Tra l’elenco delle parole cancellate compaiono anche: clean energy, climate crisis, climate science, environmental quality, pollution. L’amministrazione Trump contro le iniziative di diversità, inclusione, sostenibilità
I provvedimenti esecutivi di Trump sulle politiche di sostenibilità degli Stati Uniti
Negli ultimi mesi, l’amministrazione Trump ha adottato una serie di provvedimenti esecutivi che hanno avuto un impatto negativo sulle politiche di sostenibilità degli Stati Uniti. Come prima cosa il presidente Trump ha ufficializzato il ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi sul clima, annullando l’adesione del paese agli impegni internazionali per la riduzione delle emissioni di gas serra. Ha inoltre ordinato il ritiro degli Stati Uniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Drill baby drill: Trump ha anche promesso di ampliare le concessioni alle trivellazioni per sviluppare la produzione nazionale americana e eliminare il Green Deal di Joe Biden. Senza dimenticare l’ordine esecutivo per eliminare le cannucce di carta dai dipartimenti e dalle agenzie governative e tornare a quelle di plastica. Questi provvedimenti rappresentano un cambiamento significativo nelle politiche ambientali e di sostenibilità degli Stati Uniti, con potenziali implicazioni a livello internazionale.
Greenpeace rischia il fallimento negli U.S.A.: Obiettivi green e attivismo ambientale in crisi
I frutti delle politiche dell’amministrazione Trump contro il Green Deal stanno già mostrando i loro frutti. È di questi giorni la notizia che una giuria del North Dakota ha condannato Greenpeace al pagamento di oltre 660 milioni di dollari a favore di Energy Transfer, la società dietro il Dakota Access Pipeline (detto anche oleodotto Bakken), per diffamazione e altre accuse legate alle proteste contro l’oleodotto tra il 2016 e il 2017. Questa sentenza rappresenta un precedente pericoloso che potrebbe incentivare altre compagnie petrolifere e del gas a intraprendere azioni legali contro attivisti ambientali, mettendo a rischio il diritto alla protesta e alla libertà di espressione. Greenpeace ha annunciato l’intenzione di presentare appello, ma l’entità della multa potrebbe costringere l’organizzazione a cessare le sue attività negli Stati Uniti, segnando una crisi significativa per la sopravvivenza dell’ambientalismo americano sotto l’amministrazione Trump.
Cancellare le parole è cancellare l’identità e riscrivere la realtà: Trump, il linguaggio e la Cultura Woke
‘Le parole sono importanti’ urla Nanni Moretti in Palombella Rossa. Oggi soprattutto sono importanti le parole che scegliamo di non pronunciare o come recenti provvedimenti dell’Amministrazione Trump è vietato pronunciare e scrivere. Il New York Times ha pubblicato la lista (con molta probabilità incompleta) di parole che secondo le agenzie hanno devono essere limitate o evitate nei documenti governativi. In questa lista di parole vietate troviamo: attivismo, crisi climatica, diversità, femminismo, gender, inclusione, comunità indigene, intersezionale, LGBTQ, minoranze, persona incinta, privilegio, razza, giustizia sociale, trans, donne. Il pensiero si traduce in parola e la parola in azione. Scegliere di non chiamare qualcosa (un movimento) o qualcuno (un gruppo di persone) con il giusto nome significa non legittimarli, significa volerne cancellare l’esistenza. Se non ti nomino tu non esisti.
Donald Trump contro la Cultura Woke, o meglio contro i diritti delle minoranze Donald Trump ha trasformato la lotta contro la cosiddetta “cultura woke” in uno dei pilastri della sua retorica politica. Con il termine “woke”, inizialmente usato per indicare una maggiore consapevolezza riguardo alle ingiustizie sociali e razziali, Trump si riferisce a un’ideologia progressista che, a suo dire, minaccerebbe i valori tradizionali americani. Ha attaccato programmi educativi che affrontano il razzismo sistemico e la diversità di genere, ha vietato la formazione sulla diversità e l’inclusione nelle agenzie federali. Inoltre, ha definito la “woke culture” una minaccia per la libertà di parola e per il patriottismo, accusando le élite liberali e le istituzioni accademiche di voler riscrivere la storia americana. Questo discorso ha trovato grande consenso tra i suoi sostenitori conservatori, alimentando una battaglia culturale che continua a influenzare il dibattito politico negli Stati Uniti.
Cancellare le parole che riguardano diversità, inclusione e cultura Woke
Recentemente, l’amministrazione Trump ha intrapreso un’ampia revisione dei contenuti presenti sui siti web delle agenzie federali statunitensi, con l’obiettivo di eliminare riferimenti a concetti come diversità, equità e inclusione (DEI), nonché tematiche legate all’identità di genere e al cambiamento climatico. Il New York Times ha analizzato oltre 5.000 pagine dei siti web delle agenzie federali, prima e dopo l’insediamento di Trump e ha rilevato che più di 250 contenevano prove di cancellazioni o modifiche di parole incluse nell’elenco pubblicato dallo stesso Times. Termini come “cambiamento climatico” sono stati sostituiti con espressioni come “resilienza climatica”, mentre “LGBTQ” è stato ridotto a “LGB” e “persone incinte” è stato modificato in “donne incinte”. Anche documenti storici e pagine datate sono stati aggiornati per riflettere queste nuove direttive, con alcune modifiche che sembrano essere state applicate erroneamente, come la rimozione della parola “diverso” da una descrizione delle collezioni museali del Dipartimento degli Interni.
Elon Musk e le politiche del nuovo DOGE contro e iniziative DEI
Queste azioni si inseriscono in una più ampia strategia dell’amministrazione volta a eliminare le iniziative DEI (Diversity, Equity, and Inclusion) all’interno del governo federale. Iniziative, politiche e programmi volti a promuovere ambienti di lavoro e istituzioni più equi e inclusivi, garantendo rappresentanza e opportunità per gruppi storicamente svantaggiati o discriminati, come minoranze etniche, donne, persone LGBTQ+ e persone con disabilità. Un rapporto interno del Dipartimento per l’Efficienza Governativa (DOGE) guidato da Elon Musk ha delineato un processo in tre fasi per attuare questa purga: la prima fase, iniziata il 20 gennaio 2025, ha visto la rescissione di ordini esecutivi e iniziative legate al DEI, la dissoluzione di uffici dedicati e la rimozione di contenuti web correlati. La seconda fase, dal 21 gennaio al 19 febbraio, ha riguardato l’identificazione e la rimozione di dipendenti coinvolti in attività DEI. La terza fase, prevista dal 20 febbraio al 19 luglio, prevede licenziamenti su larga scala di personale ritenuto associato al DEI, anche indirettamente. Queste misure hanno suscitato preoccupazioni tra esperti e osservatori, che le interpretano come un attacco ideologico alle agenzie federali piuttosto che un autentico tentativo di risparmio per i contribuenti.
Non solo parole. L’amministrazione Trump sta bandendo dalle scuole anche tutti i libri considerati scomodi o woke
L’amministrazione Trump, sta bandendo dalle scuole e biblioteche gestite dal Dipartimento della Difesa degli Stati centinaia di libri e materiali didattici che trattano temi legati all’ideologia di genere, all’equità e alla diversità. Questa misura è stata attuata in risposta a due ordini esecutivi firmati dal presidente Trump il 30 e 31 gennaio 2025, volti a eliminare le politiche di diversità e inclusione. Il fine di queste politiche è «Difendere le donne dall’estremismo dell’ideologia di genere e ripristinare la verità biologica nel governo federale” e ‘Porre fine alla discriminazione illegale e ripristinare le opportunità basate sul merito’». I libri banditi includono opere che trattano l’empowerment delle donne, le esperienze delle persone nere, dei migranti e della comunità LGBTQ+.
Tra i titoli censurati figurano “Becoming Nicole” di Amy Ellis Nutt, che racconta la storia di una famiglia che accetta la figlia transgender, e “No Truth Without Ruth” di Kathleen Krull, una biografia della giudice della Corte Suprema Ruth Bader Ginsburg, paladina dei diritti delle donne. Anche “Il cacciatore di aquiloni” di Khaled Hosseini e “Freckleface Strawberry” dell’attrice premio Oscar Julianne Moore sono stati rimossi dalle biblioteche scolastiche. Oltre a bandire i libri, il Dipartimento della Difesa sta eliminando anche numerose manifestazioni culturali, come il Black History Month e sciogliendo nelle accademie militari gruppi di lettura come Latin Culture Club o la Society of Women Engineers.
L’Amministrazione Tump bandisce i libri che parlano di comunità LGBTQ+, afrodiscendenti e empowerment femminile e Woke Culture
Bandire e censurare i libri non è una pratica nuova in America ma con questa amministrazione e il presente potere dei conservatori sta avendo una crescita esponenziale. Secondo l’American Library Association, le restrizioni sui libri sono aumentate significativamente, passando da 729 titoli nel 2021 a 1.651 nel 2022. Questo incremento è attribuito principalmente a gruppi politici conservatori che mirano a censurare opere riguardanti le comunità LGBTQ+ e nere, nonché temi come razza, razzismo e sessualità. Inoltre, un rapporto di PEN America ha rilevato che, nel corso dell’anno scolastico 2023-2024, oltre 10.000 libri sono stati proibiti nelle biblioteche pubbliche e accademiche degli Stati Uniti, con Florida e Iowa (stati a maggioranza repubblicana) in testa a queste restrizioni.
La censura ha colpito sia classici della letteratura che opere contemporanee, spesso focalizzate su persone afrodiscendenti, persone LGBTQ+ e donne, oltre a temi come la violenza sessuale. Nonostante Trump si consideri un paladino del diritto di parola e quindi del I Emendamento della Costituzione Americana, questi provvedimenti hanno suscitato critiche da parte di esponenti politici e organizzazioni per la libertà di espressione, che li considerano al contrario forme di censura e limitazioni alla libertà educativa.
Bernie Sanders a favore della working class e contro la Woke Culture
Bernie Sanders, che si identifica come socialista democratico e pur essendo una figura di riferimento per l’ala più progressista del Partito Democratico, ha spesso criticato l’eccessivo focus del partito sulle questioni identitarie, sottolineando la necessità di concentrarsi sulle disparità economiche e sulle esigenze della classe lavoratrice.
«Quello che penso è che Trump ha fatto un buon lavoro nel sostenere che i democratici non fanno altro che l’agenda Woke» aveva dichiarato Sanders durante un’intervista alla CNN «A mio avviso, i democratici devono concentrarsi e dire a quel signore: vuoi un salario minimo? Pensiamo che l’assistenza sanitaria sia un diritto umano? Pensiamo che dovremmo costruire le case a prezzi accessibili? Pensiamo che dovremmo prenderci cura dei nostri anziani espandendo la sicurezza sociale? Penso quindi che l’accento debba essere posto, ovviamente, sull’eliminazione di ogni forma di bigottismo, e i Democratici dovrebbero essere orgogliosi di essersi schierati a favore dei diritti delle donne, dei diritti all’aborto, dei diritti dei gay e dei diritti civili. Ma l’enfasi deve essere quella di chiarire che siamo pronti a stare dalla parte della stragrande maggioranza delle persone, molte delle quali stanno sempre più indietro, mentre chi sta in alto se la cava in modo fenomenale».
La Woke Culture è divisiva anche a sinistra
La cultura Woke ha generato divisioni anche all’interno della sinistra, sia negli Stati Uniti che in Europa, Italia inclusa. Originariamente focalizzata sulla giustizia sociale, è stata criticata per essere diventata espressione di un’élite benestante, distante dalle preoccupazioni del popolo e dei lavoratori. Questo fenomeno ha portato a una disconnessione tra la sinistra e le classi lavoratrici, che si sentono trascurate da un discorso percepito come elitario e distante dalle loro realtà quotidiane. In Italia, la sinistra è stata accusata di aver adottato acriticamente la cultura woke americana, passando dalla tutela dei diritti alla promozione di un politicamente corretto che ha alienato parte del suo tradizionale elettorato. Questa situazione ha contribuito a un crescente risentimento tra le classi popolari, che percepiscono la sinistra un insieme di radical chic che dai loro salotti discutono delle questioni identitarie delle minoranze e hanno perso di vista le problematiche socio-economiche della maggioranza.
Le dittature e l’utilizzo della lingua come mezzo repressivo: Hitler, Stalin, Mao Zedong e Mussolini
Storicamente, le dittature hanno usato la lingua come uno dei più efficaci strumenti di repressione, manipolando il vocabolario per riscrivere la realtà, eliminando parole che esprimono dissenso o diversità e imponendo un linguaggio uniforme per ridurre il pensiero critico. Dal “Newspeak” di Orwell in 1984 ai regimi totalitari del Novecento, il controllo della lingua è sempre stato un mezzo per controllare la società stessa. Il nazismo eliminò parole legate alla democrazia e alla libertà, enfatizzando l’obbedienza e la supremazia ariana. In Unione Sovietica, Stalin bandì termini associati alla borghesia o alla religione, mentre arricchì il vocabolario con espressioni ideologiche che esaltavano il partito, arrivando a riscrivere la storia e cancellare figure scomode come Trockij.
In Cina, Mao Zedong impose un linguaggio ideologicamente conforme durante la Rivoluzione Culturale, mentre in Corea del Nord il linguaggio è tuttora rigidamente controllato per esaltare la dinastia Kim e impedire qualsiasi forma di dissenso. Anche in Italia, Benito Mussolini fece della lingua un’arma di propaganda, vietando l’uso di parole straniere e sostituendole con termini di matrice italiana: “film” divenne “pellicola”, “cocktail” fu tradotto in “polibibita”, mentre “garage” e “boutique” furono trasformati in “autorimessa” e “negozio di mode”. Questa censura linguistica non era solo un’espressione di nazionalismo esasperato, ma uno strumento per limitare l’influenza culturale esterna e rafforzare l’identità imposta dal regime.
Non c’è nulla di nuovo dunque in quello che sta facendo Trump con questa nuova amministrazione, si sta solo allineando a quello che è già stato ampiamente fatto in passato. Tutte queste dittature dimostrano come il controllo della lingua sia una strategia fondamentale per il potere autoritario: eliminare parole significa eliminare idee, ridurre la capacità di pensiero critico e rendere più difficile l’opposizione al regime. Se queste politiche proseguono indiscriminatamente senza essere fermate non passerà molto fino a quando saremo protagonisti del futuro distopico del Racconto dell’ancella di Atwood.
Domiziana Montello
