
ATP Finals Torino 2024: l’eredità stilistica del tennis, da Lacoste a Sinner
Una prospettiva storica che esplora l’evoluzione stilistica del tennis, tra icone come Lacoste e nuove leve come Jannik Sinner, mostrando come il design funzionale e le innovazioni tessili abbiano ridefinito l’abbigliamento sportivo
ATP Finals di Torino 2024: rilanciare l’eredità della moda nel tennis
Mentre i migliori tennisti del mondo si riuniscono a Torino per le ATP Finals 2024, l’attenzione non è solo sulle loro performance, ma anche sul loro stile. I campioni di oggi arrivano a Torino come vere e proprie icone di tendenza, influenzando il mondo della moda e oltre. Con il “tennis-core” che si impone come stile di vita aspirazionale, e l’adozione di capi tecnici anche nella quotidianità, cresce l’entusiasmo degli spettatori per l’evento di fine stagione, che vedrà in campo anche la stella emergente Jannik Sinner. Competendo in casa, Sinner attira l’attenzione non solo per il suo gioco potente, ma anche per il suo stile unico, esaltato dalla collaborazione con Gucci.
Questo interesse per la moda nel tennis, tuttavia, non è una novità, ma affonda le radici nella lunga storia dello sport. Fin dall’epoca vittoriana, il tennis ha sempre influenzato e, a sua volta, assorbito le tendenze della moda, evolvendo da passatempo aristocratico a spettacolo globale seguito da milioni di persone. Con l’avanzamento dei tessuti tecnici che migliorano le prestazioni degli atleti dentro e fuori dal campo, l’evoluzione dello stile tennistico rappresenta un costante dialogo tra tradizione e innovazione, confermando il tennis come icona culturale e stilistica in ogni fase della sua storia.
Il bianco a Wimbledon: dall’alta società vittoriana a oggi
Il tennis su prato emerse alla fine del Diciannovesimo secolo e, a differenza di altri giochi popolari dell’epoca come il croquet o il tennis da sala, era accessibile anche alle donne. L’ufficiale dell’esercito britannico Walter Clopton Wingfield pose le basi per il tennis su prato e lo rese popolare inviando set di gioco in tutto il mondo grazie ai suoi contatti nell’aristocrazia. Ben presto, il gioco guadagnò popolarità in questa società d’élite, e con le donne che giocavano accanto agli uomini, divenne un’opportunità importante per socializzare. La presentazione di sé a questa alta società – e ai potenziali partner romantici – portò alla prima introduzione della moda nei pensieri dei tennisti. Era comune che le donne indossassero corsetti stretti e lunghe gonne, mentre gli uomini portavano giacche su misura e pantaloni a doppia piega.
La moda del tennis dell’epoca era ovviamente tutta bianca. Questo colore era associato alla purezza e alla virtù e veniva indossato solo dai ricchi, poiché avevano il lusso di non sporcare i loro abiti. Inoltre, il bianco assorbe meno calore e minimizza le macchie di sudore, una scelta funzionale che i giocatori di oggi continuano a tenere a mente. Il primo torneo di Wimbledon si tenne solo tre anni dopo che Wingfield aveva popolarizzato il gioco, e la tendenza del bianco dell’epoca si trasferì naturalmente nel campionato. Oltre a standardizzare le regole del gioco, questo primo campionato stabilì anche la famosa regola di Wimbledon secondo cui i giocatori devono indossare prevalentemente il bianco.


Rompere gli schemi: Suzanne Lenglen come prima icona della moda nel tennis
Il mantenimento dell’apparenza d’élite nel tennis a scapito della comodità fu messo in discussione per la prima volta nel 1887 grazie a Charlotte Dod, conosciuta anche come “Lottie”. A soli 15 anni, quando vinse il suo primo titolo a Wimbledon, riuscì a rinunciare a corsetti e abiti a più strati, optando per una gonna più corta simile a una divisa scolastica. Questo suscitò le critiche delle avversarie più anziane, che misero in discussione l’equità del suo abbigliamento meno restrittivo. La mobilità sul campo divenne un elemento dell’abbigliamento femminile nel tennis.
Questa concezione fu ulteriormente sviluppata negli anni ‘20 dalla leggendaria tennista francese Suzanne Lenglen, che attirò l’attenzione non solo per la sua ascesa trionfale da dilettante a tennista professionista pluripremiata, ma anche per il suo stile pionieristico in campo. Lenglen creò uno dei primi “scandali” di moda a Wimbledon, presentandosi a una partita con un abito scollato mai visto prima e con le calze arrotolate. Questo look, oggi considerato rivoluzionario, venne invece definito dalla stampa londinese come indecente.
Lo stilista Jean Patou lavorò a stretto contatto con Lenglen per creare abiti da tennis che fossero sia eleganti che non restrittivi per i suoi famosi movimenti agili in campo, favorendo abiti più corti e bluse senza maniche. Grazie ai suoi design per Lenglen, Patou è ampiamente accreditato di aver diffuso l’influenza dell’abbigliamento sportivo nella moda diurna di Parigi già negli anni ’20. Poco dopo, Lenglen introdusse un altro dei suoi stili distintivi, la fascia per capelli. Il New York Times riportò nel 1921 che era consuetudine per lei abbinare il colore della fascia al turno in cui giocava: arancione per il primo e cremisi per il secondo. Anche il suo stile fuori dal campo era notevole, con cappotti di pelliccia e stole di ermellino come segno distintivo.
Le imprese di Lenglen sia nel tennis che nello stile la resero una delle prime atlete a raggiungere uno status di celebrità fuori dallo sport, con persone non necessariamente interessate al tennis che seguivano con attenzione le sue partite. Questa fama raggiunse tali livelli che Wimbledon si trasferì nel moderno stadio attuale per tenere il passo con la domanda. Soprannominata “La Divine” dalla stampa francese, l’approccio di Lenglen alla moda nel tennis ridefinì il tennis femminile nel suo complesso, permettendo alle donne di adottare uno stile di gioco più aggressivo come quello maschile. La sua influenza è onorata dal secondo campo più grande dello Stade Roland Garros che porta il suo nome e dalla sua introduzione nella International Tennis Hall of Fame.
Lacoste e Fred Perry: L’ascesa della polo che bilancia funzione e stile
Sebbene meno vincolati rispetto alle donne dall’abbigliamento da tennis, gli uomini dell’epoca avevano comunque margini di miglioramento per aumentare l’agilità sul campo. Un giorno, un famoso tennista tagliò le maniche della propria maglia prima di una partita, affermando che “Soprattutto, l’eleganza richiede abiti che si adattino alla situazione o alle circostanze”. Questo tennista era René Lacoste, un nome che è diventato sinonimo di polo con il coccodrillo ricamato. L’invenzione della polo nacque per risolvere molte delle problematiche legate all’abbigliamento che i tennisti di allora affrontavano: le maniche corte eliminavano il disagio causato dalle maniche lunghe che scivolavano giù durante il gioco. La maglia poteva essere facilmente abbottonata in alto e il colletto in piqué non era inamidato, permettendo di sollevarlo per proteggere il collo dal sole. L’introduzione del cotone jersey migliorava la traspirabilità e la durata, rendendo il comfort una priorità.
La polo divenne un successo immediato, portando Lacoste a fondare La Société Chemise Lacoste insieme ad André Gillier nel 1933. Un coccodrillo fu ricamato sul petto, in riferimento al soprannome che Lacoste aveva guadagnato per il suo atteggiamento in campo. Questo coccodrillo segnò anche una prima per il mondo della moda, come primo logo apposto all’esterno dei capi, rendendoli immediatamente riconoscibili. Lo spirito imprenditoriale di Lacoste rivoluzionò anche le racchette da tennis, introducendo l’acciaio tubolare come materiale. Molto più rigide rispetto al legno, le racchette in acciaio permettevano ai giocatori di imprimere maggiore forza sulla palla. Lacoste commercializzò questa invenzione con il suo marchio in Europa, mentre negli Stati Uniti fu distribuita dalla Wilson Sporting Goods.
Passando a qualche decennio dopo, Fred Perry si affermò come un altro pioniere del tennis divenuto imprenditore. Il suo successo nel tennis, coronato dall’essere l’unico britannico ad aver mai completato il Career Grand Slam, fu arricchito dalla sua innovazione nell’abbigliamento da tennis. Dopo essere stato avvicinato dal calciatore austriaco Tibby Wegner, che aveva sviluppato una fascia antitraspirante da indossare al polso, Perry migliorò il design e creò la prima fascetta antisudore. Il duo lanciò poi la linea di maglie da tennis con logo ricamato, come già fatto da Lacoste, inaugurando il marchio Fred Perry a Wimbledon nel 1952. Il legame con Wimbledon fu rafforzato nel logo, una corona d’alloro, ispirata al simbolo originale del torneo. Le maglie da tennis di Fred Perry divennero un elemento essenziale delle sottoculture londinesi, come quella dei “mods”, diventando un simbolo del modernismo della fine degli anni ‘50.
Un passo verso il colore: Come le partite televisive trasformarono il tennis
Verso la fine del XX secolo, lo spirito del tempo abbracciava sempre più la liberazione e l’espressione individuale. Questo portò due pilastri dello stile tennistico che oggi diamo per scontati: le collaborazioni con i brand e l’ascesa del colore. Tutti i tornei del Grande Slam, ad eccezione di Wimbledon, si allontanarono dalla regola del “total white”. Con l’avvento della televisione a colori, si pensava che gli abiti colorati avrebbero portato una ventata di freschezza e più spettatori allo sport.
Gli anni ’70 videro l’ascesa dello svedese Bjorn Borg, oggi considerato uno dei più grandi tennisti di tutti i tempi, con 11 titoli del Grande Slam e numerosi record ancora imbattuti. La sua fama e il suo successo aiutarono a far crescere la popolarità del tennis in generale. Borg stabilì il suo stile caratteristico, aprendo la strada ai futuri tennisti che consideravano lo stile personale un’estensione della propria personalità in campo. Le sue fascette, le maglie a righe firmate Fila e i pantaloncini bianchi divennero il suo marchio di fabbrica, un abbigliamento rilassato ma focalizzato sulla performance che divenne popolare. Anche Fila beneficiò del suo successo, favorendo la crescita del marchio nei mercati americano e giapponese.
Nike e Adidas beneficiarono a loro volta della crescente popolarità dei brand in campo. I loro loghi divennero simboli non solo di qualità, ma anche di uno stile di vita ambito. Borg, insieme al rivale McEnroe, indossò questi marchi durante le partite, aumentando la rilevanza dell’abbigliamento sportivo nella cultura popolare. Il tennista americano Stan Smith vinse due titoli del Grande Slam, ma il suo nome è diventato ancor più riconoscibile grazie alle sneakers Adidas a lui dedicate nel 1978.
Battle of the Sexes: La lotta di Billie Jean King per la parità in campo
Gli anni ’70 furono anche caratterizzati dalle donne che lottavano per il diritto di competere con gli uomini in termini di premi in denaro. Questa disparità era profondamente radicata nella visione della società sul ruolo delle donne nello sport. Un gruppo di tenniste, guidato da Billie Jean King, minacciò di boicottare gli US Open a meno che non fosse garantita la parità salariale, portando l’evento a diventare il primo Grande Slam a offrire uguali premi nel 1973. Lo stesso anno, la vittoria di Billie Jean King su Bobby Riggs nella “Battle of the Sexes” segnò un momento storico non solo per il tennis, ma anche per il movimento femminista. Con questi cambiamenti rivoluzionari, la moda nel tennis divenne sempre più un simbolo di espressione personale e di empowerment.
Questo movimento fu sostenuto dallo stilista Ted Tinling, precedentemente bandito da Wimbledon per aver vestito Gussie Moran con un abito corto, sotto il quale si intravedevano shorts arricciati. Secondo Tinling, oltre a giocare bene, le donne dovevano anche vestire adeguatamente per competere con gli uomini sul piano del guadagno. Tinling vestì Billie Jean King per la Battle of the Sexes e altre tenniste professioniste in numerose partite dell’epoca. Usò i suoi design per sostenere la sua convinzione che, presentando le giocatrici in modo elegante, si sarebbe attirata maggiore attenzione e pubblico al circuito.
Dalla ribellione allo status iconico e l’ascesa dell’espressione personale
Gli abiti audaci e non tradizionali per il tennis maschile raggiunsero nuove vette con Andre Agassi. Il suo look ribelle, caratterizzato dal taglio mullet, colori neon, shorts in denim e bandane, lo trasformò in una vera e propria icona di stile nel tennis. Questo stile ribelle lo portò a imporsi un “auto-ban” da Wimbledon, che revocò solo dopo tre anni. Gli anni ’80 segnarono un altro momento iconico a Wimbledon, quando Anne White sorprese il pubblico presentandosi in campo con una tuta bianca a lunghezza intera, completata con scaldamuscoli, un must dell’epoca. Il giorno successivo, le fu chiesto di vestirsi più in linea con la tradizione. Pochi anni dopo, una disavventura di Chris Evert con il suo braccialetto di diamanti agli U.S. Open contribuì a popolarizzare l’iconico “tennis bracelet”.
Con il nuovo millennio, la moda nel tennis entrò in una fase dinamica, modellata dall’innovazione tecnologica e dalla fusione tra abbigliamento sportivo e alta moda. L’era digitale amplificò la portata dello sport, e il tennis si affermò come una forza trainante nel contesto più ampio dell’industria della moda, con l’espressione personale che raggiunse nuovi livelli.
La scena del tennis dei primi anni 2000 fu scossa da Maria Sharapova, una delle dieci donne a completare un Career Grand Slam. Il suo contributo più memorabile alla moda nel tennis fu l’outfit ispirato allo smoking firmato Nike a Wimbledon nel 2008, completato da una giacca bianca. Più tardi, affascinò il pubblico con un abito in pizzo nero disegnato da Riccardo Tisci per Nike, impreziosito da cristalli Swarovski ricamati.


Serena Williams: Ridefinire la moda in campo e l’empowerment
Spingere i limiti e combinare atletismo con empowerment divenne sinonimo di Serena Williams in questa era. I suoi outfit in campo hanno spesso suscitato controversie, aprendo anche importanti discussioni sul ruolo delle donne nello sport. La carriera da record di Williams, con 23 titoli del Grande Slam, è stata amplificata dal suo status di icona di stile. Questo riconoscimento è stato onorato ai CFDA Awards 2023, dove è stata la prima atleta a ricevere il premio Fashion Icon. Partecipante attiva nell’industria della moda, Williams ha frequentato una scuola di moda all’Art Institute of Fort Lauderdale, preparandosi a lanciare i propri marchi Aneres e S by Serena.
Nei primi anni 2000, Serena iniziò a stabilire il proprio stile in campo, specialmente con la sua prima jumpsuit mini nera firmata Puma, completata da un braccialetto di Harry Winston. Agli U.S. Open del 2004, sfoggiò una gonna di jeans, seguita da un abito nero con borchie ispirato ai gladiatori e stivali al ginocchio in stile sneaker. L’Australian Open 2005, dove vinse il suo primo titolo in questo torneo, segnò anche la sua prima collaborazione con Nike, con la collezione Serena Williams. Iniziò a incorporare colori vivaci e motivi audaci nel suo stile in campo, distaccandosi dalla prevedibilità dell’abbigliamento da tennis.
L’evoluzione dello stile di Williams fu segnata dal French Open 2018, quando indossò una catsuit nera a lunghezza intera firmata Nike. Questo outfit, oltre ad avere un impatto estetico, aveva uno scopo pratico: prevenire i coaguli di sangue, un problema di salute affrontato da Williams dopo aver dato alla luce sua figlia. La catsuit nera, simbolo della sua resilienza come madre, fu vietata subito dopo il torneo. Il presidente della FTT, Bernard Giudicelli, annunciò che il completo non sarebbe stato più accettato, senza specificare quali regole avesse violato. La decisione, ritenuta una limitazione dell’espressione femminile, suscitò molte critiche e rappresentò un doppio standard nei codici di abbigliamento.
Come risposta giocosa al divieto, Williams optò per un abito tutu viola e marrone agli U.S. Open dello stesso anno, disegnato da Virgil Abloh di Off-White in collaborazione con Nike. Il pezzo monospalla rappresentava femminilità e fiducia incondizionata. Questo segnò anche l’inizio della sua lunga collaborazione con Virgil Abloh, che disegnò molti dei suoi outfit per i tornei e per il Met Gala.
Il conformismo non appartiene neanche alla sorella Venus Williams, che ha vissuto anch’essa momenti iconici in fatto di moda in campo. Il suo abito in pizzo nero con dettagli rossi al Roland Garros 2010 rifletteva la sua natura audace sia nella moda che nel gioco. Le sorelle hanno lottato per la diversità e l’inclusività nello sport, incoraggiando molti a celebrare la propria identità. Inspirando fan anche al di fuori del tennis, hanno dimostrato l’importanza della rappresentazione per donne nere forti e potenti.
Federer e Sinner: Il crescente ruolo delle partnership con i brand nella nuova era del tennis
Anche il tennis maschile e, di conseguenza, la moda nel tennis, hanno subito grandi cambiamenti in questa era, guidati in particolare dallo svizzero Roger Federer. La stella del tennis dai record imbattibili, con il suo atteggiamento calmo e composto in campo, si rifletteva nella scelta dei suoi abiti, puntando su colori sobri e semplici. Il suo stile richiamava la tradizione, come dimostrato dalla giacca bianca con dettagli dorati a Wimbledon 2006, che univa formalità e atletismo. L’outfit tutto nero agli U.S. Open 2007, altrettanto sobrio, spiccava comunque in un’epoca in cui non era comune indossare il nero in campo.
La lunga collaborazione di Federer con Nike fu un esempio emblematico del ruolo crescente dei brand sul campo. Nel 2018, passò a un contratto di 300 milioni di dollari con il produttore giapponese di abbigliamento casual Uniqlo, cambiando il suo stile riconoscibile targato Nike. Diversamente da Nike, Uniqlo non era noto per l’abbigliamento sportivo, quindi questa collaborazione permise al brand di entrare nel mondo dello sportswear e del tennis. L’accordo, che va oltre la carriera da giocatore di Federer, riflette l’impegno di Uniqlo nel mantenere Federer come ambasciatore per lungo termine. L’influenza di Federer nella moda si estese anche a una collaborazione con il marchio svizzero di scarpe On, con il lancio della Roger Collection, che unisce alte prestazioni e stile senza tempo.
Di recente, il tennista italiano Jannik Sinner è emerso come uno dei talenti più brillanti del tennis. Il più giovane campione di un torneo ATP 500 e il primo italiano a raggiungere la prima posizione mondiale nel ranking singolare, Sinner ha anche creato importanti connessioni nel settore della moda. Fin dagli inizi della sua carriera, Sinner è ambasciatore di Nike, combinando l’innovazione del brand con il suo stile giovanile. Il contratto di sponsorizzazione è stato rinnovato nel 2022 per 150 milioni di dollari, estendendo la collaborazione per altri dieci anni. Anche Rolex ha giocato d’anticipo, firmando con lui un contratto di ambasciatore già nel 2020, quando Sinner non era ancora entrato nella top 50 del ranking ATP.
Lo stile fuori dal campo di Sinner e la partnership con Gucci hanno stabilito un nuovo standard per la moda di lusso maschile e il suo collegamento a un pubblico più giovane e dinamico. Apparso nelle campagne del marchio di lusso nel 2021, Sinner ha indossato sia look sartoriali che casual, rompendo lo schema delle sponsorizzazioni tradizionali del tennis. Il culmine della partnership è stato nel 2023, quando Sinner è entrato nel Centre Court a Wimbledon con una borsa da viaggio monogrammata GG con cinghie rosse e verdi. Creando un forte contrasto con il dress code tutto bianco, la borsa ha richiesto un’approvazione speciale da parte del Club per assicurarsi che non fosse fuori luogo. Grande attesa circonda anche la presenza di Sinner alle ATP Finals 2024 di Torino. Come uno dei giocatori più seguiti dell’evento, i fan sono curiosi di vedere anche il suo stile in campo.


Il tessuto della performance: l’evoluzione dei materiali tecnici nell’abbigliamento da tennis
L’evoluzione dello stile nel tennis e i momenti iconici che ha generato non sarebbero stati possibili senza la parallela evoluzione dei tessuti tecnici. Gli abiti da tennis di oggi offrono agli atleti i più alti livelli di comfort e flessibilità per migliorare le prestazioni, con i principali marchi che investono fortemente in ricerca e sviluppo per garantire i migliori risultati in partite ad alta intensità.
L’introduzione dei tessuti sintetici negli anni ‘70 segnò un momento cruciale per l’industria della moda e trovò applicazioni chiave nell’abbigliamento sportivo. Il poliestere si rivelò ideale per l’abbigliamento atletico grazie alla sua durabilità, leggerezza e alla riduzione dei problemi legati ai tessuti assorbenti come il cotone. Con l’importanza crescente della funzionalità nell’abbigliamento sportivo, i produttori dovettero adattarsi alla domanda in evoluzione.
La combinazione di fibre sintetiche creò nuove opportunità per realizzare tessuti elastici e traspiranti, aumentando la popolarità dei tessuti Lycra. Gli anni ‘90 videro l’ascesa delle tecnologie anti-umidità, che non solo evitavano che il sudore venisse assorbito dal tessuto, ma offrivano il vantaggio di allontanare il sudore dalla pelle per mantenere freschi gli atleti. Questi nuovi tessuti, capaci di regolare la temperatura corporea, permettevano ai giocatori di rimanere asciutti e a proprio agio.
Successivamente, nei primi anni 2000, le strutture in microfibra e i pannelli in mesh divennero sempre più comuni, aggiungendo un ulteriore livello di traspirabilità all’abbigliamento sportivo. La tecnologia Climacool di Adidas fu un esempio chiave, incorporando una ventilazione adattata alle diverse zone del corpo soggette a maggiore calore. La ricerca di Nike per migliorare il flusso d’aria portò all’introduzione del Sphere Dry, un tessuto con una struttura tridimensionale che solleva leggermente il materiale dalla pelle, aiutando gli atleti a mantenersi freschi.
Gli sviluppi più recenti nell’abbigliamento da tennis hanno introdotto tessuti intelligenti che si adattano alle variazioni ambientali. L’AeroReact di Nike utilizza fibre che si espandono quando bagnate e si contraggono quando asciutte, offrendo comfort ai movimenti dell’atleta senza bisogno di stratificazione. Oltre alla traspirabilità e al controllo della temperatura, i brand iniziarono a puntare anche su nuovi modi per migliorare le performance. Questo portò alla diffusione dei tessuti a compressione, progettati per migliorare il flusso sanguigno e ridurre l’affaticamento muscolare, un vantaggio particolarmente utile in uno sport impegnativo come il tennis.
L’uso crescente dei materiali sintetici solleva anche preoccupazioni ambientali, poiché la maggior parte dei capi contenenti questi tessuti è difficile da riciclare. Anche solo il 5% di spandex in un indumento rende la maggior parte delle macchine di riciclaggio meccanico incompatibili con il tessuto. I marchi hanno risposto a queste considerazioni ambientali integrando poliestere riciclato nella produzione. La longevità e la durabilità sono diventate fattori chiave, influenzando la creazione di capi di alta qualità per ridurre il consumo eccessivo.
Oltre il campo: L’influenza duratura della moda nel tennis
Dai braccialetti tennis all’athleisure, fino alla rinascita dell’estetica preppy del tennis sui social media, lo sport ha influenzato la cultura popolare e le tendenze in molti settori. Oltre all’abbigliamento in sé, l’impatto è evidente nel modo in cui le persone percepiscono e si rapportano al tennis, traendo ispirazione dalle star che sono diventate icone di stile.
Negli anni, il tennis ha consolidato la sua posizione come sport unico che si trova all’incrocio tra tradizione e innovazione. Un focus costante su formalità e codici di abbigliamento, stabilito fin dai primi giorni dello sport e mantenuto da tornei come Wimbledon, mantiene l’eredità al centro della moda nel tennis. Questo focus ispira anche la novità, da Suzanne Lenglen a Serena Williams, creando uno spazio in cui il conformismo viene messo in discussione e si possono richiedere ulteriori cambiamenti. La storia della moda nel tennis racconta anche questa dualità tra tradizione e innovazione, una dinamica che risuona ben oltre i campi da gioco.
