
Canapa e regole: tra giustizia, filiera e futuro
Dal caso Marola al decreto sicurezza, la filiera della canapa industriale attende una riforma che dia slancio e stabilità
Il convegno annuale di Federcanapa: la sentenza Marola e la Cannabis Light: il fiore di canapa non è una droga se rientra nei limiti di THC
A sei anni dal sequestro di quasi 650 kg di infiorescenze nei negozi riconducibili a EasyJoint, il 30 maggio 2025 è arrivata l’assoluzione per Luca Marola, fondatore e CEO dell’azienda, nonché figura chiave del fenomeno della Cannabis Light in Italia e nel mondo.
Il procedimento giudiziario, avviato a seguito dell’operazione congiunta di Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza su mandato della Procura di Parma (luglio 2019), si è incentrato sulla valutazione della potenziale efficacia drogante della canapa sequestrata. La sentenza non si basa sull’insussistenza del fatto, ma sul principio che il fatto non costituisce reato: i campioni esaminati risultavano conformi ai limiti di legge.
La canapa sequestrata non superava le soglie di THC previste, e dunque non poteva essere classificata come sostanza stupefacente. In altre parole, la sentenza riconosce che se la canapa non è droga, non può essere giudicata secondo la normativa sugli stupefacenti.
Un passaggio che potrà avere ricadute positive sulla chiarezza normativa e sugli strumenti giuridici a disposizione per regolamentare l’uso industriale della canapa. Anche il fiore — spesso oggetto di ambiguità interpretative — rientra in questo principio.
Assoluzione Marola ed effetti sul Decreto Sicurezza: il fiore di canapa era legale prima del 2025
La sentenza stabilisce che tutto ciò che è stato prodotto e commercializzato utilizzando il fiore di canapa — dal 2007 fino all’entrata in vigore del nuovo decreto nell’aprile 2025 — era lecito e legale. Un principio che, se applicato in modo coerente, potrebbe diventare uno strumento di valutazione critica del recente decreto-legge sulla sicurezza, mettendone in discussione alcuni passaggi.
Il lavoro portato avanti da Federcanapa dimostra quanto la vicenda del fiore di canapa non sia una mera questione agricola, commerciale o imprenditoriale. È, piuttosto, l’intreccio di tutte queste dimensioni. Non è chiaro se la “faccenda del fiore” sarà analizzata e gestita a livello politico, se le incongruenze tra il decreto-legge sicurezza e il verdetto stabilito dalla magistratura nel processo contro Luca Marola troveranno modo di disegnare un nuovo percorso.
CBD nei cosmetici: la Francia propone il divieto dal 2027, rischio per l’intero settore canapa
Notizie sul rapporto tra CBD e regolamentazione cosmetica arrivano dalla Francia, grazie al contributo di Lorenza Romanese, managing director dell’EIHA – European Industrial Hemp Association. Chi lavora con la pianta di canapa per estrarre radici o altri elementi destinati alla produzione cosmetica lo sa: si rischia di essere automaticamente coinvolti nella filiera del fiore, considerata attività connessa.
L’utilizzo del CBD nei cosmetici è attualmente legale in Europa. Tuttavia, questo scenario potrebbe cambiare radicalmente a partire dal 2027. A sollevare il caso è l’ANSES – l’Agenzia nazionale francese per la sicurezza sanitaria – che propone di classificare il CBD isolato come sostanza tossica per la riproduzione.
Se questa classificazione fosse accettata, il CBD isolato diverrebbe incompatibile con il Regolamento europeo sui cosmetici (art. 15), che vieta l’uso di sostanze ritenute dannose per la funzione riproduttiva. L’eventuale aggiornamento della CosIng, la banca dati europea degli ingredienti cosmetici, comporterebbe l’esclusione del CBD isolato dagli impieghi ammessi, ridefinendo l’intero assetto normativo del settore.

CBD e tossicità riproduttiva: nessuna prova scientifica per vietarne l’uso cosmetico secondo ChemSafe e Delphic
Non esistono ad oggi studi conclusivi che dimostrino la tossicità riproduttiva del CBD, in particolare se applicato per via cutanea. Due società indipendenti di consulenza scientifica, ChemSafe (Italia) e Delphic HSE (Paesi Bassi), hanno sottolineato l’assenza di evidenze in tal senso. La proposta dell’ANSES, quindi, resta una teoria da approfondire con rigore tecnico-scientifico.
Nel frattempo, la Commissione Europea ha avviato una fase di valutazione dei dati disponibili. Se condotta in trasparenza, questa operazione potrebbe rafforzare la stabilità del mercato e fornire maggiore chiarezza normativa agli attori coinvolti nella filiera della canapa. Il processo non si concluderà prima del 2027, ma potrebbe sfociare in nuove soglie di utilizzo per il CBD nei cosmetici, segnando una svolta cruciale per l’intero comparto.
Fuori dall’Unione Europea, il Regno Unito si muove su un binario differente. La FSA (Food Standards Agency) ha già autorizzato alcuni Novel Food contenenti CBD, ma lo scenario rimane disomogeneo. La frammentazione nei processi autorizzativi, sia a livello europeo che internazionale, frena lo sviluppo dei verticali di mercato, generando incertezza tra le imprese che fanno dell’utilizzo della cannabis industriale il proprio core business.
Cannabis industriale in Europa: verso una definizione unica e limiti di THC più alti, ispirandosi al modello canadese
A Bruxelles si lavora, anche grazie all’intervento di varie realtà associative, su tre aspetti: l’introduzione di una definizione chiara e univoca che si riferisca e includa tutte le parti della pianta, l’innalzamento del limite di THC allo 0,5 %, una semplificazione del sistema dei controlli, che sollevi i coltivatori dalle responsabilità.
Questo modello trae ispirazione dal sistema canadese in vigore dal 1982 e ogni azione mira a rendere meno oneroso e più trasparente il monitoraggio della produzione, garantendo tracciabilità senza penalizzare gli agricoltori. La sua attuazione dipenderà dall’accoglienza politica nei vari Stati membri.
Germania, Francia e Belgio regolamentano il fiore di canapa: l’Italia resta indietro sulla cannabis light da inalazione
Nella ricerca di unità, resta il paradosso: in alcuni Paesi europei – Germania, Lussemburgo, Belgio – i prodotti a base di fiore per uso inalatorio sono già regolamentati. La Germania, ad esempio, ha rilasciato le prime autorizzazioni per il commercio legale di prodotti inalabili a base di cannabis light. La Francia, da parte sua, si avvicina a un modello distributivo simile, destinato ai tabaccai. In Italia non sono previste azioni per disciplinare il processo industriale legato alla canapa.
Un approccio che rischia di isolare in termini di sviluppo industriale il Paese rispetto ai principali partner europei. Alcune esperienze recenti – come quella dei prodotti da inalazione normati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – lasciano presagire anche per la cannabis light una regolamentazione assimilabile a quella in vigore per il tabacco. Il rischio, in termini economici, è di mettere in pista un modello penalizzante per le piccole imprese ma vantaggioso per le multinazionali.
SouthempTecno e l’innovazione nella filiera della canapa: raccolta e trasformazione industriale al Sud Italia
Tra le realtà più dinamiche emerse nel panorama della canapa industriale c’è SouthempTecno, azienda pugliese impegnata nello sviluppo di tecnologie dedicate alla raccolta e trasformazione della pianta. Il cuore del progetto è una macchina per la raccolta e la decorticazione in campo, pensata per rispondere alle esigenze degli agricoltori meridionali e ridurre i costi di prima lavorazione.
Oltre alla meccanizzazione, l’azienda sta realizzando un impianto pilota per la trasformazione integrata della canapa, capace di valorizzare ogni parte della pianta – dallo stelo al fiore. Un modello che potrebbe diventare replicabile su scala nazionale, contribuendo alla costruzione di una filiera solida e localizzata, soprattutto nelle aree del Mezzogiorno.
Canapa industriale e vuoto normativo: il Decreto Sicurezza blocca gli investimenti, la magistratura legittima la filiera
Nel 2019 si delineavano le prime linee guida per il fiore di canapa, in collaborazione con le principali organizzazioni agricole. Sembrava l’alba di una nuova stagione, luminosa e proficua. Oggi, invece, la distanza tra quel momento e la realtà normativa appare siderale. A dirlo non è solo l’esperienza degli operatori, ma anche la voce di rappresentanti politici come l’On. Matteo Mauri che da diverso tempo denuncia una politica debole, afona, spesso ostile nei confronti di un tema dall’alto potenziale competitivo. Mentre la magistratura riconosce la legittimità della filiera, il legislatore si rifugia in decreti punitivi, figli di propaganda più che di analisi.
Il Decreto Sicurezza è uno dei simboli più visibili di un approccio da rivedere: quello che assimila la canapa alla droga, ignorando la complessità di un settore agricolo e manifatturiero in crescita.
Visibilità pubblica e pressione culturale possono offrire il proprio contributo per affrontare con urgenza l’annoso problema del congelamento degli investimenti e dell’indebolimento delle imprese che operano nella filiera della canapa.
Accanto agli interventi socio-politici urgenti riassumibili in tre assi fondamentali – giustizia, Europa, analisi dei dati – emerge un ultimo aspetto: la necessità di ottenere sementi certificate e formare competenze specializzate. Accanto a lui, la testimonianza degli agricoltori completa il quadro: mancano sementi certificate, competenze tecniche, sostegni alla trasformazione. Alcune realtà, come Whole Lotta Hemp, si stanno muovendo tra difficoltà e interrogativi. Altre chiedono interventi strutturali.
Per unirsi, servono regole comuni, soggetti operanti a favore dello sviluppo della canapa industriale.
Il futuro del settore, passa dalla capacità di diventare sistema.
Convegno Federcanapa 2025: più chiarezza normativa sulla cannabis industriale e soglia THC al 0,5%
Oltre ai temi affrontati a livello europeo, il convegno ha portato l’attenzione sul cuore della questione italiana: la definizione normativa di cannabis industriale, i suoi usi consentiti, e il destino del fiore come prodotto finale.
Dalla voce degli operatori legali e dei rappresentanti del settore emerge l’urgenza di una regolamentazione chiara, coerente e applicabile. Una proposta concreta riguarda l’innalzamento della soglia di THC dallo 0,3% allo 0,5%, in linea con il valore storico previsto in Europa fino agli anni Novanta. Una soglia già adottata con successo in Canada dal 1982, su cui si potrebbe costruire anche un sistema di controllo più efficiente e meno oneroso.
L’idea sarebbe quella di spostare la responsabilità del rispetto dei parametri dal coltivatore al breeder, il selezionatore genetico delle varietà. In questo modello, l’agricoltore acquista una varietà certificata iscritta al catalogo europeo e non deve più dimostrare in campo la conformità della coltivazione. Un cambio di paradigma che, secondo molti operatori, rappresenterebbe un passo avanti verso la semplificazione della filiera.
Regolamentare il fiore di canapa in Italia: uso reale, tassazione e fine dell’alibi “ornamentale”
Ma la soglia non è l’unico nodo. Se la pianta intera è riconosciuta come coltura industriale, resta indefinito il destino del fiore: cosa se ne può fare? A chi può essere destinato? E soprattutto, in quale regime fiscale deve essere collocato?
L’attuale “uso ornamentale” — formalmente dichiarato ma ampiamente disatteso — rischia di diventare sempre meno sostenibile, anche giuridicamente. In molti Paesi europei si sta già procedendo verso la regolamentazione del fiore come prodotto da inalazione: la Germania ha recentemente rilasciato le prime autorizzazioni con contrassegno fiscale, la Francia si prepara a canalizzare la distribuzione attraverso i tabaccai. Belgio e Lussemburgo si muovono nella stessa direzione.
In Italia, invece, permane l’ambiguità. Ed è proprio qui che si gioca il passaggio più delicato: continuare a fingere che il fiore sia solo decorativo rischia di rallentare il mercato, ostacolare gli investimenti, e mettere fuori gioco le piccole realtà produttive. Se invece si scegliesse la strada della chiarezza — riconoscendo le destinazioni reali del prodotto e inserendole in un quadro regolatorio ad hoc — si potrebbe aprire la via a un sistema di accise simile a quello in vigore per il tabacco o i prodotti da inalazione.
Cannabis light e Agenzia delle Dogane: serve una legge chiara per evitare il caos normativo come nel 2018
Un punto, questo, che chiama in causa direttamente l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, già coinvolta nella regolamentazione dei dispositivi da fumo e che potrebbe diventare l’ente di riferimento anche per i prodotti derivati dalla canapa light.
Senza un intervento legislativo organico, la filiera resta esposta a interpretazioni arbitrarie e a un’instabilità normativa che ha già prodotto danni in passato. Basti ricordare quanto accaduto nel 2018, quando un’ondata di investimenti esteri sul mercato della cannabis light fu bruscamente frenata da una sentenza della Corte di Cassazione e dall’assenza di un quadro normativo univoco.
Il rischio, oggi come allora, è che l’incertezza giuridica affossi le potenzialità di un comparto industriale in crescita, mentre altrove — in Europa e fuori — si consolidano mercati, regole e filiere.
L’assemblea annuale di Federcanapa
L’assemblea annuale di Federcanapa si è tenuta a Roma il 4 giugno 2025, pochi giorni dopo l’assoluzione di Luca Marola, fondatore di EasyJoint e volto simbolo della cannabis light italiana. La giornata ha ospitato interventi e testimonianze dedicate alle diverse possibili filiere della canapa industriale, con focus su normative europee, effetti del decreto sicurezza, e innovazione tra edilizia e promozione dell’olio di canapa.