A Bali con Lisa Von Tang
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A Bali con Lisa Von Tang, nel laboratorio Tarum di Ubud

Tra le montagne e le risaie di Ubud, Lisa Von Tang coltiva un legame con la natura balinese, collaborando con il laboratorio Tarum per tingere i suoi capi con tinture vegetali ottenute da foglie di mango, legno di sapan e indigofera

Lisa Von Tang nel laboratorio Tarum: tessuti tinti con metodi naturali a Bali

Il laboratorio balinese Tarum tinge i tessuti con materie prime naturali e metodi tradizionali. Situato sulla costa a sud di Ubud, Tarum nasce nel 2001 dal desiderio di proporre alternative sostenibili ai colori sintetici adoperati nell’industria tessile, al fine di salvaguardare l’ecosistema balinese. Il laboratorio è circondato da oltre un ettaro di giardino, dove si coltivano diverse specie di piante, le cui foglie sono impiegate nella creazione di tinture naturali: «Ci si è accorti che dalle foglie di mango è possibile ricavare una colorazione naturale», inizia a raccontare Lisa Von Tang, designer cinese-canadese di base a Singapore, che spesso si reca nell’isola indonesiana per seguire il processo di tintura dei suoi capi.

«La zona è ricca di alberi di mango, regolarmente potati dalle autorità locali per non invadere le strade. Con il governo è stato stipulato un accordo per il recupero delle foglie cadute: vengono portate in laboratorio e bollite fino a ottenere la colorazione desiderata – che può poi essere calibrata mediante l’aggiunta di altri pigmenti naturali». Oltre alle foglie di mango, da cui si ricava una tinta gialla, Tarum adopera le foglie della magnolia tripetala per il nero, del mogano per il marrone, dell’indigofera per il blu e il legno di sapan per il rosso. Combinando questi cinque ingredienti il laboratorio riesce a ottenere circa cinquecento tonalità. Una volta raccolte, le foglie sono tritate, asciugate e poi messe a bollire per sette o otto ore. Gli scarti diventano compost. 

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Circa il venti percento dei capi in cotone di Lisa Von Tang sono tinti a Tarum

Lisa Von Tang fa tingere a Tarum circa il venti percento dei suoi capi in cotone: «Questo tipo di laboratori non sono organizzati per la produzione di massa. Il processo richiede più tempo rispetto a quello industriale. Colorano solo piccoli lotti di tessuto alla volta e ciascuno esce con una gradazione leggermente diversa. Per ottenere le fantasie desiderate a volte creiamo insieme degli stencil che sono poi utilizzati con gli spray». Lisa Von Tang ha scelto di collaborare con Tarum, dopo aver visitato anche altri laboratori artigianali sull’isola: «Le persone che lavorano qui svolgono ogni passaggio con orgoglio e passione. Si premurano di restituire qualcosa alla terra. Non utilizzano alcun prodotto che non sia naturale e riciclano l’acqua ripulendola e reimmettendola nella sorgente da cui l’hanno prelevata». 

Lisa Von Tang: Buahan e la spiritualità della natura

«Quando sono qui amo esplorare i dintorni del laboratorio. Ubud è circondata dalle montagne e dalla giungla. In queste occasioni alloggio in una casa senza porte, finestre né aria condizionata, che si affaccia sul fiume Ayung. Di notte si sente il suono delle cascate». Si tratta del Banyan Tree Escape, nel villaggio di Buahan, a nord di Ubud, immerso nella giungla balinese. Il resort è stato pensato per aiutare gli ospiti a immergersi nella natura e disconnettersi dalla civiltà – che qui resta a circa quaranta minuti di auto – attraverso un approccio olistico. Si compone di sedici eco-ville con vista panoramica sulle risaie e le montagne. L’edificio è stato costruito utilizzando materiali locali, come il legno Ulin, recuperato dai cantieri nautici.  

Per Lisa Von Tang, Bali è un ritorno alle origini primordiali dell’uomo, quando era un tutt’uno con la natura: «Occorre qualche giorno perché il corpo si abitui a stare così vicino alla natura. Ormai siamo come alieni, non ci siamo più abituati». Per nuotare o fare diving la designer sceglie il nord-est dell’isola, oppure Uluwatu. Il più selvaggio nord è quello più interessante per la sua carica spirituale, «non nel senso strettamente religioso del termine: qualsiasi religione o forma di spiritualità qui è bene accetta. Una volta mi sono spinta con una barca di pescatori in isole remote e poco civilizzate vicino alla Papua Nuova Guinea. Lì la religione era la natura, l’acqua, il suolo».

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Lisa Von Tang: sostenibilità della moda e rappresentazione culturale

Lisa Von Tang è cresciuta circondata dall’arte. Suo nonno è stato un pittore d’acquerelli cinese. Racconta di avere sempre sognato il mondo della moda. A diciotto anni ha iniziato a lavorare come modella in Asia, per poi trasferirsi, dopo la laurea in scienze politiche, a Singapore, dove tutt’ora vive: «Qui metà degli abitanti sono stranieri, mentre l’altra metà ha origini cinesi, indiane e malesi. Qui arrivano stilisti da tutta l’Asia, con una commistione di tecniche, tessuti e tradizioni differenti».

Ha iniziato a realizzare capi per se stessa e poi per le amiche. La creazione delle prime capsule è andata di pari passi con un «apprendimento costante», alla ricerca di tecniche e materiali che le permettessero di dare forma a quelli che sono oggi i principi cardine del brand: «attenzione alle materie prime e rappresentazione culturale».

Nella giungla alla ricerca di una moda etica ma raffinata

«Apprezzo l’effetto ruvido del tessuto, in alcuni casi, ma non credo sia una prerogativa, come molti credono, della sostenibilità. Prendiamo ad esempio la canapa: oggi ci sono tecniche che consentono di renderla fine come il lino italiano». A questo proposito Lisa ricorda un workshop sulla lavorazione della seta cui ha preso parte nella giungla cambogiana: «Ho assistito all’intero processo dietro la creazione di foulard in seta: i bachi che rosicchiavano le foglie di gelso, i bozzoli protettivi, la loro raccolta e bollitura. I fili di seta erano tinti naturalmente e trattati per la tessitura. A seconda di quanto la seta venisse filata, il tessuto finale risultava più o meno grezzo, ma ugualmente naturale».  

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Materie prime naturali e canapa tessile 

I capi Lisa Von Tang si caratterizzano per l’utilizzo di materie prime naturali, di varia provenienza: «Prediligo canapa, cotone, lino, seta e cupro. Cerco di non usare materiali vergini e impiego solo di rado tessuti sintetici vergini. Ho fornitori sparsi in Giappone, Italia, Cina, Malesia, India e Marocco, a seconda del materiale. Per esempio, la seta e il cupro vengono per lo più dalla Cina, il cotone dall’Indonesia, dove è tinto naturalmente». 

Per la canapa la stilista si rifornisce prevalentemente in India: «Ho un fornitore che produce svariate qualità di canapa tessile, tutte organiche, da una finitura ruvida a una più raffinata. Prediligo tessuti in canapa che rievocano l’effetto lino e di solito li sottopongo a un prelavaggio per renderli ancora più soffici. Per il momento li ho sempre utilizzati puri, senza mescolarli con altre fibre».  

Nel nuovo store di Singapore di Lisa Von Tang ogni capo è stato realizzato con materiali recuperati dal laboratorio locale

Per reperire le sue materie prime Lisa ricorre a processi di riciclo e circolarità: «La maggioranza dei miei tessuti sono riciclati oppure scarti e fondi di magazzino. Per esempio, uno dei miei fornitori si trova a Firenze e commercia rimanenze delle precedenti collezioni di diversi brand; al momento stiamo lavorando sul denim giapponese». Nel suo nuovo store di Singapore ogni capo è stato realizzato con materiali recuperati dal laboratorio locale, come scampoli di seta o lino.

All’attenzione per i tessuti naturali e la circolarità si aggiunge il desiderio di Lisa di omaggiare le sue origini: «In ogni mio capo cerco di inserire qualche elemento dell’Asia, come jacquard, tinture naturali indonesiane e commistioni di motivi che raccontino delle storie di questa regione». 

Lisa Von Tang

Lisa Von Tang è una stilista cinese-canadese che vive a Singapore. Nelle sue collezioni combina materiali naturali con pratiche circolari ed elementi stilistici asiatici. Trascorre molto tempo a Bali, dove collabora con Tarum, un laboratorio situato a nord di Ubud che tinge i tessuti con ingredienti naturali e pratiche ecosostenibili.

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Debora Vitulano

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