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Eroine di Kate Zambreno sfida la narrativa patriarcale

Se non posso essere un Granduomo allora me ne scoperò uno – Zelda Fitzgerald, Vivienne Eliot, Jane Bowles e le scrittrici invisibili in conversazione con l’autrice di Eronie

Eroine: le ‘mogli pazze’ del modernismo letterario

«Frequento le donne tra queste pagine. Donne che spesso sono anche tenute lontane dalla scrittura. Queste donne esistite nel chiuso del letto, della stanza, intrappolate in casa. Tento di risuscitare le loro vite». 

Scrive Kate Zambreno in Eroine, uscito nel 2012 e tradotto per la prima volta in italiano quest’anno da Nottetempo. Un’opera che mescola memoir, critica letteraria e femminismo per esplorare il ruolo delle donne nella letteratura e nella società. Zambreno attraverso la sua esperienza personale, analizza e racconta le vite e le sofferenze delle ‘mogli pazze’ dei modernisti — donne come Zelda Fitzgerald, Vivienne Eliot e Jane Bowles — spesso relegate ai margini della storia, a vivere nell’ombra dei loro mariti: patologizzate, silenziate o dimenticate, additate come malate di mente.  Ne abbiamo parlato con l’autrice.

Eroine Kate Zambreno: Essere la moglie di

«Mi sto rendendo conto che si diventa mogli, nonostante il tentativo condiviso di stabilire una partnership paritaria, nel momento stesso in cui si accetta di trasferirsi per lui. Ecco che si subentra nel ruolo femminile – si interpreta il ruolo di oggetto di scambio» Scrive Kate Zambreno, tra le prime pagine di Eroine, in cui racconta che dal momento in cui si è sposata ha deciso di seguire il marito, prima lasciando il suo lavoro da editor per trasferirsi a Londra affinché il marito John potesse seguire un corso di laurea in Bibliografia e poi in diversi luoghi degli Stati Uniti sempre al seguito del lavoro di lui. 

Eroine di Kate Zambreno nasce dal blog ‘Frances Farmer Is My Sister’

Ed è proprio in uno dei vari spostamenti al seguito di John che Kate Zambreno inizia a sentirsi insofferente all’idea di essere considerata solo ‘la moglie di’. Così cerca uno spazio in cui esprimere se stessa e parlare di quella che stava diventando la sua ossessione ovvero le vite dimenticate delle mogli dei grandi autori del modernismo. Nel 2009 nasce il blog ‘Frances Farmer Is My Sister’. Frances Farmer è stata un’attrice americana degli anni 30, considerata “pazza” per il suo rifiuto di conformarsi agli standard di Hollywood. Ebbe diversi problemi legali e venne internata anche in un ospedale psichiatrico. La sua storia è diventata un simbolo della brutalità del sistema psichiatrico e del controllo sulle donne indipendenti. 

Racconta Zambreno «Mi annoiavo e mi sentivo sola, vivevo ad Akron, in Ohio, e lavoravo come insegnante in varie scuole, tutti lavori poco remunerativi. Volevo iniziare a scrivere saggi, saggi personali longform, ma non avevo conoscenze in nessun posto che li pubblicasse. Così ho iniziato a scrivere sul mio blog. Contemporaneamente stavo scrivendo un romanzo simile a un diario, pensavo di  intitolarlo Moglie pazza, in cui il narratore era ossessionato da queste folli muse del modernismo. I saggi e il romanzo a un certo punto si sono uniti. Quando Chris Kraus e Hedi El-Kholti hanno iniziato a leggere il blog, mi hanno chiesto se volevo scrivere un libro per Semiotexte».

Essere recluse a personaggio, Eroine di Kate Zambreno

Eroine riscrivere la narrazione tradizionale della letteratura modernista, mettendo in discussione il modo in cui la società definisce la “musa” rispetto al “genio”. Le donne erano confinate al ruolo di personaggi nelle opere maschili, prive della possibilità di essere autrici delle proprie vite. Zelda, moglie di F. Scott Fitzgerald, è stata relegata al ruolo di musa e moglie del grande scrittore, e nel momento in cui ha provato a ribellarsi, a chiedere di voler lavorare lei stessa, a voler scrivere lei stessa la sua storia è stata internata. A lei non era concesso scrivere della sua vita, perché la sua vita serviva in funzione dell’opera del marito. In Tenera è la notte Fitzgerald prende infatti spunto dalle esperienze vissute della moglie richiusa nell’ospedale psichiatrico. 

Kate Zambreno, Eroine oggi: da Zelda Fitzgerald a Bianca Censori

«Quando lui (n.d.r. Fitzgerald) l’aveva conosciuta lei era la ragazza d’oro su tutte le pagine dei quotidiani, la figlioletta del giudice Sayre, una bellezza dell’alta società di Montgomery. Uno spettacolo maestoso, come la volta che sfilò per il centro città con indosso un costume intero color carne». Zelda che gira per la città con un body color carne, Zelda costretta ad essere sempre la bambolina perfetta, la moglie accomodante. Le donne-personaggio non sono solo relegate al modernismo, ma abitano anche l’oggi. Bianca Censori che posa nuda vicino al marito senza alcuna possibilità di prendere parola. «Sicuramente ci sono ancora muse che sono viste come oggetti e non possono parlare»

Vivienne Eliot tra le Eroine di Kate Zambreno

Queste dinamiche riflettono una società in cui le donne erano relegate a ruoli di supporto, impedendo loro di esprimere pienamente il proprio potenziale creativo e di affermarsi come autrici indipendenti. La loro esistenza era spesso narrata attraverso la lente maschile, limitando la possibilità di autodeterminazione e contribuendo a perpetuare stereotipi di genere che le vedevano incapaci di contribuire attivamente al panorama letterario dell’epoca. Tra le donne di cui parla Zambreno c’è anche Vivienne Haigh-Wood, moglie di T.S. Eliot, la cui identità era subordinata a quella del marito, a cui Zambreno attribuisce la frase «Se non posso essere un grand’uomo, me ne scoperò uno». Forse l’unica donna ad aver avuto una relazione con due premi Nobel, T.S. Eliot prima e Bertrand Russell poi. 

Kate Zambreno in Eroine: le donne sono ancora escluse dalla narrazione ufficiale

Eroine è stato ed è tuttora un testo fondamentale per il femminismo letterario contemporaneo, perché porta avanti una riflessione su come le donne siano state sistematicamente escluse dalla narrazione ufficiale e su come questa dinamica continui a persistere. Riuscire a liberarsi da queste costrizioni è tuttora difficile per molte donne ma avere attorno a sé una comunità che le sostiene rende l’imprese un po’ meno amara. «Penso ancora che i sistemi strutturali del patriarcato servano a cancellare le donne, o le persone viste come donne, soprattutto se sono mogli, e sicuramente madri. Spesso vengo ancora trattata come il coniuge del mio partner ed esclusa dalle conversazioni, che ci crediate o no. Credo che gli scrittori che ho incontrato sul blog e attraverso la scrittura dei libri mi abbiano fatto capire che stavo scrivendo per una comunità, non per un’idea capitalistica di pubblico, e questo mi ha fatto sentire meno sola».

Eroine di Kate Zambreno: delegittimare la rabbia femminile è il primo sintomo di oppressione

«Una definizione, credo, dell’essere oppressi è quella di non poter esternare alcuna forma di rabbia» scrive Zambreno in Eroine. Le emozioni delle donne sono spesso etichettate negativamente a causa di stereotipi radicati. Se una donna esprime rabbia, viene definita isterica o irrazionale, mentre a un uomo è concesso di arrabbiarsi senza perdere credibilità. Questo doppio standard riduce le donne al silenzio, rafforzando l’idea che debbano essere sempre calme e accomodanti, negando loro la stessa libertà emotiva degli uomini. Delegittimare la rabbia femminile significa esautorare il motivo, la ragione scatenante di quella rabbia, quindi l’ingiustizia subita. «La rabbia è ancora temuta e vilipesa, mentre è un’emozione alla base della politica emancipatrice. Non essere messi a tacere o soppressi, o lasciati patologizzare, per quella rabbia» racconta Zambreno

La scrittura come una questione di classe con Kate Zambreno, Eroine

In Eroine è citata spesso Virginia Woolf e il suo saggio Una stanza tutta per sé, in cui Woolf  afferma che una donna per poter scriver ha bisogno di una stanza in cui chiudersi chiave e di una rendita. Le poche donne che sono sopravvissute al canone letterario erano tutte benestanti. Una donna di origini più modeste non avrebbe mai avuto il tempo di scrivere perché la sua vita sarebbe stata dedicata alla cura degli altri. Ancora oggi le donne, oltre a lavorare, si fanno carico della maggior parte del lavoro di cura che una famiglia richiede.

«La scrittura è sicuramente una questione di classe, e la Woolf ha potuto essere una scrittrice ai suoi tempi solo perché era di classe superiore e non aveva figli. Qui negli Stati Uniti, senza risorse per gli scrittori, quelli che riescono a diventare scrittori famosi sono spesso dei privilegiati o dei ricchi indipendenti. Penso che la comunità di scrittori all’interno della quale mi trovo provenga da ambienti della classe operaia, dal Midwest, ma anche che un lavoro nasca da una forma di scarsità. La Woolf non parla di una stanza letterale, di uno spazio fisico vero e proprio, ma della libertà di scrivere ciò che si vuole, senza paura di far arrabbiare nessuno, e quindi il proprio reddito, per lei, era necessario. È così difficile essere uno scrittore all’interno del capitalismo».

Ha una routine nella scrittura? Ci sono luoghi che preferisce o che la ispirano maggiormente? 

«Di solito scrivo in camera da letto perché non ho un ufficio, viviamo in una casa con due camere da letto. Quindi non ho una stanza tutta per me. Ho imparato a scrivere quando posso, non quando sono ispirata».

Il matrimonio letterario con Kate Zambreno

Nel modernismo letterario, i matrimoni erano una gabbia a scapito delle mogli, che venivano censurate e rese personaggi. Ma ci sono anche matrimoni letterari con esiti più felici. La mente androgina che Woolf diceva essere necessaria per la scrittura, si può forse trovare nel matrimonio letterario dove due scrittori hanno le loro controparti pronte a dispensare consigli e suggerimenti di scrittura? 

«Non lo so, non sono certo un’esperta di matrimoni letterari. Ora sono sposata con uno scrittore, il critico d’arte John Vincler, e soprattutto in un matrimonio in cui ci sono dei figli, le mogli sono responsabili in modo sproporzionato del carico mentale. Penso che la vera uguaglianza in un matrimonio sia difficile – è anche una questione di classe, come se si potesse assumere un aiuto per la cura dei figli, cosa che noi non possiamo fare. Quindi è sempre difficile trovare il tempo per scrivere. Anche per me è difficile trovare tempo e spazio per scrivere, perché mi occupo degli altri»

Vestiti, scrittura e narrazioni attorno alle scrittrici donne 

Un articolo del Guardian ha evidenziato come le scrittrici siano spesso giudicate per il loro aspetto fisico anziché per il loro lavoro. Un esempio recente è stato la recensione di Martin Ebel sul romanzo di Sally Rooney, Conversations with Friends, in cui l’autrice veniva descritta con “labbra sensuali” e un aspetto “promettente”. Non solo le scrittrici hanno una copertura mediatica minore rispetto ai colleghi maschi, e fanno più fatica ad entrare nel canone letterario, ma sanno che prima del loro lavoro sarà giudicato il loro aspetto e al loro modo di vestire. Questo doppio standard riflette una tendenza più ampia nella quale le donne, non solo nella letteratura, sono valutate in base all’aspetto fisico più degli uomini, influenzando la percezione del loro lavoro e delle loro capacità. 

«Esiste un’uniforme da scrittore? Anche Virginia Woolf era interessata alla coscienza dell’abito”. Io non credo che esista un’uniforme da scrittore. Per lo più scrivo in vestaglia di pile e in camicia da notte. A New York c’è spesso una sorta di uniforme per gli eventi – quando mi sono trasferita qui per la prima volta sono rimasta sorpresa da quanto fossero vestiti gli scrittori – ma anche quello è stato uno shock di classe. Sono attratta dai vestiti, amo gli indumenti stravaganti e ho un mio stile non binario».

Eroine finalmente tradotto in italiano edito da Nottetempo

Heroines è stato pubblicato per la prima volta più di dieci anni fa, ma il suo contenuto è ancora estremamente attuale. Soprattutto negli ultimi anni stiamo notando una crescente popolarità del genere memoir, spesso di voci femminili. Eroine è stato forse tra i primi esperimenti editoriali ad avere una forma così ibrida e ha sicuramente contribuito al riconoscimento della validità del racconto dell’esperienza personale. «Sì, sembra che Heroines abbia contribuito. Ma anche i libri che mi hanno preceduto, come la serie di Chris Kraus (e Chris è stato il mio editore di Heroines). La critica libraria americana ha odiato il libro ma tanti lettori lo hanno amato, e ora col tempo questa posizione critica si è ammorbidita».

Le Eroine contemporanee di Kate Zambreno: consigli di lettura  

«In realtà non vedo le mogli e le amanti pazze come mie eroine, ma solo come personaggi. Adoro Nate Lippens, un altro autore pubblicato su Semiotexte. Amo i libri pubblicati da Danielle Dutton presso Dorothy, un progetto editoriale, e il lavoro della stessa Danielle. Amo il poeta Bhanu Kapil. Anne Boyer. La scrittura teorica di Fred Moten, con cui sto studiando in un dottorato sugli studi sulla performance alla NYU».

Kate Zambreno

Kate Zambreno è una scrittrice, saggista e critica letteraria americana. I suoi testi sono stati pubblicati, tra gli altri, su The New Yorker, The Paris Review, e Granta. Attualmente insegna scrittura alla Columbia University e al Sarah Lawrence College. Tra le sue opere più note figurano “Heroines” (2012), “Drifts” (2020) e “To Write As If Already Dead” (2021). Due romanzi di una nuova serie, che parlano di precarietà e di interni, Schiuma e Performance Art, saranno pubblicati da Semiotexte nel 2025 e nel 2026.

Domiziana Montello

Kate Zambreno, Eroine, Nottetempo, 2025
Kate Zambreno, Eroine, Nottetempo, 2025