
Rita Puig-Serra Costa: ostrica e perla simbolo di un’infanzia traumatica
Anatomy of an Oyster la metafora della formazione della perla per indagare un passato annebbiato – archivio familiare e documentazione scientifica nel libro autobiografico di Rita Puig-Serra Costa
Rita Puig-Serra Costa e la metafora biologica della perla: quando la memoria del trauma si trasforma in materia viva
La madreperla che ricopre l’interno dell’ostrica ricoprirà alla fine anche questo corpo estraneo e creerà la perla. Questo processo di formazione serve come difesa e strategia di sopravvivenza della perla.
— Rita Puig-Serra Costa
La metafora della perla è il nucleo concettuale di Anatomy of an Oyster (Witty Books, 2023), lavoro della fotografa catalana Rita Puig-Serra Costa. In questa opera, biologia e psiche, natura e memoria, si fondono in un linguaggio visivo che affronta il trauma e la sua lenta trasformazione in consapevolezza. Come l’ostrica, che di fronte all’intrusione di un corpo estraneo non può espellerlo ma solo inglobarlo, anche la mente umana reagisce al dolore con un meccanismo di difesa: lo avvolge, lo stratifica, lo nasconde, e alla fine lo trasforma.
Per Puig-Serra Costa, la perla è il simbolo più autentico della sopravvivenza: una forma irregolare, imperfetta eppure luminosa, nata dal trauma e capace di riflettere la luce. Il suo lavoro visivo diventa un atto di metamorfosi, un tentativo di rendere visibile ciò che normalmente resta sepolto negli strati più profondi della coscienza.
Anatomia di una ferita: la perla come metafora biologica e psicologica della memoria traumatica
Nel progetto Anatomy of an Oyster, l’artista affronta per la prima volta i ricordi di abuso e violenza che hanno segnato la sua infanzia. Il lavoro nasce nel 2017 e si sviluppa come un dialogo tra due dimensioni: da un lato, l’indagine autobiografica e psicologica; dall’altro, la ricerca scientifica sul processo naturale di formazione delle perle.
Le immagini delle ostriche non bastano a Rita: decide così di partire per l’Indonesia, dove visita un allevamento e documenta l’intero ciclo di vita della perla. Quello che osserva diventa una chiave per comprendere se stessa. L’ostrica, ferita dall’intrusione di un frammento esterno — un granello di sabbia, un parassita, una piccola imperfezione — inizia a secernere nacre, la sostanza madreperlacea che, strato dopo strato, trasforma il dolore in materia organica.
Dal punto di vista scientifico, la perla è il risultato di un processo di difesa biologica. L’ostrica, appartenente al genere Pinctada, produce la madreperla attraverso cellule specializzate dell’epitelio del mantello. Queste cellule rilasciano sottili lamelle di carbonato di calcio e conchiolina, che si sovrappongono in modo regolare fino a formare una sfera o una massa irregolare. Ogni strato di nacre impiega settimane o mesi a depositarsi, e il ciclo completo può durare anni. La perla barocca, irregolare e rugosa, è il frutto di un processo non lineare, dove la crescita si adatta alle imperfezioni del corpo estraneo. Ed è proprio questa irregolarità che affascina Puig-Serra Costa: la bellezza non nasce dalla perfezione, ma dalla ferita che trova un modo per sopravvivere.
Osservando le perle da vicino, l’artista riconosce in esse la struttura stessa della memoria traumatica: un nucleo doloroso, nascosto sotto strati di materia, che con il tempo si trasforma in qualcosa di nuovo. Il trauma, come la perla, non scompare: resta lì, ma cambia consistenza, diventa parte integrante dell’essere.
Il corpo come archivio vivente: fotografia, memoria e ricostruzione dell’identità
In Anatomy of an Oyster, l’immagine non è mai una semplice rappresentazione estetica. È un mezzo di indagine e ricostruzione, un atto di scavo interiore. Rita Puig-Serra Costa definisce se stessa una “detective della memoria”, impegnata a ricomporre un archivio fatto di fotografie familiari, documenti, diari e testimonianze.
Durante la lavorazione del progetto, l’artista torna nei luoghi della propria infanzia, raccoglie frammenti del passato e contatta persone che erano state testimoni indiretti della sua storia. In un gesto radicale, arriva persino a fotografare il corpo del suo abusante — le mani, gli occhi, la pelle — per affrontare visivamente ciò che per anni era rimasto rimosso. Queste immagini intime e disturbanti si alternano a quelle delle perle barocche, creando un dialogo visivo tra l’umano e il naturale, tra la materia viva e quella minerale. È in questo contrasto che emerge la tensione del lavoro: il corpo come archivio, la fotografia come strumento di riemersione, la verità come processo doloroso ma necessario.
Il corpo conserva ciò che la mente dimentica, scrive l’artista. La memoria traumatica non si cancella, ma si nasconde nei tessuti, nei gesti, nei silenzi. La fotografia diventa allora un modo per riportarla in superficie, per guardarla senza fuggire, per dare forma a ciò che non ha mai avuto voce.
L’ostrica come simbolo di difesa, metamorfosi e resistenza psichica
La forza di Anatomy of an Oyster sta nella capacità di unire un linguaggio scientifico a una riflessione esistenziale. L’ostrica non è solo un organismo marino, ma un modello di comportamento biologico e psicologico: reagisce alla minaccia non con la fuga, ma con la trasformazione.
Allo stesso modo, chi vive un trauma non sempre può evitarlo o eliminarlo; può solo avvolgerlo, contenerlo, ricoprirlo di nuovi significati. Il risultato, come nel caso della perla, non è mai l’oblio ma una nuova forma di coscienza.
Nel suo lavoro, Puig-Serra Costa esplora questa analogia con estrema lucidità: la perla diventa la materializzazione del trauma elaborato, la testimonianza che dal dolore può nascere una forma, anche se imperfetta. L’arte diventa quindi una strategia di sopravvivenza, una forma di madreperla emotiva che protegge e insieme rivela.
La parola e l’immagine come strumenti di guarigione e di riconnessione
Nel libro, il testo assume un ruolo altrettanto importante delle immagini. Scrivere diventa un gesto terapeutico, un modo per verbalizzare ciò che per anni è rimasto impronunciabile. Se le fotografie operano sul piano simbolico, la parola porta il trauma nella dimensione del linguaggio, lo rende condivisibile.
Questa pratica di scrittura accompagna l’artista anche nel rapporto con la figura della madre, tema già centrale nel suo precedente lavoro Where Mimosa Bloom (Éditions du LIC, 2014). In quel progetto, la fotografia era un tentativo di ristabilire un contatto con la madre scomparsa; in Anatomy of an Oyster, invece, diventa la confessione differita, la verità finalmente raccontata.
Il libro si apre con una citazione di John Bowlby:
Ciò che non può essere comunicato alla madre, non può essere comunicato a se stessi.
Rita Puig-Serra Costa fa propria questa affermazione: comunicare alla madre diventa, simbolicamente, un modo per comunicare a se stessa. La perla che emerge dalla conchiglia è allora il simbolo di una confessione tardiva ma liberatoria, la forma materiale della verità finalmente pronunciata.
Anatomia di una verità nascosta: la perla come archivio della memoria e simbolo della trasformazione umana
Anatomy of an Oyster non è solo un fotolibro, ma un dispositivo complesso di memoria. Ogni immagine, ogni parola, ogni documento contribuisce a comporre un ritratto anatomico della verità. Come la perla, la verità non appare mai in forma pura: si rivela attraverso i suoi strati, i suoi rivestimenti, le sue opacità.
La perla di Rita Puig-Serra Costa non è perfetta: è ruvida, diseguale, segnata da cicatrici. Ma proprio in questa imperfezione risiede la sua forza. È una verità che non cancella la ferita, ma la trasforma in conoscenza.
In definitiva, Anatomy of an Oyster è un racconto di sopravvivenza e di trasformazione. È la dimostrazione che la bellezza non nasce dalla cancellazione del dolore, ma dalla sua lenta trasmutazione in forma. Come l’ostrica che reagisce alla ferita con la madreperla, anche l’artista ricopre la propria memoria di immagini e parole, fino a creare la sua perla: un corpo luminoso di verità, fragile ma indistruttibile.
Claudia Bigongiari















