Cartier and Myth, high jewelry, Capitoline Museums, Rome

Può davvero la nostra fantasia essere dismessa dall’intelligenza artificiale?

La mostra Cartier e il Mito ai Musei Capitolini di Roma, ci costringe ad andare là dove la fantasia nasce e rinasce – nel Mito – con una domanda: resteremo più forti di un algoritmo o ne saremo annientati?

Potrà mai la nostra fantasia essere sconfitta? Louis Cartier e un viaggio in Italia

Viaggiando per il pianeta conosciuto, Louis Cartier portava indietro con sé reperti che potessero essere fonte d’ispirazione per la creazione di nuovi disegni, meraviglie che potessero poi trasformarsi in gioielli. La cultura dei Maharaja diede ispirazione per il motivo che oggi chiamiamo Tuttifrutti – dove smeraldi e rubini, con interventi di zaffiri, incisi a tratti floreali, compongono tappeti rampicanti di edere, foglie e petali dei giardini delle terre dei Re. Andare ai confini del mondo, per Louis Cartier, voleva dire spingersi ai confini dell’incredibile: una continua e costante ricerca per lo stupore in un azzardo.

Energia alla fantasia, nutrimento di visioni, segni e grafiche, racconti che possano spingere i neuroni ad acrobazie che i muscoli non sanno osare. Non solo per Louis Cartier, questo alimento intellettivo, ma per chi con lui lavorava, presso la casa Cartier, in piena ascesa nell’economia finanziaria e imprenditoriale d’Europa. Così vale ancora per noi oggi: la nostra fantasia va nutrita và allenata. Con che cosa? Si tratta di cultura, certo – ma non una cultura di nozioni e informazioni – laddove un algoritmo diventerà più forte di noi. Si tratta di una cultura di immagini, di collegamenti, se cultura oggi significa fantasia.

Cartier e il Mito – un dialogo tra l’epoca classica di Roma antica e la gioielleria del Novecento

Cartier e il Mito, l’esposizione è aperta ai Musei Capitolini di Roma, fino al 15 marzo 2026. Perché vogliamo chiedere attenzione per una mostra di gioielli in dialogo con le statue dell’antica Roma? Per dare ulteriore sviluppo, sempre necessario, alla medesima tesi: l’abilità manuale dell’essere umano si forma sia su un’esercitazione tecnica che comincia in giovane età e che prosegue costante nell’arco di una vita intera; sia su un’istruzione culturale che permette di elaborare la storia e trasformarla in fantasia creativa.

Louis Cartier, uomo di inizio Novecento, era inserito nella migliore società del tempo, tra Parigi e Londra. La tecnologia del ferro si alzava verticalmente con la Torre Eiffel, spostava le nuvole di cielo e di vapore acqueo – il vapore che saliva dai motori un panfilo nel Mediterraneo o di una locomotiva che da Parigi scendeva verso l’Italia, verso Roma. Roma appariva ancora come il centro di fantasia dell’Occidente, fulcro di equilibrio storico, letterario, artistico – e cos’altro ci vogliamo mettere? Come possiamo immaginare che esplose la fantasia di Louis Cartier quando arrivò la prima volta qui, nel centro dell’Italia? Altro che algoritmi.

Louis Cartier e il Classicismo: le epoche dell’Oro e del Rosa, un riferimento a Roberto Calasso

Louis Cartier era un collezionista che leggeva in lingua latina: l’Italia gli apparve come il centro della cultura classica, quella misura che si produceva dalla proporzione aurea. In Italia, quanto oggi chiamiamo Classico, giunse dalla Grecia di Pericle. Il classicismo rimarrà associato alle onde dell’Oro, lungo la storia – l’Impero Romano, il Rinascimento, l’Illuminismo da cui il Neoclassicismo – alternandosi alle epoche del Rosa – il Manierismo, il Romanticismo – una tonalità che Roberto Calasso avrebbe codificato con il Rosa del Tiepolo. Una teoria storiografica, questa: l’alternanza tra epoche d’Oro ed epoche Rosa: l’Oro è il ritorno del Classico, il Rosa è la decadenza di ogni poesia. Poco importa, in questa storia, che Roma sia capitale del Barocco. La classicità si diffuse tramite le incisioni del Piranesi nel Settecento, e perfino il rococò di Versailles potrebbe diventare – prendiamo licenza – solo un’ombra rosa, definendo la Reggia un avamposto neoclassico (come esempio, la ghirlanda è un’influenza neoclassica che emergeva dall’impianto rococò).

Louis Cartier avrebbe forse scelto un altro libro di Roberto Calasso, non Il Rosa Tiepolo ma Le nozze di Cadmo e Armonia, un convivio le cui storie sono in più angoli e teche riprese nel corso della mostra ai Musei Capitolini. Cronache che portano il divino in un ambito carnale, vicende che mescolano la genesi del mondo a quanti amplessi, dove tuoni e folgori penetrano onde di spuma. Che sia questo mio testo, questi pochi minuti con cui ci dedicate una lettura, un pretesto per riaccendere quel poco del tanto che sapete già? Siano spilli, questi spunti che abbiamo ritrovato, camminando tra le sale del Palazzo Nuovo sul Campidoglio di Roma, uno dei sette colli – a riaccendere quelle sinapsi elettriche e nervose con cui Atreyu ricostruisce la Torre d’Avorio dell’Imperatrice Bambina.

Cartier e il Mito, Roma, Musei Capitolini
Cartier e il Mito, Roma, Musei Capitolini

I canoni classici della mitologia: Demetra, Venere – Cartier ai Musei Capitolini e la gioielleria Castellani

Dagli appunti che oggi ritroviamo negli archivi, in Italia nel 1923, Louis Cartier fece un’immersione di canoni classici nei reperti archeologici di Pompei ed Ercolano: le simmetrie della bellezza di Venere, l’armonia della natura, la purezza in genere. L’equilibrio di una metafora – ovvero la mitologia. La mitologia è matrice della letteratura, archetipo della religione, catalisi di dinamica fantastica occidentale. È nella mitologia classica che ritroviamo le trame di ogni romanzo o tragedia tra amanti, è nella mitologia classica che ritroviamo le fondamenta della psicoanalisi che portò alla letteratura di Italo Svevo. Insomma: è la mitologia classica la fonte che ancora oggi nutre la nostra fantasia, l’espressione creativa contemporanea, la provocazione, la licenza sensuale e sessuale, l’arte poetica di trasformare una fornicazione in una canzone.

La spiga di grano è il simbolo di Demetra, dea della fertilità del terreno – la spiga si pone sul capo delle spose come simbolo di accoglienza nel talamo, di calore dell’intercorso. La nudità di Venere è una variazione di epoca romana dell’Afrodite di Prassitele – le pudenda profumate, una mano che coprendosi definisce ogni utilizzo del vocabolo delicato. È qui che torna il tema primario: ogni volta che usiamo la parola delicato, ogni volta che vogliamo muovere una carezza delicata, lo abbiamo imparato da Venere.

Nella stanza, forse la più celebre qui ai Musei Capitolini – la stanza dove sono disposti in ordine cronologico i busti degli imperatori romani – ci si sofferma davanti a un peplo di Mariano Fortuny ripreso dalla statua in bronzo a Delfi, emblema di Stile Severo sviluppatosi in Grecia intorno al 460 avanti Cristo. Dal 1909 lo stile geometrico dei reperti archeologici greci, sempre tramite le riviste di moda come questo nostro Lampoon, si fusero all’immaginario colorato dei Balletti Russi.

L’intelligenza artificiale non riuscirà a mimare l’imprecisione

Ai Musei Capitolini, le teche dispongono i gioielli del patrimonio Cartier. Alcuni tra i pezzi sottolineano il collegamento tra le manifatture della prima metà del Novecento e i codici classici: i riferimenti intellettuali per i disegni di Cartier provenivano sia dalle riproduzioni dei reperti archeologici che circolarono in Europa tramite le riviste culturali, sia da alcune gioiellerie romane che proposero manifatture elaborate sull’arte antica, greca ed etrusca. Vale la citazione il lavoro della gioielleria di Fortunato Pio Castellani e dei suoi figli. Oltre a una propria produzione artistica, i Castellani restaurarono la collezione orafa del marchese Giuseppe Campana, acquistata da Napoleone III per il Museo del Louvre nel 1861. Fu questa collezione che, muovendosi da Roma a Parigi, andò ad agitare la fantasia dei designer e dei creativi di tutta Europa, stimolandoli nella rivisitazione dei codici del Classicismo.

Continuerà a commuoverci la stessa immagine: un uomo isolato al suo banco di lavoro, in una stanza di rumore, un uomo concentrato in quello che sta facendo. Non gli interessa altro in questo momento. La concentrazione è tale che il frastuono prima si incastra, poi sparisce. Il tempo vola via, oppure si ferma, l’uomo è così concentrato che neanche del tempo ha cognizione. Il suo sforzo fisico, le sue mani, i muscoli della sua schiena, tutto l’universo non conta per lui – a muoverlo è solo la sua fantasia al ritmo del battito dei suoi ventricoli cardiaci.

Gli algoritmi delle macchine potranno forse sostituire la manualità? Sembra di sì – ma non riusciranno mai a mimare quell’errore che crea la meraviglia umana. L’intelligenza artificiale non riuscirà a mimare l’imprecisione, quello sfasamento che ci sgomenta ancora, quella striatura troppo morbida sull’incavo per la bellezza di Venere.

Carlo Mazzoni

Marforio, divinità dell'acqua, Musei Capitolini, Roma
Marforio, divinità dell’acqua, Musei Capitolini, Roma
Gioielleria Castellani, Roma
Gioielleria Castellani, Roma
Cartier e il Mito, alta gioielleria, Musei Capitolini, Roma
Cartier e il Mito, alta gioielleria, Musei Capitolini, Roma
Marforio ai Musei Capitolini, Roma
Marforio ai Musei Capitolini, Roma
Venere Capitolina, variazione in epoca Romana della Venere di Prassitele
Venere Capitolina, variazione in epoca Romana della Venere di Prassitele
Medusa, Musei Capitolini
Medusa, Musei Capitolini