Biblioteca degli alberi

Milano Città Giardino – gli alberi sono una questione civile

Non sia più soltanto un’utopia – Milano Città Giardino è sì un utopia  ma anche una questione civile: si usa dire “occupati del tuo giardino”, ma se tutta la città fosse il tuo giardino?

Milano Città Giardino, Manifesto per una società civile, un sogno condiviso

Milano Città Giardino è il titolo di un Manifesto Civile per convincere tutti noi che viviamo a Milano o in provincia di Milano, che questa città è una capitale d’orgoglio. Appartenere a Milano è un segno di distinzione, di valore – di amore per il lavoro che ci identifica. 

Milano Città Giardino è un sogno condiviso. Un sogno che non deve rimanere ridotto a un asset di marketing, ma un sogno che può diventare una nostra bandiera. Una città, Milano – le cui vie, angoli e piazza siano la vanità di alberi. I marciapiedi siano potenza di pitosfori. Le vetrine dei negozi siano segnate da vasi di camelie; le facciate, nuove e moderne, foglie d’edera dai davanzali. Le colonne di gelsomino sugli stipiti.

In piazza della Scala, i tigli intorno alla statua di Leonardo. Uno è sofferente – quello in viso alla porta di Palazzo Marino. In inverno non si può comprendere, ma se lo notiamo d’estate, questo albero è più spoglio, le foglie più diradate. Ci sono le magnolie, ancora giovani, di Piazza Meda. I nuovi alberi di Corso Europa, all’angolo con la distesa in pietra di piazza San Babila per cui tutti proviamo vergogna e dispiacere.

Biblioteca degli alberi, Milano_Elisa Galluzzo
Biblioteca degli alberi, Milano. fotografia Elisa Galluzzo Lampoon Issue 22

Milano città giardino e l’orgoglio collettivo

Milano Città Giardino è un argomento civile. Se Milano fosse riconosciuta da chi la vive in prima istanza, e da chi la visita arrivando dal mondo, come una città così verde da ricordare un giardino – più verde di tante, se non di qualsiasi altra, città – tutti noi percepiremmo una spinta all’aggregazione. La forza nasce dall’orgoglio collettivo. Forse comprenderemmo un poco il significato di essere parte di una comunità, di una città – quel senso di appartenenza che in Italia è scarso per via di una storia nazionale troppo recente, poco radicata nelle nostre amministrazioni così come nel nostro sangue.

Milano e la qualità dell’aria, dati Arpa, Attilio Fontana per la Regione Lombardia a Bruxelles: la pioggia, i lecci e i pitosfori

Ho conservato una pagina della cronaca di Milano del Corriere della Sera: erano i giorni di inizio febbraio 2024, quando sui nostri telefonini ogni giorno vedevamo l’applicazione del meteo colorare di rosso scuro la Pianura Padana quale indice negativo della qualità dell’aria – controllando l’espansione di una macchia viola. Il Sindaco di Milano rispondeva che i dati non erano credibili perché arrivavano da un’agenzia privata – fino a quando Arpa, l’ente regionale della protezione ambientale lombarda, non confermava la situazione grave. 

La pagina del Corriere spiegava come – sempre a Febbraio 2024 – il Presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, si attivava per far sì che Bruxelles riconoscesse a Milano una tolleranza sulla situazione ambientale, portando come scusante e come salvacondotto, la conformazione geopolitica. Come a dire: qui non possiamo fare niente per l’inquinamento, voi dall’Europa dovete avere pazienza e lasciarci in pace. Nella stessa pagina, un articolo di fondo titolava: Lecci e Pitosfori, le piante che salvano i nostri polmoni. La pagina del Corriere, non credo con l’intenzione di chi l’abbia impaginata, sembra aggiungere: se la politica non è capace di fare niente, che siano i cittadini a fare qualche cosa: dove potete, mettete qualche pianta.

A Milano, a fatica, stiamo imparando ad amare la pioggia. Certo, con misura e non con l’eccesso – molte immagini sono moniti di rispetto. La misura potremmo ottenerla con una miglior ingegneria e con amministrazioni più abili – ma la pioggia, invece, ce la dà solo il cielo. 

Milano Città Giardino e il senso civico dei lombardi

Non basterà piantare alberi e cespugli per risolvere il problema. Bisogna risvegliare quel senso civico che appartiene al sangue dei lombardi. Lavoratori, borghesi, infaticabili e onesti non si riconoscono in un presidente di Regione che di fronte a una realtà difficile, invece che attivarsi con più energia e sacrificio, chiede all’Europa di posticipare le interrogazioni. A Milano, quando c’è un problema rilevante come l’aria che respiriamo, i borghesi si attivano, gli imprenditori proteggono i loro impiegati e gli impiegati sostengono chi dà loro lavoro. Nessuno va a umiliarsi in Europa.

Milano Città Giardino, lecci e pitosfori: quello che era privato diventa civile

Fare qualche cosa, non significa solo piantare lecci e pitosfori dove si può: significa ragionare in una dimensione civile. Si usa dire “non guardare nel giardino degli altri” – il giardino è la metafora di qualcosa di privato, dove nessun altro, se non il proprietario, deve metterci bocca o opinione. Parlare di Milano Città Giardino coglie il punto: il nostro giardino è la città e non è più una questione privata. Quello che era privato, oggi diventa civile.

Non è roba da poco anche se può sembrare. Torniamo a casa, chiudiamo la porta, fa freddo, invece che alzare o accendere il riscalamento, ci mettiamo un maglione, due maglioni, in più. Rinunciamo a partire tutti i fine settimana. Stacchiamo il cellulare, spegniamo la televisione e leggiamo un libro. Compriamo il pane dal panettiere. Rinunciamo a fare la spesa su Amazon e non la facciamo neanche al supermercato – la spesa, se possiamo permettercelo, la facciamo dal fruttivendolo. Allo stesso tempo, chiediamo al fruttivendolo da dove arriva la frutta che vende, e perché possa valere il prezzo più alto rispetto al supermercato – con la speranza che venga dalla campagna appena fuori dalla città in cui viviamo. Poi chiediamo anche al panettiere da dove arriva la farina per il suo forno. La filiera corta, per tutto quello che compriamo, sarà la nostra ricerca e la nostra prima scelta. In questa utopica architettura urbana, le attenzioni alla filiera corta sono le fondamenta strutturali di Milano Città Giardino.

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Vista Bosco Verticale, Boeri. fotografia Elisa Galluzzo Lampoon Issue 22

Milano Città Giardino significa cambiare le nostre abitudini

Milano Città Giardino significa cambiare le nostre abitudini. Significa mangiare meno – comprare meno carne rossa, comprare meno Coca Cola. Significa smettere di comprare quello che ci piace di più, e comprare quello che possa avere un valore civile, un valore per la comunità – filiera corta, appunto. 

Milano Città Giardino significa andare a piedi o prendere la metropolitana anche se ci possiamo permettere un taxi. Significa, nonostante lo scandalo delle licenze dei taxi, cercare un taxi invece che chiamare Uber. Milano Città Giardino significa smettere di vestirsi di nero, perché nessun colore inquina più del nero, quando si usa in tintura tessile. Significa non comprare tutto quello che vogliamo, solo perché possiamo, ma comprare quello che serve e che ha un valore e che fa bene a un sistema che si chiama Italia. Significa dare guerra, tutti insieme ai nemici minori che fomentano il nemico maggiore, ovvero l’odio: il consumismo, l’ignoranza, l’autocompiacimento. 

Milano Città Giardino: un’utopia?

Che cos’è un’utopia? È un desiderio che non è possibile realizzare. Somiglia a un sogno o a un delirio. Personale o collettivo, si scontra con la realtà pragmatica, con la razionalità. In alcuni casi, un’utopia è una prospettiva positiva per la nostra civiltà. Una Città Giardino. Una città dove la densità umana possa convivere con gli alberi e con il buon senso comune. Una città dove ci crogioliamo nel piacere che il corpo umano fisiologicamente percepisce quando attraversa una strada alberata. La Città Giardino è una delle utopie più comuni. Assomiglia a un mondo senza povertà, un mondo senza malattia e senza guerra – ma un mondo così non è neanche più utopia, ma argomento di fede. La Città Giardino è un’utopia che possiamo disegnare.

Rooftop in viale Manzoni
Rooftop in viale Manzoni

Gli alberi li dobbiamo volere tutti: l’imprenditore, il ristoratore, il ragazzino

Milano Città Giardino è un argomento civile perché gli alberi li dobbiamo volere tutti. Deve volerli il milionario che può caricarsi il costo di piantarli nel marciapiede a favore di tutte le attività della via, subito dopo il rifacimento della facciata della sua palazzina. Gli alberi deve volerli il medio imprenditore che si può permettere qualche centinaio di euro per due querce nel posteggio dove arrivano i suoi fornitori per lo scarico. Li deve volere il titolare del ristorante che ha due affacci su strada e un marciapiede e una fila di macchine posteggiate: se andasse al Municipio chiedendo la possibilità di disporre tavoli e ombra di rami, l’amministrazione approverebbe. Il passo successivo è convincere il vicino a fare la stessa cosa. Il titolare del ristoro non solo aumenterebbe i coperti in funzione dello spazio, ma il suo locale coglierebbe il desiderio di poter mangiare a Milano, in strada all’aperto sotto una fronda – da marzo fino a ottobre – e la lista di prenotazioni aumenterebbe.

Ancora. Gli alberi li devono volere tutti i singoli cittadini, davvero tutti. Li devono volere i camerieri e i negozianti che d’estate vogliano averne la cura, e innaffiare il fuscello appena posato dal Comune che poi ritarda il carro botte per l’irrigazione. Gli alberi li deve volere il ragazzino che sul balcone di casa possano avere un rosmarino, un glicine e un tulipano a marzo, come fosse una bandiera bella quanto quella della sua squadra di calcio che ancora vince lo scudetto. Gli alberi di Milano sapranno insegnarci come vivere insieme. Milano Città Giardino è una questione civile.

Il Bosco Verticale

Stefano Boeri non ha cercato di proteggere il Bosco Verticale con un diritto d’autore a lui titolato: voleva che la sua idea potesse essere copiata, liberamente, da più architetti e ingegneri possibili. Stefano Boeri ripete il riferimento ai Giardini Pensili di Babilonia, una delle sette meraviglia del mondo antico di cui non si ha certezza nella storia, ripete la citazione della Torre Guinigi a Lucca, con un cassone di terra a comporne la sommità così da dare spazio alle radici dei lecci. 

L’inverno non c’è più

A inizio febbraio c’erano 16 gradi. Chi non ha mai amato il freddo, adesso prova nostalgia per quella sensazione di anestesia che ti prendeva le guance e il mento sopra la sciarpa; per le punta delle mani che trovano piacere nelle tasche. L’inverno non c’è più – eppure il riscaldamento nessuno lo abbassa: entriamo sia nell’ufficio postale (azienda pubblica); entriamo in un negozio di Montenapoleone (azienda privata e del lusso) – troviamo la sensazione di caldo eccessivo. 

Il valore degli alberi – come ricordava Davide Pettenella nella lettura del Corriere della Sera – si divino in tre tipologie: i valori intrinsechi, i valori strumentali e i valori relazionali. I primi, valori intrinsechi, sono le attività degli alberi, la fotosintesi e quante altre. I secondi, valori strumentali, sono le produzioni di legno per bio massa e bio edilizia. I terzi, valori relazionali, sono quelli che vedono nella presenza degli alberi la possibilità di una vita migliore, in città e in provincia. Il problema del Nord Italia è la riforestazione della Pianura Padana, non delle città.

Le foreste in Italia, le montagne e la biodiversità

Le foreste in Italia sono un’infrastruttura: coprono il 36,7 % del territorio nazionale. La copertura forestale è raddoppiata negli ultimi 70 anni – perché sono stati abbandonati quei terreni agricoli piccoli, a conduzioni familiare, sulle pendici delle montagna – a favore di aziende agricole su estensioni a ettaro. A dare gran parte di queste foreste, sono le montagne o le alte colline – ovvero, Alpi e Appennini. Con una superficie forestale pari a quella della Germania e un indice di boscosità più alto di quello della Francia, l’Italia può essere considerato un forest rich country. Sempre grazie alle montagne, perché se analizziamo la parte abitata in pianura e bassa collina, questi valori precipitano. L’Italia è il paese europeo con il più alto indice di biodiversità – è da questi punti di orgoglio che dobbiamo procedere, non ripartire. 

Alberi – specie invasive e querce autoctone

Tagliare una quercia è un atto empio. Sia generalmente parlando, quasi si trattasse di filosofia – sia pragmaticamente. Si concede agio alle specie invasive: la robinia, l’ailanto, il ciliegio tardivo, la quercia rossa – di cui è limitata, se non vietata la piantumazione, per tutelare la biodiversità locale. I tigli, le querce, gli ontani, gli olmi, gli aceri, i taxodio – quanti possono mai essere gli alberi autoctoni che crescono con facilità intorno a Milano, in questa terra tra le più fertili d’Europa, con una falda acquifera per le radici a pochi metri sotto il suolo?

Milano non ha un fiume

Milano è l’unica tra le grandi città europee a non avere un fiume che la attraversa, a non affacciare su un lago o sul mare. Parigi, Londra, Berlino, Lione, Madrid – anche in Italia, Firenze, Verona – ovviamente Roma. Al di là dei navigli, Milano è attraversata da tre fiumi – Olona, Seveso e Lambro. Il principale per portata, l’Olona, è tombinato. Appena piove un poco di più, si parla di esondazioni – del Lambro e del Seveso. Il Lambro un tempo era un simbolo di acque inquinate – Il Seveso è una nemesi del disastro del 10 luglio 1976. Dell’Olona ci siamo quasi dimenticati. La riapertura dei Navigli è forse una utopia come questa di Milano Città Giardino – ma anche tra le utopie, possiamo darci delle priorità. L’inquinamento delle acque fluviali è diminuito, i depuratori di Milano funzionano: perché non investire nella rigenerazione urbana di questi tre fiumi?

Milano e l’utopia di una città giardino

La Città Giardino è un’utopia urbanistica che apparve a fine Ottocento, in Inghilterra, quando il processo industriale non fu già più rivoluzione, ma regime. Il sogno di poter salvare la città dal congestionamento e le campagne dall’abbandono – in parole basiche, portare il lavoro nelle campagne e gli alberi nelle città. «Più sano è l’ambiente e migliori sono i prodotti che ne derivano. L’uomo, è quasi sempre il risultato diretto dell’ambiente. Date abitazioni sane e pulite e avrete popolazioni sane e coltivate» scrisse Luigi Buffoli nel 1907 sul Corriere della Sera, quando il quotidiano era una guida morale per il Paese.

Interno facciate, centro di Milano, via Bigli
Interno facciate, centro di Milano, via Bigli

Carlo Mazzoni