Caduta alberi Milano 4-2

In città, come riconoscere un albero a rischio di caduta?

Riconoscere un albero a rischio, scegliere le specie giuste per le città, avvalersi della tecnologia: Milano – con il progetto Prospettiva Terra – prova a trasformare un problema in laboratorio di futuro urbano

Come riconoscere un albero che sta per cadere: segnali da osservare e specie più adatte alle città in trasformazione

Individuare un albero che potrebbe cedere non è immediato, perché i segnali più gravi spesso restano nascosti nel terreno o all’interno del legno. Alcuni indizi possono essere osservati anche da chi attraversa ogni giorno strade e parchi: inclinazioni anomale e progressive del tronco, crepe nel terreno attorno alla base, radici sollevate o affioranti, presenza di funghi sul fusto, rami secchi in quantità insolita e una chioma visibilmente diradata.

Anche le potature scorrette o ripetute incidono sulla stabilità: tagli aggressivi, capitozzature, interventi occasionali senza una visione di lungo periodo indeboliscono la struttura e favoriscono cedimenti in caso di vento forte o piogge intense. L’albero reagisce, compensa, si adatta, ma il margine di sicurezza si riduce.

In un contesto segnato dai cambiamenti climatici, la scelta delle specie diventa strategica. Servono alberi in grado di resistere a caldo, siccità, suoli poveri e fenomeni estremi. Specie come la quercia (Quercus robur), il frassino, il tiglio, ma anche alcune sempreverdi come pino e cipresso mostrano una buona capacità di adattamento, assorbono inquinanti e contribuiscono a mitigare l’isola di calore urbana.

La chiave, però, va oltre il nome della specie: spazio e suolo determinano la stabilità. Senza volume di terreno sufficiente, senza acqua che penetra, senza suolo vivo e non compattato, anche l’albero più resistente si trasforma in un elemento vulnerabile.

I numeri degli alberi caduti a Milano: dal temporale del 2023 a una gestione in continua emergenza

A Milano il problema ha assunto da tempo una dimensione strutturale. Nel bilancio implicito della città – alberi piantati, alberi caduti, alberi in osservazione – ogni estate estrema aggiunge una nuova colonna. La notte tra il 24 e il 25 luglio 2023 un temporale ha fatto quello che di solito fanno gli uffici anagrafe, ma al contrario: ha cancellato migliaia di alberi in poche ore.

Quasi 5.000 esemplari sono stati abbattuti, molti nei parchi, altri lungo le strade. Il Comune ha contato, ripulito, promesso, piantato ancora. Ha raccolto fondi, avviato campagne, ripristinato viali. Nel giro di un anno sono state messe a dimora oltre 20.000 nuove piante. Parallelamente più di 38.000 alberi risultano “attenzionati”, cioè monitorati con particolare cura perché potenzialmente critici.

I numeri restituiranno sempre la stessa fotografia: Milano punta a essere una città verde, ma il verde fatica a restare in piedi se viene inserito in spazi troppo stretti, suoli impermeabili, manutenzioni frammentarie.

Sicurezza, tagli e caldo urbano: quando il verde diventa un problema invece che una protezione

Quando un albero cade, la priorità immediata riguarda la sicurezza. Le auto vengono danneggiate, le strade si chiudono, i tram si fermano, i parchi vengono interdetti. In quel momento il verde smette di essere alleato e appare come ostacolo. La risposta più semplice è spesso una sola: tagliare. Meglio un albero in meno che un rischio in più, anche a costo di rinunciare a ombra e benefici ambientali.

Questo meccanismo, però, alimenta un circolo vizioso. Meno alberi significano più caldo, più smog, meno ombra, più consumo energetico per raffrescamento. La città perde una parte della sua difesa naturale contro le temperature elevate e gli eventi estremi. In molti casi, il problema non è “l’albero pericoloso” in sé, ma le condizioni in cui è stato costretto a vivere: radici compresse da marciapiedi e asfalto, terreno duro come cemento – spesso letteralmente cemento – e acqua che scorre via anziché essere assorbita.

A questo scenario si sommano potature non sempre corrette e una manutenzione che tende alla discontinuità: interventi straordinari nel momento dell’emergenza, meno attenzione nella gestione ordinaria. Al primo temporale serio, la fragilità accumulata esplode.

Depavimentazione e suolo vivo: togliere cemento per rendere gli alberi più stabili e le città più fresche

In questo contesto, una parola comincia a circolare con maggiore frequenza: depavimentazione. Tradotto, significa togliere asfalto e cemento dove possibile e restituire spazio al suolo. Quando si rimuove il pavimento, il terreno torna a respirare. L’acqua viene assorbita invece di scorrere via, le radici possono allungarsi, ancorarsi, distribuire meglio il peso della chioma.

A Milano sono partiti alcuni interventi in questa direzione: marciapiedi ridotti, nuove piantumazioni, aiuole più grandi e meno rigide, spazi di suolo nudo attorno ai fusti. Non rappresentano ancora una rivoluzione, ma segnano un cambio di approccio. La depavimentazione non risolve ogni criticità, eppure offre condizioni di partenza nettamente migliori per la salute e la stabilità degli alberi.

Il cemento, d’altra parte, trasmette l’illusione di un ordine definitivo e di una gestione “a manutenzione zero”. Il suolo vivo richiede cura, monitoraggio, un minimo di pazienza. Chiede di accettare che radici, foglie, acqua e insetti fanno parte del paesaggio urbano tanto quanto semafori e pensiline. È un cambiamento culturale prima che tecnico.

Prospettiva Terra di Stefano Mancuso: sensori sugli alberi per leggere la loro stabilità in tempo reale

In questo scenario entra in gioco Prospettiva Terra, un progetto che parte da un’idea semplice: se diventa difficile riconoscere a occhio nudo quando un albero sta per cedere, la tecnologia può aiutare a intercettare in anticipo i segnali di instabilità.

Coordinato dal professor Stefano Mancuso, Prospettiva Terra utilizza sensori installati sui tronchi che misurano parametri come inclinazione e oscillazione. La sperimentazione è stata avviata alla Biblioteca degli Alberi di Milano (BAM), dove circa 300 alberi sono stati monitorati.

Il progetto è sostenuto da aziende come McDonald’s, Henkel e Ricola. Tra i partner figurano Acone Associati e Publitalia’80 come media partner, mentre PNAT, spin-off dell’Università di Firenze, agisce come Science, Technology & Design Partner. Proprio PNAT, insieme a Mancuso, ha sviluppato i sensori IoT alla base del sistema. Il progetto ha ottenuto il patrocinio del Comune di Milano, con il supporto dell’assessora all’Ambiente e al Verde Elena Maria Grandi. La Biblioteca degli Alberi di Milano, tramite la Fondazione Riccardo Catella, è partner botanico e culturale dell’iniziativa.

Oggi Prospettiva Terra non elimina il rischio alla radice, però consente di gestirlo meglio, con dati invece che con supposizioni e impressioni.

Intelligenza artificiale e sensori IoT: come Prospettiva Terra trasforma gli alberi urbani in infrastrutture di dati

Il cuore tecnologico di Prospettiva Terra è un sistema che combina sensori IoT e intelligenza artificiale. I sensori applicati ai tronchi registrano parametri chiave come l’inclinazione del fusto e la frequenza naturale di oscillazione, indici fondamentali della stabilità di un albero.

Questi dati vengono inviati a una piattaforma cloud e analizzati tramite algoritmi di machine learning in grado di riconoscere variazioni anomale rispetto al comportamento abituale di ogni singolo esemplare. L’IA, in altre parole, “impara” l’albero nel tempo, distingue i movimenti normali causati da vento o pioggia da segnali più critici legati a deterioramento strutturale, stress idrico o problemi radicali.

Quando vengono registrati cambiamenti rilevanti, il sistema invia un alert ai gestori del verde, che possono intervenire in modo mirato con controlli, potature, sostegni o abbattimenti selettivi. Questo approccio non sostituisce la competenza degli agronomi e dei tecnici, ma la integra con un’analisi continua e basata su dati oggettivi, rendendo la gestione degli alberi in città più sicura, mirata ed efficiente.

Estendere questo tipo di monitoraggio – più sensori, più alberi, più contesti diversi – rappresenta un passo cruciale per trasformare il verde urbano in una vera infrastruttura intelligente.

Consapevolezza limitata: pochi cittadini conoscono davvero i benefici degli alberi in città

In occasione della Giornata Nazionale degli Alberi del 21 novembre, Prospettiva Terra ha condotto uno studio in cinque grandi città italiane – Milano, Torino, Roma, Napoli e Palermo – per misurare il livello di consapevolezza dei cittadini sul ruolo degli alberi nel contrasto e nella mitigazione degli effetti del cambiamento climatico.

Dallo studio emerge un paradosso: cresce il desiderio di vivere in città più verdi, ma la conoscenza reale dei benefici degli alberi resta limitata. Un italiano su tre non sa che gli alberi in ambito urbano assorbono anidride carbonica; quasi uno su cinque ignora il contributo che possono offrire nel mitigare gli effetti delle piogge intense e nel ridurre il rischio di allagamenti.

Queste percentuali raccontano una distanza tra percezione e consapevolezza. Gli alberi vengono associati soprattutto all’ombra, al relax, alla bellezza del paesaggio, però raramente vengono considerati come vere e proprie infrastrutture naturali, capaci di influenzare il microclima, migliorare la qualità dell’aria e rafforzare la sicurezza idrogeologica delle città.

Giovani e foreste: una sfida culturale prima ancora che tecnologica

Dai risultati dello studio emerge anche un dato generazionale: i più giovani appaiono meno informati rispetto alle generazioni adulte sul ruolo delle grandi foreste come polmoni del pianeta e sul contributo del verde urbano nella lotta al cambiamento climatico.

Coinvolgendo cittadini di Milano, Torino, Roma, Napoli e Palermo, Prospettiva Terra ha raccolto numeri, ma soprattutto ha messo a fuoco un’urgenza culturale: servono più informazione, più educazione ambientale e una comunicazione chiara su quanto gli alberi rappresentino alleati indispensabili in città.

In un tempo segnato da eventi climatici sempre più estremi – ondate di calore, siccità, alluvioni – sottovalutare il ruolo del verde urbano significa rinunciare a soluzioni semplici e già disponibili. Gli alberi non sono un accessorio estetico: sono una parte fondamentale della risposta che le città possono e devono dare alla crisi climatica.

Possibili sviluppi e soluzioni: piantare meglio, con più dati e più suolo

Per quanto riguarda i sensori progettati da Prospettiva Terra, un’evoluzione naturale del progetto consiste nell’estendere il monitoraggio: più alberi coinvolti, in più quartieri, lungo le strade, nelle periferie, nelle aree esposte a vento forte o a suoli complessi. La prevenzione costa meno di un’emergenza gestita all’ultimo momento, sia in termini economici sia in termini di sicurezza.

Parallelamente va ripensato il modo in cui si piantano gli alberi. Bisogna scegliere specie adatte al clima che verrà, non a quello di vent’anni fa. Meglio piantare meno esemplari ma garantirgli spazio sufficiente, suolo vivo, zone non pavimentate, radici libere di espandersi. L’albero non è arredo urbano: è un essere vivente che svolge funzioni precise di ombreggiamento, filtraggio degli inquinanti, regolazione idrica, costruzione di biodiversità.

Finché verrà percepito principalmente come rischio potenziale – qualcosa che può cadere, rompere, intralciare – e non come parte di una soluzione di lungo periodo, gli alberi continueranno a cadere, fisicamente e simbolicamente.

Forse la vera domanda non riguarda solo il motivo per cui gli alberi cedono in città, ma il motivo per cui le città continuano a essere progettate come se potessero farne a meno.

Domiziana Montello