
Lampoon, ruvido: dall’architettura razionalista alla canapa sostenibile
La ruvidità secondo Lampoon: l’architettura di Milano, consistente e coerente, la filiera italiana della canapa e delle fibre naturali, per un’industria tessile sostenibile
Lampoon, ruvidità, fibre naturali e vegetali: la direzione editoriale
Al microscopio, una fibra naturale, animale o vegetale che sia – lana, canapa, cotone, anche la seta – presenta una ruvidità morfologica che funzionerà come attrito fornendo una presa reciproca che in fase di torcitura, quindi di filatura, e ne migliorerà la stabilità. Tutto questo non sussiste per le fibre sintetiche o a estrusione – nylon, poliestere, ogni viscosa anche da materia naturale – che al microscopio appariranno completamente lisce.
Lampoon sostiene e sosterrà una industria tessile dedicata alle fibre naturali – e tra le diverse fibre naturali, la più nobile è la canapa. Le fibre naturali sono ruvide – e su questa parola ruvido, la direzione editoriale di Lampoon si è costruita, ridefinendo la propria estetica.
Riferimento primario per Lampoon: l’architettura razionalista del secondo Novecento: lo studio BBPR della Torre Velasca
Il nostro primo riferimento. La nostra narrazione comincia con un gruppo di architetti che, a Milano negli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta, inventarono il modo di una città: il fascismo aveva demolito gli edifici borghesi e popolari della seconda metà dell’Ottocento per lasciar spazio a nuove vie, ampie e porticate, disegnate per volumi prima ancora che per linee. Su un nuovo layout che sembrava quasi un reset, esplose quello che fu chiamato il ‘miracolo’ di Milano, ovvero la performance del boom economico italiano. Si compose nella sua complessità l’architettura razionalista di Miliano, che avrebbe per sempre, oggi più che mai, definito l’identità di questa città.
Lo sventramento del centro fu lo scempio di un regime dittatoriale sconfitto – ma su questo vuoto viscerale, l’energia esplodeva come fuochi d’artificio. Qui Lampoon trova il suo riferimento, la matrice della sua narrazione – in inglese, narrative o story telling – riconoscendo negli architetti di quegli anni i primi maestri – Gio Ponti, Giovanni Muzio, lo studio BBPR della Torre Velasca – e quelli che in Italia importarono le invenzioni di architettura organica alla maniera di Frank Lloyd Wright. Il razionalismo ripensato da Ignazio Gardella, di Vico Magistretti – quanti altri, oggi forse inimitabili nello consistente coerenza. Una scrivania circondata di libri, di giornali – eppure in ordine, dal temperamatite al compasso – alla scatola dei pantoni, al computer. I segni delle donne compongono il nostro abaco: Gae Aulenti, Cini Boeri, Gabriella Crespi, Franca Helg.

La mano di un architetto quando disegna: Lampoon e il concetto ‘ruvido’
La sicurezza con cui sa esprimersi, il codice del suo tratto: il disegno a mano di un architetto riesce a dare un sapore, un contesto – la pressione della matita, i dettagli di rifinitura si può comprendere un mondo: gli appunti restano sui lati, gli errori sono indicazioni, non servono correzioni o segni che li annullano – non si cancella niente. I chiaro scuri perdono ogni romanticismo, definiscono prospettive e proporzioni, misure tecniche. Assonometrie – l’ombra diventa una formula matematica, nel disegno lo spostamento dei raggi del sole nel corso della giornata. La poesia diventa tecnica sulla tavola dell’architetto. Questa è al ruvidità di Lampoon. La struttura dei materiali si mescola con la porosità della carta: il grafene della matita si appoggia, incide e sfonda, la ruvidità del foglio di carta.
La nostra pelle ruvida: i difetti sono solo pregi
La ruvidità è nella pelle umana. Nei difetti, nei peli e nella cellulite – lì, dove vogliamo nasconderci, c’è la bellezza. I muscoli nono sono scolpiti né allenati, ma sono forti per stringerti in un abbraccio, per caricarti sulle spalle e farti arrivare più in alto. Lo sport è una disciplina intellettuale, non una vanità, di cui tutti abbiamo voglia. Lo sport rimane un riferimento per il nostro concetto di ruvido.
L’uomo e la donna – nuove definizioni di maschilità e femminilità
L’uomo non è più muscoloso, massiccio – esile, quasi fragile. Le fibre muscolari esistono ed esitano. I muscoli funzionano quasi sempre senza violenza. La donna trova la linearità dei suoi lineamenti: il viso è pulito, disdegna il trucco, disdegna il pettine. Le dita delle mani sono libere. Una donna non ha bisogno di orpelli né di colori – sensuale in un’androginia che si manifesta in superficie, la femminilità è sempre e solo una questione di profondità, mai una posa.

Lampoon: fotografie analogiche
Su Lampoon vorremmo scattare tutto su una pellicola analogica, per la pastosità delle ombre e della grana. La stessa pastosità di una pelle adulta, o di un corpo reale. Non ci sono trucchi, non ci vorrebbe essere post-produzione – non c’è più la fotografia digitale. Un mondo ruvido, sincero, scarno e crudo – con pochi colori appariscenti, ma con le tonalità in equilibrio, con molti sostantivi ben coniugati – pochi aggettivi, nessun superlativo, nessuna retorica, nessuna enfasi. Il nostro linguaggio è ruvido.
Lampoon: canapa naturale per una filiera italiana
Da questo mondo ruvido, nasce Lampoon. Un giornale, ma ance un catalizzatore: un laboratorio intellettuale di ricerca che trova il suo traguardo simbolico in una fibra naturale e vegetale: la canapa. Con la stessa cura nella progettazione che un architetto lavora sulla sua tavola da disegno, Lampoon sta lavorando sulla fibra di canapa: partendo dai campi agricoli, studiando come le fibre debbano essere raccolte, tagliate in quali punti, per poi attraversare i processi di stigliatura e di macerazione, di pulizia e cardatura – fino ad arrivare alla filatura. Lampoon è un portale, una piattaforma, dove chiunque voglia lavorare la canapa possa trovare voce – e da qui Lampoon diventa un catalizzatore di commercio e progetti concreti per ripristinare un mercato e un’economia.
Ne uscirà un filo ruvido – ovviamente – ma che dare un tessuto con la mano simile alla seta e al cachemire. Un tessuto di canapa sarà un tessuto completamente italiano – oggi, quando in Italia importiamo dall’estero tutte le materie prima dell’industria tessile. La sua morbidezza aumenterà a ogni contatto con l’umidità della pelle, a ogni lavaggio in casa senza rilasciare microplastiche nell’acqua – e a ogni lavaggio, la canapa ritroverà la sua il suo nerbo, e rilascerà lo stesso profumo d’estate anche dopo anni, senza mai cederlo.

Canapa, industria tessile sostenibile
Le microcamere d’aria che compongono la fibra di canapa le danno abilità di regolazione sia nei tessuti, sia nelle calci per costruire le case di domani – perché con la calce di canapa si costruiranno le case di domani. La canapa permette un’industria tessile sostenibile. Con la canapa produci la carta sia per gli architetti sia per i pittori. Un ettaro di canapa toglie dall’atmosfera più Co2 di un ettaro di foresta – se poi, questa canapa viene utilizzata per fine duraturi nel tempo, questa Co2 rimane bloccata nei nostri contesti terreni e non tornerà nell’aria. La canapa viene piantata per pulire i terreni inquinati in Puglia, intorno all’Ilva, dai metalli pesanti. Canapa, legno, terra – la ruvidità della mano di un architetto, della nostra pelle umana. Questa è la ruvidità di Lampoon.
Carlo Mazzoni
