Formafantasma x Jil Sander e Venini

Formafantasma e l’approccio scomodo di Trimarchi e Farresin: il vetro

Il vetro e un libro sulle miniere di carbone. Andrea Trimarchi e Simone Farresin si interrogano sul ruolo del designer, tra l’elogio dell’imperfezione e la critica del sistema industriale

Formafantasma x Jil Sander e Venini – il vetro come veicolo di imperfezione, l’artigianato veneziano

Materia, imperfezione, ruvidità. Artigianato come attitudine verso il prodotto, come metodo. Non come elemento di marketing a far leva sulla nostalgia di tempi andati. Nessuna replica in scala industriale, nessuna infinità di oggetti sempre uguali a stessi in ogni centimetro e dettaglio. Sono le premesse della collaborazione dei Formafantasma con Jil Sander: Stone, collezione di vasi nata nei laboratori dei maestri di Venini, tassello della ricerca dello studio di Andrea Trimarchi e Simone Farresin sulla natura del vetro.

«Il vetro è un materiale costoso da produrre e spesso nel mondo del design del prodotto c’è poco tempo per collaborare con i maestri vetrai. Noi abbiamo ammirato la vocazione sperimentale di Venini, soprattutto degli inizi, quando grandi artisti e architetti univano le forze con le aziende del territorio veneziano. L’idea era fare qualcosa che richiamasse quel periodo», spiega Trimarchi. Così è nata Stone: «Cinque vasi di dimensioni diverse, ognuno in nove pezzi e ognuno diverso dall’altro, nessuno riproducibile alla perfezione in modo uguale».

Formafantasma x Jil Sander e Venini
Formafantasma x Jil Sander e Venini

La collezione di vasi Stone – effetto craquelé doppio

La tecnica per Stone è arrivata prima del disegno, scardinando l’ordine logico della produzione di massa. Trimarchi e Farresin sono partiti sapendo cosa volevano raggiungere: l’effetto craquelé, quello delle crepe superficiali che per secoli hanno contraddistinto i vasi muranesi. Poi hanno provato a ottenerlo, aggiungendo un tassello di sperimentazione in più. «Lavorando – e anche un po’ scannandoci – con gli artigiani, abbiamo puntato su un craquelé doppio, interno ed esterno. Di base, l’effetto si ottiene immergendo in acqua fredda il vetro appena soffiato quando è ancora caldo, prima di passarlo in forno. Così si ferma il processo di vetrificazione e lo shock termico crea le crepe che sembrano intrappolate dentro la forma, senza spaccare il vaso. Di solito si fa solo per la parte esterna, qui lo abbiamo replicato anche all’interno. Il vetro sembra rotto, quasi incollato per non crollare in mille pezzi. Ha una dimensione ancora più materica», spiega Trimarchi. La collezione è solo a Venezia, nella boutique di Piazza San Marco di Jil Sander.

Andrea Trimarchi di Formafantasma: «No alle capsule collection nel design – non siamo strumenti di marketing»

Capita che quando sbucano progetti come Stone – l’unione di un brand ‘alto’ con designer richiesti – l’etichetta ‘artigianale’ sia appiccicata al prodotto più come uno specchietto per le allodole che altro. Qui non è andata così. «Credo che da parte di Jil Sander ci fosse davvero l’intenzione di toccare il contesto locale senza portare la narrativa globalizzata che spesso molti brand si trascinano dietro. Per quanto mi riguarda – dice Trimarchi – una delle cose che odio di più è l’idea delle capsule collection del tutto slegate dalla filosofia di appartenenza di un marchio. Lo trovo sbagliato nel design. Molte volte noi designer siamo utilizzati come strumenti di marketing. Succede che le aziende ci contattino perché vogliono avere il nome. Poi dovremmo essere pagati in royalties, ma i pezzi non entrano manco in produzione. Per questo cerchiamo di lavorare solo con aziende che si occupano di prodotto. Per questo siamo meno presenti di un tempo nel mondo del design».

Jil Sander x Formafantasma – Olfactory Series 1

La collaborazione tra Jil Sander e Formafantasma è invece ben rodata: avevano già disegnato i flaconi della collezione di profumi unisex Olfactory Series 1. Si parla sempre di vetro e di imperfezione. Trimarchi: «Seppur in un contesto industriale, anche qui volevamo riportare l’idea di unicità in un processo alienante come la grande produzione. Abbiamo lavorato sia sulla consistenza che sulla rotazione che il vetro fa all’interno dello stampo: quando era ancora caldo veniva fatto uscire in modo da renderlo leggermente scosceso».

Formafantasma x Jil Sander e Venini
Formafantasma x Jil Sander e Venini
Formafantasma x Jil Sander e Venini
Formafantasma x Jil Sander e Venini
Formafantasma x Jil Sander e Venini
Formafantasma x Jil Sander e Venini
Formafantasma x Jil Sander e Venini
Formafantasma x Jil Sander e Venini
Formafantasma x Jil Sander e Venini
Formafantasma x Jil Sander e Venini

Down Under: The Curious Fall of a Child Who Knew Nothing and Became Everything – il libro di Formafantasma per Nero Editions

Pur impegnati tra un vaso nato nei laboratori di Venini, un profumo e una lampada per Flos, Trimarchi e Farresin lasciano sempre più spazio alla ricerca multidisciplinare sulla natura del design, la sua funzione e le sue implicazioni sull’economia, la società, l’ambiente, l’etica. Va in questo senso il libro Down Under: The Curious Fall of a Child Who Knew Nothing and Became Everything, pubblicato da Nero Editions, con le illustrazioni di Clément Vuillier. Qui mescolano narrativa e ricerca scientifica, con l’intento di «coltivare una nuova alfabetizzazione ecologica». Lo definiscono un libro intergenerazionale: «C’è una parte per bambini, illustrata, e una per adulti. La seconda andrebbe letta prima dai genitori, per poi raccontare la storia ai propri figli». Si inseriscono nel solco di Enzo Mari e Bruno Munari, tra i primi designer a lavorare con le illustrazioni per bambini.

La residenza nelle Fiandre tra le miniere di Genk, le montagne di detriti «piene di vita»

Il libro nasce durante una residenza a Genk, nelle Fiandre del Belgio. Lì, agli inizi del Novecento, c’era il cuore dell’Europa industriale. Si estraeva il carbone. «Quel tipo di industria ha lasciato dietro di sé un disastro, un mondo morto. Il Belgio è piattissimo, ma ogni manciata di chilometri si incontrano delle montagne. Non sono altro che gli ammassi dei detriti che venivano estratti dal sottosuolo. Alcuni di questi luoghi hanno avuto una seconda vita: qualcuno è diventato un parco divertimenti. Altri sono stati lasciati così come erano, senza una funzione», dice Trimarchi. 

Il C-mine bezoekersonthaal, museo del patrimonio del Belgio industriale, ha chiamato Formfantasma per dare uno scopo ai terril ancora presenti. «Abbiamo parlato con biologi, scienziati, esperti d’ambiente. Questi luoghi sono percepiti spesso come vuoti, morti. In realtà sono pieni di vita: scavando pochi centimetri ci siamo accorti che dal suolo venivano fuori minerali e microrganismi che di norma troveremmo nel sottosuolo profondo». Questo ha dato il via alla genesi del libro. Trimarchi e Farresin hanno immaginato un piccolo protagonista, figlio di architetti, che un po’ come Alice nel paese delle meraviglie cade in un buco. «Lì incontra minerali, funghi, addirittura un canarino: i minatori nel sottosuolo portavano con loro degli uccellini per mandarli avanti. Quando non cinguettavano più voleva dire che l’aria era finita». Il bimbo capisce che il mondo è fatto anche da ciò che non vediamo a occhio nudo. Risalito in superficie, si rende per esempio conto che anche il cagnolino di case è un essere vivente. Quando lo lecca, sente il sapore del sale. Tutto è connesso. 

Formafantasma x Jil Sander e Venini
Formafantasma x Jil Sander e Venini
Formafantasma x Jil Sander e Venini
Formafantasma x Jil Sander e Venini

Il design ha il potere di cambiare il mondo?

Down Under: The Curious Fall of a Child Who Knew Nothing and Became Everything nasce dall’idea che il design abbia il potere di trasformare il mondo. «Proviamo a scardinare il concetto di design. Non tutti i nostri progetti possono farlo, alcuni sì. In qualche modo il modus operandi di Enzo Mari per noi è sempre stato un esempio in questo senso: ha lavorato molto con l’industria, ma in modo intelligente. Ha cercato di guardare al modo di produrre e di collegarlo alle tematiche che plasmavano i suoi tempi. Parliamo degli anni Sessanta e Settanta, quindi analizzava la lotta nelle fabbriche, il tema del lavoro Noi ci siamo concentrati sull’ecologia».

La pratica ambigua del designer – è parte del problema, ma è in cerca della soluzione

Non fosse altro che per l’ambientazione post-industriale, il libro riprende critiche che Trimarchi e Farresin spesso hanno avanzato al loro settore: il design inquina, il design si basa su pratiche estrattive predatorie. Staccarsi da questo sistema non è facile. Come fare? «La nostra pratica è ambigua. Da un lato cerchiamo le problematiche, dall’altro ne siamo complici. Questo è il contesto economico in cui lavoriamo. C’è chi si nasconde sulla propria roccia e lo guarda da lontano, come alcuni accademici, e c’è chi si sporca le mani. Noi proviamo ad avere l’attitudine dell’accademico, però sporcandoci le mani. Funziona? Se ne può discutere. Non sempre si riesce ad aggiungere narrative positive a un sistema compromesso. Spesso si è solo complici. Altre volte no».

Trimarchi fa qualche esempio. Come il progetto portato avanti con Artek, l’azienda di Alvar Aalto, con cui hanno ripensato alla filiera del legno. Nessun pezzo è stato disegnato – «Non ci interessava» – ma si è solo guardato alla selezione dei legni. La definisce «inclusiva», nel senso che si è utilizzato tutto l’albero invece che una porzione molto piccola, come si fa di solito. La stessa attitudine sta ispirando la collaborazione con Maharam, una delle più grandi aziende di tessuti del Nord America. La sua produzione è globale. Va dall’Australia alla Cina e l’Europa. Trimarchi e Farresin stanno cercando di capire cosa significhi per un’azienda di queste dimensioni produrre e distribuire lana su scala locale. 

Ogni design unico verrà prodotto territorialmente, quindi ci sarà un prodotto americano, uno europeo e uno asiatico. Ci saranno delle differenze da una parte del mondo all’altra. «L’Europa è molto più forte sul riciclo della lana, grazie al reparto pratese. L’Asia spesso ha lana merinos e quindi bisogna guardare all’eticità delle pratiche, perché la sua produzione è molto industriale. In America ci stiamo concentrando di più sulle lane rustiche, tutte quelle che vengono buttate perché di fatto non c’è una vera industria della lana. È un altro esempio di come si può usare il potere del design non solo per produrre un oggetto, ma anche per trasformare il modo in cui ci si approvvigiona dei materiali, quello in cui li si smaltisce e così via»

Formafantasma x Jil Sander e Venini
Formafantasma x Jil Sander e Venini

Formafantasma

Simone Farresin (1980) e Andrea Trimarchi (1983) sono i fondatori di Formafantasma. Lo studio lavora tra prodotto commerciale e progetti di indagine sulle sfumature sociali, storiche, politiche, sociali ed ecologiche del design. Hanno insegnato alla scuola di Design MADE in Sicilia e alla Design Academy di Eindhoven per il master di GEO-Design.

Formafantasma x Jil Sander e Venini
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