La canapa utilizzata da Francesco Vantin di Gimmi jeans è la carmagnola||Lampoon. Gimmi Jeans - utilizzo della fibra di canapa|Gimmi Jeans - utilizzo della fibra di canapa||Gimmi Jeans è un brand di denim realizzato in fibra di canapa e a km0

Denim in canapa e cotone organico: il progetto Gimmi Jeans a Vicenza

Dal seme al capo finito, Gimmi Jeans lavora la canapa Carmagnola in un raggio di trenta chilometri. Il progetto intreccia artigianato locale, sostenibilità e riflessione materica

Gimmi Jeans: abbigliamento in canapa e una nuova visione del denim

Gimmi Jeans è un brand vicentino che produce abbigliamento in canapa e punta a integrare estetica e sostanza, sperimentazione tecnica e artigianalità. Propone una visione del denim radicata nella materia, nei gesti lenti dell’artigianato, nella filiera corta e nella coltivazione diretta della canapa. Con la nuova collezione, Abbraccia la materia, il marchio affina la propria identità, mettendo in discussione l’apparenza come valore dominante e recuperando il senso della forma attraverso il contenuto. 

Ritorno alla materia: il denim secondo Gimmi Jeans

Fondata da Francesco Vantin nel 2019, Gimmi Jeans nasce a Sovizzo, in provincia di Vicenza, con l’intento di riscoprire e valorizzare l’artigianato locale legato alla lavorazione della canapa. Il nome del brand rende omaggio alla nonna di Vantin, Gilda, dai cui racconti ha preso forma l’idea di un progetto incentrato sulla canapa come materia prima, sulla sostenibilità e sulla produzione locale: «Nonna Gilda mi raccontava come, da bambina, utilizzava la canapa che cresceva nei campi vicino a casa sua per realizzare tessuti per lenzuola insieme a sua madre, la mia bisnonna. Spesso quei tessuti erano condivisi con la comunità. Da lì ho iniziato a informarmi, a capire che la canapa è stata una delle prime fibre utilizzate per fare i jeans. Ho deciso di fondare un marchio che riscoprisse queste radici e le trasformasse in qualcosa di attuale» racconta Vantin.

Sin dagli esordi, l’obiettivo di Gimmi Jeans è stato quello di ridurre l’impatto ambientale della produzione tessile, lavorare con una filiera corta e realizzare ogni fase del processo produttivo in loco: «Produrre tutto nell’arco di pochi chilometri permette di avere un prodotto di altissima qualità e di minimizzare l’impatto ambientale dovuto dagli spostamenti del materiale. Le aziende con cui lavoriamo sono più amici che semplici collaboratori, discutiamo e ci consigliamo su come produrre nel migliore dei modi, sia per la qualità sia per essere il più sostenibili possibile. Troviamo assurdo che la sostenibilità sia un trend di mercato, dovrebbe essere scontata come cosa, l’ambiente in cui viviamo è tutto, senza di esso non possiamo sopravvivere».

Il denim in canapa è privo di elastomeri e antibatterico, permettendo così di ridurre i lavaggi e il conseguente rilascio di microfibre nell’acqua. Assorbe i raggi infrarossi e gli UVA fino al novantacinque percento. Inoltre, essendo la canapa una fibra cava, il denim si termoregola, restando fresco d’estate e caldo d’inverno: «I nostri jeans vengono consegnati insieme a un sacchettino di juta contenente dei semi di canapa industriale, per trasmettere il concetto che da piccole cose possono nascere grandi progetti, così come da quei semi di canapa sono nati i nostri prodotti».

Canapa tessile e filiera artigianale vicentina

Gimmi Jeans utilizza la Carmagnola, varietà di canapa tessile storicamente usata in Italia già nel diciassettesimo secolo. I vascelli da guerra di quel periodo, per esempio, erano dotati di vele in tela olona di canapa. Giuseppe Garibaldi indossò dei jeans in tela di Genova, lunghi fino alla caviglia, per lo sbarco a Marsala e la guerra in Sicilia nel maggio 1860: «Purtroppo tutti gli strumenti dell’epoca sono andati perduti, anche in provincia, ma molti dei tessuti realizzati da mia nonna sono ancora integri. Con uno di questi abbiamo realizzato il nostro primo paio di jeans».

La trasformazione della pianta in fibra di canapa avviene localmente, mantenendo un controllo diretto sulla qualità e la sostenibilità del ciclo produttivo: «Coltiviamo la canapa a casa mia, a Castelgomberto, in provincia di Vicenza, dove ho creato un laboratorio domestico. Con legno e chiodi sono riuscito a realizzare una piscina mobile per la fase di maceratura, una gramola per la stigliatura e un pettine per la pettinatura. La gramola utilizzata per la stigliatura è un attrezzo composto da due cavalletti, uno anteriore e uno posteriore, che mantiene in piedi due assi, i quali si alzano e si abbassano. Incastrandosi all’interno dei due assi sottostanti, fanno sì che si crei una cavità nella quale è inserito il canapulo, che poi viene battuto. Realizziamo la filatura in collaborazione con una realtà locale e affidiamo la tessitura a un piccolo laboratorio. La confezione è gestita da maestri artigiani a Sovizzo, le lavanderie sono certificate. Persino l’etichetta di composizione interna è realizzata da noi con cotone biologico e serigrafia ad acqua. Questo non è folklore, è controllo qualitativo e responsabilità».

Le fasi di produzione e lavorazione della fibra di canapa

La fibra di canapa risulta più sostenibile di altre fibre naturali, come, per esempio, il cotone: «È una pianta infestante, che quindi non necessita di grandi quantità d’acqua. Se il terreno è lavorato adeguatamente prima della semina, la pianta non ha bisogno di pesticidi». 

Verso la fine del mese di agosto avviene la raccolta a mano: «Gli steli vengono fatti seccare e poi si passa alla maceratura, che dura all’incirca dieci giorni. Segue la fase di asciugatura al sole, che dura tra i dieci e i quindici giorni, e la stigliatura, che serve a separare il canapulo (parte legnosa) dal tiglio (la parte fibrosa)». 

Una volta stigliata, la fibra viene pettinata: «La pettinatura serve a parallelizzare le fibre, che sono poi ulteriormente ripulite da eventuali residui di canapulo con l’ausilio di un pettine con chiodi e di una spazzola a denti fini». I semi vengono riutilizzati come mangime per le galline da allevamento della famiglia Vantin.

Filo di canapa: un materiale in continua evoluzione

Il filo di canapa di Gimmi Jeans è frutto di una combinazione tra filatura laniera e tessitura a mano. L’obiettivo è ottenere un tessuto che conservi le caratteristiche originarie della fibra, ma offra allo stesso tempo un’esperienza tattile di morbidezza: «La canapa è sempre stata percepita come una fibra grezza, scomoda. Noi cerchiamo di modificarne la percezione attraverso il processo produttivo e l’immaginario visivo. Non vogliamo un prodotto nostalgico, ma attuale, dinamico, urbano. La materia evolve, come evolve chi la lavora. Non ci interessa replicare l’immagine storica della canapa. Lavoriamo per darle nuove connotazioni. La chiamiamo fibra naturale, ma non vogliamo che sia percepita come ruvida. Per questo scegliamo processi che la rendano più morbida, più piacevole al tatto. Riduciamo la lunghezza delle fibre e torciamo di più il filo, in modo da ottenere maggiore flessibilità e comfort senza perdere resistenza. Mentre la filatura ad umido produce un filo molto rigido, la nostra tecnica ci permette di avere capi più comodi e dinamici».

Secondo Vantin, si tratta di una sfida non solo tecnica, ma anche comunicativa: trasformare l’immagine di una fibra associata alla rusticità in qualcosa di contemporaneo. «Quando abbiamo iniziato, ci siamo concentrati su piccoli dettagli: la forma delle tasche, i tagli. Ora, con Abbraccia la materia, vogliamo andare oltre l’estetica, cercando una connessione profonda tra chi indossa il capo e la materia con cui è realizzato».

L’idea è che l’evoluzione tecnica si debba accompagnare a una riflessione estetica che si distanzi dalla pura superficie: «La superficie liscia, lucida spesso inganna. Noi vogliamo riportare l’attenzione al mattone, non all’intonaco. La materia è ciò che resta».

Abbraccia la materia: un’estetica che parte dalla sostanza

Proprio da un muro in mattoni e intonaco deriva il concept della nuova collezione di Gimmi Jeans. Durante una visita a un fornitore, Vantin e i suoi collaboratori si ritrovano a osservare un muro in un bar di paese: intonaco bianco sopra, mattoni rossi sotto: «Lì abbiamo capito che volevamo lavorare sulla sostanza, sull’essenza». L’intonaco simboleggia la superficie effimera, il mattone rappresenta la struttura.

Il nome della collezione, Abbraccia la materia, allude a una filosofia che si oppone all’apparenza: «Non è solo l’estetica a infondere emozione: è la sostanza, il tocco, la verità racchiusa nei materiali che ci avvolgono a trasmettere sentimenti. Abbraccia la materia, perché nella materia ci sono la vita e la concretezza dei sogni: tutto ciò di cui abbiamo sempre avuto bisogno».

Abbraccia la materia include quattro capi caratterizzati dalla «campagna che va in città». Una camicia, una giacca in denim rivisitata rispetto alla precedente versione del marchio, una giacca reversibile e dei pantaloni le cui tasche posteriori – ispirate al mondo del climbing – sono state ridotte al minimo: inserite nelle cuciture, risultano quasi invisibili.

I capi sono accompagnati da timbri incisi su legno, realizzati da una storica azienda vicentina che opera da oltre un secolo. I timbri, uno con il logo del brand e l’altro con lo slogan della collezione, vengono applicati a mano all’interno di ogni capo.

Gimmi Jeans

Gimmi Jeans è un marchio fondato nel 2019 a Sovizzo, in provincia di Vicenza, specializzato in capi in denim realizzati con canapa coltivata localmente. Il brand gestisce internamente tutte le fasi della filiera, dalla semina alla confezione, in un raggio di circa trenta chilometri. Utilizza varietà autoctone di canapa e tecniche artigianali di trasformazione e tessitura. La produzione è orientata alla riduzione dell’impatto ambientale e al recupero del saper fare locale.atura e ai jeans di essere freschi d’estate e caldi d’inverno.

Debora Vitulano