
Gaetano Pesce a Napoli, ieri come oggi, rompe le regole
Le polemiche delle femministe intorno all’installazione di Gaetano Pesce a Napoli che richiama una forma fallica è l’occasione per ripercorrere la sua carriera – in un’intervista rilasciata a Lampoon nel 2023, condivideva la sua idea di fluidità
Duecento donne, appartenenti a sette associazioni, hanno inviato una lettera al sindaco Gaetano Manfredi esprimendo il loro sdegno per l’opera Tu si’ na cosa grande di Gaetano Pesce
La lettera, firmata da sette associazioni femministe di Napoli, è indirizzata al Sindaco per esprimere il disappunto nei confronti di un’installazione artistica di Gaetano Pesce esposta in Piazza Municipio, giudicata come un simbolo esplicito di maschilismo e sessismo. L’opera, descritta come una struttura fallica illuminata per evidenziarne i dettagli anatomici, è considerata un trionfo della cultura patriarcale e della misoginia. Le firmatarie sottolineano come tale rappresentazione rafforzi una gerarchia di potere tra uomo e donna, legata alla sessualità maschile, e sia un’offesa alle donne di Napoli. Richiedono la rimozione immediata dell’opera e la creazione di una consulta comunale femminile per garantire che le scelte culturali future siano più inclusive e rispettose.

Gaetano Pesce infrange le regole
È difficile definire cosa sia o cosa faccia Gaetano Pesce. Le sue creazioni – che siano design, arte o architettura – sono guidate da una sola regola: innovare. Di origine ligure, si è laureato all’Istituto Universitario di Architettura (IUAV) di Venezia nel 1965.
Degli anni da studente racconta: «Non avevo maestri. In realtà, sì, uno: Bruno Zevi. All’epoca avevo diciannove anni e lui era come un vulcano, ci insegnava a ignorare le regole, l’opposto di quanto solitamente viene insegnato a scuola. Cercava di svegliarci dal nostro torpore. Siamo rimasti amici anche dopo la laurea, e ogni volta che ero a Roma lo andavo a trovare nel suo ufficio in Via Nomentana, ma avevo la sensazione che avesse un risentimento verso di me, perché pensava che non stessi facendo abbastanza. Per me, quegli anni erano di riflessione. I miei maestri, anche allora, si chiamavano Michelangelo, Leonardo, Brunelleschi, Caravaggio, Raffaello. Sono maestri per me perché non prendo in considerazione il loro tempo, ma il loro atteggiamento: mi hanno insegnato che si fa arte guardando avanti e scoprendo. Non seguo le loro forme, ma il loro approccio, che applico al mio tempo».
Gaetano Pesce – Cerco di evitare la coerenza
Gaetano Pesce rincorre i pensieri senza fermarsi e racconta: «Cerco di comprendere il tempo in cui viviamo, un tempo che si muove più velocemente rispetto al passato, cambia valori ed è contraddittorio. Da giovane, avevo una compagna straordinaria e intelligente, Milena Vettore, che mi ha aiutato a capire quale doveva essere il mio ruolo nel mondo. Con lei ho capito che il mio comportamento doveva essere guidato dall’incoerenza. Il nostro tempo è incoerente, pieno di informazioni che rendono impossibile avere una logica o una direzione. Il nostro tempo ci fa pensare in un modo oggi, ma forse nel modo opposto domani. La nostra volontà di essere lineari può solo scomparire e diventiamo liquidi, come il nostro tempo. Ecco perché mi stanco facilmente di ciò che faccio e non voglio rivedere il giorno successivo ciò che ho realizzato il giorno prima, perché non voglio annoiarmi. Ho bisogno di sperimentare e di essere felice di ciò che faccio. Se mi trovo a dover ripetere, a dover riflettere su qualcosa del passato, mi deprimo. Cerco di evitare questo tipo di coerenza».

Nessuno oggi dovrebbe avere barriere secondo Gaetano Pesce
Nel 1959 Gaetano Pesce ha fondato a Padova, con Milena Vettore, il “Gruppo N”, un ‘collettivo’ di architetti e artisti focalizzati su, come dichiarato nel testo programmatico redatto nel 1961, ‘la necessità di una ricerca collettiva’: «Milena è scomparsa molto presto, in undici giorni, a causa di un ictus, mentre stavamo facendo ricerche commissionate dall’azienda Cassina. Mi ha insegnato molto, soprattutto a non essere attaccato a niente. Questo è chi sono oggi: se ieri pensavo che la mia arte non dovesse essere riconoscibile, oggi non so se la penso ancora così. Se ieri pensavo che il più grande valore del nostro tempo fosse la diversità, non so se ci credo ancora oggi. Cerco il senso della vita, lo faccio con il mio lavoro: non ho limiti e non penso che nessuno debba averne. Dobbiamo esprimerci secondo ciò che il tempo ci suggerisce. Il tempo è un grande maestro, forse un dio, a lui dobbiamo tutto».
2011, ‘La Crocifissione Italiana’ – l’Italia viene crocifissa
Nel 2011 a Milano, l’architetto ha allestito ‘La Crocifissione Italiana’ e ha rappresentato la penisola italiana che gocciola sangue, inchiodata a una croce alta sette metri. Sono passati molti anni da allora, e non è cambiato molto:
«Il prestigio italiano non esiste più, tranne che per cibo, moda e design. Il Presidente della Repubblica Italiana dovrebbe dirlo. Dovremmo scuoterci e rimboccarci le maniche, tornare a essere creativi come lo eravamo in passato. Invece, il progetto del ponte sullo stretto di Messina somiglia al Golden Gate Bridge di San Francisco. L’Italia ha ponti che nessun altro paese al mondo ha, come quelli abitati di Firenze e di Rialto. Dovremmo costruire un ponte abitato, non un ponte imbecille che permette solo di andare da una regione all’altra. Una struttura che permetta alle persone di raccontare e scoprire la realtà del nostro paese».
Gaetano Pesce: L’architettura è inutile come la filosofia
Le opere di Gaetano Pesce trasmettono allegria, leggerezza e gioia: «Se guardo il divano Sunset a New York, capisco che c’è un messaggio dietro, di possibile decadenza di un luogo, che non è avvenuta. C’è un sole, che poteva essere un tramonto, ma è un’alba».
L’esplorazione con le scale del design non lo spaventa, dal cucchiaio alla città, dal design alla pianificazione urbana: «Dove imparo? Leonardo era curioso, anche Raffaello era curioso, i grandi sono curiosi. Sono guidato dalla mia curiosità per scoprire cosa manca intorno a noi. Da un certo punto di vista, l’architettura non è davvero utile a nessuno, è come la filosofia: non serve se qualcuno non vuole pensare. Ma l’architettura, come la filosofia, ci aiuta a comprendere il nostro tempo, perché per invecchiare abbiamo bisogno di musica, poesia e arte in generale, che stimolano i nostri cervelli e ci aiutano a fare esperienza».
Gaetano Pesce: La sperimentazione non deve essere insegnata, va solo fatta
Già alla fine degli anni ’60, Gaetano Pesce dichiarava che il designer, piuttosto che un creatore, deve essere uno scopritore dei nuovi significati di questo tempo. Dal 1980, Gaetano Pesce ha scelto New York per farlo: «Qui le cose accadono prima che altrove e per questo motivo il nostro tempo è più riconoscibile qui che altrove. È una città piena di minoranze, energie ed effervescenze, e le persone investono in nuove idee. Sono venuto qui perché è stata la prima città che mi ha dato le possibilità economiche per vivere: ho venduto i miei primi disegni, a Barbara Jacobson, per il Museo di Arte Moderna. New York ha fame di innovazione. Nel nostro studio a Brooklyn, lavoriamo in modo disordinato, ma è così che funziona la ricerca. Siamo otto o nove e facciamo tutto, perché la creatività non ha limiti, non c’è limite alla nostra espressione. La sperimentazione non deve essere insegnata, va solo fatta. Essere multidisciplinari è un obbligo, altrimenti sei un fallito».
Dal poliuretano della collezione di sedute UP, progettata dal 1969, alla resina delle quattrocento sedie della serie ‘How are you?’, presentata alla sfilata estate 2023 di Bottega Veneta, l’architetto continua a sperimentare, provando ogni nuova tecnologia. Sull’intelligenza artificiale, si interroga con diffidenza: «Mi chiedo se abbia la capacità di attingere all’immenso serbatoio delle nostre nozioni e riproporle quando non richiesto, come fanno i nostri cervelli. L’intelligenza artificiale va bene solo se è funzionale».
Gaetano Pesce
Nato nel 1939 a La Spezia, nel nord Italia, Gaetano Pesce ha studiato architettura allo IUAV di Venezia e ha frequentato l’Istituto di Design Industriale di Venezia, una scuola sperimentale dove ha incontrato Milena Vettore, con cui ha aperto uno studio a Padova, fondando il gruppo “N” nel 1959, che si occupa di studi sull’arte programmata. Svolge ricerche nel campo dell’arte cinetica e seriale. Nel 1983 si trasferisce a New York, dove vive e lavora. Le sue opere si trovano nei principali musei di design del mondo.