravi ragazzi, poche sigarette, niente petardi – andavamo piuttosto bene a scuola: due volte la settimana sui campi da tennis, due volte agli allenamenti della squadra di pallavolo. Fuori da scuola, più tardi verso sera, andavano formandosi le compagnie: i ritrovi davanti alle porte del Parini o in piazza. Il gruppo che segnava le nostre storie a Milano era quello di Sant’Agnese: andò a disfarsi quando a diciassette anni, in Sardegna a fine agosto, Francesco Castellini perse la vita. Aveva il viso più bello della città. 

Federica Panicucci e Linus, Festivalbar 1991

In motorino senza casco – l’estetica di Max Pezzali, la bellezza

Giravamo in motorino, senza casco. La accompagnavi sotto casa, e ti batteva il cuore. La accompagnavamo a casa, a tutti e due ci piaceva lei. Rimanevamo poi nascosti, vicino al portone, ad aspettare cosa ancora non si sa. Le lingue avevamo da poco imparato muoverle nella bocca di qualcun altro. Non c’erano ragazzini gay, a quell’età, nel centro di Milano – eravamo tutti troppo borghesi, troppo bene educati, troppi chiusi in una bolla per sapere già quanto diversi saremmo stati. Se ce le fossimo date, tra di noi quelli lingue tra maschi, oggi avremmo tutti meno problemi.

Blaterare, ricordi balordi – per dire cosa? Tutta questa energia in nostalgia per dire che cosa? Non si può più andare a una festa in campagna, non si può più bere e poi guidare per tornare indietro – Rotta x casa di Dio non lo diremmo più. Dobbiamo pagare la tariffa del taxi, e il taxi la notte costa molto. Max Pezzali non era considerato un’apoteosi di bellezza, in quegli anni, non era un sex symbol, non era uno per cui si sapeva che le ragazzine si tirassero i capelli (qualcuna in ogni caso, se li sarà tirati). Rivedendolo oggi, Max Pezzali, in quegli anni, con quella faccia pulita, i capelli corti e neri, con quell’onda grafica che tendeva di lato, la giacca nera di pelle, la camicia bianca e i jeans – oggi Max Pezzali potrebbe essere un faccia scelta da Hedi Slimane, tra Lady Gaga e Eddie Redmayne. Non dico per celebrità, dico per estetica. Oggi i codici di bellezza sono diversi, dagli anni Novanta – il Pezzali giovane e di provincia, arrivato da Pavia, diventerebbe un riferimento per la moda – la moda quella cattiva, quella di Slimane appunto, snob, veloce e ieratica. 

Si produce di più, si spende di meno

Oggi, si produce tutto di più: si producono più film, quanti titoli firmati Netflix che ti rendi conto la qualità della sceneggiatura è inferiore. La tecnologia ha facilitato la capacità produttiva: i film che furono prodotti negli anni Novanta richiedevano budget da milioni: oggi costerebbero milioni in meno. Stesso ragionamento per le canzoni: un tempo dovevi avere apparecchiature e software accessibili solo alla case discografiche: oggi un’incisione professionale la fai investendo qualche migliaia di euro in macchinari. Ancora, per i libri: oggi, stampare un libro, in tipografia, può costare anche meno di un euro. 

Due logiche: primo, se stai già spendendo poco, puoi spendere di meno. Secondo: se stai spendendo poco, puoi produrre di più. Ne consegue: meno selezione. Oggi non devi più essere scelto da Cecchetto: falla uscire quella canzone, mettiti in mostra come un profilo trash perché il trash attira sempre, anche più del sesso. I ragazzini ti seguono. Non che riesca a tutti, certo: riesce solo a quelli che il trash lo prendono sul serio. Noi siamo quelli che (purtroppo) abbiamo ancora pudore.

Festivalbar
Festivalbar 1988: Gerry Scotti, Sabrina Salerno e Andrea Salvetti

Chi siamo noi? In motorino, in San Babila, i Boomer e la nostalgia – le notti ad aspettarti

Noi siamo quelli che andavamo in giro in motorino, in due – senza casco. Quelli che dicevamo, tranquillo siamo qui noi. Quelli che andavamo al cinema il mercoledì sera. Quelli a cui i film piacevano. Quelli che oggi sono graffiati dalla nostalgia, ruvida e aspra in gola – guardando Corso Vittorio Emanuele da Piazza San Babila, contiamo zero. Non ci sono più i cinema. Al posto dell’Odeon, ci saranno altri piani per la Rinascente. Chi siamo noi? So solo che usavamo le parole che Max Pezzali scrisse nelle sue canzoni di quell’anno – il 1993 – e che avrebbe scritto nelle sue canzoni degli anni successivi. 

Noi non siamo nativi digitali, ma siamo stati i primi a usare i Social Media con proprietà, facendone un lavoro, un percorso, un risultato. Alcuni di noi sono i Boomer: sono in tanti quelli tra noi che lavorano solo perché devono lavorare e portarsi a casa uno stipendio, che il loro interesse è il loro pargolo e il loro fine settimana, che di domande se ne fanno poche perché in ufficio conviene continuare a fare quello che è stato loro. Boomer: quelli che credono che i Social Media siano tutto quello che conta per comunicare; quelli che ripetono che la sostenibilità è una parola noiosa, non fa vendere niente, di cui non frega niente a nessuno.

Da una parte i Boomer – dall’altra, ci sono i pochi quelli che vivono ancora con il cuore in gola. Con l’ansia di ogni giorno che passa, con la smania, la foga, la ragione di lasciare un segno durante questo passaggio sulla terra. La nostalgia è energia ruvida. Sono in pochi quelli tra noi che un tempo impararono a starsene notti, in piedi o nel letto, con gli occhi spalancati, a leggere Le Braci perché il sonno non arrivava e se spegnevamo la luce il cuore batteva forte e arrivavano i vampiri. Ce ne stavamo così, notti intere ad aspettarti. Le palpebre crollavano, spegnevi la luce, e di nuovo il cuore a mille. Ti chiedevi perché mai, maledizione, dovevi ancora restartene lì – non solo ad aspettare un bacio, un sogno. Amore mio. Siamo noi, quelli che siamo sempre li, ancora a pregare per un sì. 

Carlo Mazzoni

883 nord sud ovest est
Dal video della canzone Nord sud ovest est degli 883, 1993