
L’Apoteca del Design è uno spazio ibrido tra abitazione e installazione di ricerca: un giardino di microalghe trasforma l’aria in risorsa e rende visibile il metabolismo dello spazio. Intervista a ecoLogicStudio
Un giardino di microalghe come cuore biofilico dell’Apoteca del Design di ecoLogicStudio
Al centro dell’Apoteca del Design, il nuovo spazio torinese di ecoLogicStudio, pulsa un organismo vivo: un giardino di microalghe che purifica l’aria e trasforma gli inquinanti in biomassa. Più che un gesto simbolico, questo sistema è il cuore metabolico dello spazio: un ecosistema biotecnologico capace di rimetabolizzare l’ambiente domestico, producendo risorse invece di consumarle.
L’algae garden vuole essere più di un semplice sistema di filtraggio dell’aria. È progettato come un dispositivo modulare. Ogni fotobioreattore è un cilindro trasparente in vetro borosilicato, all’interno del quale crescono microalghe come Spirulina e Chlorella, capaci di assorbire CO₂ e produrre ossigeno: «Lavoriamo con la logica della rimetabolizzazione: l’aria inquinata entra nel sistema e ne esce purificata, mentre le microalghe crescono e vengono raccolte per essere riutilizzate».
Ogni giorno vengono raccolti circa centoquaranta grammi di alghe secche, utilizzabili in cucina, nella produzione di bioplastica o come fertilizzante: «Parliamo di rimetabolizzazione perché, a differenza di un filtro meccanico, le microalghe non trattengono gli inquinanti, ma li trasformano in nuova biomassa». Il processo di crescita delle alghe diventa, quindi, una risorsa: «Non solo miglioriamo la qualità dell’aria, ma generiamo anche nuovi materiali che possono essere reintegrati nel sistema domestico».
L’installazione è pensata per essere reversibile. I fotobioreattori sono montati su una struttura in legno di betulla, assemblata con giunti stampati in 3D: «Questo tipo di progettazione permette di testare continuamente nuove soluzioni e adattare lo spazio alle esigenze che emergono nel tempo». L’idea è quella di una domesticità che si evolve: «La casa non è più uno spazio statico, ma un ambiente che cresce e cambia con chi lo abita».


Una nuova visione di architettura biofilica e biotecnologia domestica a Torino
A Torino, in un ex complesso industriale dal passato artistico, ecoLogicStudio sperimenta un nuovo modello di domesticità biofilica. «È un primo esempio di spazio biotecnologico che permette di sperimentare stili di vita sostenibili», afferma Marco Poletto, co-fondatore, insieme a Claudia Pasquero, dello studio di architettura e ricerca con base a Londra. L’Apoteca del Design – così è stato battezzato il nuovo spazio – non è né uno showroom né uno studio tradizionale, ma una struttura fluida che intreccia ricerca, sperimentazione e vita quotidiana.
«Abbiamo sempre cercato di lavorare su modelli di progettazione che non fossero semplici esercizi teorici, ma veri e propri strumenti per ridefinire il modo in cui abitiamo il mondo» spiega Poletto. «L’Apoteca del Design nasce come un esperimento che punta a integrare la biotecnologia nell’architettura domestica, creando un’interazione diretta tra chi abita lo spazio e i processi metabolici che lo alimentano».
Cos’è l’architettura biofilica?
L’architettura biofilica è un approccio progettuale che mira a riconnettere le persone con la natura all’interno degli spazi costruiti, integrando elementi naturali, materiali organici, luce, ventilazione e forme ispirate al mondo vivente. Il termine deriva da “biofilia”, ovvero l’innato bisogno umano di relazionarsi con la natura. Non si tratta solo di portare piante dentro casa, ma di ripensare gli ambienti come ecosistemi viventi, capaci di migliorare la salute, la qualità dell’aria, il benessere psicofisico e la sostenibilità ambientale. L’Apoteca del Design di ecoLogicStudio rappresenta una delle declinazioni più avanzate di questo approccio, in cui la natura non è decorativa ma strutturalmente integrata nei processi domestici e tecnologici.
Vita digitale e sostenibilità reale nella casa intelligente del futuro
L’architettura biotecnologica di ecoLogicStudio si colloca nel territorio ibrido tra la vita digitale e la vita reale. Il cuore pulsante dell’Apoteca è un air purifying algae garden, un giardino di microalghe che assorbe CO₂ e trasforma gli inquinanti atmosferici in biomassa e proteine vegetali: «Abbiamo deciso di metterlo al centro, non solo come gesto simbolico, ma perché rappresenta un sistema che connette la ricerca tecnologica alla qualità della vita quotidiana».
L’integrazione del digitale non è interpretata come una sovrastruttura, ma come una connessione. I sistemi di monitoraggio ambientale trasformano i dati raccolti in un linguaggio leggibile dagli abitanti: «Abbiamo bisogno di strumenti per comprendere il nostro ambiente e interagire con esso in modo più profondo». Il digitale, quindi, diventa un elemento di connessione piuttosto che di distacco: i sistemi di monitoraggio ambientale dell’Apoteca permettono di visualizzare il metabolismo dello spazio, trasformando i dati raccolti in un linguaggio comprensibile a chi ci vive.
L’ambiente domestico diventa un’interfaccia, dove ogni parametro – dalla qualità dell’aria alla luce naturale – viene reso visibile e interpretabile: «Ci interessa un’architettura che non si limiti a ospitare, ma che possa insegnare e rispondere agli abitanti».

Materiali naturali, superfici grezze e architettura rigenerativa
L’Apoteca si sviluppa all’interno degli ex Mulini Feyles, edificio ottocentesco con travi a vista e pareti grezze. La scelta dei materiali riflette la filosofia dello studio. Il legno di abete e betulla domina le strutture modulari, mentre le superfici in inox e policarbonato creano un contrasto tra naturale e artificiale: «Abbiamo lasciato volutamente una certa ruvidità nei materiali, per preservare il carattere originario dello spazio e sottolineare la relazione tra architettura e biotecnologia».
Questa ruvidità non è solo estetica, ma funzionale: «Materiali irregolari, superfici porose e legni grezzi si comportano in modo diverso rispetto ai tradizionali materiali lisci dell’architettura contemporanea. I materiali devono dialogare con il tempo e con l’ambiente, modificandosi, assorbendo luce e umidità, vivendo con noi». L’uso di superfici non trattate permette, inoltre, di osservare il processo di invecchiamento dei materiali, che divengono parte della narrazione dello spazio: «Ogni segno lasciato dal tempo diventa memoria dell’esperienza vissuta al suo interno».

Architettura biodigitale e interfacce naturali per la casa del futuro
L’Apoteca si inserisce in un concetto più ampio che ecoLogicStudio definisce biodigitale: «Non si tratta solo di progettare nuovi oggetti, ma di ripensare il modo in cui lo spazio viene concepito, prodotto e abitato. Un’architettura biofilica deve permettere di sperimentare nuovi stili di vita, riconnettendoci ai cicli del mondo vivente».
Poletto parla di Internet della natura, un sistema di connessioni biologiche simile a quello delle reti digitali: «Come le piante comunicano attraverso i filamenti del micelio, così possiamo progettare interfacce che rendano visibili le relazioni invisibili tra esseri umani e natura». L’obiettivo è ridefinire il rapporto tra persone e ambienti, trasformando la casa in un sistema capace di interagire con i suoi abitanti: «Un habitat non è solo uno spazio fisico, ma un’interfaccia attiva tra la nostra vita e il mondo esterno».
Economie circolari e produzione autonoma di biomateriali domestici
Nel laboratorio dell’Apoteca, arredi e oggetti vengono stampati in 3D a partire dalla biomassa algale: «La bioplastica che produciamo è il risultato di un processo di rimetabolizzazione, dove ciò che era scarto diventa nuova materia prima».
Il sistema si estende al balcone, trasformato in archivio botanico con piante medicinali coltivate grazie ai fertilizzanti algali: «Ogni elemento dell’Apoteca è pensato per essere parte di un ecosistema più ampio, in cui non esistono rifiuti, ma solo materiali in transizione». L’obiettivo è testare un modello domestico che riduca al minimo l’impatto ambientale, incorporando cicli produttivi che normalmente avvengono all’esterno: «L’idea è di trasformare lo spazio abitativo in un laboratorio di sperimentazione quotidiana. Ogni elemento dell’Apoteca è pensato per essere parte di un ecosistema più ampio, in cui non esistono rifiuti, ma solo materiali in transizione».

Una casa modulare e adattiva come organismo vivente in evoluzione
L’Apoteca non è pensata come uno spazio statico, ma come un organismo vivente che si adatta alle esigenze di chi lo abita. La drawing room, uno spazio espositivo per opere di bioarte e arredi biofilici, si trasforma all’occorrenza in area di lavoro o in sala per eventi. La foresteria, schermata da pannelli in legno scorrevoli, ospita ricercatori, collaboratori e studenti: «Abbiamo voluto creare uno spazio che non fosse rigidamente programmato, ma che potesse generare nuove opportunità di collaborazione e di ricerca. Un esperimento che evolve nel tempo, aprendo nuove possibilità di interazione».
L’Apoteca del Design si inserisce, così, in una ricerca più ampia che ecoLogicStudio porta avanti da anni: ridefinire il rapporto tra architettura, natura e tecnologia. L’abitare diventa un atto di interazione, in cui ogni elemento dello spazio è pensato per essere riconfigurabile: «Il futuro dell’abitare non è nel costruire di più, ma nel costruire meglio, creando luoghi che siano piattaforme di innovazione e di connessione con l’ambiente». A Torino questa visione prende forma in uno spazio che non è solo un’abitazione, ma un esperimento in continua evoluzione.
Deep Forest e l’evoluzione dell’architettura simbiotica e biodigitale
L’Apoteca del Design rappresenta una tappa di un percorso già inaugurato da ecoLogicStudio con l’installazione Deep Forest, sviluppata per la mostra Living Structures presso il Louisiana Museum of Modern Art in Danimarca. Qui lo studio ha realizzato un’installazione che combina elementi naturali e biotecnologici. Tronchi di betulla recuperati localmente formano l’ossatura dello spazio, mentre colonne biodegradabili stampate in 3D con biopolimeri e fondi di caffè vengono colonizzate da micelio vivente, consolidando il materiale in una forma architettonica autonoma.
L’installazione include reattori fotosintetici contenenti cianobatteri e macroalghe in grado di assorbire CO₂, simulando il funzionamento di una foresta matura. Il progetto si inserisce nel percorso di ricerca di ecoLogicStudio sull’architettura biodigitale, dove ogni struttura non è solo costruita, ma cresce e si evolve nel tempo in relazione con il contesto ambientale.
Debora Vitulano
