Victor-Hart, “Defiant”

Fashion Trust: designer emergenti, algoritmo e la crisi del sistema Wholesale

Umberta Gnutti Beretta e Warly Tomei entrano in alcuni dettagli sulle operatività del Fashion Trust di Milano: dall’assistenza legale alla collaborazione con Linea Pelle

Il Fashion Trust: supporto legale ai designer e le collaborazioni con l’Udinese Calcio e MAX&Co.

Umberta Gnutti Beretta: Ci sono designer che dopo due o tre anni di attività, non hanno ancora costituito la società. Non hanno registrato il loro marchio. Lavorano, iniziano a vendere in Cina senza tutele. O ancora: non hanno fatto una ricerca di anteriorità.

Carlo Mazzoni: Una questione di soldi. Solo una ricerca di anteriorità ha un costo di dieci mila euro almeno.

Umberta Gnutti Beretta: l’assistenza legale è strutturata grazie anche al supporto dell’Avv. Ida Palombella (Equity Partner di Deloitte Legal e Global Fashion & Luxury co-Lead – ndr) e del suo team in Deloitte, che consigliano i designer sulle azioni migliori da intraprendere, come a esempio le ricerche di anteriorità prima di registrare un marchio.

Carlo Mazzoni: Deloitte è uno studio legale che conta oltre 2500 dipendenti, con sedi in 80 paesi nel mondo.

Umberta Gnutti Beretta: Se successivamente, i designer decidono di usare Deloitte per le operazioni, tramite il Fashion Trust, lavorano con agevolazioni. Succede quotidianamente, la necessità di un’assistenza legale: i designer emergenti non ricevano pagamenti dopo che un ordine di produzione è stato loro commissionato. Se sollecitano in autonomia, i clienti non rispondono al telefono. Se inviano una lettera di uno studio legale come Deloitte, qualche cosa più facile che ottengano.

Il Fashion Trust è un catalizzatore di consulenze. Un esempio. L’Udinese – non è un brand di moda, ma una squadra di calcio. Da tre anni l’Udinese Calcio chiede al Fashion Trust il suggerimento di un designer per disegnare la maglia della squadra. Al designer è pagata la consulenza e il produttore della maglia riconosce una royalty sulle vendite del merchandising. Il primo anno ha lavorato Marcello Pipitone, il secondo Flora Rabitti e il prossimo, Domenico Orefice. 

Grazie a un’introduzione di Emanuela Schmeidler, Francesco Murano ha disegnato la collezione che ha sfilato per Bulgari, durante la presentazione dell’alta gioielleria a Taormina. Francesco Murano ha ricevuto un compenso in denaro oltre al budget per la creazione della collezione. Bulgari ha poi dato a Murano l’autorizzazione a presentare, vendere e produrre la collezione in autonomia.

Warly Tomei: MAX&CO. è stato con noi fin dall’inizio. Ha chiesto ad alcuni dei designer sostenuti dal Trust di disegnare capsule collection. Francesco Murano, Flora Rabitti e Victor Hart hanno lavorato con MAX&CO. tramite il Fashion Trust. MAX&CO. quest’anno non è più nostro patron, ma sta continuando a lavorare con i nostri designer. Non ci dà il sostegno finanziario, ma procede con le collaborazioni.

FRANCESCO MURANO SS25
FRANCESCO MURANO SS25
Niccolò Pasqualetti fashion show at Pitti uomo
Niccolò Pasqualetti fashion show at Pitti uomo
FW-25-26-FRANCESCO-MURANO-BY-SARA-SIBIO
FW-25-26 FRANCESCO MURANO BY SARA SIBIO
FW-25-26-INSTITUTION-BY-ALESSANDRO-ALLEGRA
FW-25-26 INSTITUTION BY ALESSANDRO ALLEGRA

Le disposizioni finanziarie del Fashion Trust – ente no profit cofondata da Umberta Gnutti Beretta e Warly Tomei – tra i patrons, Style Capital con Roberta Benaglia e Linea Pelle

Carlo Mazzoni: Quali sono le disposizioni finanziarie del Fashion Trust?

Umberta Gnutti Beretta: Il CNMI Fashion Trust è un ente no profit. Grazie alle donazioni annuali del nostro gruppo ambassador, attualmente composto da circa 50 donne raccogliamo annualmente circa €150.000,00, grazie ai quali riusciamo a coprire i costi vivi dell’organizzazione, che seppur limitati, sono presenti, per esempio oneri di gestione ordinaria e relativi alla sede operativa. In questo modo possiamo destinare altre donazioni, da privati e aziende, Supporter e Patron del Trust, alle progettualità dedicate ai designer.

Altri fondi provengono dal Sustainable Fashion Awards, l’evento alla Scala: il ricavo delle donazioni dei soci di CNMI viene destinato al Fashion Trust. La cena del Grant che negli ultimi due anni è stata trasformata in fundraising dinner, per cui i tavoli sono venduti ai brand. 

Ci sono state quest’anno cinque persone che hanno raddoppiato il loro contributo, invece che pagare dieci mila hanno offerto venti mila, per sostenerci. 

Carlo Mazzoni: Oltre ai privati, anche le aziende.

Umberta Gnutti Beretta: I patrons: ci danno almeno cinquanta mila euro. Quest’anno abbiamo avuto Style Capital, il fondo d’investimento per il quale Roberta Benaglia, nostro membro del board, è CEO e Founding Partner. Un partner storico è Linea Pelle che dà un contributo di trenta mila euro al Trust e fornisce ai designer il pellame necessario alla costruzione della loro collezione.

Carlo Mazzoni: Fornisce pellame per la prototipia delle collezioni, o anche per la produzione?

Umberta Gnutti Beretta: Insieme a Linea Pelle, facciamo una selezione di cinque o sei designer che all’interno di una collezione di trenta capi realizzano cinque in pelle. Linea Pelle fornisce loro la pelle e copre il costo della prototipia. 

Carlo Mazzoni: Un buon meccanismo: se il capo riceve ordine e deve andare in produzione, compreranno pellami presentati da Linea Pelle.

Victor-Hart, “Defiant”
Victor-Hart, “Defiant”

Fashion Trust: i designer finalisti e il sistema wholesale e il marketing digitale

Carlo Mazzoni: A maggio, il pomeriggio prima dell’assegnazione del Grant, sono andato a parlare con i dieci designer finalisti. Li ho incontrati quasi tutti. La loro preoccupazione è il canale di vendita, per la crisi del sistema wholesale. 

Quando il sistema funziona bene, il designer ricava il doppio del costo di produzione – mentre il cliente può arrivare a pagare fin oltre sei volte il costo di produzione. Il delta è il ricavo del sistema wholesale. Per consueto, il sistema wholesale guadagna su brand forti come Gucci e Vuitton – ma per questi la tendenza è diminuire l’wholesale e potenziare il retail diretto. Senza il ricavo dalle case forti, il sistema wholesale non ha le finanze per investire sui designer emergenti.

Umberta Gnutti Beretta: Non sono esperta in questa materia, ma ritengo la strada corretta sia strutturare una vendita diretta online. Costruire un buon website, implementare un buon showroom. La gente è pronta a doversi andare a cercare le cose.

Carlo Mazzoni: La strada potrebbe essere quella di Lessico Familiare? Pezzi unici. Potrebbe questa essere una tendenza comune? 

Umberta Gnutti Beretta: Se uno intende il brand come lo intendevamo noi una volta, Giorgio Armani o Prada, non può essere la strada. Lessico Familiare è un progetto artistico che fa anche vestiti – diversamente, a un certo punto del tuo percorso, devi andare in scala.

Carlo Mazzoni: i dati a oggi vedono in calata l’acquisto della moda tramite i canali digitali. Il pubblico perde fiducia nell’acquisto online. Ancora, parlando con i designer quel pomeriggio, alcuni dicevano che vorrebbero investire in marketing digitale – dove però sale problema di reputazione. Prima di fare marketing digitale bisogna lavorare sul sito. Nei paesi nordici, il coding è basico su ampia scala – in Italia no. Prima ancora di fare PR, prima di fare marketing digitale, bisogna avere un sito capace di catalizzare traffico organico – ovvero avere una buono infrastruttura tecnica e una buona implementazione SEO. 

Warly Tomei: Non hanno risorse economiche sufficienti.

Carlo Mazzoni: Il Fashion Trust: le avete voi per loro.

Umberta Gnutti Beretta: Ne dobbiamo avere di più. Il Fashion Trust dovrebbe funzionare da consorzio. Come quando hai dieci cantine di vino e uno vuole comprare un vino tra i dieci, tu puoi imporre di dover comprare almeno parte degli altri. Non abbiamo ancora la forza per fare tanto, ma riusciremo ad averla. 

Warly Tomei: Nicolò Pasqualetti ha sfilato a Parigi, è stato beneficiario del CNMI Fashion Trust Grant nel 2023 e nel 2024, ed è stato finalista al LMVH Prize. Ha una sua struttura interna che lo aiuta con i buyers.

Camera Moda Fashion Trust backstage
Camera Moda Fashion Trust backstage

Fashion Trust: il buyer, la verticalità dell’algoritmo, la sostenibilità della pelle, concerie e materiali naturali

Carlo Mazzoni: Il buyer cerca online, vede online. Non per forza sui social media, perché i social media non sono una vetrina che permette un approfondimento. Serve la verticalità. L’algoritmo digitale funziona sulla verticalità: più tu sei verticale su un’idea, più è possibile che l’algoritmo ti riconosca. Victor Hart e il denim riciclato con tecniche tintorie africane – è un tema verticale. Lessico Familiare è un progetto culturale, più difficile da verticalizzare – perché la cultura, per definizione, sta all’opposto della verticalità algoritmica. L’altro tema per approcciare il futuro è la sostenibilità. A esempio, so che alcuni tra i designer individuati dal Fashion Trust non vogliono usare la pelle.

Warly Tomei: La pelle è un materiale naturale sostenibile.

Carlo Mazzoni: La pelle è sostenibile quando ci sarà la tracciabilità a un allevamento estensivo. 

Warly Tomei: Ci sono allevamenti che hanno questa tracciabilità. 

Umberta Gnutti Beretta: La tesi è che la pelle sia più sostenibile di altri tessuti, nel senso che le concerie usano la pelle da scarto alimentare.

Carlo Mazzoni: La pelle è un elemento di scarto di una delle attività più inquinanti e potenzialmente dannose per la salute dell’uomo: l’allevamento bovino intensivo. 

Umberta Gnutti Beretta: Analizzando solo la fase di conceria, si possono vedere progressi positivi.

Carlo Mazzoni: Si può sostenere che un materiale naturale sia preferibile a un materiale plastico, potenziale diffusore di microplastica. Quando ho incontrato i finalisti, più di uno tra loro procede ancora su una creatività basata su poliestere, tessuti elastici e sintetici.

Alessandro Sartori e Anna Zegna ai Sustainable Fashion Awards. The SFA Biodiversity and Water Award a Ermenegildo Zegna Group
Alessandro Sartori e Anna Zegna ai Sustainable Fashion Awards. The SFA Biodiversity and Water Award è stato assegnato a Ermenegildo Zegna Group

Fashion Trust: un massaggio, Camera Moda – la parola sostenibilità

L’industria della moda deve ritrovare un messaggio: alle persone, oggi, non solo la moda non interessa alle persone comuni, ma dà loro fastidio. Una volta si diceva che la moda fosse un argomento riservato ai ricchi – oggi si dice che la moda è un argomento dedicato agli stupidi. È sale sulla ferita, per chi rimane ancora innamorato della moda.

Warly Tomei: Le persone preferiscono fare un viaggio, piuttosto che comprare un vestito.

Carlo Mazzoni: Rispetto, trasparenza, credibilità, tracciabilità. La Camera della Moda di Milano potrebbe essere un ente forte abbastanza da pretendere – e catalizzare – più rigore sia tra le case storiche sia tra gli sforzi degli emergenti. 

Umberta Gnutti Beretta: La parola sostenibilità non funziona. Le aziende non vogliono più sentirne parlare, dicono adesso c’è la crisi, dobbiamo concentrarsi su quello che vende davvero. Bisogna trovare un’altra, al posto di sostenibilità, che sia altrettanto valida: credibilità, a esempio. La credibilità può inglobare la sostenibilità. 

Carlo Mazzoni

Soya waste fabrics
Soya waste fabrics