Giorgio Armani, il paradosso della moda e la lotta al consumismo

“Dobbiamo insegnare a comprare di meno”, affermava Giorgio Armani: “non dobbiamo produrre a flusso continuo, dobbiamo insegnare ai nostri clienti a comprare di meno”

Questo testo è la rielaborazione di un’intervista realizzata nel 2021 dall’Editor in Chief di Lampoon: una conversazione su sostenibilità, economia circolare e biodiversità che testimonia l’impegno di Giorgio Armani. La riproponiamo oggi in occasione della sua scomparsa.

La moda coesa, per ruoli e iconografie: la lotta al consumismo, il paradosso

Carlo Mazzoni: L’industria della moda è coesa o competitiva?

Giorgio Armani: La moda è competitiva purtroppo – e non dovrebbe esserlo. La moda deve abbandonare il personalismo. Deve essere coesa, cooperativa nel trovare soluzioni condivise. Oggi più che mai, per design intendo il design di oggetti fatti per durare – non creazioni il cui valore decada in pochi mesi. Dobbiamo acquistare in modo più ponderato, scegliendo ciò per cui vale la pena. La moda riacquisterà il suo peso: vestire le persone con abiti che rendano la vita più facile, che aiutino a ridefinire ruoli e iconografie.

CM: La moda è criticata come energia al consumismo. Come potrà reinventarsi? 

Giorgio Armani: Meno intrattenimento e un prodotto migliore. I consumatori devono iniziare a consumare in modo più responsabile. La lotta al consumismo è un paradosso: dobbiamo insegnare ai nostri clienti a comprare di meno. Il consumatore non ha mai preteso che la moda di massa rilasciasse nuovi prodotti in un flusso continuo. Sono stati i produttori a generare questa situazione. Ora dobbiamo avviare un processo di rieducazione affinché i consumatori capiscano che se vogliamo che le cose siano fatte in modo più responsabile, anche loro devono consumare in modo più consapevole: comprando di meno e meglio; acquistando prodotti realizzati con processi che minimizzano l’impatto ambientale. 

La riduzione delle emissioni, energia rinnovabile, la sede di Via Bergognone, le aree verdi

CM: Il gruppo Armani si è prefissato l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 del trenta percento entro il 2030.

Giorgio Armani: La riduzione delle emissioni è un processo: deve tenere conto dell’intero processo produttivo, dalle materie prime alla fine della vita del prodotto. Una delle risposte è produrre di meno e meglio, come ho detto prima. 

Dobbiamo selezionare materie prime con basso impatto ambientale, cercare nuovi processi, ridurre i rifiuti e gli scarti e utilizzare fonti di energia rinnovabile. Bisogna raccogliere i dati. Per tracciare un percorso, il punto di partenza deve essere chiaro, affinché i progressi siano monitorati e non siano solo desiderabili o ragionevolmente attesi.

Per la sede di Via Bergognone a Milano, il gruppo si è dotato di sistemi fotovoltaici dal 2014. Per quanto riguarda tutti gli uffici e i negozi in Italia, l’energia che viene acquistata proviene da fonti diverse: solare, eolico e geotermico. Ripeto: è un processo lento e complesso che richiede impegno. I sistemi di riscaldamento e condizionamento degli hub produttivi, degli uffici e dei negozi sono regolati centralmente. Per le luci, ora in gran parte a LED e a basso consumo, sono stati adottati sensori per regolare lo spegnimento automatico quando lo spazio non è utilizzato.

Gli edifici in Via Bergognone sono stati progettati con un focus sulla limitazione dei consumi e con una visione di mobilità sostenibile collegata all’ufficio di Via Borgonuovo da una navetta elettrica. Anche in questo senso, nei parcheggi aziendali della sede di Via Bergognone sono stati collocati punti di ricarica per veicoli non inquinanti. 

Nel 2015, in corrispondenza con l’apertura dello spazio espositivo Armani/Silos, l’area urbana Via Bergognone è stata riqualificata con il rifacimento dei marciapiedi, nuova pavimentazione e il ripristino delle aree verdi che si erano deteriorate in passato ed erano utilizzate come parcheggi. 

Una cosa di cui sono certo è che il concetto di sostenibilità dovrebbe essere adottato a 360°, quindi non solo nella concezione dei prodotti di abbigliamento ma anche nella produzione di mobili e accessori per l’arredamento e nella progettazione di uffici e negozi. 

CM: I cambiamenti attuali riguardano gli uffici e i negozi italiani, quando sono previsti gli spazi all’estero? 

Giorgio Armani: Il cambiamento, che è relativamente semplice per gli spazi gestiti direttamente, richiede l’accordo con vari partner, grossisti e franchisee.

Economia circolare: si comincia dal Design, una pratica che stimola la creatività, i rifiuti, Zero Discharge

CM: Produzione industriale: esiste un potenziale tangibile per raggiungere una piena circolarità nel prossimo futuro?

Giorgio Armani: Dobbiamo iniziare con il design. Il Design deve comporre i materiali di modo che si tocchino ma che non si mescolino. Si parte sia dalla selezione dei materiali, sia dal progetto di come tali materiali potranno poi essere separati. 

Bisogna includere anche l’imballaggio, le etichette, le esposizioni e gli involucri. Nel 2012 abbiamo iniziato a eliminare i componenti in plastica e, dove ciò non è stato possibile, ci siamo concentrati su plastica compostabile o riciclata. Le grucce di Emporio Armani sono realizzate con materiali riciclati e le nostre coperture sono fatte di poliestere riciclato. I nastri di Armani/Fiori sono compostabili e le carte di Armani/Dolci sono riciclate. Come puoi vedere, è uno sforzo articolato. I nostri RSL, le liste delle sostanze il cui uso è strettamente regolato, fanno parte di tutti i contratti di fornitura del gruppo e sono aggiornate man mano che diventano disponibili soluzioni tecniche più avanzate.

L’economia circolare è una pratica che stimola la creatività. Non deve rimanere una dichiarazione di principio, riservata a poche collezioni capsule utili per la comunicazione. Il cambiamento, nella moda, viene dall’azione, non solo dalle dichiarazioni. 

CM: In che modo il Gruppo Armani intende garantire la politica di Zero Discharge? Quali test sono effettuati?

Giorgio Armani: Gli audit regolarmente eseguiti presso i nostri fornitori portano a una classificazione dei risultati in cinque diverse categorie. Quando il risultato è insoddisfacente, il fornitore viene guidato attraverso un programma di miglioramento che gli consente di rimanere un fornitore qualificato del Gruppo in ottica di Zero Discharge. Gli audit di follow-up, pianificati entro un periodo di tempo definito, rilevano i miglioramenti richiesti. La non conformità agli standard porta a misure definitive e, nel caso estremo, alla chiusura del rapporto con il fornitore.

La canapa italiana, i prezzi finali, gli alberi di Milano e la circonvallazione

CM: Oggi, l’industria tessile italiana non utilizza materie prime italiane. Emporio Armani è stato uno dei primi marchi a iniziare a utilizzare la canapa nelle sue collezioni nel 1995 e nel 2002 c’è stato un progetto di coltivazione della canapa in Italia sostenuto dal signor Armani.

Giorgio Armani: La canapa italiana è in fase di sperimentazione. C’è una crescente attenzione per il benessere degli animali, perché c’è una maggiore consapevolezza del valore della biodiversità che deve essere protetta. Una filiera italiana della canapa potrebbe rispondere a queste esigenze. 

CM: I cambiamenti radicali dovranno comprendere una variazione dei prezzi finali?

Giorgio Armani: Sì. La sostenibilità richiede investimenti e, quindi un certo riequilibrio dei costi e prezzi finali. L’attenzione all’ambiente non è solo una questione di responsabilità: è anche una leva di business. La crescente educazione e sensibilità del pubblico, rende tale pubblico più consapevole ed esigente. 

CM: Ogni anno vengono abbattuti 150 milioni di alberi per trasformarli in tessuto. Il Gruppo sta collaborando con il Comune di Milano e ForestaMi.

Giorgio Armani: Abbiamo confermato il finanziamento di circa 300 mila euro per la rigenerazione di tutta la circonvallazione – il percorso delle 90 e 92. Tutto l’anello urbano vedrà rinnovati alberi, cespugli, siepi. Si tratta di un investimento finanziario e di un valore etico: chi ne ha l’opportunità dovrebbe intervenire.

Una questione nazionale, Armani Silos, Teatro, Laboratorio – una piattaforma creativa e la Fondazione

CM: Il turismo a Milano è una questione nazionale, poiché la città è la capitale economica del Paese. L’ambiente urbano e il decoro verde a Milano dovrebbero essere l’orgoglio e il dovere dell’intera industria del lusso italiana.

Giorgio Armani: Restituire alla città parte di ciò che mi ha dato è un impegno che spero possa essere anche un esempio per altri che lavorano in questo settore. 

CM: Un marchio come Armani potrebbe diventare la piattaforma per rilasciare altri talenti creativi?

Giorgio Armani: L’Armani/Teatro per molte stagioni ha ospitato designer: Stella Jean o Andrea Pompilio, per citarne alcuni. Armani/Silos ha ospitato due workshop cinematografici con registi, sceneggiatori e costumisti, incontri con i protagonisti della fotografia e collaborazioni con la scuola di architettura e la scuola di design del Politecnico di Milano. 

CM: Una giacca era il titolo di un cortometraggio, il primo lavoro che usciva da Armani / Laboratorio, la scuola di cinema dedicata alla ricerca di nuove maestranze nel settore. Per ogni disciplina, un artista come insegnante – Michele Placido alla Regia, Luca Bigazzi alla fotografia, il premio oscar Gabriella Pescucci ai costumi. La storia di Una giacca rimanda a un capo di buon taglio. 

Giorgio Armani: Oggi, la piattaforma creativa di cui parli deve essere dedicata a generazioni ambientalmente consapevoli; l’etica deve diventare parte del processo creativo. 

CM: È stato annunciato che una Fondazione si occuperà di rendere eterna l’eredità del signor Armani. Possiamo sperare che il signor Armani aiuterà Milano a diventare la città d’affari più bella d’Europa?

Giorgio Armani: Milano splenderà facendo affidamento sullo spirito laborioso che l’ha caratterizzata. La città risorge, e io sono qui per dare il mio contributo.

Carlo Mazzoni

Per celebrare cinquant’anni di attività Giorgio Armani ha scelto due percorsi complementari: da un lato la moda come linguaggio espositivo, dall’altro la responsabilità sociale come strumento operativo. A Milano la Pinacoteca di Brera accoglie per la prima volta una mostra dedicata al suo lavoro, dove più di centoventi creazioni dialogano con la storia dell’arte italiana. Parallelamente, con Casa Mariù, Armani ha avviato un progetto internazionale che sostiene l’istruzione e i diritti dei bambini in diverse aree del mondo, in collaborazione con realtà locali. Due iniziative che restituiscono la sua visione: il rigore dello stile e l’impegno verso la comunità come parte di un unico percorso.

Casa Mariù, il progetto di Giorgio Armani per l’infanzia

Casa Mariù è un progetto internazionale voluto da Giorgio Armani per sostenere il diritto all’istruzione dei bambini. Il nome riprende il diminutivo della madre dello stilista e ne rappresenta l’eredità simbolica, presentata in occasione del cinquantesimo anniversario della maison. L’iniziativa si sviluppa con la collaborazione di enti che operano nei diversi territori, per individuare interventi concreti destinati a famiglie e comunità locali.

Il progetto prevede contributi per il personale educativo, attrezzature didattiche, materiale scolastico, assistenza sanitaria e nutrizionale. Sono coinvolte otto strutture in sei Paesi di tre continenti: Camerun, Thailandia, Bangladesh, Filippine, Nicaragua e Perù. Ogni intervento è mirato a garantire spazi scolastici e servizi di base, con un’attenzione specifica ai bambini più vulnerabili, compresi neonati orfani o abbandonati e minori con disabilità.

La realizzazione avviene con Caritas Ambrosiana, i missionari del Pime e l’Operazione Mato Grosso. Le organizzazioni partner contribuiscono a individuare i bisogni e a gestire i progetti, con un approccio legato alla promozione dei diritti dell’infanzia e allo sviluppo integrale delle comunità. Casa Mariù si colloca come strumento operativo di sostegno a lungo termine, con attività distribuite su più aree geografiche e contesti sociali.

Giorgio Armani: Milano, per amore alla Pinacoteca di Brera

Per celebrare cinquant’anni di attività, la Pinacoteca di Brera ospita una mostra che ripercorre il percorso creativo di Giorgio Armani. È la prima volta che le sale del museo, tradizionalmente dedicate all’arte italiana dal Medioevo all’Ottocento, accolgono una selezione di abiti. L’esposizione mette in dialogo storia pittorica e storia della moda, inserendo le creazioni dello stilista in un contesto artistico che ne evidenzia la coerenza stilistica e il ruolo nella cultura visiva contemporanea.

La mostra presenta oltre centoventi creazioni provenienti da ARMANI/Archivio. Gli abiti sono collocati lungo il percorso espositivo della galleria, dove la moda diventa strumento per osservare i codici estetici e sociali che hanno accompagnato cinquant’anni di ricerca. La selezione comprende capi già esposti in istituzioni museali internazionali e in Armani/Silos, insieme a opere mai mostrate prima. L’allestimento richiama i progetti espositivi sviluppati in precedenza, con manichini invisibili che lasciano evocare i corpi solo dagli abiti stessi.

Il legame di Giorgio Armani con Brera, quartiere in cui aveva scelto di vivere e lavorare, è stato riconosciuto anche dall’Accademia di Belle Arti, che nel 1993 gli conferì un titolo accademico per la coerenza del suo stile. La Pinacoteca accoglie la moda come arte decorativa, includendola nella propria missione didattica inaugurata nel 1809. L’iniziativa vuole sottolineare la centralità della moda nel definire immaginari culturali e sociali, ampliando il dialogo tra discipline e offrendo uno strumento di lettura del presente attraverso il linguaggio visivo di Giorgio Armani.