Castello di Postignano: la rinascita di un borgo medievale in Umbria

Tra le colline della Valnerina, il Castello di Postignano racconta la sua rinascita: abbandonato dal 1963, devastato dal sisma del 1997, vincolato come monumento nel 2004 e oggi restituito alla comunità (internazionale)

Postignano Music Festival: un borgo umbro che diventa palcoscenico internazionale di musica e cultura

Un “Castello all’orizzonte” si intitola la poliedrica rassegna culturale che Postignano ospita da metà aprile ai primi di novembre, giunta nel 2025 alla tredicesima edizione. Si inaugura il primo ottobre il Postignano Music Festival, che ha sede nella suggestiva chiesa della Santissima Annunziata, presieduto da Enrico Ducrot con la direzione artistica di Luigi Piovano. Prevede concerti, tavole rotonde ed eventi, oltre a presentazione librarie con autori quali Marino Niola ed Elisabetta Moro, Dinko Fabris e Pier Luigi Petrillo che racconta in dialogo con Alberto Negri il suo libro L’Iran degli Ayatollah, 2025. Il festival si chiuderà il 26 ottobre. Ogni tessera di questo mosaico è pensata per abitare il borgo in modo nuovo tra gli ambienti e le volte, le pietre annose e le melodie di varie epoche che fanno risaltare una dimensione di distacco, meditazione e fuga onirica.

La scoperta del borgo da parte di Gennaro Matacena e la visione di una rinascita possibile

Era la primavera del 1992 quando l’architetto napoletano Gennaro Matacena, viaggiando con il figlio Lorenzo lungo un appartato angolo di Umbria poco lontano da Spoleto, si imbatte improvvisamente in un borgo abbandonato dal 1963, il Castello di Postignano. Fu una strana attrazione quella che esercitò subito su di lui quel luogo deserto e carico di secoli popolato di case-torri alte anche venti metri, che ricordava certi esiti geometrici ed astratti della rappresentazione urbana nella pittura medievale.

Scorrevano davanti ai suoi occhi metafisici brani della pittura di Giotto e dei Fratelli Lorenzetti, del Sassetta o di Gherardo Starnina, frames dell’immaginario scabro del Decameron pasoliniano. “La prima volta che misi piede a Postignano – racconta Gennaro Matacena – ebbi forte la sensazione di essere entrato in un altro mondo. Sembrava uno scenario costruito o conservato apposta per memoria del mondo e dell’umano.” Quella memoria chiedeva di essere ricostituita, risarcita nella trama edilizia e lapidea ma anche nel suo significato coesivo di messaggio e di radice comune.

Le origini medievali di Postignano e la sua parabola storica tra fioritura e abbandono

Si chiama castello ma, come sovente accade in Umbria, Postignano è in realtà un borgo dalla morfologia triangolare arrampicato teatralmente su un ripido pendio, dominato da una torre poligonale di avvistamento sopra una rapsodia di tetti e terrazzi, percorsa da scale e livelli differenti. Sorse tra il IX e il X secolo su un più modesto insediamento precedente dentro una zona continuamente contesa tra Spoleto, Foligno, Norcia e Assisi.

A costruire quest’organismo di pietra dall’incalzante ritmo verticale come organizzato da un demiurgo, furono gli stessi abitanti, contadini e artigiani, che tra il 1300 e il secolo successivo raggiunsero una solida fioritura economica grazie ad attività quali agricolture e allevamento, pesca, taglio del legname e soprattutto la produzione specializzata di lime e raspe d’acciaio oltre che di tessili, vanto autoctono. Risale a questo periodo l’edificazione delle abitazioni a torre. Già ai primi del ‘700 la popolazione inizia però a decrescere, innescando un processo graduale che nella seconda metà del XX secolo vedrà gli abitanti residui emigrare in altre regioni italiane o all’estero.

Castello di Postignano
Castello di Postignano

Il fascino delle rovine: Norman Carver e la rappresentazione fotografica di Postignano

Matacena, affascinato dalla bellezza di quell’antico agglomerato deserto che scalava a balze la collina emergendo dal verde, rimase altrettanto colpito dalla fatiscenza delle strutture in rovina ormai a rischio di crollo. Era la medesima impressione ricevuta dall’architetto e fotografo americano Norman F. Carver nel 1967. Bellezza e rovine, malinconico abbandono e un’energia semantica appannata che chiedeva di essere sottratta alla distruzione.

Visitando Postignano mentre in Centro Italia era alla ricerca di un nucleo abitato collinare quale suggello emblematico per un libro che voleva redigere, Carver vi scattò molte fotografie in bianco e nero. La domenica successiva al suo arrivo immortalò i pochi abitanti del borgo rimasti in zona e insediati più a valle, per immortalarli in quello che era il luogo d’origine e rimaneva il cuore simbolico della minuscola comunità. Postignano doveva averlo colpito profondamente visto che decise di usarne l’immagine per la copertina del suo libro, dato alle stampe nel 1979 e intitolato Italian Hilltown.

“Fui felice di scoprire il piccolo villaggio di Postignano – scriveva Carver -, perché mi è sembrato l’archetipo dei borghi collinari italiani. Forzati da crolli, frane e cedimenti ad abbandonare le proprie case, gli ex abitanti che attualmente vivono ai piedi dell’altura, considerano ancora Postignano il loro centro spirituale.”

Dal sogno di restauro alla realtà: Matacena, la società Mirto e l’inizio del progetto di rinascita

Gennaro Matacena 25 anni più tardi decise di raccogliere la sfida e di salvare il borgo dalla progressiva decadenza in cui versava e di arrestarne la fine annunciata. Venne a sapere che i Postignanesi che si erano dovuti trasferire altrove da anni volevano vendere quelle abitazioni che non potevano più essere utilizzate e costituivano un pericolo per coloro che vi si addentravano.

Scartate le soluzioni istituzionali o di intervento pubblico, egli si fece carico di un programma di restauro non solo strutturale, ma anche architettonico, storico e sociale che doveva riportare alla vita quel luogo da decenni consegnato alla dissoluzione. Interessò al progetto l’amico architetto Matteo Scaramella, che compreso il valore del luogo, con lui costituisce la società Mirto srl.

Lo step successivo fu l’acquisto della proprietà complessiva dai vecchi abitanti di ogni singolo edificio con gli appartamenti ai piani superiori e stalle e cantine a pianterreno, con corti ed orti annessi. Un geometra locale da certosino si occupò di rintracciare i vari proprietari delle frazioni immobiliari che risultarono essere oltre duecento. Ci volle pazienza ma l’entusiasmo e una caparbia volontà aiutarono a ricomporre quel mosaico dissestato.

Il terremoto del 1997 e le difficoltà di un progetto di recupero ostacolato dalle istituzioni

Il destino però aveva in serbo altri piani. Questa fase iniziale dell’intervento subisce una brusca cesura causata dal terremoto che colpisce Umbria e Marche nel 1997, quello che danneggia le volte della Basilica di Assisi. La scossa di ottobre specialmente, fece rovinare la casa-torre numero 4 trascinandosi altre quattro costruzioni vicine.

I maggiori ostacoli gli architetti li trovano nell’amministrazione comunale orientata alla demolizione di quanto restava del borgo per timore di eventuali crolli sulla strada provinciale sottostante ma forse anche per non concedere i finanziamenti post-sisma previsti alla Società Mirto, vista quale soggetto estraneo agli abitanti storici del borgo già considerato definitivamente in rovina.

Il braccio di ferro fu vinto nel 2004, quando il Ministero dei Beni Culturali ribalta questa concezione e su istanza della Mirto appone il vincolo monumentale sul borgo intero, seguito dalla regione Umbria che apporta quello paesaggistico non solo sul vecchio villaggio ma pure sull’area intorno.

La rinascita della Chiesa della Santissima Annunziata e la scoperta di affreschi nascosti

Il terremoto interruppe l’attività dei cantieri imponendo una revisione programmatica e progettuale del lavoro elaborato. La Chiesa della Santissima Annunziata, edificio quattrocentesco eretto su fabbriche preesistenti, era stata totalmente restaurata, in particolare rispetto alla dotazione di affreschi manieristi eseguiti nel 1570 da Simone de Magistris detto il Caldarola. Erano stati appena ripristinati con la promessa di un contributo da parte della Soprintendenza.

Il terremoto distrusse buona parte dell’apparato pittorico cinquecentesco, facendo scoprire una parete arretrata di circa sessanta centimetri che era ornata da affreschi risalenti alla metà del XV secolo. Ne deriva la singolare sistemazione che si può ammirare oggi, della doppia paratia a palinsesto. La prima, in buona parte perduta, si apre sulla seconda retrostante come una quinta che sovrappone epoche, sensibilità e linguaggi espressivi.

Rispetto agli affreschi tardo-cinquecenteschi perduti fu varato un delicato intervento di catalogazione dei circa 14000 frammenti di intonaco dipinto rovinati al suolo, che solo in parte si riuscì a ricomporre in modo unitario. Fu incaricata un’impresa specializzata di Spoleto, la Tecnireco di Paolo Virilli, che intervenne grazie a un software messo a punto dalla Facoltà di Matematica dell’Università di Padova indirizzato in particolare sulle sfumature cromatiche delle pennellate. Il materiale frammentario che non fu possibile includere nella ricomposizione è catalogato e custodito in un armadio in sagrestia.

La rinascita di Postignano come modello di recupero culturale, architettonico e sociale

Queste non sono che alcune delle storie ardue e meravigliose che narrano l’incredibile rinascita di un borgo del Centro Italia, un pezzo quasi ignoto del nostro patrimonio culturale consegnato all’oblio e una probabile sparizione. Postignano risorge grazie all’amore di un imprenditore e intellettuale illuminato ed ha trovato nel tema culturale condiviso e nel dialogo con l’ambiente la sua nuova ragione d’essere e di rivolgersi alle generazioni future.

“Abitare a Castello di Postignano – afferma uno dei residenti – anche per alcuni periodi dell’anno, significa vivere nella bellezza e far parte di una comunità che ha a cuore l’ambiente, la storia, la cultura e le relazioni umane.”

La suggestione di un miraggio: l’arrivo a Postignano tra natura e sostenibilità innovativa

Quando Postignano appare in mezzo a una fitta cortina di alberi, dopo aver affrontato i tortuosi tornanti della salita dalla vicina Spoleto, sembra una specie di miraggio. Un luogo sospeso sul tempo e incastonato nell’ambiente naturale integro e inatteso della Valnerina.

Il complesso, che di colpo riporta ad epoche remote ed ispirazioni fantastiche, è permeato dai più alti standard di sostenibilità ad ogni livello, fornito di impianti d’avanguardia per nulla invasivi e imperniato su un filologico rispetto delle tecniche, approcci e materiali originari impiegati lungo lo scorrere dei secoli.

Gli inserti stilistici moderni non turbano affatto la volumetria pura ed armonica della trama urbana, scolpita come una macroscopica concezione plastica. Senz’altro sarebbe piaciuta a un estimatore di questa zona quale Alexander Calder.

La prospettiva dal basso: piscina, spa e il borgo che diventa ostensorio gotico

Visto dall’annesso extra moenia sottostante, che comprende la piscina riscaldata con i terrazzamenti a siepi di bosso che creano solarium privati e la spa articolata in bagno turco, sala terapie e sauna, il castello si trasforma, disegna una prospettiva inattesa. Assume una forma più compatta e circolare, diventando quasi un ostensorio gotico o uno di quei misteriosi prismi rinascimentali, abbagliante nella luce solare che sottolinea gli spigoli e le volumetrie in crescendo delle fabbriche in pietra chiara, giocando a rimpiattino con l’ombra e le altezze diversificate delle sue fabbriche.

Dal borgo negletto e ferito dal sisma del 1997 alla rinascita voluta da Gennaro Matacena

Oggi, quello che è stato un borgo negletto, ferito a morte dalla modernità e perfino a rischio di sparizione totale nel 1998, dopo il sisma che l’anno prima colpì duramente quest’area geografica causando distruzioni e crolli oltre a numerosi saccheggi e vandalismi, è risorto nella sua intera bellezza grazie all’amore e all’intraprendenza di un mecenate che vi ha dedicato anni di vita e ricerca, profondendo un patrimonio di energie, continuo impegno e risorse economiche.

Gennaro Matacena, non senza difficoltà combattendo contro infinite lungaggini burocratiche e contenziosi, è riuscito a realizzare quel sogno di rivitalizzazione che accarezzava per Postignano. Solo nel 2004 infatti arriva l’autorizzazione definitiva al progetto di restauro da parte della Soprintendenza e degli altri enti preposti. Sessanta le prescrizioni operative, tutte minuziosamente rispettate dalla direzione lavori fino al piano cromatico dei prospetti delle case-torri riguardo intonaci, colori e raso sasso.

I riconoscimenti Unesco e la trasformazione in Relais diffuso con suites e spazi comuni

11 anni dopo, i primi appartamenti destinati al Relais erano terminati e Postignano consegue il primo attestato di merito dei Club Unesco per la qualità dell’opera di recupero. Il primo di tanti. È diventato un Relais, un albergo diffuso con 20 suites e spazi comuni quali la biblioteca e una sala biliardo ricavati nelle antiche ruvide strutture ancestrali.

Altri punti d’incontro sono il Giardino delle Rose appena laterale e abbracciato da decine di profumate specie antiche, rosmarino e piante officinali, e, nel cuore del borgo, la trattoria “La Casa Rosa” e il caffè “La terrazza”, affacciato panoramicamente sulla mossa successione di colline che incidono a raggiera i profili della valle.

L’accoglienza è cordiale, semplice ed attenta, le suites confortevoli e avvolgenti. La cucina della “Casa Rosa” ha avuto varie menzioni nelle guide specializzate, Michelin inclusa. Di notte il silenzio quasi suona, ti riconcilia con te stesso immergendoti nel contesto di natura circostante, prezioso e mai intaccato abbraccio di boschi, coltivi e macchie arboree.

Stranieri innamorati di Postignano: una comunità internazionale che acquista e vive nel borgo

Persone di ogni parte del mondo hanno deciso di vivere qui per lunghe permanenze, francesi, tedeschi, inglesi, belgi e olandesi, hanno acquisito 12 case, spalancando un capitolo aperto al futuro. Vi sono tuttora residenze in vendita dai 50 ai 160 mq., fornite di riscaldamento a pavimento e ogni comfort, totalmente ristrutturate con materiali nuovi e di recupero per quanto fosse possibile, pensate su uno stile originario.

Postignano è un’ideale piccola polis fatta per confrontarsi e capire, un fertile terreno di scambio e metamorfosi. L’offerta degli appartamenti è intesa a favorire la formazione di una comunità certo diversa da quella d’un tempo incentrata sull’agricoltura e l’artigianato, ma consapevole e in grado di assicurare presenza e attività, volta a sancire una continuità di vita per il borgo umbro.

Restauro antisismico e fedeltà ai materiali tradizionali: il genius loci come principio guida

Condizione assoluta del recupero è stato il garantire la resistenza anti sismica e conservare i medesimi caratteri edilizi d’origine, strutture, sagome, dimensioni, partizioni e dislocazioni delle diverse unità immobiliari, facendo uso nel consolidamento degli stessi materiali base con tecniche tradizionali attualizzate al presente.

Pergole d’uva o vite americana, pavimenti in cotto, ferro battuto in contrasto col vetro, travi a vista lasciate al naturale o intonacate, camini lapidei, radi tocchi di colore a calce e pigmenti di terre sapientemente consunti. I forni, i locali per la vendemmia e del frantoio recuperati in toto in ogni dettaglio. Gli arredi sono soprattutto antichi o di vecchi manifattura. I tessili rigorosamente locali, spesso prodotti dalla Bottega di Angela che opera nel borgo accanto allo spazio tematico Vini e Oli dell’Umbria.

Non vi è stato nulla di arbitrario o non conforme a una prassi che fa parte del genius loci. Ogni cosa è calata nella sua autenticità, rilegge i capitoli e le suggestioni di una vicenda secolare e li tramanda verso il domani.

Il nuovo albergo in costruzione e la missione artistica di Postignano tra mostre e musica

Il nuovo albergo ancora in costruzione situato ottanta metri sulla sinistra del borgo guardandolo da valle, segnerà la prossima avventura. Consiste nell’accorpamento e recupero di volumetrie preesistenti fuori dalla cerchia muraria, un gruppo di abitazioni, rimesse e strutture precarie.

Postignano possiede spazi dedicati all’arte, una delle sue mission, in particolare alla fotografia. Offre mostre permanenti di Mimmo Jodice, Norman Carver Jr. e quella che racconta l’epopea partenopea ed europea che si snoda dai primi del Novecento del nonno del proprietario, Gennaro Matacena Sr., una parabola che interseca tradizione e avanguardie.

Non mancano artisti contemporanei di ogni parte del mondo che si sono legati a questo itinerario di rinascita progressiva, quali Antonio Biasucci, Agnese Agostinelli, Pasquale Bevacqua, Michèle Delisle, Carla Barbieri, Kim McLean, Franco Passalacqua, Abdulrahim Salim e Henry A. Walker.

Masterclass, incisioni musicali e nuovi spazi museali: Postignano come laboratorio culturale vivo

Vi si svolgono masterclass di pianoforte del Maestro Gianluca Luisi e di disegno di Michèle Delisle. Simone Vallerotonda con il suo liuto a otto cori ha inciso l’anno scorso nella chiesa dell’Annunziata un disco per l’etichetta Arcana/Outhere Music.

Entro l’anno, a duecento metri dal borgo verrà aperto in collaborazione con l’Università di Perugia il Museo del lavoro contadino con attrezzi agricoli storici umbri in particolare provenienti dalla Valnerina.

Un castello all’orizzonte: la rassegna culturale che anima il borgo tra musica, libri ed eventi

Un “Castello all’orizzonte” si intitola la poliedrica rassegna culturale che Postignano ospita da metà aprile ai primi di novembre, giunta nel 2025 alla tredicesima edizione. Si inaugura il primo ottobre il Postignano Music Festival, che ha sede nella suggestiva chiesa della Santissima Annunziata, presieduto da Enrico Ducrot con la direzione artistica di Luigi Piovano.

Prevede concerti, tavole rotonde ed eventi, oltre a presentazione librarie con autori quali Marino Niola ed Elisabetta Moro, Dinko Fabris e Pier Luigi Petrillo che racconta in dialogo con Alberto Negri il suo libro L’Iran degli Ayatollah, 2025. Il festival si chiuderà il 26 ottobre. Ogni tessera di questo mosaico è pensata per abitare il borgo in modo nuovo tra gli ambienti e le volte, le pietre annose e le melodie di varie epoche che fanno risaltare una dimensione di distacco, meditazione e fuga onirica.

Una memoria restituita: Postignano come simbolo di rinascita, sostenibilità e comunità internazionale

Queste non sono che alcune delle storie ardue e meravigliose che narrano l’incredibile rinascita di un borgo del Centro Italia, un pezzo quasi ignoto del nostro patrimonio culturale consegnato all’oblio e una probabile sparizione. Postignano risorge grazie all’amore di un imprenditore e intellettuale illuminato ed ha trovato nel tema culturale condiviso e nel dialogo con l’ambiente la sua nuova ragione d’essere e di rivolgersi alle generazioni future.

“Abitare a Castello di Postignano – afferma uno dei residenti – anche per alcuni periodi dell’anno, significa vivere nella bellezza e far parte di una comunità che ha a cuore l’ambiente, la storia, la cultura e le relazioni umane.”

Cesare Cunaccia

Castello di Postignano
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