
Milano, città di stranieri: che cosa significa appartenere a Milano?
La Madonnina di Milano – se non ti innamori di lei, non vale. Laboriosità, carità ambrosiana: la ricchezza è responsabilità nei confronti di chi soffre. L’identità di una città
Il Duomo e il Genio di Milano: i notai e le prostitute
La prima pietra del Duomo di Milano porta la data dell’anno 1386. A lavorare alla fabbrica, furono i Milanesi, a quei tempi – sotto la guida di maestri stranieri, nordici, portatori di gotico – ma la manovalanza era milanese. Tutti andavano ad aiutare a spostare le pietre, a portare i massi e gli arnesi, la domenica. Uno scavo di sei metri: per quei tempi uno sforzo colossale. Vi lavorarono tutti, dai notai alle prostitute. Tutta la cittadinanza si sentì coinvolta nell’epica. La mostra Il Genio di Milano andava in scena qualche mese fa alle Gallerie d’Italia. Oggi, al posto di quei milanesi, ci devono aiutare gli immigrati. Che poi, chi li va a fare i lavori manuali, i lavori che facilmente definiamo poveri – non dico le pulizie, o il portierato, il muratore – ma l’edicolante, il fioraio.
Manovalanza locale, direzione straniera. Con un poco di azzardo, si può dire che il Duomo di Milano è una cattedrale pensata da stranieri, concepita su un’architettura e un disegno pervenuto da fuori città. Il tardo gotico non era uno stile italiano: furono chiamati maestri dal nord Europa. Che sia l’ennesima, ma originaria propensione cittadina a dare attenzione agli stranieri che arrivano in città? – certo, purché arrivino dal Nord e non abbiano bisogno di permessi di soggiorno.
Milanesi – siamo tutti stranieri
Il toponimico Milanese è stato abusato, violentato e umiliato da troppe caricature – non sono satire ma bave di saliva. Storicamente, a Milano non sono nati i geni. Milano li ha importati. Una capacità genetica di Milano di accogliere e percepire il genio straniero. Ghirlandaio, Leonardo, Botticelli erano fiorentini, Donatello, Brunelleschi. Fiorentini. Cima da Conegliano, Giorgione, Tiziano – i veneti. Imparare dal genio e diventare più bravi del genio, questa è la capacità di Milano. Importare, capire e sviluppare attraverso la conoscenza che arriva dal fuori, lo straniero. Ancor più in epoca recente: il Corriere fu fondato da un napoletano, Torelli Viollier; Enrico Cuccia fondò Mediobanca, era siciliano; i Falck arrivarono dall’Alsazia; il fondatore della Banca Commerciale fu un uomo tedesco, Josef Toeplitz; Ulrico Hoepli era svizzero; la famiglia Peck si mosse dall’Ungheria.
Il Duomo di Milano sembra sia la quarta chiesa più grande al mondo. Le stime sono oggetto di discussione e non tutti concordano: San Pietro, la prima per estensione e per regola – nessuna chiesa può essere costruita su un’estensione maggiore della sede papale; poi si contano la Basilica di Aparecida, in Brasile, la Basilica di Lourdes, il Duomo di Milano, la Cattedrale di Siviglia.
Il Duomo, i Visconti – a Milano si lavora, ci si ferma per scopare
La decisione di costruire il Duomo fu conseguenza alla caduta del campanile di Santa Maria Maggiore, la chiesa estiva. C’era anche un’altra piccola chiesa, Santa Tecla. I Visconti, duchi di Milano nel 1380, diedero l’ordine della prima pietra: a trovare così inizio fu la Fabbrica del Duomo, a oggi, ancora il cantiere più antico al mondo (la fabbrica di San Pietro prese forza alle fine del Cinquecento – e ha trovato, nel tempo, una conclusione). Un cantiere infinito è il simbolo di quella propensione – chiamiamola virtù, vocazione, definizione – quell’intenzione che definisce uno o una che si sentono appartenere a Milano: la laboriosità, A Milano siamo sempre a lavorare, a correre per lavorare, in affanno per lavorare, affamati per lavorare – dicono. Ci fermiamo solo per scopare, ancora, dicono – solo alcuni dicono – siamo più bravi a scopare che a lavorare.

La guglia maggiore del Duomo e la cava di Candoglia; AUFO, ad usum fabricae operis
Il problema più complesso per la costruzione del Duomo fu la statica della guglia maggiore, l’incrocio tra navata centrale e transetto. Il peso era eccessivo. Il problema fu risolto solo alla fine del Seicento da un architetto milanese, Francesco Maria Richini. La guglia maggiore del Duomo di Milano fu issata nel 1744, più di tre secoli dopo l’inizio della prima della posa della prima pietra. Negli anni Settanta del Novecento, furono sostituite le colonne in marmo con le colonna di cemento armato – una alla volta, senza dare rischio alla statica della cattedrale. L’altare maggiore è stato consacrato dal Cardinal Martini il 19 ottobre 1986, neanche quaranta anni fa. Ci hanno messo se sei secoli – non per finire, per completare – finire, mai.
I Visconti donarono le cave di Candoglia, che è proprietà esclusiva della Veneranda Fabbrica: oggi abbiamo tanto marmo per fare tre volte il Duomo. Le statue di marmo diventano fragili, e devono essere sostituite. Si comprende quando un marmo è fragile, se toccandolo non suona più: sì, lo si tocca, con qualche colpo, e la pietra risponde. Come se la statua avesse un’anima. Se la materia ingloba e digerisce la eco, non risponde, l’anima non c’è. Oggi esiste un sistema di monitoraggio costante di tutta la pietra del Duomo. L’ultimo Naviglio arrivava in Piazza Santo Stefano per poter fornire il marmo al Duomo. Tutto quello che correva per la cattedrale della città, era marchiato con la parola AUFO – ad usum fabricae operis – da qui il modo di dire a ufo, per intendere gratis, senza pagare – a sbaffo.
I grattacieli di Milano e la Madonnina
Tutti i grattacieli che superano in altezza la madonnina hanno anch’essi una statua della Madonnina – più o meno una copia di quella del Duomo. Non la Torre Velasca, che per rispetto, si fermò un metro sotto la Madonnina – ma una Madonnina la troviamo sul lastricato superiore del Pirellone, del Palazzo della Regione e della Torre Isozaki, l’edificio oggi più alto d’Italia. Se non mi credete, avete da chiedere a Google e alla vostra nuova migliore amica AI. Tutte le vie di Milano – questo pare lo sappiamo tutti – il numero civico è sancito dalla guglia maggiore, ovvero dal pilastro della Madonnina: la numerazione comincia dall’estremità della via più vicina alla Madonnina. La prima cosa che i milanesi fecero il 25 Aprile del ‘45, fu togliere il panneggio che circondava la Madonnina. Era stata coperta per i bombardamenti.
Le quattro Basiliche di Sant Ambrogio
L’urbanistica di Milano fu stabilità da Sant’Ambrogio, vescovo del quarto secolo. Ambrogio stabili che Milano fosse la nuova Gerusalemme. Pose quattro chiese a formare una croce nella città. A est, dove sorge il sole, dove c’è Porta Venezia e adesso c’era la Basilica Prophetarum, la Basilica di San Dionigi, distrutta. A ovest, dove tramonta il sole, dove tramonta la vita, la Basilica Martyrum, la Basilica di San Ambrogio. A sud, la Basilica Apostolorum: la Baslica di San Nazaro in Brolo in Corso Porta Romana. A nord, da dove arriva il freddo, la Basilica Virginium, la Basilica di San Sempliciano. Una croce che percorre la città, questa l’urbanistica a Sant’Ambrogio.
L’Ambrosiana, biblioteca e carità
Milano è libera fino al 1499. Dal 1499 al 1524, 25 anni, abbiamo avuto i francesi. Francesco I, poi Luigi XII, Carlo V lascia Milano al regno Asburgo di Spagna. Dal 1580 al 1630, si stabilisce quella che fu l’età aurea di Milano, l’età borromaica – sotto il dominio spagnolo. San Carlo fu il fautore del Concilio di Trento. A succedergli un arcivescovo minore per tre anni – poi per 35 anni, fino al 1630, il cugino, cardinale Federico. Grazie ai Borromeo, Milano diventa una città.
L’Ambrosiana, la seconda biblioteca pubblica del mondo. La più grande biblioteca antica del mondo dopo la vaticana, quaranta chilometri di manoscritti, il Codice Atlantico. La raccolta di libri islamici più grande del mondo, fuori dal Regno Musulmano. La Dario Giuliana. L’Odissea del sesto secolo, miniata in oro in pagine bagnate in porpora. La carità ambrosiana, il decoro di non mostrare troppo, deriva da questa cattolicità che pervade il Seicento fino ai giorni nostri. Quel fare operoso, la laboriosità, anche nella carità. La ricchezza, nel codice ambrosiano, è responsabilità nei confronti di chi soffre – ci sa ripetere Ferruccio de Bortoli.

I Borromeo, l’inquisizione e la Monaca di Monza
Grazie ai Borromeo, Milano non ebbe mai l’inquisizione – l’assenza dell’inquisizione permise a Milano di respirare a livello intellettuale. Milano mai è stata sede della Santa Inquisizione perché i Borromeo ne garantirono la cattolicità. Fu anche per questa ragione che il processo alla Monaca di Monza, contessa di Monza, figlia del de Leyva nobile spagnolo, intestataria legittima di Palazzo Marino che già allora era una reggia – il processo fu così celebre e crudele perché la Chiesa di Milano non poteva permettersi di apparire viziata al suo interno, e la colpa di una figlia lussuriosa, innamorata di un uomo e del sesso, ricca e nobile, doveva essere resa con castigo e furia da produrre sgomento.
Montesquieu, Maria Teresa, Napoleone – una lettera di Hayez per Canova
Montesquieu fa Il giro d’Italia, uno dei primi Grand Tour. Siamo alla fine del Seicento. Montesquieu va a Torino e dice e dice, Eh Torino, che noia. Venezia, una città di prostitute. Siamo nel periodo della decadenza di Venezia. Milano è meravigliosa, dice e non parla neanche del Duomo. Si sconvolge, nella Pinacoteca: ci sono donne che studiano. Alla Biblioteca Nazionale di Francia non era concepibile. Pensate: ho ascoltato una donna che mi diceva, in perfetto latino, come funzionano le maree – scrive.
Dal 1706 regnano gli Asburgo d’Austria. Maria Teresa, Imperatrice d’Austria – e suo figlio Giuseppe II. Il Teatro della Scala nacque nel periodo teresiano. La Braidense. Il catasto è teresiano. Piermarini arrivò da Foligno: progettò la reggia di Monza, i giardini di via Palestro, il luogo d’incontro dell’alta società. Piermarini aveva un mandato imperiale, fare di Milano una città imperiale. Arrivano gli stuccatori, i creatori. Arriva Mozart, inizia a scrivere il caffè, una città illuministica scoppiettante dal punto di vista intellettuale. Andrea Appiani, il neoclassicismo. Milano aveva voglia di diventare una capitale dell’impero Asburgico. Come si può descrivere Milano prima della Rivoluzione Francese?
Napoleone si installò a Palazzo Serbelloni: rilavorò la facciata per poi in Duomo farsi incoronare Re d’Italia con la Corona Ferrea. Nel 1814 ritornano gli Asburgo. Per tornare libera, la città dovrà attendere le Cinque Giornate nel 1848 e cacciare Radetzky. Ogni anno, per quei cinque giorni, dal 17 al 22 marzo, la bandiera tricolore viene issata allo scettro della Madonnina. Fu rilasciata l’ultima edizione de I Promessi Sposi nel 1840, dopo quella del 27. Si canticchiava Verdi in tutta la penisola. In questo contesto arrivò a Milano un altro straniero, un veneziano, Hayez che presto scrisse al suo mentore a Venezia, Antonio Canova: I milanesi hanno l’intuito di capire dove c’è la genialità. A Venezia, no, è tutto decadente. Io resto a Milano.
Carlo Mazzoni






