Teatro della Cometa

Maria Grazia Chiuri conclude il suo lavoro per Dior, cominciato nel 2016: la sfilata a Villa Albani e i riferimenti romani: il Teatro Cometa di Mimi Pecci Blunt, lo zodiaco di Pietro Ruffo, la Fondazione Torlonia

Maria Grazia Chiuri e Dior, il femminismo, la militanza, la sua voce

Nove anni fa Maria Grazia Chiuri arrivava a Dior – era militanza. Sulle magliette, urlava quanto tutti vogliamo essere femministi. In questi suoi anni: collegamenti e interlinee, commissioni, revisioni. Mostre, interventi, libri. Tutto con un solo testo: la donna. Diversa dall’uomo, titolata agli stessi diritti. Protetta e corrisposta a bilancio della forza fisica del maschio. Orgogliosa nel portento di una presa dopo secoli di seconda fila.

2016. La militanza di Maria Grazia Chiuri era espressione in anticipo. Erano anni in cui tutti si muovevano abbagliati da numeri digitali, dalla corsa alle conversioni in negozio, alla mercificazione del corpo umano, maschile e femminile. Una nuova pornografia intellettiva: il selfie per uno smacco vanitoso, neanche per scopare. Maria Grazia parlava di femminismo. Mise i fatturati di Dior in crescita, grazie anche al lancio di una Tote Bag: un oggetto semplice, rigido, geometrico: la prima volta che la vidi, non ipotizzai quale culto di denaro avrebbe generato. Chiuri poteva così procedere nel suo contrappasso: portava i numeri, in cambio otteneva il diritto di schiarire la sua voce.

Una voce rauca, la cadenza romana. La chiamano solo Maria Grazia, dando scontato il cognome – un segno nel segno. La battuta veloce, la risata pronta – un accento che resta in inglese quando parla con i francesi. I francesi che sembrano farlo apposta, a loro volta, a mantenere la loro cantilena, a parlarlo male, questo inglese, convinti di essere sublimi. Maria Grazia è lì, li lascia fare. Gli occhi truccati, la sagoma del viso squadrato, la personalità nella camminata, nei jeans, nei capelli platino o nero corvino. We should all be feminist.

FINALE show Dior a villa Albani. Ph. ADRIEN DIRAND. Courtesy FONDAZIONE TORLONIA
FINALE show Dior a villa Albani. Ph. ADRIEN DIRAND. Courtesy FONDAZIONE TORLONIA

Le donne e il sistema moda: Villa Albani

Arrivò il Covid, poi la guerra, un’altra guerra e la vergogna americana – sia per la cancel culture, sia per un presidente che delira il suo Drill Baby Drill. Oggi, la militanza di Maria Grazia è una direzione persistente nel sistema della moda. Al netto dell’esecuzione, Maria Grazia è sintetica nella sua ricerca per le donne con la sua traccia esistenziale. Sua figlia Rachele, ogni bambina che domani attraverserà la strada da sola. La forza delle donne. No, non saremo uguali, poteri diversi, mosse e contromosse: sempre e solo una donna avrà la soluzione a questo rebus che è il passaggio terreno: dare vita a chi arriva. Quando il maschio si accorge di essere semplice strumento, si consola in omosessualità.

La moda oggi ha bisogno di un messaggio. Non esiste comunicazione se non c’è un progetto concreto dedicato alla comunità, alla vita civile. Un capitolo concluso, il suo lavoro per Dior, Maria Grazia ne apre un altro. A Villa Albani la pioggia batteva dal cielo. In difficoltà erano gli orchestrali, gli spartiti bagnati, al centro dell’intarsio di bossi verdi. Sul finale, la stampa italiana si alzava in piedi per l’applauso – mentre gli americani davano per scontato l’ossequio. Come un’onda, poi, tutti in piedi: le maestranze, la famiglia Fendi al completo, tutta la società romana: in rispetto a un poetico extraterrestre che da Parigi torna a casa a fare rumore.

SCENOGRAPHY. Ph. ADRIEN DIRAND. Courtesy FONDAZIONE TORLONIA
SCENOGRAPHY. Ph. ADRIEN DIRAND. Courtesy FONDAZIONE TORLONIA

Il Teatro Cometa e Mimi Pecci Blunt

Il Teatro Cometa è stato restaurato da Maria Grazia Chiuri – non da Dior, ma con il plauso e la buona proposizione di Dior. Quella mattina, per una visita, ad accompagnare Maria Grazia c’erano sia Delphine Arnault sia Olivier Bialobos – anche questo un applauso per il lavoro e per il futuro.

Mimi Pecci Blunt era una maniaca dell’archivio. Vestiva da Dior, posava per Cecil Beaton. Nata a Carpineto Romano. Studiava dalle suore, perché tramite la buona nomea della scuola avrebbe ricevuto inviti ai balli di Parigi dove immaginava di trovare un buon marito. Maria Grazia ne riscopre la vicenda – il marito ebreo, la fuga in America, Villa Marlia. Fu Mimi Pecci Blunt a volere il Teatro Cometa e i disegni di Tommaso Buzzi. Maria Grazia ritrova la cronache e procede in questo mondo di riferimenti romani. I segni zodiacali di monsieur Dior sono ridisegnati da Pietro Ruffo al Pastificio Cerere. Le stelle del creato brillano di più quando si avvicinano a San Pietro.

La moda affronta la crisi di reputazione dovuta anche alla retorica per cui i quotidiani suonano ridicoli, all’enfasi con cui un blog di finanza cerca un tono da telenovela. L’industria della moda è ambigua, nei confronti di Maria Grazia. L’attenzione è di certo dovuta all’investitore media – ma Maria Grazia ha avuto un tale successo commerciale che lo snobismo è andato moltiplicandosi. Quelli che frusciano come bisce, le promettono di comprende la sua filologia – parola troppo ripetuta – quando per loro, le pubbliche relazioni sono più necessarie di un azzardo intellettuale.

Teatro Della Cometa, Interno. Palco
Teatro Della Cometa, Interno. Palco
Teatro della Cometa, Salotto
Teatro della Cometa, Salotto
Teatro della Cometa, Portrait Maria Grazia Chiuri e Rachele Regini
Teatro della Cometa, Portrait Maria Grazia Chiuri e Rachele Regini

Villa Albani, la Fondazione Torlonia

Maria Grazia Chiuri a Roma, l’altra sera, la sua ultima sfilata per Dior. Villa Albani, per la prima volta era resa disponibile dalla Fondazione Torlonia – – tesoro intimo, celato, riservato di una Roma nera secolare che dei miliardi di Parigi può ancora sbadigliare divertito. Per due settimane, oltre mille persone hanno lavorato allo spettacolo: la riproduzione di un quadro del Settecento, quando il barocco di Roma fu solo sfiorato dal rococò illuminista francese, fermo avvolto dalle porpore cardinalizie. Per quella sera, Villa Albani era il palco per un Teatro del Mondo. Massima difesa e attacco illuminato: sono le mosse di una donna che si staglia sul sistema, forte della sua gente. Ricchi e non ricchi, furbi e onesti, romani, romanacci e così sexy, agitati e sonnolenti, beati o scialbi – Maria Grazia ha il suo popolo, il suo linguaggio.

Carlo Mazzoni

Pietro Ruffo, dettaglio
Pietro Ruffo, dettaglio