Max Miechowski fotografa la perdita, l’accettazione e gli effetti del passare del tempo lungo la costa meridionale britannica, documentando l’esistenza di comunità che vivono sulle scogliere, al margine della terra
Land Loss: Il Ritorno ai Luoghi dell’Infanzia
Land Loss è il titolo del progetto fotografico e foto libro di Max Miechowski: prodotto dalla casa editrice torinese Witty books, e già alla seconda ristampa. Si presenta come una profonda analisi su sentimenti di perdita, accettazione e sugli effetti inevitabili che provoca lo scorrere del tempo. Geograficamente si colloca lungo la costa britannica meridionale, documentandone, non tanto quelle località turistiche del litorale coi tipici, pontili, portici, giostre e gabbiani; ma l’esistenza complessa e contraddittoria delle comunità che vivono sulle scogliere, sul confine della terra. Cresciuto in uno dei paesi dell’entroterra inglese, Lincoln, e poi trasferito a Londra, Miechowski approccia nuovamente queste zone che risiedevano nei ricordi di quando da bambino li frequentava durante le vacanze estive.
Crescere non troppo lontano dal mare inevitabilmente influenza il rapporto con il territorio, che Miechowski ricorda diversamente, prima che la situazione climatica diventasse così difficile. La complessità della West Coast Britannica infatti deriva del fenomeno più rapido di erosione che la contraddistingue in tutta l’Europa: le piogge torrenziali che stiamo vedendo aumentano il rischio di frane, così come l’innalzamento del livello del mare, e i suoi abitanti vivono un’eterna condizione di precarietà consapevoli che la loro casa potrebbe scomparire da un momento all’altro.











































La prima monografia di Max Miechowski
The water hasn’t changed since then, the surface heaving up and down like the chest of somebody asleep, dragging breaths in and out. I stood on the boat, adrift on this huge muscular body. My own frame felt slight and fragile. I would begin and end, but the sea would go on forever, slowly taking what it needed from the land.
Questo passaggio è tratto dal testo introduttivo della prima monografia di Max Miechowski (1989), fotografo inglese. É il racconto della pesca notturna di un uomo che vive sulla costa meridionale britannica e, nonostante il buio e l’immobilità delle acque, ha imparato a riconoscerne i movimenti costieri e verificare quando i bordi vengono piano piano mangiati dal mare. La lentezza e attesa con cui questo pescatore approccia la terra dopo una pesca piena di ricordi del passato, lo avvicina ad un senso di temporalità e irreversibilità che caratterizza la costa britannica ed i suoi abitanti.
Max Miechowski e la Percezione del Tempo
Stanco dei ritmi della vita cittadina londinese Max Miechowski ha cominciato nel 2019 a viaggiare e visitare nuovamente i luoghi della sua infanzia. E lo fa nel pieno della pandemia da Covid 19 un così particolare momento storico che, sommato alla condizione sospesa di queste terre, pone il progetto fotografico su un profondo piano di riflessione della percezione del tempo. Nonostante questo fenomeno sia sempre più rapido e potente (luoghi che sarebbero dovuti scomparire nel giro di 10 anni, sono stati inglobati dal mare in 5 anni), l’atmosfera che si percepisce tra le case e gli abitanti di questi villaggi è molto lenta e pacifica. Anche l’approccio del fotografo non vuole essere frontale rispetto alla condizione territoriale, ma una narrazione poetica della percezione del tempo in questi luoghi e attraverso i suoi personaggi.
«In qualche modo sembrava che il tempo scorresse più lentamente in queste zone rispetto alla città, contemporaneamente le persone che vivono sul confine hanno una chiara consapevolezza del ritmo del tempo grazie ai segnali che leggono dal paesaggio: una settimana è passata l’albero è crollato, due settimane sono passate l’acqua è ancora più vicina alla casa…».
Il tempo ed il paesaggio lungo la costa britannica si connettono e rallentano, le barriere che si trovano all’ingresso di queste zone aprono le porte ad una dimensione sospesa e allo stesso tempo misurabile grazie agli indicatori di movimento del mare. Il tempo che scorre qui si avvicina più al tempo geologico e naturale piuttosto che alla crescita forzata alla quale ci hanno abituato le grandi città. Ed i suoi abitanti, il loro ritmo lento e l’attesa costante degli eventi, ne sono la rappresentazione, costruendo una relazione indissolubile tra luoghi e persone.
«Noi stessi siamo parte del paesaggio, viviamo il nostro ciclo in concomitanza con esso e viceversa»
Land Loss: La Collisione tra Tempo Umano e Geologico
I fiori, in Land Loss, diventano un elemento ricorrente, la loro fragilità ed il loro far parte del terreno per un breve momento prima di scomparire assomiglia, secondo il fotografo, alla scelta di questi personaggi che nonostante il destino precario dei loro luoghi, decidono di lasciare lì la loro casa, nell’accettazione più profonda del ciclo naturale di apparire e scomparire.
Anche la serie di ritratti che Miechowski inserisce nel progetto, riflette su questa dinamica. Le lunghe conversazioni evidenziano due posizioni opposte tra gli abitanti, da un lato coloro che si chiedono come mai stia succedendo tutto questo e perchè nessuno (le istituzioni sopratutto) riesca a limitare i danni; mentre dall’altra, la totale accettazione della criticità di queste zone che sono state abitate da sempre dalle stesse generazioni. Anche i giovani, che vediamo nella serie, sono pacifici, o forse più indifferenti, rispetto a ciò che non possono controllare. Questi atteggiamenti apparentemente opposti alla rapidità e violenza con cui la terra si sta trasformando vengono analizzati dal fotografo inglese nel momento preciso in cui entrambi i loro cicli temporali si sovrappongo : quello umano e quello geografico delle maree ed erosioni che c’è sempre stato e ha disegnato la conformazione del territorio inglese. I ritratti all’interno di Land Loss rappresentano il momento esatto in cui queste due diverse dimensioni temporali collidono.
Altro elemento ricorrente nelle immagini di Max Miechowski è lo spazio della casa che rappresenta dall’interno, nelle sue fratture, pendenze e stabilità precaria; ma anche dall’esterno e da molto lontano. Nel mezzo di un paesaggio così difficile (sulle pendici di una scogliera, su di un terreno già franato, a 200 metri dal mare), l’involucro della casa si trasforma nella ricerca umana di controllo, e anche di fascinazione verso i fenomeni naturali, ovunque queste quattro mura si trovino, conservano un senso di sicurezza e solidità.
Land Loss: Una Meditazione sulla Perdita e sul Cambiamento Climatico
L’intenzione del fotografo è che Land Loss rimanga costantemente una riflessione sospesa tra la paura degli eventi geologici che non possiamo contrastare ed un senso di sollievo dato dall’accettazione di questa precarietà. In questo senso il progetto fotografico diventa una meditazione sulla perdita, da considerarsi su piccola scala: il mare porta con sè gli oggetti appartenenti a chi vi abita, danneggia le loro case; e su grande scala dove questo fenomeno naturale sta trasformando il nostro pianeta, portando via con sempre più velocità e violenza parti di terra (la media è di 2 metri di costa l’anno). Guardando le foto del paesaggio la sensazione è quella di vedere un altro pianeta, la forma e aridità del terreno, il cielo giallo pieno di scie gassose, rappresentano qualcosa a cui non siamo ancora del tutto abituati e di cui l’erosione costiera del versante meridionale Britannico è solamente una conseguenza. Max Miechowski racconta in maniera collaterale l’impatto del cambiamento climatico, scegliendo la storia delle comunità inglesi al confine della terra.
Max Miechowski (nato nel 1989) è un fotografo britannico che vive a Londra. Si concentra su progetti di lunga durata, sopratutto serie di ritratti, la sua pratica analizza temi di connessione e comunità ed esplora le relazioni tra persone e luoghi. Ha partecipato a numerose mostre collettive, tra cui alla National Portrait Gallery, Londra; BASE Milano, Milano; Copeland Gallery, Londra; Galerie Joseph at Paris Photo, Parigi; e ThePrintSpace, Londra. Il suo lavoro è stato presentato in un’ampia varietà di pubblicazioni, tra cui The Guardian, il New York Times, It’s Nice That, M Magazine, British Journal of Photography e il Financial Times.
Claudia Bigongiari































