
Bénédicte Blondeau: onde, coscienza e la fisica dell’invisibile
Tra dolore e maternità, Bénédicte Blondeau attraversa le soglie del visibile per esplorare l’energia che muove la materia, i corpi e la Terra: un viaggio tra onde sonore, vibrazioni cosmiche e corrispondenze sottili
La fotografa belga Bénédicte Blondeau sulla percezione di una dimensione invisibile che ci circonda
«Durante il trauma della perdita di mio padre e della gravidanza, sono stata catapultata in una dimensione parallela sconosciuta, che era sempre esistita intorno a noi, legata al cosmo e all’eternità, ma alla quale non avevo mai prestato davvero attenzione prima.»
Così inizia la conversazione con la fotografa belga Bénédicte Blondeau sulla percezione di una dimensione invisibile che ci circonda, che si muove come un’onda lenta e profonda e che sembra essere sempre esistita. Dal momento in cui la sua prima gravidanza ha coinciso con la perdita del padre, l’artista ha iniziato a chiedersi: E se la realtà che viviamo fosse solo una tra molteplici esistenze possibili? E se il tempo non fosse una linea, ma un flusso simultaneo e interconnesso?
Ondes, un viaggio fotografico tra biografia, geologia e vibrazioni invisibili
Il progetto fotografico Ondes (2024) connette esperienze intime e fenomeni naturali, fondendo storia personale e storia della Terra in una visione stratificata e vibrante. Non è un diario, né una narrazione lineare, ma una costellazione di esperienze e immagini: paesaggi vulcanici, registrazioni di ultrasuoni, flussi energetici impercettibili che attraversano la materia e i corpi.
Le prime immagini rappresentano territori vulcanici, «luoghi in cui creazione e distruzione si intrecciano visibilmente». Questi paesaggi, nati da cataclismi antichi, riecheggiavano in Blondeau i flussi di energia che percepiva dentro di sé durante la maternità. «Questa consapevolezza ha avvicinato il progetto alla mia esperienza personale della gravidanza, un periodo profondamente trasformativo durante il quale una nuova vita si stava formando dentro di me.»
Ecografie, cellule e paesaggi marini: l’origine della vita come eco universale
Osservando le immagini ecografiche della figlia in crescita, Blondeau trovava sorprendenti parallelismi con i cicli dell’evoluzione: l’embrione umano che ricorda un gamberetto o un rettile; la coda vestigiale che svanisce lasciando il segno nel coccige; la peluria che appare e scompare prima della nascita. «Lavorare a Ondes durante questo processo ha reso evidente l’interconnessione tra tutte le forme di vita, svelando una continuità che unisce il geologico al microscopico, il cosmico all’intimo.»
La microfotografia diventa così parte integrante del progetto: l’artista include immagini ecografiche e fotografie al microscopio dello zooplancton, organismi marini primitivi che incarnano sia l’origine sia la perpetuazione della vita. Tutto si dispiega in un’atmosfera sospesa, come in un continuum tra stati visibili e invisibili.









Dal macrocosmo al microcosmo: la fotografia come spazio di rinascita
Questa giustapposizione rivela gli infiniti strati della realtà. I modelli presenti nel macrocosmo risuonano nel microcosmo: ciò che avviene su scala geologica — nelle eruzioni o nei ghiacciai — ritorna nelle trasformazioni dello spazio amniotico. In questa dimensione trasversale, Blondeau esplora i concetti di morte e rinascita: «La scomparsa di mio padre ha segnato la fine di qualcosa dentro di me; attraverso il dolore, la gravidanza e il diventare madre ho vissuto una metamorfosi, fisica e mentale, un altro ciclo di morte e rinascita.»
La trasformazione, suggerisce l’artista, è un processo costante che avviene dentro e fuori dal corpo. La vita stessa è rigenerazione continua: lo vediamo nelle maree, nelle stagioni, nel rinnovarsi delle cellule. Il progetto costruisce una rete di corrispondenze visive – vulcani, ghiacciai, embrioni, plancton, boccioli floreali – generando una dimensione sospesa tra le origini dell’universo e il suo possibile collasso.
L’invisibile che muove la materia: energie, flussi e relazioni sottili
Uno dei temi centrali di Ondes è l’invisibilità delle energie. «La maggior parte di ciò che esiste è in realtà invisibile», osserva Blondeau. Correnti marine, ultrasuoni, vibrazioni: la cultura occidentale ha privilegiato ciò che è misurabile e tangibile, ignorando i fenomeni che agiscono nello spazio intermedio — le relazioni, le tensioni, i flussi sottili che connettono ogni cosa. «Eppure, forse è proprio lì che risiede l’essenziale.»
Questa ricerca la conduce verso le tradizioni spirituali orientali, in particolare il Taoismo, che si concentra sull’interazione e l’equilibrio tra gli elementi, rifiutando una visione frammentata del mondo. In questa prospettiva, la fotografia diventa un atto di percezione consapevole, capace di catturare l’invisibile e di restituirlo come esperienza visiva.





Fisica quantistica e fotografia: l’osservatore come creatore della realtà
Un altro punto di contatto di Ondes è con la fisica quantistica, che mostra come nulla sia realmente solido e come l’energia sia la base dell’esistenza. Analogamente alle filosofie orientali, questa scienza riconosce il ruolo dell’osservatore nel formarsi della realtà. «Questo solleva domande fondamentali: la realtà esiste indipendentemente da chi la osserva? E come apparirebbe il mondo attraverso gli occhi di un’ape, di una balena o di un fiore?»
In Ondes non esiste una realtà unica, ma una coesistenza di infinite possibilità. L’atto di osservare — sia umano che tecnologico — diventa parte della creazione del mondo. Come nella meccanica quantistica, la fotografia è un gesto che “collassa” le possibilità in una sola immagine, dando forma all’invisibile.
La natura primordiale e il tempo del pianeta: cicli eterni di distruzione e rinascita
La natura descritta in Ondes è antica e originaria: grotte, ghiacciai, vulcani, forme minerali. Evoca un tempo in cui la Terra seguiva un ritmo eterno, indipendente dall’uomo. «Le nostre azioni influenzano certamente il ritmo di questo processo, ma il movimento eterno – distruzione, rinascita, trasformazione – continuerà. Sempre uguale, sempre diverso. Come le onde dell’oceano, che si ripetono all’infinito, ma mai identiche. La Terra si adatterà, con o senza di noi.»
La fotografia di Blondeau nasce da questa consapevolezza: abitare il ciclo naturale, riconoscere in sé un microcosmo che riflette il respiro del pianeta. Le sue immagini evocano la fragilità e la resilienza di un mondo interconnesso, che muta incessantemente.
Un libro come corpo vivente: “Ondes” tra forma, materia e percezione
Nel 2024 il progetto diventa anche un libro fotografico, pubblicato dalla casa editrice portoghese XYZ Books. Il processo editoriale, come quello creativo, è stato fluido e intuitivo. «Non avevo un piano rigido: ho portato immagini e vissuto. Insieme abbiamo trovato una sequenza che lasciasse spazio alla circolarità e all’ambiguità.»
Il libro si fonda sul principio della doppia lettura – frontale e rovescio, analogico e digitale, cielo e profondità, interno ed esterno. Le pieghe giapponesi e l’uso del blu evocano le profondità oceaniche e i vuoti cosmici. Il formato consente di sfogliare l’opera in entrambe le direzioni, riflettendo l’essenza ciclica del tempo. «Le immagini sono volutamente ambigue – potreste chiedervi: è acqua, ghiaccio, lava? – perché pluralità e unità coesistano: visibilità e invisibilità, particella ed energia, inizio e fine.»





Bénédicte Blondeau
Bénédicte Blondeau (La Louvière, Belgio, 1986) ha studiato fotografia presso Ar.Co a Lisbona e l’Accademia di Belle Arti di Gand, conseguendo un Master in Comunicazione Applicata all’IHECS di Bruxelles.
I suoi lavori sono stati pubblicati su numerose riviste internazionali. Nel 2019 la casa editrice XYZ Books di Lisbona ha pubblicato il suo primo libro fotografico, Ce qu’il reste, finalista al Premio Photo España come miglior libro fotografico.
Nel 2022 ha esposto in due mostre curate da Anne Immelé, alla Biennale di Fotografia di Mulhouse e alla Valletta Contemporary Gallery di Malta. Versioni del progetto Ondes sono state presentate alla Galleria G37 di Berlino, Contretype a Bruxelles e Haus am Lützowplatz di Berlino.
Bénédicte Blondeau è anche regista di documentari e curatrice del Photographic Exploration Project (PEP), fondato a Berlino nel 2019.