Tra rimandi a Éric Rohmer e critiche al machismo argentino, Berger arriva per la prima volta in Italia con un film che vuole allontanarsi da molti elementi di quello che chiamiamo cinema queer – Los amantes astronautas
L’amante dell’astronauta – il primo film di Marco Berger in Italia
Un’estate, le vacanze al mare, due giovani. Quasi il teen movie per eccellenza. L’amante dell’astronauta di Marco Berger sembra in prima battuta questo, ma è più che altro una provocazione. I giovani sono due ragazzi: Pedro (Javier Orán) e Maxi (Lautaro Bettoni). Il primo è gay dichiarato, il secondo ha l’aria dello sciupafemmine, o almeno si vanta di esserlo. È da poco single ed è eterosessuale, fino a prova contraria.
Il primo film del regista argentino a essere distribuito in Italia, nelle sale dal 20 giugno, è una commedia leggera a lieto fine, un lungo flirt in cui per arrivare al primo bacio bisogna aspettare un’ora e mezza. Non succede spesso quando si raccontano storie simili.
Per vedere una lacrima deve arrivare addirittura il finale. Non ci sono traumi irrisolti, non c’è bullismo, non c’è carne, non c’è nudo. Non ci sono nemmeno rivendicazioni di un’omosessualità ostentata. Tenerezza adolescenziale, quella sì. Un punto di vista, se non nuovo, quantomeno abbandonato da tempo per raccontare un amore tra due uomini (o due donne). Berger lo ha paragonato a Pretty Woman: quella era una commedia romantica come tante altre con una prostituta protagonista, questa è una commedia romantica con due ragazzi invece che un ragazzo e una ragazza. Perché chiamarlo per forza cinema gay?
L’amante dell’astronauta – la dedica di Cesare Petrillo a Vieri Razzini
L’amante dell’astronauta è come una matrioska. Lo svelano subito i titoli di testa. Sullo schermo nero appare la dedica a Vieri Razzini, il critico-giornalista-sceneggiatore-produttore cinematografico scomparso nel 2022. È il fondatore della casa di distribuzione indipendente Teodora, quella che ha portato il film in Italia insieme a Circuito Cinema, insieme al compagno di una vita Cesare Petrillo. È sua la dedica a Razzini de L’amante dell’astronauta. Lo vuole dire all’inizio, quando l’attenzione dello spettatore è ancora sulla soglia massima. Doppia storia d’amore. Una dentro e una fuori lo schermo.
Il titolo originale è Los amantes astronautas. La traduzione letterale – Gli amanti astronauti – sarebbe forse stata più calzante de L’amante dell’astronauta: dire che qualcuno è l’amante di qualcun altro, come si è deciso di renderlo in italiano, è come consegnare la responsabilità della relazione soltanto a una delle due parti in gioco. Al di là di questo, astronautas è uno dei tanti appellativi identitari della comunità gay di matrice ispanica, il meno aggressivo (nel film vengono elencati tutti). L’astronauta è anche chi parte all’esplorazione di qualcosa che non conosce senza grandi remore.
La riflessione su machismo e omofobia nella cultura argentina
Pedro arriva a Villa Gesell, nei pressi di Mar del Plata, per passare un’estate a casa del cugino e dei suoi amici. È metà spagnolo. La maggior parte della sua vita l’ha passata in Spagna, a Madrid, ma ha vissuto a Buenos Aires dai 10 ai 14 anni. In quel periodo aveva già conosciuto Maxi. Avevano frequentato la stessa colonia. Quando si ritrovano anni dopo Maxi gli dice: «E quindi sei diventato gay? Non lo sembri». Qua ritorna la metafora spaziale. Pedro risponde: «Se fossi un astronauta non me lo chiederesti nemmeno».
Effetto matrioska numero due: Berger usa il rapporto tra i suoi ragazzi, innocenti nell’anima per quanto sfacciati nel lessico, per una sottile riflessione sul machismo che la cultura argentina ha ereditato dai decenni passati, nonostante – come in buona parte del Sud America – lì la cultura queer sia tra le più libere e fertili, come è anche per quella femminista. Ci saranno molte altre occasioni per mettere in bocca a Maxi frasi a tinte omofobe e maschiliste. Lo stesso sapore hanno le battutine tra gli altri ospiti della casa vacanze al momento di dividersi le camere. Dormire con Pedro è un rischio, meglio tenersi i pantaloni anche durante la notte per evitare sorprese.

L’amante dell’astronauta – novità nella cinematografia di Berger
In Italia la maggior parte del pubblico inizierà a conoscere Berger adesso. Buona idea far uscire il film nel mese del Pride. Per i cinefili non è però un nome nuovo, tantomeno per i cinefili queer. Nei suoi undici film – Los amantes astronautas è il decimo – ha esplorato e raccontato le variabili delle relazioni omosessuali da diverse angolature. A partire dai suoi primi manifesti, il cortometraggio El Reloj (Cannes 2008), Plan B (2009) e Ausente (Berlino 2011), fino ai più recenti El Cazador (2020) e Los Agitadores (2022). A differenza delle precedenti opere, dove spesso si giocava la carta del silenzio come veicolo emotivo, qua Pedro e Maxi non stanno mai zitti. Mai: è un film logorroico. La tensione tra Maxi e Pedro si scarica – per quasi due ore – in uno scambio di battute sessuali che accompagnano il pubblico sull’orlo del nervosismo. Si perde il conto di tutte le volte che uno dice all’altro «Guarda che lo so che vuoi scoparmi», senza poi farlo. Si ipotizza che Pedro e Maxi siano ben avviati nel decennio dei loro 20 anni – potrebbero avere l’età dei due attori, classe 1997 e 1998 – ma le loro battute sono da terza media: spesso si parla di cacca, perché il rischio di un rapporto anale è di doverci avere a che fare. Anche qui c’è, per rivelazione di Gerber, un tratto caratteristico degli argentini: amano le parolacce e sono sboccati.
Le atmosfere anni Novanta e il paragone con Guadagnino
Berger costruisce uno spazio fuori dal tempo per la sua favola estiva, staccando il wi-fi della villetta che ospita i ragazzi. Fanno avanti e indietro in macchina fino al centro abitato di Pinamar per affittare dvd in videoteca. Si parla molto di film: Stand by me, Critters, Lo Squalo, Edward mani di forbice, Odissea nello Spazio. Tarantino, Burton, Kubrick. Sembra un’estate forse degli anni ’90. Anche per la scelta dei costumi: t-shirt anonime, un po’ rovinate, zero fronzoli. L’estetica è lontana da quella queer proposta nella maggior parte delle opere che raccontano storie simili. I corpi di Pedro e Maxi sono normali, come i vestiti che indossano. Maxi – Bettoni – ha anche un dente macchiato che non viene nascosto né ripulito.
A qualcuno il film ha ricordato Challengers di Luca Guadagnino. Ne L’amante dell’astronauta, Maxi e Pedro all’inizio fingono di essere fidanzati davanti alla loro compagnia di amici. Inizia così, per gioco. Da fuori sembrano una coppia già prima di diventarlo. Berger riprende uno schema già visto in Plan B: nello spingere Maxi verso la sua prima esperienza gay è stata la sua ex fidanzata, Sabrina, che a più riprese sbuca nel film. È sempre stata convinta della sua omosessualità e ha promesso di tornarci insieme soltanto se le avesse dimostrato davvero di esserlo. Qui qualcuno ci ha visto un po’ della Zendaya di Guadagnino in Challengers, quando spietata architetta un incontro a tre per poi lasciare Mike Faist e Josh O’Connor andare avanti senza di lei. Il paragone è forse un po’ forzato: nell’ex fidanzata di Maxi non c’è la stessa malizia. Alla fine è una spettatrice come chi è seduto al cinema. Forse L’amante dell’astronauta ricorda piuttosto altri lati di Guadagnino. Lo fa ad esempio con i costumi, ma soltanto circoscrivendo il campo ad alcune opere, come quelli della serie teen We Are Who We Are.
La spiaggia, i dialoghi – Marco Berger ed Éric Rohmer
Un riferimento per L’amante dell’astronauta è il padre della Nouvelle Vague Éric Rohmer. La spiaggia è il primo elemento che unisce Berger e Rohmer. Quella argentina de L’amante dell’astronauta può assumere lo stesso significato di quella francese di Pauline à la plage (1983). Davanti a quel mare la giovane protagonista si innamora per la prima volta un po’ come succede a Maxi e Pedro, anche se Maxi lo era già stato nella sua vita, seppur di donne. La spiaggia è anche un simbolo di libertà: è estate e l’estate come sempre finisce. La vacanza al mare ha un inizio e una fine. Si vedrà in un secondo momento se con l’arrivo dell’autunno le foglie resteranno verdi oppure no, ma intanto è meglio provarci. Di Rohmeriano c’è poi la narrazione spogliata di qualsiasi costruzione che non sia il quotidiano scandito da semplici gesti – andare a prendere un dvd, andare a una festa, chiacchierare sdraiati sulla spiaggia – e l’utilizzo delle parole, spingendo fino a diventare un fiume in questo caso, a sorreggere il ritmo del film.
Marco Berger
Marco Berger è nato a Buenos Aires l’8 dicembre 1977. Studia teatro e poi si sposta in Norvegia per la formazione cinematografica. Esordisce come regista nel 2008, con i due cortometraggi Una última voluntad ed El reloj. L’anno dopo esce il suo primo lungometraggio, Plan B. L’amante dell’astronauta è la sua prima pellicola a essere distribuita in Italia.
