
Il Principe Alessandro Torlonia e la storia della collezione dei Marmi Torlonia a Villa Albani
La leggenda della Collezione delle Collezioni: la storia della collezione dei Marmi Torlonia voluta dal principe Alessandro e oggi custodita a Villa Albani a Roma
Cosa sono i Marmi Torlonia? Di che si tratta e che cosa si intende
I Marmi Torlonia sono una collezione di antichità composta di 620 pezzi catalogati. I Marmi Torlonia sono l’ultima raccolta principesca romana a formarsi. La Collezione Torlonia è il compendio di tante testimonianze della classicità confluito in un unico ambito grazie alla volontà di una sola figura di mecenate e collezionista – il principe Alessandro Torlonia.
Per decine di anni i Marmi Torlonia sono stati una leggenda: una collezione di collezioni, summa del solco e del gusto antiquario. Si può paragonarli al primo museo ercolanense di cui narra Goethe. È un po’ come quando dagli scavi delle prime campagne di Ercolano e Pompei, condotte da avventurieri e letterati come il sedicente barone Pierre-François Hughes d’Hancarville, affioravano meraviglie, lasciando attoniti gli aristocratici borbonici, Sir William Hamilton, gli eruditi e i Grand Touristes.
Il corpo della collezione Torlonia a Villa Albani: l’Hestia Giustiniani e l’Euditemo di Battriana, la Tazza con Simposio Bacchico
La collezione prese corpo definitivo nel 1875 quale risultato di una serie di acquisti portati a termine nell’arco di 50 anni. I Marmi erano assurti a orgoglio non solo per la nobiltà, ma anche per un ceto borghese di speziali, mercanti e notari, che indulgono a definirsi Romani naturali, ornando le facciate delle proprie abitazioni con frammenti e reperti lapidei.
Nel 1825 il principe Alessandro aveva acquistato in blocco la statuaria dei Giustiniani. Con una vendita che si perfeziona nel 1857, i Torlonia acquisiscono 270 opere della Galleria dei marchesi Giustiniani, tra le quali l’Hestia Giustiniani e il cosiddetto Euditemo di Battriana, oltre a busti imperiali e ritratti.
Nel 1866 era entrato in possesso della Villa Albani, edificio del Settecento che Winkelmann titolò a playground, inserita in un parco nel cittadino e tuttora proprietà Torlonia. Due contenitori che custodivano il meglio di precedenti gallerie patrizie – Orsini, Savelli, Cesarini, Pio da Carpi, Cesi, Imperiali, Barberini.
A Villa Albani, non lontano dal sorriso dell’Antinoo, su un bureau-plat Secondo Impero, dopo la breccia di Porta Pia, nel settembre 1870, sarebbe stato siglato l’armistizio che consegnava Roma a Vittorio Emanuele II di Savoia. Il papa – non più re – se ne starà recluso tra le alte mura del Vaticano, e i Savoia si insedieranno nella Città eterna e sul trono di un’Italia appena nata.
L’acquisto della collezione di Bartolomeo Cavaceppi: il suo atelier e i viaggiatori britannici
Tramite asta pubblica, il principe compra la collezione dello scultore Bartolomeo Cavaceppi (1717-1799), restauratore di statuaria antica del Settecento – una raccolta di marmi antichi, terrecotte, bronzetti, modelli e calchi, che si trasforma nel nobile decoro delle principali residenze della famiglia Torlonia, la Villa sulla Nomentana, palazzo Bolognetti poi Torlonia a Piazza Venezia.
Sodale di Johann Joachim Winkelmann, archeologo, bibliotecario e studioso, tra gli inventori del neoclassicismo – nel 1768 lo accompagna nell’ultimo viaggio in Germania –, e forte dell’appoggio del Cardinale Alessandro Albani (di cui, dal 1743 è curatore della collezione archeologica), Bartolomeo Cavaceppi riuscì a ottenere commissioni da parte dei viaggiatori di passaggio nell’Urbe, soprattutto britannici. Il suo atelier era tra le attrazioni dell’epoca e fu frequentato da Caterina II di Russia e da Federico II di Prussia. La sua maestria, anche di falsario, aleggia nella Sezione III dell’esposizione, quella che indaga il Settecento.
La Tazza con Simposio Bacchico
La Tazza con Simposio Bacchico è una testimonianza di queste dinamiche di rappresentazione. Alla fine del Quindicesimo secolo, la Tazza passa dalla basilica di Santa Cecilia in Trastevere al giardino umanistico del cardinale Cesi, una sorta di circolo di spiriti elevati, che si trovava non lontano da San Pietro. Da qui, la Tazza entra a Villa Albani con la proprietà Torlonia.
Con l’aggiunta di un Sileno che versava acqua da un otre, la Tazza divenne pittoresca fontana, ritratta da Amico Aspertini e da Rubens. Il Museo Torlonia vede la luce negli anni Settanta dell’Ottocento, appunto, quando va in scena il trapasso tra il potere temporale del papato e la proclamazione di Roma a capitale del nuovo regno sabaudo. Tutto cambiava, una società tramontava per sempre, ma rimaneva integra la forza simbolica delle radici classiche. La Fondazione Torlonia si è presa cura dei restauri filologici. Alessandro Poma Murialdo è il Presidente della Fondazione, varata per volere del nonno, Alessandro Torlonia, nel 2014 – omonimo del fondatore.
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Chi era il principe Alessandro Torlonia?
Alessandro Torlonia (1800-1886) era un banchiere e imprenditore dallo sguardo avveniristico. Il suo titolo completo suonava: Don Alessandro Raffaele Torlonia, Principe di Civitella Cesi, Duca di Cesi e Marchese di Romavecchia. Il principe andava fiero del proprio Museo di scultura antica a Villa Albani. Forse ancor più orgoglio gli dava un ente di carità quale il Conservatorio Torlonia che aveva istituito; e la bonifica del lago del Fucino, nella Marsica, vicino ad Avezzano in Abruzzo. Questa fu un’operazione che gli valse un ulteriore titolo principesco, quello di Principe del Fucino, oltre che ovviamente a un accrescimento delle terre familiari.
Don Alessandro aveva preso al suo servizio due membri della più nota famiglia di antiquari attiva tra Settecento e Ottocento – ovvero Pietro Ercole Visconti, con il nipote Carlo Ludovico. Li incaricò di dare forma a un museo al passo con le più avanzate teorie contemporanee.
Furono organizzate ottanta sale strutturate per blocchi tematici, seguendo l’esempio dei Capitolini e dei Musei Vaticani. Si passava dagli animali alle Muse e ai sarcofagi, fino a un’ampia sezione di ritratti imperiali, o presunti tali. Una prima guida a 527 sculture è data alle stampe del 1876, ma è nel 1885 che appare il volume di grande formato dal titolo I Monumenti del Museo Torlonia di sculture antiche riprodotti con la fototipia, che contiene 161 tavole raffiguranti tutta la dotazione museale, nel frattempo accresciuta fino a seicento venti pezzi.
Il matrimonio tra Alessandro Torlonia e Teresa Colonna
Alessandro Torlonia sposò nel 1840 Teresa Colonna, figlia di Aspreno I. A Villa Albani le tende di broccato rosso e oro sono ornate da stemmi Torlonia-Colonna e si ripetono a sancire la forza di un’alleanza nuziale con la più antica aristocrazia autoctona. Dal matrimonio il principe ebbe due figlie, Anna Maria e Giovanna. La maggiore, nel 1872, diventa la moglie di Giulio Borghese, che assunse nel 1873 il cognome Torlonia, secondo l’istituto della ‘surrogazione’, assicurando la continuità dinastica.
Don Alessandro viveva nel fastoso palazzo Bolognetti-Torlonia, in Piazza Venezia. Nel 1975, oltre a inaugurare il Museo e all’investitura di Principe del Fucino, perde la consorte e la figlia secondogenita, a soli 19 anni.
Bulgari e i Marmi Torlonia a Villa Albani
Sappiamo come la casa Bulgari proceda un rapporto di ispirazione e identificazione con Roma. Bulgari ha voluto collaborare all’impegno economico della Fondazione Torlonia. Il contributo al ripristino delle sculture è un omaggio a radici romane e greche.
Quanto fu grande Roma lo dichiarano le sue stesse rovine – è una frase dell’architetto rinascimentale Sebastiano Serlio in cui si avverte una vena di malinconia. Incarna quel senso di vertigine che si produceva su quanti si accostavano alla classicità dell’Urbe – uno choc immaginario da cui personalità quali Giambattista Piranesi o Luigi Valadier mai riuscirono a riprendersi.