
Ridurre per amplificare: le coreografie di Laccio tra razionalismo e minimalismo
Dalle citazioni architettoniche alle scene a impatto zero di Orsolina28 – l’eleganza come riduzione, i corpi come scenografie. intervista a Laccio, direttore creativo di X Factor
Intervista a Laccio, coreografo e performer Emanuele Cristofoli: la direzione creativa di X Factor
«Chissà se quest’anno riesco ad avere delle idee». Ogni stagione di X Factor inizia con questa preoccupazione in testa. Poi arrivano sempre. Per il direttore creativo Laccio – il coreografo e performer Emanuele Cristofoli, di Terracina – siamo ormai alla fine della sesta edizione consecutiva, insieme al socio Shake (Fabio Bernardini), con cui ha fondato il laboratorio Modulo. «Molto dipende dai talenti in gara», certo, ma anche dalla loro guida.
In sei anni è cambiato: «Il mio approccio è più controllato, gestisco meglio il flusso di una macchina così complicata rispetto a prima. Ho imparato a dosare le energie. Siamo arrivati ad asciugare e restringere la mole di idee che portiamo sul palco, per dare più risalto a ogni singola idea. Rispetto ai miei primi X Factor, la messa in scena è più essenziale. L’eleganza è diventato il linguaggio nuovo».
Laccio è performer, prima di tutto
Laccio inizia a ballare «da grande»: non passa l’infanzia tra gli studi di danza. Per questo si è sempre definito più che altro un performer. «Mi chiamavano un danzatore, ma io mi sono sempre defilato un po’ da questa etichetta, per rispetto di chi ha iniziato a farlo da piccolo e ha plasmato il proprio corpo in funzione della danza. So quanta preparazione fisica c’è dietro quei corpi. Faccio sempre l’esempio di Roberto Bolle: lui è un ballerino. Per me la danza era un modo di performare, nel senso di creare qualcosa. Mi piace usare il corpo come un linguaggio».
Negli anni dell’adolescenza si accende l’interesse per l’hip-hop. I primi grandi lavori sono con Tiziano Ferro, a inizio Duemila, il periodo di Rosso Relativo e 111. Da performer diventa coreografo, poi direttore creativo. Solo di recente, al di là di X Factor, ha curato la cerimonia d’apertura dei Mondiali di calcio in Qatar del 2022 e l’Eurovision dello stesso anno. È stato a Sanremo con Laura Pausini, ha diretto gli show di Elodie che l’hanno portata a San Siro negli scorsi mesi. Nel 2020 ha collaborato con Paolo Sorrentino in The New Pope.
L’emozione prima della meccanica del corpo – l’arte di Laccio
La formazione tardiva di Laccio – se così si può chiamare – lo porta a cercare l’emozione prima della tecnica. Il sentimento, poi la meccanica del corpo.
«Spesso i movimenti che creo nascono dalla gestualità quotidiana. Il corpo racconta molto già di per sé. Avere la schiena curva in un certo modo, le mani che si uniscono in una maniera particolare. Sono tutte sfumature di un’emozione. Poi da lì unisco le tecniche più complesse, ma solo in un secondo momento, altrimenti diventa una dimostrazione fisica, che è più legata agli atleti. È chiaro che ci sono stili che si fondono sulla tecnica per un racconto, penso alla danza classica. Ma io non ho quella tecnica, quindi devo partire da un altro punto di vista».
Gli studi di interior design e la forma come bussola creativa
A plasmare la visione del movimento e della messa in scena di Laccio non è però solo la componente emotiva. Ci sono dentro i suoi studi di interior design allo IED di Roma. «In quel periodo non sapevo nemmeno io cosa avrei davvero voluto fare, avevo anche disegnato una collezione di moda. Ho assorbito tutta una serie di conoscenze che poi mi sono tornate utili. Mi hanno permesso di avere una visione più diretta di quello che è l’elemento all’interno dello spazio. Mi hanno aiutato a fare ordine e raccontare quello che ho in testa, a parlare con la scenografia, a gestire la lettura di un designo tecnico. Riesco a entrare molto nei dettagli quando mi confronto con gli scenografi, nel caso di X Factor con Maria Paola Spreafico, e questo mi porta a trasformare con più facilità quello che ho in testa».
Il minimalismo e gli omaggi silenziosi ai maestri, da Tadao Andō a Bob Wilson
Dalla formazione da designer viene anche il mondo di citazioni che riporta nelle messe in scena: architetti, artisti, scenografi. Il movimento d’elezione di Laccio è il minimalismo, anche se portarlo in televisione non è poi così semplice: «Quando arrivo con una struttura bianca, semplice, tutte le luci spente, mi chiedono sempre se sono proprio sicuro di farlo». Non a caso menziona con ammirazione le scenografie di Es Devlin, scenografa e costumista ma prima di tutto architetto, che è la mano dietro le cattedrali monumentali, e al tempo stesso essenziali, di molti live di Kanye West.
Spesso Laccio costruisce sul palco, anche quello di X Factor, un omaggio a chi lo ha ispirato, dall’architetto giapponese Tadao Andō con le sue geometrie essenziali a Bob Wilson con le sue cromie. «Una delle ultime messe in scena l’ho dedicata proprio a Wilson. Non c’era nulla se non una grafica che andava in contrasto con una sfera di un altro colore e un ballerino che aveva addosso un altro colore ancora. In un programma come X Factor, che comunque viene seguito da persone interessanti – artisti, architetti – la citazione viene apprezzata. C’è la voglia di vedere quali sono le sperimentazioni, seppur in maniera molto leggera. È un pubblico che permette di osare».

Tra il razionalismo del Colosseo Quadrato e gli affreschi del Duomo di Mantova
C’è però anche del razionalismo nel vocabolario di Laccio. Cita il Colosseo Quadrato dell’Eur a Roma come la struttura che più lo affascina. «È così pulito e così semplice, però poi al suo interno c’è il tema della moltiplicazione. Nella danza mi piace neutralizzare i ballerini, coprire i loro volti. È un modo di lavorare sulla moltiplicazione anche questo, nascondere tutte le singole personalità. Un edificio come il Colosseo Quadrato mi dà la stessa sensazione: ci sarebbe la possibilità di mettere una figura per ogni finestra, per ogni arco».
Anche nei contrasti Laccio trova ispirazione. «Vivo nel Mantovano, in campagna. Ogni tanto entro nel Duomo di Mantova e rimango a bocca aperta, con tutti i suoi affreschi, pur essendo tutto tranne che minimalista. Mi affascina l’abbinamento tra questi due mondi». Poi cita il brutalismo, anche se forse si tratta più di influenze esterne: «Negli ultimi anni il marketing ci ha un po’ indotto ad amarlo, basta pensare alla moda».
La tecnologia che diventa corpo e scenografia
Tra movimenti umani e scenografie si inserisce un anello a fare da raccordo. Motion capture, camera tracking, real-time rendering – chi è abituato a guardare X Factor lo sa – la tecnologia fa da spalla e complemento alla fisicità del corpo.
«Un po’ ci spaventa, ne abbiamo paura. Un po’ ci intriga, dobbiamo capire ancora come poterla utilizzare davvero. La connessione tra l’uomo e la macchina è comunque un discorso che interessa. Io penso che ci aiuti a chiudere dei cerchi. Quando riusciamo a connettere la tecnologia con la parte umana si crea qualcosa di speciale. Aiuta anche ad alleggerire quelle che sono scene piuttosto fisiche, distribuisce le forze. Se ho a disposizione delle macchine che si muovono, riesco a sostenere una messa in scena già in questo modo. Non ho bisogno di riempire il palco».
Il direttivo creativo come psicologo
Coreografo, architetto e designer, in un certo senso il direttore creativo è anche psicologo: deve confrontarsi con i dubbi, le idee e i nervosismi degli artisti. Laccio ne parla facendo riferimento al progetto per gli stadi curato per Elodie, costruito intorno a quattro atti, riunificati sotto l’acronimo MEGA. «Siamo partiti dal suo desiderio di raccontare una serie di donne che si sentiva di avere dentro. La magnetica, l’erotica, la galattica, l’audace. MEGA, appunto. Bisogna andare a riassumere questo desiderio, c’è un confronto come dallo psicologo. Un dialogo continuo, anche la necessità di sentirsi rassicurati sulle scelte creative. Un percorso lungo, come una serie di sedute. Lo facciamo anche con i giudici di X Factor».
Una guida per gli artisti, ma anche per i giovani. Laccio – per il suo studio creativo Laccioland – esprime un desiderio: «Stiamo passando da un’era di archistar e di designer-star a un mondo meno elitario. Il lavoro in team è sempre più interessante. Mi piacerebbe dare spazio a chi non riesce a trovarlo, coinvolgere di più i giovani. Io sono cresciuto quando a fare questo lavoro eravamo in pochi, era più facile trovare la propria strada».
Può uno spettacolo essere sostenibile? Il ritorno all’essenza e le residenze a Orsolina28
Acclarato che per Laccio la riduzione del superfluo scenico per arrivare all’essenzialità è già un modus operandi, è possibile progettare uno show che abbia il minimo impatto ambientale, senza sacrificarne la portata visiva, in un programma come X Factor? «La tendenza c’è. Si va a sopperire a certi consumi con altri tipi di investimenti. È però molto complicato, le macchine e gli strumenti dei grandi spettacoli sono piuttosto invasivi. C’è comunque il riciclo, alcune scene – per esempio di legno – vengono smontate e riutilizzate più volte. Chiaramente è anche un discorso economico, perché ci permette di fare di più, e poi va detto che gli sprechi nel nostro contesto non sono ben visti. Alcune scenografie quando non possiamo usarle di nuovo vengono dirottate verso scopi privati: è più costoso conservare una marea di oggetti all’interno di un magazzino che dargli una seconda vita al di fuori dello show».
Tutto questo vale per le grandi produzioni, anche perché – Laccio lo ripete – «il corpo da solo è già uno strumento, volendo può essere anche un’intera scenografia». Nella sua esperienza lo può diventare ad esempio nelle residenze artistiche di Orsolina28, fondazione artistica nelle campagne piemontesi di Moncalvo, Asti, dove l’obiettivo è avere impatto zero sull’ambiente circostante. Nata nel 2016 per volere di un’ex ballerina, Simony Monteiro, ha recuperato una cascina dove un tempo vivevano le suore Orsoline e l’ha trasformata in uno spazio per le arti, circondandola di orti per la coltivazione biologica. «Lì realizzo progetti che non hanno alcun impatto se non attraverso l’uomo, nel senso che non ci sono scenografie, elementi di plastica o comunque cose che non possono essere riciclate. Sono i miei spettacoli preferiti, quelli che tornano all’essenza, che secondo me alla fine è quello che tutti desideriamo. L’arte può avere impatto zero in questi contesti».
Laccio
Coreografo, performer e direttore creativo italiano, Emanuele Cristofoli nasce a Terracina il 25 giugno 1981. Si approccia alla danza durante l’adolescenza: il nome d’arte Laccio gli viene dato dalla sua insegnante, perché aveva sempre le scarpe slacciate. È fondatore dello studio creativo Modulo insieme a Fabio Bernardini (Shake), con cui cura la direzione di X Factor, e del suo studio Laccioland. Ha lavorato con Tiziano Ferro, Laura Pausini, Elodie, Raffaella Carrà. Prima di X Factor è stato, tra le altre cose, a The Voice.
Giacomo Cadeddu


