
Milano, dal Razionalismo alla Neo Ratio dei materiali: da San Babila alla Torre Velasca
Una misura milanese, l’identità di Milano: dal Razionalismo all’ingegneria esposta della Torre Velasca, ai nuovi materiali – un gioco, un racconto, tra domande e risposte
Una misura milanese: da Piazza Meda a Piazza San Babila:
Un gioco culturale e intellettuale, che vorrei procedere con questi miei testi, tra il serio e l’ironico, tra i delirio e la ragione: definire un’estetica di Milano e della società di questa città. Il gioco di raccontare un modo, un gusto, uno stile che sia precisamente milanese – senza abusare di questa parola, milanese. Trovare un equilibrio, un passo – un atteggiamento identitario che possa dare sintesi a questa nostra città di Milano.
Piazza Meda è un compendio di architetture milanesi: Portaluppi, Magistretti, Gio Ponti, la Chase Manhattan Bank dello studio BBPR. Al centro, il Sole di Pomodoro, circondato da qualche magnolia, albero autoctono di questa terra. Piazza Meda è un punto di partenza, un calcio d’inizio, per la ricerca di una misura milanese.
Si usa dire che Milano non sia bella. Se paragonata a Roma, Firenze, Venezia, le altre dame, Milano appare come un centro funzionale, commerciale –non estetico. Un luogo comune che svanisce, appena si presenta Milano come capitale di un architettura modernista.
Da Piazza Meda si cammina per Piazza San Babila: gli edifici progettati da Alessandro Rimini, su reticoli e modulazioni. Il Rubanuvole in prima linea. il traffico di massa ha dato a Piazza San Babila un protagonismo troppo vistoso per poter permetterci di trovare qui un riferimento utile a un manifesto stilistico.
Il Razionalismo Italiano, la Casa del Fascio di Terragni a Como, la Torre Velasca di BBPR
In una panoramica culturale, la misura milanese trova la sua matrice in quella che fu l’evoluzione del Razionalismo italiano di metà Novecento. Un Razionalismo che ricercava la purezza del disegno, come se un edificio potesse parafrasare la costruzione molecolare del carbonio – un cristallo in architettura, quando ogni angolo, ogni distanza aveva rispetto, quando la geometria è la prima regola della struttura. Una espressione rimane la Casa del Fascio di Terragni a Como. Il mio gioco si accende qui, su come si evolse il Razionalismo Italiano a Milano, dopo gli anni Cinquanta.
La mia pedina si muove sulla Torre Velasca (sarebbe stata completata nel 1955). L’intenzione dello studio BBPR e in particolare di Ernesto Nathan Rogers, teorico dell’architettura e direttore di Casabella, era quella di superare i codici del Razionalismo italiano e di trovare una misura che fosse unicamente milanese. Un primo cenno lo troviamo nell’alternanza disordinata dei pieni e dei vuoti della Torre Velasca che rompe la simmetria dell’involucro murario razionalista. Andando oltre, Rogers volle aggiungere riferimenti culturali – per storia, per tradizione, per territorio. L’estetica, la bellezza di Milano è più densa, più sporca in una commistione culturale di realtà urbana prolifica, laboriosa, industriale.

La Torre Velasca e la Torre del Filarete – lo studio BBPR, Rem Koolhas, la lampada Arco di Castiglioni e l’Eclissi di Magistretti
Disegnando la Torre Velasca, lo studio BBPR riprese alcune eco storiche milanesi, e tra le tante, la Torre del Filarete del Castello Sforzesco. Le travature oblique disposte dal quindicesimo piano della Torre Velasca sono l’evoluzione delle contrafforti e degli archi rampanti tardo medioevali. Le nervature della struttura sono in evidenza – tutta l’ingegneria è in evidenza. La torre di Rem Koolhas per Fondazione Prada potrebbe apparire come una ulteriore suggestione sul progetto della Torre Velasca?
L’ingegneria in evidenza: questa può essere una chiave risolutiva. L’estetica di Milano, prima come adesso, si basa su un’esposizione, una manifestazione e un’espressione della costruzione funzionale, appunto, dell’ingegneria. Troviamo un esempio nel design: la lampada Arco di Castiglioni, disegnata per Flos nel 1962. La base in marmo pesa 65 chili – ovvero il peso minimo e idoneo a tenere la stabilità di un arco e di una cupola che muoverebbero nel vuoto il fuoco della leva. Il volume e l’equilibrio con il peso diventano la ragione del design. Il disegno nasce dall’ingegneria, non viceversa: non è l’ingegneria che risolve il disegno. Ancora un altro esempio, ancora nell’illuminazione, è la lampada Eclissi di Vico Magistretti del 1965 – l’invenzione di un globo dentro l’altro che possa regolare l’intensità della luce. La definizione di design rimane l’industrializzazione di un pezzo – se a un oggetto è necessaria una vite, quella vite diventa il segno caratterizzante di quell’oggetto.

Una misura milanese: la Neo Ratio e i suoi materiali, dalla calce di canapa al legno, al metallo scomponibile
Milano è la città dell’estetica funzionale. Un’estetica ricca, ma non ostentata – comunque non fredda. Azzardo a dare un nome a questa misura milanese che sto cercando: potrebbe essere Neo Ratio. Oggi, una Neo Ratio milanese si inserisce in un contesto mondiale dove bisogna e bisognerà dare rispetto alla filiera dei materiali che si scelgono – sia in architettura sia in design.
I materiali di una Neo Ratio. La calce generata da una miscela con sostanza organiche come gli scarti agricoli, come la canapa. Il vetro sempre riciclabile. La ceramica se non le si aggiunge materiale sintetico: oggi la ceramica si usa per la costruzione delle piscine: il gres porcellanato riesce a mimare la pietra e il marmo – ma il mimo, il finto, non è mai rimasto. La storia lo insegna. La ceramica deve essere usata riconoscendole la sua identità. Il legno da fonte controllata: costruire in legno, edifici e mobili, significa consolidare il sequestro di anidride carbonica: un mobile massiccio e solido in noce potrà durare nei secoli, diversamente da un albero di noce in natura.
Il metallo: ferro e le sue leghe, ovvero l’acciaio – l’alluminio, il più leggero, che si può solo avvitare, non può essere saldato. Costruire in metallo vuol dire un limite alla fonte rinnovabile – e la ragione deve portare quindi alla progettazione di soluzione che restano. Un pezzo deve esser per sempre e deve essere trasportabile, adattabile ad altri luoghi. Oggi tutto è assemblamento: scomponibile. Elementi non incollati, non saldati. Oggi il giunto è avvitato.
Siamo più nomadi, di un tempo, e ci piace esserlo, nomadi. Le domande non sono solo sul riciclo – ma anche sullo spreco.

La parola tendenza contro una misura milanese, la Neo Ratio e la coerenza nell’identità
Un negozio e un portale online inustrialkonzept.com presenta una rassegna di una vasta produzione in alluminio leggero, scomponibile, avvitabile. Si può usare la parola tendenza per questa produzione in alluminio che ha impegnato aziende affermate, designer emergenti, collettivi, e progetti strategici – e in quanto tendenza, contribuisce sì a definire il tempo in cui viviamo, ma sminuisce come trascurabili coloro che la seguono. La cifra milanese che stiamo cercando deve confrontarsi e reagire contro le tendenze diffuse nel mondo. Neo Ratio. Quello che oggi produce rispetto è la coerenza nell’identità. Tutto quello che può essere compreso come contemporaneo e attuale, pone la propria identità come primo impegno. Ancora: l’identità prima dell’opportunità commerciale.
La differenza tra un architetto e un interior designer – il primo è Alvar Aalto, che studiava il rumore della caduta dell’acqua per progettare il lavandino. il secondo è una questione che a volta appare ridicola: il paciugo: una panca con la base di legno, imbottita in poliuretano, con tessuto sintetico stampato in acrilico, le gambe in metallo incollato, le viti di ferro che scavano il compensato. Noi milanesi vogliamo scegliere come maestro alla cattedra il primo, e rilegare il secondo all’ultimo banco tra i rimandati.

Neo Ratio, misura milanese: qual è l’identità di Milano?
In sintesi, dopo tanto flusso di pensieri che per alcuni potranno anche sembrare sconnessi uno con l’altro, torno alla punto iniziale di questo mio gioco o racconto. Nel contesto attuale internazionale, in una dimensione contemporanea che deve porre lo sguardo al futuro, quale può essere la misura di un movimento milanese, un equilibrio, un modo, una Neo Ratio che possa identificare la nostra città di Milano?
Non voglio semplificare, ma voglio anche provare a rispondere. Tre componenti principali. La prima: la ripresa della lezione di BBPR, di Castiglioni e di Magistretti, ovvero l’esposizione dell’ingegneria e l’estetica della funzionalità, che sappiamo fossero le prime basi del Razionalismo italiano nella prima metà del Novecento. La seconda: la filiera dei materiali, corta ovunque possibile, da fonte rinnovabile, senza plastica, diminuendo i materiali sintetici. La terza: la rielaborazione della storia, della tradizione e del territorio di Milano, del Nord Italia, dell’Italia intera.
Carlo Mazzoni

