||Guido Savini

C2C Festival 2024, l’Avant Pop torna a Torino. Intervista a Guido Savini

A 22 anni dal debutto, il festival diventato ormai un’istituzione esplora la dimensione socialedella festa, come collante in grado di sopravvivere ai tempi e alle diverse culture

C2C Festival 2024, l’Avant Pop torna a Torino. Intervista a Guido Savini

Pop e Avantgarde. Avant Pop – sperimentazione e cultura popolare insieme. Il movimento, nato dalle ceneri del postmodernismo, verso la fine degli anni Novanta veniva teorizzato dall’artista e storico Mark Amerika in Thread Baring Itself in Ten Quick Posts: «Gli artisti Avant Pop e i network alternativi fanno parte dell’erosione delle reliquie convenzionali del passato. Gli artisti Avant Pop accolgono la nuova Era Elettronica a braccia aperte perché sappiamo che questa aumenterà notevolmente le nostre chances di trovare un pubblico di individui-affini con cui possiamo comunicare e collaborare». La musica Avant Pop è quella che dà nuova forma al suono del presente, anticipando quello del futuro. In Italia ha una piattaforma che è ormai la stessa da 22 anni. È quella di C2C, festival che si inserisce dentro la Contemporary Art Week di Torino, insieme ad Artissima, raccogliendo in sé la summa di mesi di ricerca. Cade sempre a cavallo del primo weekend di novembre.

Nato come Club to Club in seno all’associazione Xplosiva – con un biglietto unico si passava da un locale all’altro – da tempo ormai il festival ha messo radici in due luoghi che raccontano la storia della sua città: Lingotto Fiere, dove un tempo si assemblavano le macchine della FIAT, e le OGR – Officine Grandi Riparazioni, memoria architettonica dell’era industriale ottocentesca. Si parte giovedì 31 ottobre con un doppio appuntamento alle OGR e al Lingotto, si va avanti venerdì e sabato al Lingotto, si chiude tornando alle OGR la domenica 3 novembre. L’Avant Pop che ne riempie gli spazi quest’anno è quello mutante di Arca, quello emotivo di Romy, quello di A.G. Cook, direttore creativo di Charli XCX. Poi quello ipnotico di Nicolas Jaar (con la band DARKSIDE), quello imprevedibile di Ben Ufo, quello esplosivo e latino di Isabella Lovestory e Verraco. Insieme a loro Shabaka, Bill Kouligas, Gabber Eleganza, John Talabot, Kode9, XIII b2b Sabla, Amaliah, billy woods, Dean Blunt, delroy edwards, evilgiane, John Glacier, Kali Malone, Mabe Fratti, MACE, Mandy, Indiana, Mica Levi, Miss Jay, Nala Sinephro, Olof Dreijer, Pangaea, Pearson Sound, Sega Bodega, Snow Strippers, Sofia Kourtesis, Yaeji.

Il Festival come rituale – Living with the Gods

Ogni anno C2C ha un tema. Quest’anno è Living with the Gods – vivere con gli Dei. C’è un riferimento letterario: è il titolo di un saggio di Neil MacGregor, storico dell’arte ed ex direttore del British Museum, che esplora il ruolo delle credenze religiose e spirituali nella storia, evidenziando come queste rispondano, seppur in modo diverso, a esigenze che tendono a convergere. Spesso lo fanno in forme rituali e collettive, che rafforzano legami sociali e il senso di appartenenza a una cultura. Calato nella prospettiva di C2C, il tema rappresenta «la duratura risonanza con i temi universali di fede e identità, rituali e simboli condivisi» in un contesto come può essere quello del Festival. È la festa nella sua dimensione sociale, collante tra diversi tempi e culture. C2C stesso, dice Guido Savini, co-direttore artistico insieme al fondatore Sergio Ricciardone, «un atto d’amore, un rito collettivo che coinvolge completamente sia chi lo organizza, sia chi vi partecipa». La scelta del tema diventa il punto di arrivo del processo di ricerca che va a comporre la lineup: «È un processo che dura dai 12 ai 18 mesi, il centro del nostro lavoro. È uno degli elementi più complessi dell’organizzazione e viene prima di tutto. Solo successivamente deduciamo il tema dell’edizione, che emerge più come una visione d’insieme che come un punto di partenza».

C2C Festival nella vita culturale italiana

Dal 2002 a oggi, cambiando pelle e accompagnando la trasformazione dell’Avant Pop e di Torino insieme, C2C è diventato appuntamento fisso per la città, aiutando a scrollarle di dosso la parziale retorica che negli ultimi anni l’ha bollata come più addormentata rispetto al passato. Rituale, appunto, e simbolo della sua ostinata vocazione sperimentale. Entrato ufficialmente nel board di C2C dieci anni fa, Savini già da prima collaborava con il Festival, lavorando nell’organizzazione di eventi musicali in città (c’è lui dietro, per fare un esempio, alla nascita dell’Astoria di San Salvario). «L’evoluzione di C2C è stata ampia: negli ultimi anni, la line up ha consolidato una natura multi-genere che ha reso il Festival del 2014 e quello delle ultime edizioni quasi due eventi totalmente differenti. Tra la notte di 20 anni fa e la notte di oggi è cambiato tutto a Torino. La città si è trasformata, ha trovato una vocazione turistica e si è lasciata alle spalle l’immagine post-industriale. All’epoca, la scena musicale era più fervente e la vita notturna forse più intensa, mentre oggi Torino è diventata un luogo più accogliente dove è possibile organizzare grandi eventi come C2C. È difficile dire se sia meglio ora o allora: è semplicemente cambiato tutto».

Festival e comunità

Edizione dopo edizione, C2C Festival si è fatto istituzione, dando forma a un senso di comunità che a volte sfugge a eventi simili. Lo ha fatto dal punto di vista artistico, privilegiando ogni lineup come «un’entità artistica unica e coesa». Lo ha fatto anche a livello organizzativo: ogni anno il pubblico sa quando e dove trovare C2C. In questo senso va una delle novità del 2024, l’aggiunta di una terza serata al Lingotto Fiere (quella del 31 ottobre): «Fa parte del naturale processo di crescita di un festival che dura da anni. Sono convinto che arriverà un momento in cui questo processo dovrà stabilizzarsi, perché è importante che il pubblico possa contare su abitudini e tradizioni consolidate durante un evento. Nel 2019 Vittorio Dellacasa, il nostro direttore di produzione, ci fece notare che il Pyramid Stage di Glastonbury è sempre rimasto lo stesso e su aspetti come questo le persone fanno affidamento. È importante che il pubblico sappia cosa aspettarsi ed è altrettanto importante che nel tempo possa sviluppare familiarità con elementi che si sono consolidati negli anni», sottolinea Savini.

È in questo contesto che, colmando uno spazio rimasto vuoto nell’offerta italiana, C2C è diventato per la sua città uno dei più efficaci strumenti di promozione culturale, anche all’estero: nel 2023, con 35mila presenze, la ricaduta netta del Festival sul territorio ha superato i 7 milioni e 700mila euro. Quest’anno si va per le 40mila presenze, doppiando le presenze straniere (che già lo scorso anno erano arrivate al 20%). È anche questo uno degli elementi caratterizzanti della fase in cui C2C è entrato dopo il Covid-19. Savini: «È evidente che dopo la pandemia abbia avuto inizio una nuova era e, al terzo anno di questa fase, continuiamo a crescere, sia in termini di produzione che di pubblico. Abbiamo raggiunto il limite legale di persone che le colossali sale del Lingotto possano accogliere».

Guido Savini, foto Frankie Casillo
Guido Savini, foto Frankie Casillo

L’identità visiva – dai giochi laser al Lingotto alla bookzine We Call It Avant Pop

Nell’Avant Pop la sperimentazione sonora va di pari passo con l’uso di tecnologie digitali e performance a tutto campo che non sarebbero le stesse senza la parte visiva. Da qui, l’importanza che riveste la produzione: è un aspetto che è andato aumentando man mano che il Festival cresceva. Due esempi: «L’installazione laser di Anonima Luci e la sala delle mirror ball, che collega le due sale principali con un suggestivo gioco di luci e riflessi, sono solo alcune delle novità di questa ‘new era’», racconta Savini.

L’identità visiva è un elemento primario nel modo di raccontarsi di C2C Festival. «Non si esaurisce nei dettagli tecnici, infatti è l’intero insieme – produzione, lineup, pubblico – che crea un’esperienza unica per lo spettatore», dice Savini. La sua evoluzione è adesso immortalata in We Call it Avant Pop, bookzine ibrida, a metà fra libro e rivista, che – in mezzo a saggi originali – ripercorre visivamente la storia del Festival, dal suo debutto nel marzo 2002 a oggi, attraverso foto d’archivio: performance, artisti, pubblico. Questo è anche il terzo anno da quando C2C ha scelto un simbolo per rappresentare la sua identità: è la figura alata, disegnata dal torinese Studio Grand Hotel, che si vede nel materiale promozionale. Un richiamo all’importanza dell’esperienza live e della libertà di espressione del corpo.

Organizzare festival in Italia – un contesto complicato

La scommessa di investire su una proposta artistica ampia e slegata da tradizionali etichette è stata premiata nonostante il campo minato che è mettere in piedi un festival in Italia. Savini parla di «un contesto complicato», soprattutto per eventi indoor come C2C e soprattutto «a causa delle limitazioni burocratiche sulla sicurezza». Chiunque organizzi un festival «o anche un piccolo evento» – dice – merita «una medaglia al valore». Non è un caso quindi «che ci siano pochi festival in Italia e pochissime realtà come C2C Festival. Questo non mi rende felice, perché vuol dire che l’ambiente è complesso e per il pubblico l’offerta di festival diventa limitata e non regolare».

Ci sono poi problematiche che travalicano i confini nazionali. L’Association of Independent Festivals ha calcolato che solo quest’anno nel Regno Unito sono stati cancellati già 60 festival. Lo stesso sta succedendo in altri Paesi: si punta il dito contro l’inflazione, la crescita dei costi di produzione che si riflettono su quelli dei biglietti e sugli strascichi del Covid, che in molti casi ha lasciato le organizzazioni in uno stato disastrato senza possibilità di ripresa. C’è anche chi parla poi di un cambio di priorità per fascia demografica: il pubblico più giovane sarebbe meno interessato ai festival dei millennial. È così? Nel caso di C2C, spiega Savini, non proprio: «Le demografiche dicono che l’età media dei partecipanti si sta abbassando. In generale il mondo, da quando esiste, cambia ciclicamente. Tuttavia non penso ci sia un calo di interesse da parte delle nuove generazioni verso i festival come momenti di aggregazione sociale». È invece innegabile, continua,«che la gestione dei costi sia un problema globale, soprattutto per quanto riguarda i compensi degli artisti e i costi di produzione, che si riflettono inevitabilmente sul prezzo dei biglietti. Aggiungerei poi che il periodo post-Covid è stato complicato e, anche se i primi anni dopo la pandemia sono stati caratterizzati da un entusiasmo diffuso, ora stiamo vivendo uno dei periodi più difficili per i festival».

C2C Festival 2024

C2C nasce nel 2002 come Club to Club, su idea dell’associazione culturale Xplosiva. Nel 2024 torna per la sua 22esima edizione con 43 artisti di 18 nazionalità, 32 show, 20 esclusive italiane e 7 debutti. Tra le novità di quest’anno c’è il potenziamento del palinsesto nella prima parte di ogni giornata. Le prime performance dell’1 e del 2 novembre sono state anticipate alle 17:30, per dare risalto a quelli che Savini chiama «show quasi da auditorium». Approfittando del fatto che «venerdì è festivo, sarà più facile per le persone arrivare presto, e così abbiamo pensato di creare un primo momento di serata più intimo con show più rarefatti, come quello di Kali Malone, Nala Sinephro, Shabaka, Mabe Fratti».

Per il secondo anno è confermato un nuovo format, C2C Kids, che si è tenuto il 27 ottobre alle Fonderie Limone di Moncalieri. Sempre per il secondo anno, Combo Torino diventa l’headquarters di C2C, con eventi e dj set organizzati a partire dalle ore diurne. Rinnovata la partnership con Pinacoteca Agnelli, con la possibilità di accedere gratis per i possessori di biglietto C2C, alla Collezione permanente, Casa Fiat e alla mostra temporanea SALVO. Arrivare in tempo. Gratis anche l’accesso alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Sabato 2 novembre al Teatro Regio si tengono i C2C Talks con Resident Advisor.

Giacomo Cadeddu