
Nanda Vigo, oltre la luce: ritratto radicale di una pioniera tra arte e architettura
Dalle avanguardie milanesi alla casa di Lugano, Allegra Ravizza racconta la visione di Nanda Vigo: una vita guidata dalla luce, dalla sperimentazione e da un’indipendenza assoluta
Origini di una visione: come nasce la ricerca sulla luce di Nanda Vigo
La carriera di Nanda Vigo prende forma molto presto, quando da bambina rimane affascinata dalla rifrazione luminosa sulle vetrate della Casa del Fascio di Giuseppe Terragni, a Como. È un imprinting visivo e concettuale che orienta tutto il suo lavoro futuro. Dopo gli studi al Institute Polytechnique di Losanna e una vita divisa tra Milano e l’Africa orientale, nel 1959 apre il suo primo studio, inaugurando una ricerca del tutto personale su luce, spazio e percezione.
«Nanda era una donna di rara intelligenza e instancabile» sottolinea Allegra Ravizza, Presidente dell’Archivio Nanda Vigo. «Nella creazione dell’Archivio abbiamo seguito ogni suo desiderio, incluso quello di operare senza compenso per garantirne totale autonomia».
Il carattere di Nanda Vigo: una personalità complessa e un talento radicale
Se Nanda Vigo era rispettata, non era però una personalità semplice: «Poteva risultare antipatica, non aveva pazienza e il suo pensiero era molto rapido» osserva Ravizza. Allo stesso tempo, era generosa nel condividere contatti, idee e opportunità con artisti e artigiani.
Alla fine degli anni Cinquanta si affianca a Gio Ponti e Lucio Fontana, che considera maestri. Entra nei circuiti delle avanguardie milanesi e diventa un punto di riferimento per iniziative espositive e scambi culturali. Viaggia spesso, anche da sola, per recuperare opere e materiali. La sua attitudine è pratica, indipendente, determinata.
Accanto al lavoro, nutre un rapporto profondo con la natura e gli animali. È una delle prime a esprimere preoccupazione per l’impatto dell’inquinamento globale, maturando scelte radicali anche nella vita privata: «Aveva paura del futuro del pianeta e decise di non avere figli», racconta Ravizza.
Manifesto Cronotopico: fantascienza, percezione e spazio nella poetica di Nanda Vigo
La generazione di Nanda Vigo cresce con l’immaginario dello spazio e il mito della Luna, prima dell’allunaggio del 1969. Questo immaginario influenza profondamente la sua ricerca. L’attenzione è rivolta al rapporto tra luce, ombra e percezione, una dialettica che nel 1964 trova forma nel Manifesto Cronotopico.
Il cronotopo di Vigo è un sistema in cui spazio e tempo si compenetrano attraverso dispositivi luminosi e materiali riflettenti. Le sue opere non sono oggetti statici ma ambienti esperienziali, dove la percezione è modificata e lo spazio sembra aprirsi oltre i suoi confini architettonici.
Piero Manzoni e Nanda Vigo: una relazione che ha segnato la sua indipendenza
Tra le vicende personali più significative vi è il rapporto con Piero Manzoni, iniziato quando entrambi erano poco più che ventenni. «Si erano amati intensamente, ma quella relazione rallentò la sua autonomia artistica» ricorda Ravizza. Manzoni era geloso e non vedeva di buon occhio la crescita espressiva di Vigo, contraddicendo in parte la sua immagine di artista libertario.
Nanda, anticonvenzionale per natura, sfidava regole e codici sociali: fu la prima a portare la minigonna a Milano, catalizzando l’attenzione in un contesto ancora legato a modelli bon ton. Gli scontri all’interno della coppia erano frequenti, come raccontano vari testimoni dell’epoca.

Casa di Lugano: l’ultima opera architettonica di Nanda Vigo
Tra il 2014 e il 2015, Nanda Vigo progetta per Allegra Ravizza la sua ultima opera: la casa di Lugano. In origine si trattava di un edificio residenziale anonimo, tipicamente elvetico. L’unico pregio era il panorama sul lago. Vigo lo riconfigura integralmente, trasformandolo in un volume giocato sul bianco e nero, una sorta di “iceberg astratto”.
«La colpì il contesto naturale: la vista sull’acqua e il bosco alle spalle», spiega Ravizza. «Le chiesi qualcosa che ricordasse la sua Casa Gialla a Milano. Da lì iniziò il progetto». Vigo decide ogni dettaglio senza accettare interferenze. Nel living inserisce solo due pouf colorati custom, reinterpretazione dei celebri Blocco per Driade.
Anamorfosi e percezione dello spazio: il design ottico di Nanda Vigo
Uno degli esempi più caratteristici della sua capacità di manipolare lo spazio è il bagno ospiti, ricavato da un vecchio sgabuzzino di un metro per due. Vigo utilizza una resina bianca e nera disposta a zig zag, generando un effetto ottico che dilata e distorce lo spazio rendendolo visivamente più ampio. Anche la doccia, scavata con precisione millimetrica nel pavimento, contribuisce a questo senso di continuità visiva.
Il bagno padronale: luce, riflessi e materia in un ambiente totale
Il cuore della casa è il bagno principale. Vigo abbandona materiali costosi come il marmo e sceglie una resina Gobbetto che consente un forte impatto grafico: frattali nero ossidiana emergono su fondo bianco e vengono moltiplicati dal soffitto a specchio, che elimina confini visivi e amplifica lo spazio.
Gli elementi sanitari sono nascosti per non interrompere la continuità della superficie. Il risultato è un ambiente immersivo, coerente con la sua idea di arte totale, dove materiali, luce e proporzioni lavorano insieme per definire lo spazio.
«È un ambiente progettato nel minimo dettaglio, funzionale e concettuale allo stesso tempo» afferma Ravizza. «In questa casa c’è tutta la sua ossessione per la libertà progettuale e la sua precisione assoluta».


