
Tentativi di canapa tessile in Italia: l’esperienza di Maeko con le fibre liberiane
Maeko opera tra canapa e altre materie prime naturali, puntando a costruire un giorno in Italia una filiera che possa collegare agricoltori, artigiani e industria
Maeko: la canapa tessile e le fibre liberiane che resistono nell’industria italiana
Maeko è nata a Milano da un’idea di Mauro e Cinzia Vismara: riportare la canapa tessile in un Paese dove, per decenni, era scomparsa dalle campagne e dalle filature. Dopo anni di sperimentazioni e collaborazioni esterne, nel 2022 l’azienda si è trasferita nel Biellese, acquistando una filatura a taglio laniero: «Abbiamo continuato per un periodo il lavoro in conto terzi della filatura che avevamo acquisito», racconta Cinzia Vismara, «ma poi abbiamo smesso: non ci interessava replicare quell’attività. Dovevamo fare altro, dare spazio alla ricerca sulle fibre naturali».
L’obiettivo di Maeko è sempre stato quello di lavorare e trasformare fibra di canapa di qualità, mantenendo la filatura e la tessitura in Italia. Il percorso, però, non è stato lineare.
Normative incerte: un freno costante alla filiera della canapa
Per Vismara, il principale ostacolo allo sviluppo della canapa tessile in Italia è l’instabilità normativa: «Da decenni il settore è ostacolato da regole poco chiare e da continui cambiamenti. Le nuove direttive, spesso introdotte senza un piano organico, complicano la coltivazione e la trasformazione della fibra».
Questa incertezza scoraggia gli investimenti: «Ogni volta che un’azienda pensa di poter pianificare la coltivazione, intervengono limiti o obblighi che rendono difficile andare avanti. Molti rinunciano prima ancora di iniziare».
A questo si aggiunge la mancanza di strumenti di sostegno adeguati: «I bandi e i fondi disponibili non rispondono alle esigenze della filiera della canapa. Avremmo bisogno di macchinari meccanici per lavorare la fibra, ma spesso i contributi sono orientati ad altri settori. Così diventa complicato modernizzare le lavorazioni e rendere la filiera competitiva».
Le difficoltà della coltivazione diretta sono state aggravate dall’alluvione in Romagna del 2023, che ha distrutto il raccolto sperimentale di Maeko. Oggi l’azienda utilizza fibra di canapa proveniente dalla Francia: «In assenza di condizioni stabili e di una coltivazione nazionale affidabile, dobbiamo procurarci la materia prima dove è disponibile e di qualità sufficiente. In Francia esistono ancora impianti linieri storici che riescono a lavorare la canapa. Non è la fibra ideale, ma è preferibile a quella cinese, che spesso arriva contaminata e presenta problemi già in tintura».
Fibre liberiane e ricerca: ananas e ortica come risorse complementari
Accanto alla canapa, Maeko lavora con altre fibre liberiane, come ortica himalayana, ramie, cocco e ananas: «L’ananas conserva caratteristiche tipiche delle fibre liberiane: robustezza, resistenza e capacità di assorbire bene il colore, ma allo stesso tempo resta più morbida di quanto ci si aspetterebbe».
La fibra di ananas che Maeko utilizza proviene dall’Indonesia, dove è estratta, affermano, manualmente dalle foglie della pianta. Questa specificità comporta la necessità di adattare i macchinari: «Abbiamo dovuto regolare parte della filatura a taglio laniero per permettere all’ananas di miscelarsi con altre fibre, come la canapa o la lana. L’obiettivo non è sostituire la canapa, ma affiancarla, creando tessuti misti che abbiano caratteristiche diverse a seconda dell’uso».
Maeko utilizza da tempo anche l’ortica himalayana, raccolta a mano in zone montane, da cui si ricava una fibra lunga e resistente: «L’ortica ha una lucentezza naturale e una mano che ricorda il lino, ma con maggiore tenacità. Richiede trattamenti delicati nella fase di pettinatura e di filatura, ma offre risultati sia in purezza sia in mischia».
Secondo Vismara, la sostenibilità di una fibra non si misura soltanto sulla sua origine vegetale: «Bisogna considerare anche i processi di lavorazione, il trasporto, la disponibilità di manodopera locale. L’ananas, per esempio, in Indonesia è ancora estratto manualmente: questo mantiene un basso impatto tecnologico, ma non possiamo parlare di filiera a chilometro zero. L’ortica può essere raccolta in modo più diffuso in diverse aree montane e per questo rappresenta una risorsa da valorizzare».
Nei tessuti Maeko l’ananas e l’ortica sono usati sia in purezza sia in mischia con altre fibre naturali: «L’ananas unita alla canapa dà un aspetto più ruvido ma leggero, mentre con la lana si ottiene una mano più morbida e compatta. L’ortica, combinata con il merino, offre una superficie leggermente irregolare e un aspetto luminoso».
Mischie intime: un approccio tecnico per tessuti durevoli
Per Maeko, il valore di un tessuto nasce dal dialogo tra fibre diverse: «Abbiamo sempre creduto che il valore stia nell’equilibrio tra le fibre. Per questo abbiamo studiato combinazioni che uniscono la tenacità della canapa, la morbidezza del merino europeo e la lucentezza di fibre come l’ortica himalayana o l’ananas».
La filatura a taglio laniero consente di utilizzare fibre di lunghezza media, evitando di ridurle a fiocco corto e preservandone le qualità meccaniche. È anche una presa di posizione contro l’uso di fibre riciclate di scarsa qualità: «La fibra corta tende a disperdersi nei lavaggi e a compromettere la durata del tessuto». Questa scelta tecnica è, dunque, volta a offrire tessuti che non si logorino rapidamente e che mantengano aspetto e prestazioni nel tempo.
Costruire una filiera tessile italiana indipendente e un ecosistema diffuso
L’acquisto della filatura nel Biellese ha consentito a Maeko di controllare direttamente l’intero percorso, dalla fibra al tessuto: «Se un cliente ci chiede ventimila metri di tessuto, ci mette in difficoltà, significherebbe bloccare ogni altra ricerca. Il Biellese morirebbe se si lavorasse solo con i volumi. Noi vogliamo restare su un’altra scala, mantenendo un rapporto diretto con chi apprezza la ricerca».
Questa scelta consente di gestire la produzione in modo flessibile: piccoli lotti per laboratori artigianali e piccole imprese e grandi quantità per i brand internazionali, senza rinunciare alla qualità: «Ai marchi di nicchia offriamo l’essenziale in formati ridotti per non spegnere la passione di chi lavora a mano».
L’azienda collabora anche con produttori locali, come un allevatore di alpaca che si affida a Maeko per la filatura della lana: «In questo modo continua a vendere gomitoli e calze. È un rapporto che ci tiene vicini a una dimensione umana e artigianale».
Per Vismara, questa rete di relazioni è fondamentale per mantenere viva un’economia diffusa e costruire una filiera tessile italiana indipendente: «La nostra idea è restituire strumenti e materiali a chi vuole darsi da fare. Non dobbiamo concentrare tutto nelle mani di pochi».
Come valorizzare la fibra di canapa: il valore della durata
Per Maeko, la sostenibilità coincide con la durata del prodotto e l’uso consapevole delle risorse. La fibra di canapa, coltivata e trasformata con metodi adatti, è centrale in questa visione, perché fornisce filati robusti, resistenti al tempo e ai lavaggi, riducendo la necessità di sostituzioni: «Se un cliente compra un capo e lo tiene a lungo, significa che questo è sostenibile. Il problema è il consumo usa e getta».
Il principio della durata riguarda non solo il capo finito, ma anche la stabilità e l’integrità della fibra. La scelta di non impiegare fibre corte o riciclate nasce da questa convinzione: «Un tessuto non deve cedere dopo pochi lavaggi, ma mantenere struttura e colore per anni. La durata è il vero discrimine fra un materiale che rispetta le risorse e uno che le spreca».
Questa filosofia influisce anche sul rapporto con i clienti industriali: «Abbiamo ricevuto ordini importanti, ma non vogliamo snaturare il nostro lavoro. Non è utile produrre grandi quantità se il tessuto finisce in magazzino o viene usato per collezioni che durano una stagione».
Il ritmo produttivo che Maeko persegue è più vicino a quello storico delle fibre liberiane, coltivate senza forzature, lavorate con processi meccanici e non intensivi: «Non ci interessa la corsa ai numeri. Per noi la ricerca sulle fibre non è una gara alla quantità, ma un modo di rimanere liberi e coerenti con quello che sappiamo fare».
Il futuro delle materie prime naturali nella filiera italiana
Il futuro di Maeko resta ancorato alla fibra di canapa, che può tornare a essere un pilastro della filiera italiana se supportata da un quadro normativo stabile e da investimenti mirati in macchinari per la macerazione e la filatura: «Abbiamo imparato che bisogna essere pragmatici: lavorare ciò che si trova, migliorare le tecniche, sperimentare con altre fibre. Non è una competizione, si tratta di costruire tessuti che combinino le caratteristiche migliori di ciascuna fibra, adattandole alle diverse esigenze produttive. Il nostro obiettivo è far crescere la filiera passo dopo passo, senza rincorrere mode o promesse che non si possono mantenere».
L’azienda guarda a nuove collaborazioni con agricoltori e piccoli produttori per tornare a coltivare canapa in Italia, almeno su scala sperimentale: «Non basta avere il seme giusto o un terreno adatto, serve una filiera che colleghi il campo ai macchinari, che garantisca il passaggio dalla pianta al filo. Solo così si potrà tornare a produrre in modo stabile. Non si tratta di tornare a un passato idealizzato, ma di costruire una filiera coerente con le esigenze di oggi: ridurre l’impatto ambientale, mantenere la qualità, dare valore al lavoro artigiano e alle materie prime naturali che costituiscono la base di un tessile solido e duraturo».
Maeko
Maeko è un’azienda tessile fondata da Mauro e Cinzia Vismara, specializzata nella lavorazione di fibra di canapa e di altre materie prime naturali come ortica himalayana, ramie e ananas. Con sede nel Biellese dal 2022, controlla internamente le fasi di filatura e tessitura per garantire tracciabilità e continuità produttiva. Collabora con grandi marchi e piccoli artigiani, privilegiando l’uso di fibre durevoli e tecniche meccaniche tradizionali. Il suo lavoro si concentra sulla ricerca di combinazioni di fibre adatte a tessuti resistenti e di lunga durata.
Debora Vitulano






