Per Cocteau era tutto poesia: un disegno mescolato alle parole, Jean Marais l’amante e attore in Orpheus, l’amicizia con Peggy Guggenheim, la relazione con Natalie Paley, lo spadino di Cartier – e l’oppio
Cocteau, l’uomo ben inserito, l’uomo del Rinascimento, l’uomo di troppi individui
Amici, amanti, conoscenti: Cocteau era ben inserito – in francese si usa la parola branché – sia nel giro degli artisti sia nel giro mondano. Giovane uomo, il principe frivolo della poesia simbolista. Si fa strada nei circoli di Montparnasse e nel 1916 fa un ritratto a schizzo di Picasso seduto al Café de La Rotonde. La primavera successiva è a Roma per le prove di Parade di Diaghilev: le coreografie di Massine, le scenografie di Leon Bakst – i costumi di Picasso. Cocteau vive in un mondo in cui non si chiede e non si dice, dove c’è ancora un prezzo da pagare se vuoi essere un uomo sessualmente esplicito. Disegnatore, grafico, muralista, designer di moda, gioielli e tessuti, regista. In una fotografia di Philippe Halsman, Cocteau è ritratto come una sorta di Shiva, un giocoliere a sei braccia che maneggia una penna, un pennello, le forbici, che tieni in mano un libro e che si porta alla bocca una sigaretta. Forse un uomo del Rinascimento, per le tante arti con cui seppe elaborare maestria, per potersi esprimere e segnare il tempo che stava vivendo. Qualcuno poteva pensare gli mancasse un’identità, che la poliedricità portasse solo a un dilettantismo in tutti i campi: «Non si lasciava andare», scrisse di lui Jacques Porel ,«perché in un solo uomo c’erano troppo individui».
Cocteau e i segni grafici: da un confronto utopico con Mies van der Rohe a Orpheus – la coincidenza con la serie Kaos
C’è chi come me che sto scrivendo, ne ha fatto una malattia, dei segni grafici di Cocteau: poche linee, due volti intersecati, un diavolo o un angelo, due amanti o due bambini. Una lira o una luna, le labbra, il naso che poteva essere anche un’architettura di Mies van der Rohe, per quanto la sua curiosità vagasse in tutto quanto fosse impulso o collegamento o avanguardia. Non c’è traccia rilevante di un dialogo tra Cocteau e van der Rohe – che furono quasi coetanei e che rimasero su questa terra quasi lungo lo stesso arco di tempo. La logica che riduceva a linea ogni complessità, il rapporto quasi matematico tra la poesia e l’acciaio, è una conversazione immaginaria tra i due di cui mi prendo licenza.
È uscita da poco per Netflix una serie tv che porta il titolo di Kaos, dove il protagonista è Zeus interpretato da Jeff Goldblum, l’attore che porta una vaga, pur precisa somiglianza con Jean Cocteau. La serie comincia con la storia che conosciamo: Orpheus perde la sua amata e si avventura nel regno dei morti per cercarla. Allo stesso modo, la mostra a Venezia alla Peggy Guggenheim La Rivincita del Giocoliere cominciava con un frame del film Orpheus (1950) di cui Cocteau è regista e autore. In tanta parte della sua opera, Cocteau ha trovato riferimento e ispirazione nell’iconografia classica: templi, colonnati, statue antiche e busti d’eroe per il corpo maschile nudo, quando la carnalità tra maschi era chiamata amicizia. Per Cocteau, Orpheus è l’eroe preferito, il suo avatar.
Jean Marias, l’amante di Cocteau e attore in Orpheus – la poesia, il sesso e l’amore, la pornografia gay
Nel film Orpheus, Jean Marais interpreta il protagonista – l’attore fu compagno di Cocteau per dieci anni e, per alcuni pettegolezzi, anche uno tra gli amanti di Umberto II di Savoia. Jean Marais attraversa uno specchio che da solido piano diventa strato liquido. L’immagine si muove, come in un sogno – una sagoma maschile diventa androgina, il membro virile prende dimensioni insperate. Siamo solo i Ragazzi Terribili, il romanzo del 1929, poeti che non disegnano, ma che scompongono parole. Cocteau usava il termine poesia per indicare l’intero suo lavoro: quando disegnava mescolando lettere e grafiche, quando scriveva romanzi o sceneggiature o articoli di giornale o saggi, quando dirigeva un film: per Cocteau, tutto era soltanto e sempre poesia. Aveva l’abitudine, forse il vezzo vanitoso, di scrivere sui frontespizi dei libri – non soltanto i suoi quando legittima era una dedica, ma su tutti i libri lasciava un messaggio, di sesso o d’amore.
Del 1928 è Le Livre Blanc, un testo che decise di non firmare e di rilasciare senza disegni e che l’editore decise di presentare così: Pubblichiamo questa opera perché il talento che vi si rivela supera l’indecenza e perché ne deriva una sorta di morale che impedisce a una persona onesta di annoverarla tra i libri libertini. Questa timidezza verrà meno vent’anni dopo, quando nel 1947 illustrerà Querelle de Brest, il romanzo di Jean Genet, disegnando marinai con magliette troppo strette e troppo corte e con falli troppo grandi, pronti a ogni intercorso carnale in nome di un sesso senza ritegno. Cocteau diventerà collaboratore delle riviste per culturisti, edite in California e prime espressione di pornografia gay, scarabocchiando i peli pubici su genitali troppo curati.
Cocteau e il Surrealismo, Andre Breton omofobo, Peggy Guggenheim
Negli anni Trenta, Cocteau si avvicinò al gruppo dei Surrealisti senza mai prenderne parte perché il fondatore, Andre Breton, omofobo dichiarato, non lo accettò: Breton era disgustato dall’omosessualità maschile, disprezzava Cocteau e fece del suo meglio per tenerlo a distanza dal movimento che governava. Per Cocteau, l’arte era una pratica erotica. Ci sono spesso le mani, nei suoi disegni, che sono sia le mani di un autore, si le mani del fornicatore che rovista e accarezza le pudenda. Cocteau macchia, strofina, il foglio di carta, come a voler rompere la verginità della carta bianca, sporcandola. Cocteau incarnato era il titolo di una stanza della mostra alla Peggy Guggenheim. Siamo ancora lontani dai moti di Stonewall, quella notte del 28 giugno 1969 a New York – così che Cocteau non fece mai, nel corso della sua vita, una chiara dichiarazione formale della sua omosessualità. Si limitò a non nascondersi,: non nascose i suoi amanti e non si vergognò dei suoi amici, di letto e di sesso, non nascose l’attrazione verso il corpo maschile nelle sue opere e nella sua poesia – solo raramente si atteggiò a eterosessuale. La destra collaborazionista disprezzava la coppia di uomini – degenerati, corruttori della gioventù, pagliacci e allocchi – in nome delle tradizioni e della famiglia. Erano in un ristorante, a Parigi – Jean Marais reagì: sputò in faccia al critico più offensivo, Alain Laubreaux, filonazista, e lo prese a pugni. L’episodio fu riportato da Simone de Beauvoir «Laubreaux insultò volgarmente Cocteau, Jean Marais gli spaccò la faccia, il che ci riempì di soddisfazione».
Cocteau e Natalie Paley, principesse Romanov e moglie di Lucien Lolong
Natalie Paley era figlia del granduca Paolo Romanov, al quale lo zar Nicola II proibì di rientrare in Russia incolpandolo di matrimonio morganatico. In esilio, il granduca chiese al Re di Baviera il titolo di Conte Hohenfelsen – giusto in tempo per farsi perdonare dallo zar e ottenere da lui il rango di principe Paley. Con questo cognome, Natalie avrebbe vissuto a Parigi e negli Stati uniti, dopo esser fuggita dalla rivoluzione bolscevica e aver raggiungo a piedi il confine finlandese. Natalie Paley fu forse l’unica donna con cui Cocteau ebbe sia una relazione sentimentale sia una relazione sessuale – della seconda non si ha certezza, anche se Cocteau scrisse che avrebbe voluto sposarla e metterla incinta.
Natalie aveva un’attrazione per gli uomini omosessuali: prima di conoscere Cocteau, aveva sposato Lucien Lelong, proprietario della casa di moda Lelong che avrebbe dato credito a Christian Dior. Natalie era parte della scena creativa di Parigi e dettava stile, facendosi fotografare da Steichen, Beaton e Horst. In un disegno, Cocteau ritrae Natalie Paley come una sfinge – il corpo di un leone e il volto umano – degno simulacro di una esperienza carnale forse traumatica. Si usa immaginare la Sfinge coperte d’oro – sia come una statua sia come una animale il cui vello è lucente come metallo; si usa definire gli omosessuali che non hanno mai avuto esperienza fisica con le donne, come uomini dorati. Golden è il titolo di una canzone di Mika, un altro artista con cui vorrei permettermi la licenza per una conversazione immaginaria con Cocteau, ma mi trattengo.
Cocteau e Cartier: il rapporto con Jeanne Toussaint e lo spadino dell’Accademico
Il marito di Jeanne Toussaint andò in guerra con il fratello di Cocteau – questo creò una rapporto personale con la direttrice di Cartier. Cocteau scherzava e faceva sorridere chi lo ascoltava quando diceva che Cartier era l’unica casa a cui pagava il conto – Cocteau era ricco, non ebbe mai problemi economici, e usava definire Cartier come un argomento di magia. Aveva il vezzo di indossare due anelli Trinity al mignolo e chiese a Cartier di realizzare il suo spadino, la spada dell’Accademico, in oro e argento, smeraldi, rubini, diamanti, opale bianco, onice e smalto.
Peggy Guggenheim e Marcel Duchamp: una tela ferma in dogana
Peggy Guggenheim e Marcel Duchamp si precipitarono all’ufficio doganale di Croydon, Inghilterra: gli ufficiali avevano bloccato un lenzuolo sul quale Cocteau aveva disegnato un ritratto di Jean Marais insieme ad altre due figure. Un disegno dal titolo La Paura dona le Ali al Coraggio, realizzato a carboncino e sangue: Cocteau si era tagliato on il rasoio per colorare di rosso la ferita bendata di uno dei personaggi. Ms Guggenheim domandò come mai si opponessero al nudo in arte – le guardie risposero che non era il nudo, non era il sesso, ma i peli del pube a richiedere una censura. Ms Guggenheim promise che non avrebbe esposto l’opera in sede pubblica, ma solo su appuntamento privato. Cocteau sarebbe poi andato in visita dalla Guggenheim a Venezia, lì la foto con gli occhiali da sole eccentrici e lì la collaborazione con la vetreria di Murano di Egidio Costantini, che avrebbe poi preso il nome di Fucina degli Angeli proprio grazie a Cocteau.
Cocteau e Arno Breker, la caricatura pornografica di Tristan Tzara il kitsch e il cinema: la Biennale di Venezia e il Festival di Cannes
Con Picasso al Cafè de La Rotonde, la Montparnasse bohémien – torniamo lì. Un caricatura pornografica di Tristan Tzara, una relazione con il pugile Panama Al Brown. I suoi amici ritratti nudi e stilizzando i loro membri – sono gli stessi che lo avrebbero criticato quando Cocteau fece un omaggio allo scultore nazista Arno Breker, favorito di Hitler. Il 23 maggio 1942, Cocteau recensì la mostra di Breker all’Orangerie delle Tuileries – un articolo che lo metterà a rischio dell’accusa di collaborazionismo durante l’épuration post-bellica, e che getterà su di lui un’ombra negativa negli anni successivi.
Incursioni nel kitsch con L’Aquila a due Teste, un film che racconta la storia d’amore immaginaria tra Elisabetta d’Austria e un anarchico (nel 1898, fu un anarchico a assassinare l’imperatrice a Ginevra). Negli anni Quaranta, Cocteau realizza almeno quattro film – superando la dimensione sperimentare del decennio precedente e culminando in Orpheus (1950): «L’ipnosi collettiva nella quale l’ombra e la luce immergono il pubblico al cinema, somiglia a una seduta spiritica». Cocteau diventa un protagonista dell’industria cinematografica europea, circondato da un gruppo di talenti che formano una sorta di circolo: Maria Callas, Roberto Rossellini, Marlene Dietrich. Dalla Mostra di Venezia, dove vince il premio della critica, al Festival di Cannes dove ne presiede la giuria nel 1953.
Cocteau e l’oppio: la clinica pagata da Chanel, il cubismo tubolare di Fernand Léger
Per tutta la vita fece uso di oppio. Cominciò già nel 1923 quando la morte di Raymond Radiguet lo portò a cercare una sua via di uscita dalla realtà. Negli anni Trenta, Coco Chanel pagò per lui il ricovero presso la clinica di Saint-Cloud, nell’intento di disintossicarsi. Cocteau pubblica un diario della sua riabilitazione, dal titolo Oppio, che raccoglie disegni elaborati su poesie di pipe e bocchini da fumo, che potrebbero appartenere a una variante tubolare del cubismo di Fernand Léger. I fittoni in spiaggia, sull’altro lato della penisola di Saint Tropez, sono rilavorati dalla sua fantasia come mandragore, le radici usate dalle streghe medioevali. I disegni di questo diario mescolano forme organiche a parti del corpo maschile: ne risultano lavori surreali alla stregua di Salvador Dalì e Jean Mirò.
Cocteau diventa un marchio – Auden e nessuna vanità artistica
Con Elsa Schiapparelli crea l’orecchino a forma di occhio, una lacrima di perla. Trasforma il suo tratto in un asset commerciale, in un marchio: i suoi disegni appaiono sulle confezioni regalo del parrucchiere Alexandre de Paris (quello che creò l’acconciatura di Elizabeth Taylor in Cleopatra). Sulle scatole di fiammiferi ci sono i segni zodiacali disegnati da lui. Sembra che Cocteau si diverta a mescolare l’arte elitaria delle gallerie e dei salotti di committenti, con il mercato di massa. Presto saranno in molti a seguirlo in questa deriva: Alexander Calder disegnerà sugli aerei di Braniff Airlines, Andy Warhol per Sony Electronics. Le incursioni non fecero che accrescere una reputazione di giocoliere e camaleonte. Era l’introduzione alla fluidità culturale che su Lampoon raccontavamo come un’altalena tra snob e pop, e che oggi è degenerata in populismo e consumismo – dove quel poco sesso che resta è sintomo di onestà e sincerità.
Dov’è finito il riserbo che tanto consolava gli intellettuali ogni volta che lo si voleva rompere? «È buona pratica diffidare di un artista famoso perché spesso le persone famose iniziano ben presto a recitare il proprio ruolo e diventano falsi» scrisse WH Auden a proposito di Cocteau, difendendolo da chi lo accusava di essere un dilettante e ricordando come Cocteau non avesse mai provato alcuna vanità artistica.




