Chairlifts in the 1990s

Sciare nel futuro: la tecnologia sostituisce Madre Natura

Le nostre vette si adattano ai cambiamenti climatici – bacini d’acqua, cannoni e algoritmi disegnano i nuovi inverni in alta quota, seguendo modelli che guardano anche alla tutela dell’ecosistema

Fa sempre più caldo e la neve non scende – quale sarà il futuro dello sci e della montagna?

Le temperature continuano a salire, la neve cade meno di prima e si ferma ormai solo in alto, sempre più in alto, mentre valli e vallate non si imbiancano quasi più. Il ricorso alla neve artificiale per i comprensori sciistici è passato dall’essere un supporto a Madre Natura a una necessità. C’è chi – all’intersezione tra creatività e spirito di sopravvivenza – sta sperimentando soluzioni. Quale sarà quindi il futuro dello sci e della montagna?

Un ecosistema che cambia: pendii fragili, secche estive e biodiversità in pericolo

Partiamo dai dati, quelli raccolti dall’ultimo rapporto Nevediversa di Legambiente. Tra i mille e i 2mila metri, rispetto alle medie storiche, al 13 febbraio 2025 l’innevamento era crollato del 71% sulle Alpi e del 94% sugli Appennini. Tra i 2mila e i 3mila metri il deficit si assestava sul 43% per la catena alpina e sul 78% per la dorsale appenninica. È lunga la lista degli effetti di questa ritirata dell’ecosistema. Le piante tipiche dell’alta quota lasciano il passo alle specie che tradizionalmente hanno abitato quote inferiori, impattando sulla biodiversità speciale della montagna.

Animali come camosci, ermellini e vari volatili risentono dello stress termico e devono abituarsi a nuovi regimi alimentari. Le temperature più alte lasciano proliferare funghi, insetti e parassiti. La neve che un tempo, all’arrivo della primavera, andava a rimpinguare i fiumi è sempre meno e aumenta il rischio di siccità estiva. I pendii, che prima potevano contare sulla neve per la loro stabilizzazione, sono più fragili: cresce il pericolo di frane. 

In Italia risultano dismesse 265 strutture legate allo sci – i dati di Legambiente

Guardare al problema solo dal punto di vista ambientale è parziale e riduttivo. Sulla neve si scia e con lo sci mangiano intere comunità. I cambiamenti ambientali si sono però rivelati più veloci del previsto e non tutti sono riusciti a farsi trovare pronti ad affrontarli. Così, spiega sempre Legambiente, allo scorso marzo erano ormai già 265 le strutture legate all’attività sciistica che avevano chiuso i battenti. Sono raddoppiate in appena cinque anni: nel 2020 erano 132. La regione che soffre di più è il Piemonte, con 76 strutture dismesse. Poi la Lombardia (33), l’Abruzzo (31) e il Veneto (30). 

L’innevamento artificiale – senza non si scia più, ma a che prezzo?

Senza innevamento artificiale non si andrebbe più da nessuna parte. Per alimentare i cannoni che sparano sulle piste la neve su cui sciamo, quasi sempre si fa ricorso a bacini d’acqua – che venga da ruscelli, fiumi, laghi o da altri metodi di raccolta. In tutto, spiega Legambiente, in Italia dovrebbero esserci all’incirca 165 bacini, che coprono una superficie di 1.896.317 mq. Il territorio che ne ha di più è quello del Trentino-Alto Adige, dove se ne contano 60. 

La neve artificiale non ha nulla di chimico. È acqua che viene espulsa dai cannoni a una pressione molto alta, si polverizza e con il freddo si trasforma in cristalli. Anche in montagna, dove non è mai mancata, l’acqua è quindi un bene sempre più prezioso: scarse riserve idriche comprometterebbero un’intera stagione. Per questo si sta correndo ai ripari. Per restare in Alto Adige: nel comprensorio sciistico di Alta Badia, che fa capo a Dolomiti Superski, il nuovo bacino idrico Codes-Piz e Sorega-San Cassiano, insieme ai serbatoi sotterranei dell’area Edelweiss-Colfosco, aumenterà la capacità di stoccaggio di 95mila metri cubi, portandola a un totale di 200mila metri di neve artificiale garantita per l’inverno. La critica più immediata che si può muovere a questo sistema è banale. Si utilizzano risorse che idealmente sarebbero servite a ecosistemi montani delicati. 

Kleine Scheidegg, Switzerland, 1994 © Martin Parr
Kleine Scheidegg, Switzerland, 1994 © Martin Parr

La montagna del futuro, tra ambiente e tecnologia

Come limitare l’impatto complessivo dei metodi di innevamento artificiale e ottimizzare il consumo di acqua ed energia, garantendo la continuità delle stagioni sciistiche? A Madre Natura si sostituiscono gli ingegneri, al romanticismo della nevicata gli algoritmi digitali. Uno degli strumenti più efficaci nel combinare esigenze ambientali e pratiche viene da TechnoAlpin, produttore di impianti di innevamento con sede a Bolzano. I suoi tecnici hanno messo in piedi SNOWMASTER, strumento di supporto decisionale – di fatto un’applicazione per i manager degli impianti sciistici – che minimizza sprechi di acqua e corrente, permettendo di concentrare le operazioni di innevamento solo dove (e quando) servono. 

Collegato al sistema di controllo ATASSpro, che raccoglie i dati in tempo reale dagli impianti di innevamento, SNOWMASTER elabora le condizioni metereologiche, dalla temperatura alla percentuale di umidità, insieme alle informazioni sulle ore di funzionamento dei cannoni, il consumo d’acqua, lo stato degli impianti e così via. Simula quindi scenari futuri, stimando il fabbisogno idrico e permettendo di pianificare le fasi di innevamento anche a distanza di giorni. Fornisce indici energetici per tenere sotto controllo il consumo per ogni metro cubo di neve prodotta, così da capire se serve ricalibrarsi o se alcune piste hanno più bisogno di essere innevate rispetto ad altre. 

Il 70% della C02 prodotta in settimana bianca viene dal viaggio di andata e di rientro

Non sono però solo i sistemi di innevamento artificiale ad avere il loro impatto sul delicato equilibrio montano. Chi è abituato a sciare ha ben presente il colore marrone-smog della neve vicino ai parcheggi per le auto nei pressi degli impianti di risalita. Così anche, soprattutto dopo una giornata passata in alta quota, l’odore di gas e benzina che aleggia intorno agli stessi parcheggi gremiti di macchine al termine della giornata sciistica. In montagna punge ancora più che in città. Sono infatti i veicoli a carburante i principali responsabili della C02 prodotta durante le vacanze sulla neve: un rapporto dell’Agenzia ambientale austriaca (Umweltbundesamt) del 2018, ripreso da Dolomiti Superski, attribuisce a loro il 70% del totale dell’anidride carbonica immessa nell’aria in una tipica settimana bianca. Dolomiti Superski consiglia quindi di puntare sulla condivisione di veicoli o sugli impianti di risalita per gli spostamenti, lasciando la macchina ferma, e di optare per soggiorni più lunghi ma meno frequenti invece che diverse toccate e fuga spalmate lungo l’anno. 

Impianti di risalita e gatti delle nevi (più) puliti

Il restante 30% della produzione di C02 è suddiviso tra alloggi e servizi (25%) e gli impianti di risalita (5%). Su quest’ultimo fronte si sta spingendo su tecnologie a consumi ridotti. Anche in questo senso l’Alta Badia fa da apripista: il 95% dell’energia per il trasporto degli sciatori viene da fonti rinnovabili. Si possono fare però esempi anche guardando al resto d’Italia. Skyway Monte Bianco, tra Courmayeur e Punta Helbronner, è arrivata alla neutralità carbonica, così come le Funivie Pinzolo di Trento. 

Anche i nuovi gatti delle nevi sono costruiti tenendo a mente che tutto ha un effetto diretto sulla montagna. Di nuovo, sono diverse le esperienze virtuose che si possono citare: l’azienda Prinoth (Vipiteno) ha sviluppato Husky E-Motion, la prima produzione in serie del tutto elettrica, e il Leitwolf h2Motion, a idrogeno. Al Plan de Corones, per restare sulle Dolomiti, la Funivie San Vigilio Spa per il futuro ha scommesso sul GTL Fuel Alpin al posto del diesel, abbattendo l’emissione di NOx (ossidi di azoto), particolato (PM), monossido di carbonio (CO) e idrocarburi incombusti (HC).

La digitalizzazione dello sci

Lo sci del futuro si sta muovendo poi verso una semplificazione di tutte le operazioni che precedono la sciata in sé, cercando di eliminare ad esempio le lunghe code agli sportelli per l’acquisto e il ritiro dello skipass. Alta Badia, Alpe Lusia/San Pellegrino e Val di Fassa/Carezza hanno ormai raggiunto San Martino di Castrozza/Passo Rolle nella digitalizzazione dell’accesso alle piste: basta lo SmartPass, da attivare sullo smartphone. Iniziano a moltiplicarsi anche applicazioni con mappe 3D per visualizzare i percorsi sulle piste (come l’app della Vialattea) o che forniscono informazioni in tempo reale su meteo, discese e rischio valanghe (Skitude e Iski Italia) o che aiutano a orientarsi tra le vette (PeakVisor), appoggiandosi alla realtà aumentata.

Giacomo Cadeddu

Ski Area Alpe Lusia
Ski Area Alpe Lusia
Barry Glacier creeping landslide in Alaska
Barry Glacier creeping landslide in Alaska
Arrived in snow-dusted Alta Badia, where the Dolomites look stunning during World Cup weekend
Arrived in snow-dusted Alta Badia, where the Dolomites look stunning during World Cup weekend
Chairlifts in the 1990s
Chairlifts in the 1990s
Researchers at CU’s Mountain Research Station conduct the 2019 LTER snow survey in Green Lakes Valley, a key water source for Boulder.
Researchers at CU’s Mountain Research Station conduct the 2019 LTER snow survey in Green Lakes Valley, a key water source for Boulder.