La protesta contadina di Cosimo Vella porta gli alberi Dove l’erba trema

Trattori, striscioni senza slogan, ulivi contorti e ceramica ruvida: a ONDO, la mostra di Cosimo Vella apre una faglia tra estetica e politica, tra foresta futura e suolo presente

Dove l’erba trema: la mostra di Cosimo Vella a Spazio ONDO – tra alberi e ruvidità 

Quando si arriva a ONDO, piano terra di un ex magazzino tessile, la mostra Dove l’erba trema non si limita a occupare lo spazio: lo mette in tensione. Lo scinde. Una barricata tradotta in scultura e disegno; ulivi appesi alle pareti che reggono striscioni volutamente vuoti; da una ceramica non levigata emerge la ruvidità del gesto. 

Il lessico di Cosimo Vella è quello del lavoro contadino e delle proteste che attraversano oggi i territori, tra espropri, logistica, forme di resistenza. La mostra interroga anche il concetto di forestazione: non come compensazione di facciata, ma come pratica che riguarda suolo, biodiversità, tempi lunghi. 

Gli alberi non sono solo merce in transito tra vivai e cantieri urbani: diventano alberi-bandiera, usati nelle proteste per difendere i terreni; i vasi, barriere e strumenti tattici. Dove l’erba trema fonde scelta, schieramento, urgenza, e chiede allo sguardo di allenarsi a fare lo stesso. La mostra è accompagnata dai testi critici di Giannozzo Pucci e Duccio Nobili. 

Cosimo Vella in conversazione con LAMPOON: una barricata di ceramica divide lo spazio espositivo

FJC: Quando si arriva allo spazio espositivo, si incontra un simbolo di resistenza che rischia di essere addomesticato dal contesto. Come impedisci che l’opera Barricata, il simbolo di cui è depositaria, venga addomesticato dallo spazio tendente al white cube tipico della galleria?

CV: Lavoro tenendo ferma la qualità del gesto e dell’idea. Se fai le cose con intenzione e con cura, la qualità travalica il contenitore. È come a un festival del cinema: un bel film scavalca il contesto in cui è proiettato. Il punto è badare alla qualità, non al recinto.

FJC: Da dove viene l’immagine della barricata – come ricerca e come materia? Perché proprio una barricata?

CV: Volevo un pezzo lungo, sia fisicamente sia temporalmente, capace di tenere insieme i lavori e l’immaginario di quest’anno, ma anche di spostarsi altrove. La scintilla è arrivata guardando le proteste contadine degli ultimi due anni: sentivo il bisogno di dare alla ricerca un’impronta più schierata. Prima i lavori rischiavano di restare descrittivi; con la barricata volevo una presa di posizione netta, qualcosa che sta in mezzo e costringe a scegliere da che parte stare.

Poi c’è stato un impulso visivo preciso. Seguivo le mobilitazioni degli agricoltori a Selargius, in Sardegna: lì è forte il tema del colonialismo energetico, con multinazionali che acquistano o espropriano terreni agricoli per installare parchi energetici e rivendere altrove l’energia. Ho guardato un gruppo, Sa Barracca de su Padru. Sui loro canali ho visto immagini di una barricata fatta di elementi naturali e macchine agricole. Quell’immagine mi è rimasta addosso: è diventata il mio punto di partenza.

Raccolta meccanizzata delle olive, 2024
Raccolta meccanizzata delle olive, 2024
Cosimo Vella in studio a Pietrasanta, fotografia di Matteo Viti
Cosimo Vella in studio a Pietrasanta, fotografia di Matteo Viti

Gli ulivi come corpi politici: perché gli striscioni restano vuoti e a chi parlano

FJC: Nel tuo lavoro l’ulivo torna come corpo politico piegato, straziato, ma non spezzato; risuona qui anche la parabola del giunco dantesco. Che cosa gridano i tuoi ulivi disegnati e a chi parlano con le loro bandiere?

CV: L’ulivo è una pianta incazzata: la sua forma contorta porta già un’inquietudine. È mediterranea per eccellenza, quindi parla dei luoghi che voglio raccontare. All’inizio gli striscioni avevano frasi esplicite: «No al colonialismo energetico», «Per un salario di contadinanza» e via così.

FJC: «Salario di contadinanza» è quasi un manifesto.

CV: L’avevo sentito come provocazione da Giannozzo Pucci, che ha scritto uno dei due testi per la mostra. L’idea è che oggi si dovrebbe riconoscere un reddito di base a chi lavora la terra. Mi interessa l’utopia che ne deriva. Poi ho scelto di lasciare gli striscioni vuoti: meno incisi a livello letterale, più aperti. Volevo che potessero gridare tutto, dare voce a qualsiasi protesta che tocca le aree rurali e, più in generale, la vita di chiunque. Già l’atto di protestare – l’ulivo che solleva lo striscione – è centrale.

Il segno ruvido: come la vita contadina entra in disegno e ceramica

FJC: Entriamo nel tuo segno ruvido. Dentro ci sono fatica, manutenzione, caldo, freddo, lavoro con animali e piante. Come fai emergere questa ruvidità, anche come impegno? Come si trasforma la ruvidità del lavoro contadino in arte, soprattutto nelle scelte del disegno e della ceramica? Che rapporto hai con agricoltori e pastori?

CV: La ruvidità la vivo ogni giorno da quando, qualche anno fa, ho scelto la provincia dopo Milano. Ma in studio non cerco una trasposizione materiale diretta: non penso che parlare di qualcosa di ruvido significhi usare per forza una materia ruvida. Mi interessano, prima di tutto, le storie.

Di fatto, i pezzi non sono levigati: né la ceramica né il disegno. Per me il ruvido coincide con l’immediatezza: un’approssimazione consapevole, una certa velocità, il lasciare le cose nel loro stadio primordiale. Provo a non far ripulire troppo il lavoro alla mano; e alla testa. Voglio restare vicino all’intuizione iniziale. E c’è l’urgenza: sociale e politica. Cerco di riportarla nel gesto e nella materia. Il gesto chiede rapidità, non lucidatura; non ossessione del dettaglio.

Installation View della mostra Bisogna Mangiare di tutto, Congrega dell_Immacolata, Cutrofiano, 2025
Installation View della mostra Bisogna Mangiare di tutto, Congrega dell’Immacolata, Cutrofiano, 2025
Installation view della mostra Io Contengo Moltitudini, Villa la Versiliana, Pietrasanta, 2025
Installation view della mostra Io Contengo Moltitudini, Villa la Versiliana, Pietrasanta, 2025

Dallo slogan alla mostra: cosa mette in gioco l’opera La nostra fine la vostra fame

FJC: Il lavoro La nostra fine la vostra fame non è solo un titolo: è un’accusa. Che cosa mette in gioco? Da dove arriva?

CV: Mi ha colpito per la forza linguistica. L’ho incontrata nelle foto delle proteste contadine: realtà diverse anche politicamente, ma accomunate da uno staro di urgenza. Ricordo questo striscione su un trattore, nel 2024. L’ho fatta mia, è diventata il titolo di un lavoro. 

«Nostra», per me, sono i contadini, chi lavora la terra. «Vostra» è l’establishment politico ed economico che decide politiche agricole, prezzi, direzioni dell’energia. Mi interessa che il «noi» si allarghi: accanto agli ulivi, include gli alberi, le piante, il paesaggio. Se finiamo «noi» – persone, flora e fauna – quello che resta è la fame, anche come mancanza di relazione con la terra.

Cosimo Vella: dalla rabbia sociale all’opera. Come evitare il branding

FJC: Prendi una rabbia sociale reale e la trasformi in opere, il più delle volte pezzi unici, che entrano nel sistema dell’arte, lontano da quello agricolo. Non rischi che quella rabbia diventi branding?

CV: Ciò che faccio non è azione politica in sé: faccio scultura e disegno. L’arte si nutre di sentimenti – rabbia sociale, intimità – ma resta racconto e forma. Non uso l’azione politica come dispositivo artistico: non mi interessa. È un’arte impegnata perché parla di temi sociali, ma tutta la vita è politica. Non saprei tracciare una linea netta oltre la quale un’opera «è politica»: esistono gradazioni.

FJC: E fuori dallo studio? Azioni concrete, presenza alle proteste?

CV: Oggi la politica, per me, passa dalle scelte quotidiane. Fare la spesa, decidere cosa compriamo e cosa mangiamo. Penso a Wendell Berry: «mangiare è un atto agricolo»; oggi è anche un atto politico. Il mio lavoro di artista è lontano dall’azione politica diretta; il gesto politico sta nella vita di ogni giorno.

Dalla riparazione all’autocostruzione: è possibile liberare la terra dalle macchine»?

FJC: In concreto cosa significa «liberare la terra dalle macchine»? Utopia?

CV: È un titolo provocatorio. Penso a gruppi in Francia che insegnano ad autocostruire e riparare le macchine agricole, per dipendere il meno possibile dalle multinazionali che tengono in scacco i contadini. Non so se sia possibile “far sparire” i trattori: non è questo il punto. L’utopia mi interessa per la forza trasformativa, non per la fattibilità. Esiste, sposta immaginari.

Cosimo Vella, Piccolo Miracolo, 2025. Collezione privata
Cosimo Vella, Piccolo Miracolo, 2025. Collezione privata

Filiera materiale: laboratorio, scarti, scelte di coerenza 

FJC: Materiali, temperature di cottura, scarti: come gestisci la filiera del lavoro in ceramica e nel disegno? Riduci sprechi? Recuperi?

CV: Lavoro con un laboratorio tradizionale, artigiani di vecchia scuola, non sempre attenti al tema degli sprechi. C’è uno scarto generazionale. Non mi interessa un sistema chiuso e forzatamente coerente tra racconto e metodologia: lavoro in modo funzionale alla storia, con immediatezza. A volte uso materiali industriali, se servono. 

Tra vivai e forestazione: quando piante alberi è gesto politico e non economico 

FJC: Il distretto vivaistico di Pistoia è tra i più grandi d’Europa. Come ti collochi tra prestazione commerciale e ambiente? Nella Barricata si intravedono vasetti di plastica: che posizione prendi rispetto a colture, logistica, industria vivaistica?

CV: I vivai sono luoghi ambivalenti. L’ornamentale, a volte, mi pare grottesco; eppure nei vivai sto bene: sono luoghi in cui si dà del «tu» ad altre specie. Quanto ai vasetti, nel lavoro rimandano a un uso di protesta. In alcune mobilitazioni gli agricoltori li usano come strumenti per proteggere i terreni a rischio: piantano alberelli in vaso sui suoli minacciati. Alcune specie hanno tutele particolari: piantarle complica gli abbattimenti e rallenta le procedure. Così il vaso diventa barriera, dispositivo di lotta – quasi una mina concettuale.

Installation view della mostra Città del mondo, Milano 2024
Installation view della mostra Città del mondo, Milano 2024

Cosimo Vella tra storia dell’arte e sistema: riferimenti impliciti, qualità come criterio

FJC: Le tue opere offrono riferimenti alla storia dell’arte: la materia delle ceramiche, l’eco di Lucio Fontana, certe prossimità all’arte povera. Come ti muovi tra questi pilastri senza restarne intrappolato? 

CV: Quando lavoro evito di guardare direttamente ai riferimenti. Provo a liberare il pezzo da influenze consapevoli e mi concentro sul lato narrativo, quasi letterario. Le continuità con la storia dell’arte, se ci sono, le riconosco dopo. Se verbalizzi un riferimento, rischi di doverlo guardare negli occhi ogni volta: preferisco non pensarci mentre lavoro.

FJC: Percepisci nel sistema dell’arte un interesse reale per le urgenze di cui parli?

CV: Quanto al sistema, vedo poche conversazioni sull’agricoltura, non solo nell’arte. Questo vuoto per me è una spinta a lavorare. Mi muovo con schiettezza, guardo alla qualità. Considero il sistema finché è funzionale a far vedere il lavoro; ci ritrovo le stesse criticità del sistema socio-economico in cui viviamo. Non lo feticizzo.

Cosimo Vella

Cosimo Vella (Milano, 1994) vive e lavora a Camaiore. Si è laureato al Chelsea College of Art. La sua ricerca indaga il rapporto tra soggetto e territorio, tra storie personali e dimensione collettiva, attraverso scultura, disegno e fotografia. 

ONDO

Ondo è uno spazio indipendente che ospita progetti e mostre di artisti contemporanei emergenti, fondato da Arianna Iandelli e Costanza Nizzi in Via Giovanni Verga 6/8, Pistoia. 

Federico Jonathan Cusin

Cosimo Vella, fotografia di Matteo Viti
Cosimo Vella, fotografia di Matteo Viti
Cosimo Vella, La fine di un modello agircolo, 2025
Cosimo Vella, La fine di un modello agricolo, 2025
Ritratto di Cosimo Vella, fotografia di Matteo Viti
Ritratto di Cosimo Vella, fotografia di Matteo Viti
Cosimo Vella, Alberi da piantare, 2025. Collezione privata.
Cosimo Vella, Alberi da piantare, 2025. Collezione privata
Cosimo Vella, La nostra fine la vostra fame!!!!!!, 2025
Cosimo Vella, La fine di un modello agricolo, 2025
Cosimo Vella, La fine di un modello agricolo, 2025
Cosimo Vella, bozzetto per La nostra fine la vostra fame, 2025
Cosimo Vella, bozzetto per La nostra fine la vostra fame, 2025
Gobbo verde, ceramica smaltata, 2024
Gobbo verde, ceramica smaltata, 2024
Cosimo Vella, La nostra fine la vostra fame 2025 _ ceramica smaltata _ 57x39x30 cm
Cosimo Vella, La nostra fine la vostra fame 2025, ceramica smaltata, 57x39x30 cm
Falò delle macchine agricole, 2024
Falò delle macchine agricole, 2024