
Si può coltivare il cotone in vertical farming? La scommessa di Planet Farms
Planet Farms porta la logica del vertical farming nel tessile: fibra di cotone a impatto zero, tracciabilità blockchain e una nuova idea di sovranità produttiva per l’Italia. Intervista al co-founder e CTO Luca Travaglini
Luca Travaglini racconta le nuove frontiere di Planet Farms: nasce il primo cotone a ridotto impatto ambientale
Il cotone è tra le colture a maggiore impatto ambientale, soprattutto per l’elevato consumo d’acqua, l’uso di pesticidi e la degradazione del suolo. Coltivarlo in vertical farming (agricoltura verticale) è la nuova frontiera di Planet Farms, l’azienda italiana fondata da Luca Travaglini e Daniele Benatoff nel 2018, che nel 2024 ha aperto il nuovo stabilimento produttivo di Cirimido, in provincia di Como.
Planet Farms oggi è una delle più grandi e automatizzate vertical farm del mondo. Planet Farms ha iniziato dalle insalate, non per semplicità, ma per sfida tecnica. Una coltura a basso valore aggiunto e ad alta sensibilità – in natura è soggetta a shock termici e variazioni di umidità che ne compromettono la qualità – era il terreno ideale per mettere alla prova il sistema di automazione e controllo sviluppato dall’azienda. Da quel punto di partenza è nata la prima insalata pronta al consumo che non necessita di lavaggio, un prodotto che in Italia ha richiesto persino un cambio normativo. Oggi il modello di Planet Farms è pronto per il B2B. L’obiettivo è quello di fornire un approvvigionamento totalmente sostenibile a tutti i settori che dipendono dal mondo vegetale e delle colture, ma che per diversi motivi non possono contare sulla stabilità e continuità delle risorse naturali.
«Sei anni e mezzo fa io e Daniele abbiamo iniziato a interrogarci sulle quattro commodity che sarebbero diventate problematiche: caffè, cotone, cacao e vaniglia. Ne abbiamo scelte due e lì abbiamo allocato tutta la nostra capacità di ricerca e sviluppo degli ultimi sei anni. Ora siamo in grado di portarla su scala industriale partendo dal cotone», spiega Travaglini.
«Pur occupando solo il 2,5% dei terreni coltivabili a livello globale, la coltivazione del cotone convenzionale utilizza una quota sproporzionata della chimica agricola mondiale, impiegando fino al 16% di tutti gli insetticidi consumati ogni anno», aggiunge. Il cotone è inoltre tra le colture più idroesigenti al mondo: per produrre un solo chilogrammo di fibra servono in media circa 11 metri cubi d’acqua, contribuendo in modo significativo all’impronta idrica del settore tessile.
Anche sotto il profilo qualitativo e prestazionale, il cotone sviluppato da Planet Farms si distingue nettamente da quello tradizionale. Oltre a essere coltivata in un sistema completamente sostenibile, la fibra ottenuta in vertical farm presenta una lunghezza e una resistenza superiori, insieme a una finezza nettamente più elevata rispetto a quella delle stesse varietà coltivate in open field.
Sovranità produttiva e nuove filiere italiane: intervista a Luca Travaglini, co-founder e CTO di Planet Farms
«Tra i nostri obiettivi, c’è quello di ridare una prospettiva al paese. Portare in Italia delle colture strategiche come queste vuol dire recuperare un tessuto industriale perso, dalle torrefazioni all’industria del tessile. Si tratta di cambiare le sorti dell’agricoltura come la pensiamo, da sempre climate-driven ora diventa consumer-driven».
Con questo approccio, Planet Farms ribalta il paradigma della produzione agricola tradizionale. Non si coltiva più dove il clima lo consente, ma dove la tecnologia lo rende efficiente e sostenibile. Il modello elimina sprechi e riduce l’impronta di CO₂, costruendo un sistema che può garantire autosufficienza e sicurezza della materia prima, ma anche una nuova forma di sovranità produttiva.
E se un tempo il mondo agricolo convenzionale guardava con diffidenza questo approccio, oggi ne trae benefici. La vertical farm è un sistema ad alta intensità di capitale, ma alcune delle soluzioni sviluppate sono già trasferibili alle coltivazioni tradizionali. Ad oggi, Planet Farms gestisce una delle più grandi banche dati agricole al mondo: un archivio che analizza singolarmente elementi e condizioni naturali per replicarli, con precisione scientifica, dentro un modello produttivo controllato.
Automazione, dati e innovazione tecnologica: l’impianto principale di Planet Farms a Cirimido
A Cirimido, lo stabilimento principale di Planet Farms Italia produce fino a 75.000 confezioni di insalata al giorno – oltre alle altre colture sviluppate in vertical farming – con soli sei operatori in produzione su un totale di 100 dipendenti dell’intero gruppo, inclusi tecnici, agronomi e ingegneri. È una scala industriale controllata da sistemi automatizzati e da un’infrastruttura digitale che integra ogni fase del ciclo produttivo.
Ogni giorno sono generati 1,7 terabyte di dati, archiviati e analizzati in tempo reale. L’intelligenza artificiale interpreta queste informazioni per ottimizzare la produzione, regolare i consumi energetici e mantenere costante la qualità dell’output. È un modello che riduce la dipendenza dalla chimica e apre la strada a una nuova idea di agricoltura, basata su conoscenza e precisione. Accanto al comparto tessile, le attuali sperimentazioni di Planet Farms Holding, la società tecnologica del Gruppo, si estendono ai settori farmaceutico e cosmetico, dove l’impiego di colture per estratti e oli essenziali è centrale. Anche in questo caso, l’automazione e la coltivazione in ambienti controllati consentono di ottenere prodotti più puri, efficaci e sicuri, eliminando residui chimici tipici delle colture tradizionali.
«Senza automazione non avremmo mai potuto produrre un’insalata che non necessita di lavaggio – afferma Travaglini.La tecnologia, soprattutto nel comparto alimentare, spesso spaventa, ma nel nostro caso serve a ottenere il prodotto più naturale possibile: madre natura nel suo giorno migliore, tutti i giorni dell’anno».

La filiera tessile italiana può diventare più trasparente e tracciabile
Il modello Planet Farms è sinonimo di tracciabilità. Entra un seme, esce una fibra pronta per la filatura: una filiera on site, trasparente, che riduce al minimo gli spostamenti e l’impatto ambientale. «Planet Farms non è un prodotto –specifica Travaglini – ma una tecnologia, che siamo in grado di adattare in base alle richieste del mercato».
Il contesto globale, segnato da crisi ambientali e scarsità di risorse, rende questo approccio necessario. «Il cotone è oggi una commodity instabile: le certificazioni di “cotone organico” richieste dal mondo high-end sono difficili da garantire e le aziende sono sempre più favorevoli alle soluzioni rigenerative, come quelle adottate in Puglia da Armani. Le vertical farm possono diventare un’alternativa industriale con capacità produttive più ampie e controllabili».
La tracciabilità non riguarda solo la provenienza del prodotto, ma anche chi lo produce, come e in quali condizioni. Spostare la coltivazione in ambienti controllati riduce i rischi di sfruttamento e caporalato, garantendo processi verificabili e filiere trasparenti. La sostenibilità sociale, tuttavia, non può tradursi in impoverimento dei territori che vivono di determinate colture: è necessario preservare la dignità dei lavoratori e la continuità delle tradizioni locali.
Planet Farms non punta a sostituire l’agricoltura tradizionale, ma a fornire soluzioni alternative. Lo dimostra anche il mercato: le insalate, inizialmente percepite come premium, oggi hanno un prezzo allineato a quello delle referenze convenzionali, mentre l’efficienza del modello continua a crescere.
Approvvigionamento energetico e sostenibilità: dove inizia la filiera di Planet Farms
In quanto azienda certificata B Corp, Planet Farms integra la sostenibilità nel proprio modello di governance, misurando in modo trasparente l’impatto ambientale e sociale delle sue attività. La responsabilità parte dall’approvvigionamento energetico: l’impianto di Cirimido è alimentato interamente da fonti rinnovabili, in parte generate dal sistema fotovoltaico installato sul tetto, in parte acquistate dalla rete tramite certificati green. Tutto è finalizzato alla riduzione dei consumi: il rivestimento in legno, ispirato alla forma degli alberi, protegge l’edificio dal sole, oltre a integrarsi nel paesaggio agricolo circostante.
L’azienda pubblica regolarmente il proprio Life Cycle Assessment (LCA), una metodologia standard che valuta gli impatti ambientali di un prodotto o processo lungo tutto il suo ciclo di vita — dall’estrazione delle materie prime fino allo smaltimento finale.
Nel Report di Sostenibilità 2023, Planet Farms ha evidenziato un dato chiave: se è vero che le vertical farm consumano molta energia, la loro impronta di carbonio dipende quasi esclusivamente dalla fonte energetica utilizzata. Scegliendo energia rinnovabile, è possibile ottenere risparmi significativi anche in termini di emissioni di gas serra (GHG).
Rispetto al 2022, anno di riferimento dell’analisi, l’azienda aveva installato un impianto fotovoltaico sullo stabilimento di Cavenago, oggi non più operativo a seguito dell’incendio che lo ha coinvolto. Planet Farms ha inoltre deciso che tutti i nuovi siti produttivi saranno alimentati esclusivamente da energia rinnovabile, a partire proprio da quello di Cirimido.
Educare alla sostenibilità e alla cultura alimentare – gli obiettivi sociali di Planet Farms
Negli ultimi anni il vertical farming ha avuto una diffusione estesa in tutto il mondo, ma Planet Farms continua a crescere puntando sulla scala industriale come unica dimensione realmente sostenibile del modello. Le micro vertical farm restano strumenti utili per educare e sensibilizzare, ma non sono soluzioni produttive: servono a mostrare il potenziale della tecnologia e a costruire una nuova consapevolezza alimentare.
Da qui nasce anche il progetto educativo nelle scuole, che ha coinvolto circa 130 classi nella provincia di Milano, nell’ottica di favorire lo sviluppo di azioni e abitudini alimentari consapevoli. L’obiettivo è creare cultura del cibo e dell’origine dei prodotti, partendo dai più giovani. «Uno dei punti che continuo a sottolineare — spiega Travaglini — è che manca la cultura alimentare. Siamo ciò che mangiamo, e per questo dobbiamo scegliere consapevolmente».
Planet Farms
Planet Farms è stata fondata a Milano nel 2018 dai co-fondatori Luca Travaglini e Daniele Benatoff. L’azienda sviluppa un modello di coltivazione verticale integrata, dalla semina al prodotto finito, con attenzione alla sostenibilità e all’automazione. La sua sede produttiva in Italia si trova a Cirimido (Como).
Agnese Torres






